LA NUOVA EVA


Eva (in ebraico חַוָּה‎) è il nome che Adamo, primo uomo secondo la Genesi 3,20, ha dato alla sua compagna dopo che l'aveva chiamata "donna". La Bibbia dà di questi due nomi un'etimologia popolare. Eva viene fatto derivare da "vivente" o "che suscita la vita" (Madre dell'umanità).




Deriva dal nome ebraico חַוָּה (Chawwah, Hauuâh, Hawwah), che può essere basato su חיה (chayah, "vivere", da cui anche Chaim) o su חוה (chawah, "respirare"), due termini peraltro etimologicamente correlati; il significato viene pertanto interpretato come "essere vivente", "colei che dà vita" o "vita".

Nuova Eva (in latino Nova Eva) è un nome devozionale usato per la Vergine Maria, madre di Gesù Cristo, ed è forse il titolo dottrinale più antico, utilizzato già nella Chiesa primitiva . I padri della Chiesa orientali e occidentali esprimono allo stesso modo il messaggio dottrinale che risale ai tempi apostolici e che costituisce l'insegnamento universale della Chiesa: la dottrina della necessaria partecipazione di Maria alla redenzione dell'umanità in qualità di Nuova Eva.

I Primi Padri fecero riferimento a San Paolo e d in particolare alla sua Lettera ai Galati 4: 4-5: "Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l'adozione a figli". e la collegavano alla donna di cui si parla nella Genesi 3:15: "Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno".

Ireneo di Lione nella sua "Contro le Eresie" (5.21.1), seguito da molti altri Padri della Chiesa, interpretò il versetto come riferito a Cristo.

San Giustino fu tra i primi a tracciare un parallelo tra Eva e Maria, facendolo derivare dal suo confronto tra Adamo e Gesù. Nel suo Dialogo con Trifone, scritto tra il 155 e il 277, spiega: "Si fece uomo dalla Vergine, affinché per quella stessa via per la quale – originata dal serpente – ebbe principio la disobbedienza, per la medesima via venisse similmente distrutta. Eva infatti, essendo vergine e incorrotta, dopo aver concepito la parola del serpente, partorì disobbedienza e morte. Invece Maria, la Vergine, dopo aver accolto fede e gioia – avendole recato l’angelo Gabriele il lieto annunzio che lo Spirito del Signore sarebbe venuto sopra di lei e l’avrebbe adombrata la Virtù dell’Altissimo e che perciò il nato da lei santo sarebbe Figlio di Dio – rispose: “Mi avvenga secondo la tua parola” (Lc1,83). Da lei è nato Costui, del quale abbiamo mostrato che tante Scritture parlano: per mezzo del quale Dio annienta sia il serpente che gli angeli e gli uomini a lui simili, ma opera la liberazione dalla morte incoloro che si pentono delle opere malvagie e credono in Lui" (Dialogo,100. PG 6, 709-712)

"In accordo con questo disegno, Maria Vergine viene trovata ubbidiente, dicendo: “Ecco l'ancella del Signore; sia per me secondo la tua parola. " (Luca 1:38) Ma Eva era disobbediente; poiché non ubbidiva quando era ancora vergine. ... essendo diventata disobbediente, è stata resa la causa della morte, sia per se stessa che per l'intera razza umana; così fece anche Maria, che era già promessa ad un uomo, ed essendo tuttavia vergine, essendo obbediente, divenne la causa della salvezza, sia per se stessa che per l'intera razza umana. E per questo motivo, la legge definisce una donna promessa sposa di un uomo, la moglie di lui che l'aveva promessa sposa, sebbene fosse ancora vergine; indicando così il riferimento da Maria a Eva. . . Per il Signore, essendo nato "il Primo generato dai morti", (Apocalisse 1: 5) e ricevendo nel suo seno gli antichi padri, li ha rigenerati nella vita di Dio, essendo stato reso se stesso l'inizio di quelli che vivono, come Adamo divenne l'inizio di coloro che muoiono. (1 Corinzi 15: 20-22) Pertanto anche Luca, iniziando la genealogia con il Signore, la riportò su Adamo, indicando che fu Lui a rigenerarli nel Vangelo della vita, e non loro. E così anche il nodo della disobbedienza di Eva fu sciolto dall'obbedienza di Maria. Per quello che la vergine Eva aveva legato in fretta per l'incredulità, ciò fece liberare la vergine Maria attraverso la fede
".

Theotókos (in greco antico: Θεοτόκος?; in latino Deipara, o Dei genetrix, o Deifera), è un titolo attribuito a Maria di Nazareth il 22 giugno 431, durante il Concilio di Efeso. Letteralmente significa Genitrice di Dio, e spesso viene reso in italiano con Madre di Dio.

