Gli animali sono creature di Dio

 


«Anche gli animali hanno un alito o soffio vitale e (...) l’hanno ricevuto da Dio. Sotto questo aspetto l’uomo, uscito dalle mani di Dio, appare solidale con tutti gli esseri viventi. Così il Salmo  104 non pone distinzione tra gli uomini e gli animali quando dice, rivolgendosi a Dio creatore: “Tutti da te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno. Tu lo provvedi, essi lo raccolgono” (Sal 104, 27-28). Poi il Salmista aggiunge: “Se togli loro il soffio, muoiono e ritornano nella polvere. Mandi il tuo soffio, sono creati e rinnovati la faccia della terra” (Sal 104, 29-30). L’esistenza delle creature dipende dunque dall’azione del soffio-spirito di Dio, che non solo crea, ma anche conserva e rinnova continuamente la faccia della terra».

Giovanni Paolo II pronunciò queste parole il 10 gennaio 1990, in un'udienza generale; lo stesso papa, quattro anni prima, durante un pellegrinaggio nel continente australiano, si era fatto fotografare con un koala in braccio. In un'altra udienza generale, il 28 maggio 1969, Paolo VI aveva parlato degli animali come «creature di Dio (...) che nella loro muta sofferenza sono (...) un segno dell’universale stigma del peccato (...) e dell’universale attesa della redenzione finale». 

Benedetto XVI amava tutti gli animali (e i gatti in un modo speciale). Leone X incaricò addirittura Raffaello di realizzare alla morte di un giovane e intelligentissimo elefante albino (Annone), seppellito nel cortile del Belvedere, un ritratto del pachiderma, che gli era stato donato dal re del Portogallo, Manuele d'Aviz, e che aveva allietato le sue giornate e quelle della sua corte. Perfino il controverso Pio XII, di cui è famosa una fotografia che lo ha immortalato con un cardellino su un dito, mostrava sensibilità per gli animali.

Al confronto di tutto questo l'ennesima bordata di papa Francesco contro i possessori di animali domestici, più che far cadere le braccia, indigna. È questa la parola giusta: indigna. Nell'attesa che

«Famiglia cristiana» torni a pronunciarsi sulle presunte strumentalizzazioni delle sue parole, il papa è arrivato a dichiarare, nel suo discorso del 25 settembre scorso alla delegazione di ‘The Economy of Francesco’, nell’aula Paolo VI del Vaticano, che l'Italia sarebbe  da "bastonare un po'" per le coppie che invece di fare figli accolgano in casa cani e gatti. Il santo d'Assisi, a sentirlo ribadire il suo evidente disprezzo per chi decida di godere della compagnia di animali d'affezione, si sarà ancora una volta rivoltato nella tomba. 

Già il linguaggio poco cristiano ("bastonare")  la dice lunga su un pontefice che il 20 maggio 2024 usò il termine "frociaggine" (sia pure in privato, nei seminari all'assemblea generale dei vescovi della Cei) per additare gli omosessuali che imperverserebbero in Vaticano. Non bastandogli, evidentemente, il "progressista" Bergoglio, nove giorni dopo, parlando stavolta ai giovani sacerdoti romani in un altro incontro a porte chiuse, aveva detto che in parrocchia, o in una congregazione, non si deve sparlare perché il "chiacchiericcio è una roba da donne". A dire come stanno le cose, secondo lui, sono quelli che portano i pantaloni. L'aveva già detto in un'udienza del 2023. Anche allora, rivolgendosi in quell'occasione ad alcuni religiosi, li aveva esortati a indossare i pantaloni dicendo le cose in faccia. E prima ancora, parlando alle suore, le aveva invitate più volte a non comportarsi da "zitellone".

MA TORNIAMO AGLI ANIMALI.