Nella costituzione apostolica del 1854, Ineffabilis Deus, promulgando il dogma dell'Immacolata Concezione, Papa Pio IX fece riferimento all'opinione dei Padri: "Quindi, per dimostrare l'innocenza e la santità originali della Madre di Dio, non solo la confrontavano spesso con Eva mentre era ancora vergine, mentre tuttavia l'innocenza, mentre era ancora incorrotta, mentre non era ancora ingannata dai lacci mortali del serpente più infido ; ma l'hanno anche esaltata sopra Eva con una meravigliosa varietà di espressioni. Eva ascoltò il serpente con conseguenze deplorevoli; cadde dall'innocenza originale e divenne la sua schiava. La Vergine Santissima, al contrario, ha mai aumentato il suo dono originale, e non solo non ha mai prestato orecchio al serpente, ma con il potere divino ha completamente distrutto la forza e il dominio del malvagio".


Pio IX proclama il dogma dell'Immacolata Concezione l'8 dicembre 1854. Vetrata nella chiesa di Bécherel - Francia

Nell'esortazione apostolica del 1974 Marialis Cultus, Papa Paolo VI vide Maria come la seconda Eva accanto e subordinata a Cristo, il secondo Adamo. Come seconda Eva, è la nuova donna, l'espressione definitiva di ciò che deve essere umano. In Maria vediamo il progetto che Dio ha per il suo popolo. "Ci è stata data in pegno e garanzia che il piano di Dio in Cristo è già stato realizzato in una creatura".

Il breviario romano contiene una messa in cui viene descritta Maria, "Maria, la nuova vigilia, è il primo discepolo della nuova legge".

Appare in questo modo come Corredentrice, "con il Redentore". All'interno dell'insegnamento della Chiesa si trova la dottrina di Maria come Corredentrice, lo strumento con cui l'umanità è stata redenta. Attingendo dall'Antico Testamento, la Chiesa trova Eva co-peccatrice, "con il peccatore", perché fu Eva a dare liberamente lo "strumento" della caduta . È Eva che ha dato il "frutto proibito" ad Adamo, "il Peccatore", il cui peccato come padre della razza umana ha portato alla perdita della grazia per la razza umana. Questo rende Maria Corredentrice perché ha dato liberamente lo strumento della Redenzione nel suo Fiat, nel mettere a disposizione il suo corpo per portare Gesù Cristo, il nostro Redentore. Sant'Efrem chiamò Maria "il prezzo della redenzione dei prigionieri", ed è in questo modo che la Chiesa la considera "Madre dei Viventi". Attraverso la sua obbedienza e fede, Maria divenne la Nuova Eva come Corredentrice. (San Tommaso d'Aquino, Summa Theologica).

NOSTRA SIGNORA DELLA MERCEDE

Ulteriori citazioni e poesie sulla Nova Eva: “Una vergine, un pezzo di legno, e ora la morte simboleggia la nostra sconfitta. Vedi ora come queste tre cose sono diventate per noi un principio di vita.

Per Eva c'è Maria; per l'albero della conoscenza del bene e del male c'è il legno della Croce; per la morte di Adamo c'è la morte di Cristo. Vedi il demone prostrato dalle stesse armi che lo hanno reso vittorioso? ”

Anfilochio di Iconium, a Natale: La Donna e il Drago - Agostino Comerio "O Maria, O Maria, Creatore di tutte le cose era il tuo Figlio primogenito! O umanità, che divenne la sostanza corporea della Parola e per questa ragione divenne più onorevole delle virtù spirituali del cielo! Perché Cristo non voleva vestirsi nella forma di arcangeli o nella forma delle figure immateriali dei principati, delle virtù e dei poteri; piuttosto, attraverso di te, si rivestì della tua forma, che era caduta e divenne simile a quella degli animali bruti. ... ma dove si trova quel drago ostile e sconcertato? Dov'è quel drago maledetto ed esecrabile, che aveva sostenuto che questo trono sarebbe stato elevato alle altezze del cielo?"

Sedulio (m. 440-450 circa):

"A causa di un solo uomo, tutti i suoi discendenti perirono; E tutti sono salvati a causa di un solo uomo. A causa di una donna, la porta mortale si aprì; E la vita è tornata, a causa di una donna." (Elegia)

"Siamo la progenie cieca dei figli della pietosa Eva, portando con noi le ombre nate da un errore secolare. Ma quando Dio si degnò di assumere la forma mortale di una natura umana, allora uscì dalla Vergine un mondo di salvezza".




MARIA LA MADONNA

A scanso di equivoci, anche a beneficio di molti fratelli cattolici poco informati preciso subito che Maria non può essere chiamata "Mediatrice di tutte le grazie" solo a Gesù Cristo va questo titolo.
Avendo chiesto la Santa Sede che questo XII Congresso Mariologico Internazionale, che si sta celebrando a Czestochowa (Polonia), studiasse la possibilità e l'opportunità della definizione dei titoli mariani di «Mediatrice», «Corredentrice» ed «Avvocata», come certi circoli sollecitano attualmente dalla stessa Santa Sede, è parso opportuno costituire una Commissione scegliendo quindici teologi specificamente preparati nella materia, i quali potessero discutere insieme e analizzare la questione con riflessione matura. Oltre alla loro preparazione teologica si curò la massima eterogeneità geografica fra di essi, in modo che i loro eventuali consensi diventassero specialmente significativi. Si è cercato inoltre di arricchire questo gruppo di studio, aggregando ad esso, come membri esterni, alcuni teologi non cattolici presenti al Congresso. Si è così pervenuti ad una doppia conclusione:

1. I titoli, come vengono proposti, risultano ambigui, giacché possono comprendersi in modi molto diversi. E' parso inoltre non doversi abbandonare la linea teologica seguita dal Concilio Vaticano II, il quale non ha voluto definire nessuno di essi: non adoperò nel suo magistero il titolo di «Corredentrice»; e dei titoli di «Mediatrice» ed «Avvocata» ha fatto un uso molto sobrio (cf. Lumen gentium 62).

In realtà il termine «Corredentrice» non viene adoperato dal magistero dei Sommi Pontefici, in documenti di rilievo, dai tempi di Pio XII. A questo riguardo vi sono testimonianze sul fatto che Egli ne abbia evitato intenzionalmente l'uso. Per quanto concerne il titolo di "Mediatrice" non si dovrebbero dimenticare eventi storici abbastanza recenti: nei primi decenni di questo secolo la Santa Sede affidò a tre commissioni diverse lo studio della sua definibilità; tale studio portò la Santa Sede alla decisione di accantonare la questione.

Questo capitolo è complementare a quello sui presunti fratelli carnali di Gesù, il tema è la persona di Maria e le verità di fede ad ella collegate. In quel capitolo si parlava appunto della sua verginità perpetua, e delle prove bibliche al riguardo.
Nel presente capitolo però, si parlerà anche dei dogmi che la riguardano, che sono quattro, verginità compresa, del suo ruolo nella Chiesa e se sia giusto o meno chiedere a lei di pregare per noi peccatori. Più avanti il lettore troverà ampi dettagli biblici, che verrano introdotti e analizzati nelle varie pagine, consiglio di leggere con pazienza anche ai fratelli che vogliono tutte le risposte subito, le troveranno comunque, leggendo con attenzione tutte le pagine di questo studio biblico.
Secondo i protestanti, per una loro atavica e subconscia abitudine le interpretazioni cattoliche sono ingannevoli, mentre, le loro, veritiere.
Gli episodi che i protestanti usano spesso per voler dimostrare che Gesù sminuiva il ruolo di sua madre sono quello delle nozze di Cana, e in Luca 11-27,28 dove una donna esclama a Gesù " «Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!».  
Sembra quasi che Gesù rispondesse male a sua madre, o volesse sminuirla ad ogni costo. Ma è davvero così?
Ha voluto forse distrarre così l’attenzione dalla sua Madre terrena?
Apparentemente forse sì. Ma, nella sostanza, il Figlio di Maria ha spiegato nella sua risposta ancor più chiaramente perché lei è beata. Perché è beata la sua umana maternità.
Infatti la frase su
Infatti la frase su "coloro che ascoltano la parola di Dio e l’osservano", si riferisce per eccellenza a lei, a Maria. Gesù da Maestro vuole porre l’attenzione non sulla maternità di Maria, ma alla fede di Maria, che ha ascoltato per prima la Parola di Dio, e l’ha "osservata", messa in pratica.  La sua stessa maternità non è forse proprio il frutto del suo "ascoltare" la parola di Dio? Non è il frutto del suo perfetto "acconsentire" ad essa?
E poi, non è di lei, di Maria, che l’evangelista dice: "
E poi, non è di lei, di Maria, che l’evangelista dice: "Serbava  tutte queste cose nel suo cuore"?
(Lc 2, 51).

Alle parole della "donna di mezzo alla folla" Gesù risponde al plurale: "Beati . . . coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano".