Tommaso da Celano, nella «Vita seconda» di san Francesco, appendice alla «Vita prima», scrive del poverello di Assisi che chiamava tutti gli animali col nome di "fratello" («La Vita seconda ovvero appendice alla Vita prima di S. Francesco d’Assisi del b. Tommaso da Celano volgarizzata per la prima volta dal canonico Leopoldo Amoni», prima edizione romana col testo latino in fronte, Roma, Tipografia della Pace, 1880, cap. CI, p. 236), e in un altro luogo della sua biografia (ibid., cap. CIII, p. 241) racconta di quando il santo, nell’attraversare su una barchetta un lago reatino per andare a Greccio, si vede porgere da un pescatore un uccellino d’acqua dolce perché ne gioisse nel nome di Dio. Lui lo prende tutto contento e apre quindi le mani e lo invita con dolcezza a volar via libero. L’uccellino rifiuta, e si accovaccia nei palmi del santo come dentro a un nido, e allora Francesco alza gli occhi, prega a lungo e poi, come fosse tornato in sé dopo essere stato altrove, ordina all’uccellino – sempre con dolcezza – di riabbracciare la libertà di cui aveva goduto prima di allora. L’uccellino, avendone avuta licenza dal santo, che lo ha nel frattempo benedetto, può così spiccare il volo esprimendo la sua gioia coi movimenti del corpicino. Francesco d’Assisi, cui i «Fioretti», nel narrare un’altra storia, quella di quando il santo ammansisce il lupo di Gubbio (cap. XXI), fanno pronunciare più volte la parola "frate" nel rivolgersi all’animale, benediva perfino gli uccelli; il papa che ha deciso di assumerne il nome con l’ascesa al soglio pontificio, già il 10 maggio 2024, intervenendo nella quarta edizione degli Stati generali della natalità, e scambiando malamente la difesa della famiglia con l’affetto portato agli animali domestici, aveva raccontato accigliato – applaudito da Giorgia Meloni e dal pubblico in sala – di due donne che non aveva gradito trattassero i loro cagnolini come figli e di averne ripresa una che gli aveva chiesto di benedire il proprio. 

NON È TUTTO.

Il 26 agosto 2022, proprio nella Giornata mondiale del cane, papa Bergoglio, parlando nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano ai partecipanti al capitolo generale delle Figlie della Carità canossiane, aveva detto (con quel “patriottico” in coda che avrà fatto allora gongolare la futura premier): 

«È l’inverno demografico europeo: invece dei figli preferiscono avere cani, gatti, che è un po’ l’affetto programmato: io programmo l’affetto, mi danno l’affetto senza problemi. E se c’è dolore? Beh, c’è il medico veterinario che interviene, punto. E questa è una cosa brutta. Per favore, aiutate le famiglie ad avere dei figli. È un problema umano, e anche un problema patriottico».

LE CONCLUSIONI.

Cosa c’entri l’affetto portato a un animale domestico con la difesa della famiglia lo sa solo il papa, che ha più volte contrapposto gratuitamente le due cose. Secondo l’Eurispes, stando ai dati del rapporto pubblicato nel 2022, ad avere in casa un animale sono in maggioranza le coppie con figli (37,8%), seguite dalle famiglie monogenitoriali con figli (36,5%). Nessuno pretende da papa Francesco che ammetta che si umanizzi un cagnolino o lo si assimili a un figlio o a un bambino (non è certo questo il punto), ma da qui a far perfino finta di non capire che tante persone anziane sole ripongono in cani e gatti le loro residue ragioni di vita, e a parlare per giunta cinicamente di “affetto programmato” (perché alla fine, senza tanti problemi, risolve tutto il veterinario, sopprimendo il nostro animale vecchio o malato), ce ne corre. Senza contare gli 80.000 gatti e 50.000 cani abbandonati in media ogni anno nel nostro paese e il fatto che l’antispecismo e il rispetto di tutte le specie animali sono ormai parte integrante di una società sempre più inclusiva e sempre più sensibile ai temi ambientali. Nel quadro sono comprese anche le specie vegetali. Si legga, papa Bergoglio, un bel volume in tema di Stefano Mancuso e Alessandra Viola: «Verde brillante. Sensibilità e intelligenza del mondo vegetale» (2013).

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