Gesù riconferma la beatitudine indirizzata a sua Madre, "situandola" in un certo senso in mezzo alla comunità: in mezzo a questo "noi", che prende origine all’ascolto della parola di Dio; in mezzo al popolo di Dio. In mezzo alla Chiesa.
Il Signore però, perché non si cercasse la felicità nella carne, che cosa rispose? Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica. È per questo dunque che anche Maria fu beata, poiché ascoltò la parola di Dio e la mise in pratica. Custodì la verità nella mente più che la carne nel ventre. La verità è Cristo, la carne è Cristo: Cristo verità nella mente di Maria, Cristo carne nel ventre di Maria; vale di più ciò che è nella mente anziché ciò che si porta nel ventre. Santa è Maria, beata è Maria, ma più importante è la Chiesa che non la vergine Maria. Perché? Perché Maria è una parte della Chiesa, un membro santo, eccellente, superiore a tutti gli altri, ma tuttavia un membro di tutto il corpo. Se è un membro di tutto il corpo, senza dubbio più importante d'un membro è il corpo. Il capo è il Signore, e capo e corpo formano il Cristo totale. Che dire? Abbiamo un capo divino, abbiamo Dio per capo.

Gli accusatori spesso scrivono:
"La chiesa cattolica romana, come ben sapete, tributa un culto a Maria, la madre di Gesù. A Maria sono rivolte preghiere e canti; le statue e le immagini che la raffigu sono un po’ da per tutto, nelle basiliche cattoliche, negli ospeda negli orfanotrofi, nei collegi, per le strade, per le piazze, sui monti, nelle grotte, nelle case; per esse molta gente va in delirio, davanti ad esse molte persone si prostrano invocandola affinché li aiuti, li guarisca, li consoli, e affinché li salvi. A Maria sono anche dedicati due mesi all’anno; Maggio, il mese di Maria; e Ottobre, il mese del Rosario. Alcune delle feste universali in suo onore sono: 1) l’Immacolata Concezione (8 Dicembre); 2) la Natività (8 Settembre); 3) l’An (25 Marzo, nove mesi prima di natale); 4) la Purifi (2 Febbraio); 5) l’Assunzione (15 Agosto). Per quanto riguarda poi i santuari mariani venerati da milioni di Italiani ce ne sono a decine in tutta Italia. Nel mondo intero sono moltissimi.
Maria in realtà è più importante di Gesù per i Cattolici romani, per loro è una sorta di dea onnipotente a cui persino Gesù deve ubbidire. Questo è quello che gli hanno inculcato i preti sin dalla loro fanciullezza. Di Maria viene detto dai preti che fu concepita senza peccato e durante la sua vita non peccò mai, che è la madre di Dio, che rimase sempre vergine, che fu la prima persona a cui Gesù apparve dopo essere risuscitato, che fu assunta in cielo anima e corpo dopo essere risorta, che in cielo prega per i Cristiani, che un giorno schiaccerà il capo del diavolo, che è corredentrice dell’umanità, che è la madonna, e che è la madre della Chiesa."
Chiarisco velocemente un particolare, il capo del serpente lo schiaccerà la progenie di Maria, cioè Gesù Cristo, e una prima volta l’ha schiacciato sulla croce, sconfiggendo la morte. Inoltre sottolineo  che Maria non è assolutamente considerata più potente di Gesù, nessun prete dice questo, e se controlliamo il catechismo cattolico, troviamo scritto che Maria è santa, ma sempre creatura resta, la divinità e l’onnipotenza invece appartiene a Gesù all’interno della SS. Trinità. Gli altri punti verranno approfonditi e chiariti nella prossime pagine.
La storia dell’incarnazione inizia con la proposta che l’angelo Gabriele fa a Maria. I fratelli protestanti partendo dal saluto dell’angelo Gabriele a Maria, tentano in tutti i modi di sminuirne il ruolo all’interno della Chiesa. Per loro l’angelo non dice "Ave o piena di grazia",  ma "colmata di grazie", asserendo che è quest’ultima la corretta traduzione dal greco. Evidentemente ci sono voluti più di 1500 affinché qualcuno sapesse tradurre "Kecharitòméne", o almeno così sono convinti i protestanti. Il culto mariano viene visto dai fratelli separati come culto di adorazione, quindi idolatrico, ecco perché parlano di "marianizzazione" del cristianesimo, ad opera dei cattolici.

Ma la dottrina cattolica non insegna ad adorare Maria, o a considerarla una dea, i protestanti soprattutto i pentecostali sono invece convinti che noi cattolici la adoriamo.  Ecco perché Maria rappresenta forse il punto di maggior distacco tra cattolici e protestanti, un solco incolmabile che divide inesorabilmente la cristianità. Scrive Edoardo Labanchi, studioso protestante, nel suo libro
"Marianesimo o cristianesimo?" a pag. 31 "In pratica Maria fu considerata a poco a poco, un ‘doppione’ di Gesù, cioè un essere soprannaturale  inferiore soltanto a Dio Padre."
Poi continua a pag. 32 citando s.Tommaso d’Aquino, che difendeva e spiegava i dogmi mariani, e fa questa riflessione: "[…] Nulla nelle Scritture ci induce a credere che Maria sia stata diversa dalle altre creature umane, se non per il fatto che fu uno strumento nella mani di Dio per la realizzazione del Suo piano salvifico. Fu una donna singolarmente privilegiata, non c’è dubbio, aiutata da Dio nell’assolvere il suo compito di madre di Gesù, ma come tutte le altre donne, soggetta anch’essa a peccare, ad avere dubbi, momenti di scoraggiamento. Quanto poi alla questione della "dignità" che avrebbe dovuto avere Maria per accogliere in sé il Figlio di Dio, si perde di vista il senso e la natura dell’Incarnazione, che, secondo quanto afferma giustamente l’Apostolo Paolo, fu un vero e proprio "annichilimento": "Abbiate in voi lo stesso sentimento che fu in Cristo Gesù, il quale essendo in forma di Dio non reputò rapina l’essere uguale a Dio, ma annichilì se stesso, prendendo forma di servo e divenendo simile agli uomini…" (Fil 2,5-7)"
L’amore di madre, che Maria nutriva nei confronti di Gesù è superabile da qualche altro amore?
Fino a quando io stesso non avevo figli, non focalizzavo bene quanto grande potesse essere l’amore materno o paterno verso i propri figli.
Avendo avuto due figli grazie a Dio, ora mi rendo conto quanto sconfinato sia l’amore dei genitori verso i figli. Ecco, Maria nutriva un’amore sconfinato verso Gesù, superiore a quello di noi tutti, Maria indubbiamente ama Gesù più di noi, perché l’amore di una madre non è equiparabile ad altri tipi di amore.

Ci sono tanti passi nella Scrittura che ci descrivono uomini resi eccezionali da Dio, al fine di adempiere i Suoi disegni divini.
Uno di questi fu Mosè, ma ci sono anche Noè, Daniele, Giobbe, Sansone, Enoch, Elia, e diversi altri, ognuno di loro dotato di un particolare dono, per servire e arricchire la comunità.

Quante creature ad esempio possono disporre del proprio spirito, tanto da poterne dare una parte ad un discepolo? (vedi Eliseo). Di Enoch si dice che non morì, si vide soltanto scomparire nel cielo, questo è un fatto ordinario per le creature di Dio?
Ecco cosa dice Dio di Giobbe: "Il Signore disse a satana: «Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, teme Dio ed è alieno dal male»."(Gb 1,8) – quando invece si parla di Maria, i protestanti non dicono mai che nessuna era come lei sulla terra, ma semplicemente che era una delle tante donne che avrebbero potuto mettere la mondo Gesù.
Potremmo andare ancora avanti nel raccontare i particolari doni che Dio riserva alle sue creature prescelte, e non c’è da meravigliarsi, a Dio tutto è possibile. Non si capisce quindi da dove scaturisca il senso di meraviglia mista a commiserazione e derisione verso la dottrina cattolica, che riconosce a Maria il particolare dono dell’Immacolata Concezione, e degli altri tre che ne conseguono. In Giobbe 14,4 troviamo scritto:

Potremmo andare ancora avanti nel raccontare i particolari doni che Dio riserva alle sue creature prescelte, e non c’è da meravigliarsi, a Dio tutto è possibile. Non si capisce quindi da dove scaturisca il senso di meraviglia mista a commiserazione e derisione verso la dottrina cattolica, che riconosce a Maria il particolare dono dell’Immacolata Concezione, e degli altri tre che ne conseguono. In Giobbe 14,4 troviamo scritto:
"Chi può trarre il puro dall’immondo?"

Se Maria era impura, come tutte le altre creature, la carne di Gesù sarebbe nata pura?
I grandi doni che Dio dava ai suoi servi, non erano dei doppioni, la forza di Sansone non si riscontra in altri, oppure, la particolare potenza in spirito di Elia è anch’essa singolare. Perché i doni che Dio riservò a Maria si dovrebbero per forza riscontrare in altre creature per essere ritenuti degni di fede? I fratelli che vorrebbero vedere ogni dogma scritto a chiare lettere sulla Bibbia, sbagliano di netto. L’abitudine a ripetere sempre le stesse accuse o osservazioni a noi cattolici, li porta lontano dalla obiettività e da alcune verità. Essi ad esempio accettano il fatto che Satana (assieme ai suoi) in principio fu creato buono, e in seguito alla sua ribellione fu cacciato dal Paradiso. Accettano pure l’irreversibilità delle decisioni angeliche, Satana in quanto puro spirito non può ritornare più indietro sui suoi passi, perché le decisioni angeliche sono irrevocabili, immutabili.
Quindi non c’è ombra di dubbio, non ritroveremo mai Satana in Paradiso, perché lui non si pente, né si pentirà mai della sua scelta.
E’ di fede, ma dov’è scritto nella Bibbia che le scelte angeliche sono irrevocabili, e che Satana non chiederà mai perdono a Dio?
O ancora, dove troviamo scritto a chiare lettere che Gesù era vero Dio e vero uomo allo stesso tempo? Nel Concilio di Calcedonia del 451 la Chiesa dogmatizzava che Gesù, "un solo e medesimo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, perfetto nella sua divinità e perfetto nella sua umanità", ma nella Bibbia non lo troviamo scritto chiaramente, ci sono dei versetti che male interpretati davano adito a eresie che definivano Gesù mezzo uomo, o mezzo Dio, oppure un "creatura" eccellente ecc..
La SS. Trinità si deduce da alcuni versetti biblici, ma non è scritta o spiegata dalla stessa Bibbia in maniera chiara ed inequivocabile. Vi sono dei versetti dove Gesù dice che il Padre è più grande di Lui, e che solo il Padre conosce la data della fine del mondo, questi saranno spiegati altrove, nella sezione catechesi del sito web, ma resta il fatto che nella Bibbia non troviamo nemmeno la parola Trinità.
Ovviamente sono deduzioni teologiche, che vengono accettate tacitamente anche dai protestanti.
Perché quelle relative a Maria vengono invece nettamente rifiutate? Per queste ultime deduzioni pretendono versetti chiari e limpidi, senza dover ricorrere all’interpretazione. Se non troviamo scritto che Maria fu assunta in cielo anima  e corpo, "vuol dire che non lo fu", questo tipo di ragionamento è abitudinario dei protestanti. Se, agli stessi, chiedi lumi sulla irrevocabilità delle scelte angeliche però non ti sanno rispondere, e non si sforzano più di tanto per cercare di darti un risposta, semplicemente perché non vengono abituati a darle. L’allenamento però viene puntualmente svolto per fornire risposte più o meno corrette sui dogmi mariani, e gli altri dogmi cattolici. In pratica, si allenano spesso a denigrare la dottrina e la Chiesa cattolica, è questa la cruda verità. In fondo per il protestante medio, non abituato allo studio della teologia, credere all’irrevocabilità delle scelte angeliche, al mistero dell’incarnazione, ecc., significa accettare dei dogmi di fede, chiamandoli in altro modo. La parola "dogma" infatti, nel protestante medio suscita irritazione, "i dogmi si usano solo in ambito cattolico… io credo alla verità rivelata (=dogma) da Gesù tramite la Bibbia".
Dimenticano però un ulteriore "tramite",  cioè il pastore, che interpreta e spiega la Bibbia secondo i suoi punti vista. Insomma dogmi, verità rivelate, principi indiscutibili, vanno bene purché siano accettati dal pastore, il protestante medio infatti non va a confrontare un bel nulla, non si addentra in lunghi studi, si fida ciecamente del pastore e delle sue versioni.
In questo caso l’irrevocabilità delle decisioni angeliche e l’incarnazione di Gesù Cristo sono dogmi tacitamente  accettati fidandosi del pastore. E siccome quest’ultimo afferma che i dogmi mariani non sono biblici, gli si continua a credere sulla parola abbozzando magari qualche riflessione presa a prestito da qualche versetto malamente interpretato, nel caso di Maria, negli altri casi citati quelle verità rivelate, cioè dogmi, si accettano supinamente, punto e basta.
Il problema è sempre lo stesso, argomento per argomento, la domanda che dovrebbero porsi i fratelli separati è: "ma la mia interpretazione biblica soggettiva è infallibile?", visto che sono talmente convinti  di capire la Bibbia da soli, è difficile convincerli che in effetti loro capiscono la Bibbia così come gliela spiega il loro pastore. In un simile contesto non si capisce perché circolino commentari biblici, a che gli servono se la Bibbia non si interpreta?
Comunque, visto che ne sono così convinti, dovrebbero spiegarci come mai ogni singolo protestante crede di essere nella verità, ma se prendiamo un luterano e un pentecostale ci accorgiamo che seguono dottrine diverse, la stessa cosa accade se consideriamo ad esempio un pentecostale ADI e un pentecostale modalista. Risponderanno che nei fondamentali della fede i vari rami protestanti sono concordi. Bé, non direi, visto che i pentecostali modalisti non credono nella SS. Trinità, tanto per citare qualche loro divergenza interna. E poi, quali sono "i fondamentali" della fede cristiana?
Se partiamo dalla fede in Dio Padre, allora potremmo considerare  cristiani anche gli islamici.
Il fondamento è credere in Gesù Cristo figlio di Dio? Bè anche i testimoni di Geova credono che Gesù è figlio di Dio, ma a modo loro, infatti asseriscono che Gesù sia stato creato e non generato dal Padre. Procedendo per "piccole" differenze si arriverebbe a dire che chiunque crede in Dio, o magari (per restringere il cerchio) in Gesù Cristo, stia professando la vera fede cristiana.
La verità perderebbe così la sua assolutezza identificandosi in un caotico relativismo, dove  ognuno può credere quello che più gli aggrada, tanto una fede vale l’altra. Non è così!
Ecco che alla luce di tali considerazioni, si può tranquillamente affermare che l’interpretazione soggettiva e singola non può essere infallibile.
Lo Spirito Santo ci spinge alla ricerca della verità (1 Ts 5,21), certi pastori protestanti invece spingono all’appagamento i loro fedeli, convinti -questi ultimi- di aver già raggiunto la verità e di non doverla più cercare altrove. Si creano così tanti compartimenti stagni, ognuno dei quali dice e assicura di avere la verità, e se la tiene stretta.
"Io credo solo in Gesù, rifiuto ogni tradizione" questo genere di slogan echeggia ogni qualvolta si interpella un protestante circa la sua fede, non si rendono conto di aversi creato un Gesù personalizzato, che differisce da tanti altri Gesù che esistono nelle altre comunità protestanti. Ognuna di esse interpreta la Bibbia in maniera "certa e sicura" arrivando a negare perfino il significato del verbo "interpretare", loro capiscono benissimo la Bibbia, perché divinamente guidati, punto e basta. La capacità critica dei singoli svanisce uniformando la loro conoscenza a quella del pastore, ciò che capisce e spiega il pastore è sicuramente corretto. Il pastore diventa così un’autorità incontestabile, pena l’allontanamento dalla comunità. Dicono di rifiutare la Tradizione ecclesiastica (confondendola con quella umana) però accettano incondizionatamente quella proposta dal pastore, la tradizione protestante rimodellata a seconda dei punti di vista dell’infallibile pastore.
Ho scritto "infallibile", volutamente, perché se il pastore (come avviene nella realtà)  non gradisce né accetta contestazioni dottrinali da parte dei fedeli, significa che si pone in uno stato di infallibilità, lui "non può sbagliare" quando insegna, il fedele che con insistenza propone punti dottrinali diversi viene garbatamente allontanato dalla comunità.
Il problema quindi è la conoscenza dell’unica verità, Cristo è verità, credere in Lui è salvifico, ma non credere ad esempio alla Sua presenza reale nell’Eucaristia è verità?
Su Maria molti fratelli separati (specie pentecostali) scrivono interminabili analisi esegetiche, per sminuirne il ruolo e la figura, la rispettano come sorella, ma non come madre. Eppure anche loro considerano "padre", ad esempio un loro pastore più anziano.
Maria non intacca la fede nella Signoria di Cristo, ma piuttosto ce lo presenta per farcelo adorare.
E Ciò appare evidente nei brani del Vangelo che parlano direttamente o indirettamente di lei. Anzi proprio lei è il Vangelo vissuto, reso vita di ogni giorno. E’ Maria che ancora prima della nascita del Figlio lo porta a Elisabetta e a Giovanni, che esultano di gioia. E’ Maria che lo presenta ai pastori, che poi tornano alle loro greggi glorificando e lodando Dio. E’ sempre lei che lo presenta ai Magi, che si prostrano e lo adorano. Lo stesso avviene quando al Tempio offre all’anziano Simeone il Bambino perché lo possa tenere in braccio, e dopo lui alla profetessa Anna. E a Cana di Galilea, per sua iniziativa il Figlio manifesta la propria gloria divina e i discepoli credono in lui.
Ella è la nuova Eva, e come la nostra progenitrice rappresenta l’unica donna non nata da donna, Maria è l’unica Donna a essere concepita Immacolata.

Ecco cosa ci dice s.Tommaso d’Aquino in merito al concepimento di Maria:
La Chiesa celebra la natività della Beata Vergine. Ma nella Chiesa non si celebrano le feste se non dei santi. Quindi la Beata Vergine già dalla nascita era santa. Fu perciò santificata nel seno materno. Dimostrazione: Sulla santificazione della Beata Vergine nel seno materno nulla viene detto dalla Scrittura canonica, che non parla neppure della sua nascita. Ma come S. Agostino [De assumpt.] argomenta con ragione che essa deve essere stata assunta in cielo con il corpo, sebbene su ciò la Scrittura taccia, così pure con ragione possiamo pensare che sia stata santificata nel seno materno. Infatti è ragionevole credere che abbia ricevuto maggiori privilegi di grazia, al di sopra di tutti gli altri, colei che generò «l‘Unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità» [Gv 1, 14], così da essere salutata dall‘Angelo con le parole: «Ave, piena di grazia» [Lc 1, 28]. Ora, risulta che ad alcuni altri fu concesso il privilegio della santificazione nel seno materno: a Geremia, p. es., al quale fu detto [1, 5]: «Prima che tu uscissi alla luce ti avevo consacrato»; e a S. Giovanni Battista, di cui sta scritto [Lc 1, 15]: «Sarà pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre». Per cui è ragionevole credere che la Beata Vergine sia stata santificata nel seno materno prima della nascita. Analisi delle obiezioni: 1. Anche nella Beata Vergine fu prima ciò che è animale e poi ciò che è spirituale, poiché fu prima concepita nella carne e poi santificata nello spirito. 2. S. Agostino parla secondo la legge comune, per cui soltanto dopo la nascita si ricevono i sacramenti della rigenerazione. Ma Dio non ha legato la sua potenza a questa legge dei sacramenti, così da non poter conferire la sua grazia ad alcuni per privilegio speciale prima della loro nascita. 3. La Beata Vergine fu mondata dal peccato originale nel seno materno per quanto riguarda la macchia personale; non fu però liberata dalla pena che colpiva l‘umanità intera, secondo la quale cioè non poteva entrare in Paradiso se non in virtù del sacrificio di Cristo: come si dice anche dei santi Patriarchi che vissero prima di Cristo [Agost., Epist. 187, 11]. 4. Il peccato originale si contrae per generazione in quanto questa comunica la natura umana, alla quale tale peccato propriamente appartiene. Ora, la trasmissione della natura umana avviene nel momento in cui la prole concepita riceve l‘anima. Quindi dopo l‘animazione nulla impedisce che la prole concepita venga santificata: essa infatti da quel momento non rimane nel seno materno per ricevere la natura umana, ma per raggiungere una certa perfezione.
Come si è detto [a. prec.], alla Vergine Madre di Dio fu concessa più grazia che a qualsiasi altro santo. Ma risulta che a qualche santo fu concessa la santificazione prima dell‘animazione. Si legge infatti di Geremia [1, 5]: «Prima di formarti nel grembo materno, io ti conoscevo»; ora, l‘anima non viene infusa prima della formazione del corpo. E altrettanto di S. Giovanni Battista pensa S. Ambrogio [In Lc 1, su 1, 15]: «Non aveva ancora lo spirito della vita, e già aveva lo Spirito della grazia». Molto più dunque poteva essere santificata prima dell‘animazione la Beata Vergine. 2. Era conveniente, come dice S. Anselmo [De concept. virg. 18], «che la Vergine risplendesse di una così grande purezza da non potersene pensare una più grande al di sotto di Dio», secondo l‘espressione del Cantico [4, 7]: «Tutta bella tu sei, amica mia, in te nessuna macchia». Ma la purezza della Beata Vergine sarebbe stata più grande se ella non fosse stata mai contagiata dal peccato originale. Quindi le fu concesso di essere santificata prima che la sua carne ricevesse l‘anima. Le realtà dell‘antico Testamento sono figure del Nuovo, secondo le parole di S. Paolo [1 Cor 10, 11]: «Tutte queste cose accaddero loro come in figura».

Ora, la santificazione del tabernacolo, a cui si applicano le parole [Sal 45, 5 Vg]: «L‘Altissimo ha santificato il suo tabernacolo», Pare che rappresenti la santificazione della Madre di Dio, che la Scrittura chiama tabernacolo di Dio là dove dice [Sal 18, 6 Vg]: «Nel sole ha posto il suo tabernacolo».

Ma del tabernacolo si legge nel testo sacro [Es 40, 33 s.]: «Mosè terminò l‘opera. Allora la nube coprì il tabernacolo e la Gloria del Signore lo riempì». Quindi la Beata Vergine non fu santificata se non dopo che tutto il suo essere, corpo e anima, fu portato a compimento. Dimostrazione: La santità della Beata Vergine non può essere concepita come anteriore alla sua animazione per due motivi. Primo, perché la santificazione di cui parliamo è la purificazione dal peccato originale, essendo la santità una «mondezza totale», come scrive Dionigi [De div. nom. 12]. Ma la colpa può essere mondata soltanto con la grazia, e il soggetto della grazia è solo la creatura razionale. Perciò prima dell‘infusione dell‘anima razionale la Beata Vergine non fu santificata. Secondo, perché non potendo la colpa trovarsi che in una creatura razionale, prima dell‘infusione dell‘anima razionale la prole concepita non è soggetta alla colpa. Quindi, comunque fosse stata santificata la Beata Vergine prima dell‘animazione, non avrebbe mai contratta la macchia della colpa originale, e allora non avrebbe avuto bisogno della redenzione e della salvezza che viene da Cristo, di cui il Vangelo [Mt 1, 21] dice: «Egli salverà il suo popolo dai suoi peccati». Ma non è ammissibile che Cristo, secondo le parole di S. Paolo [1 Tm 4, 10], non sia «il Salvatore di tutti». Quindi non rimane che porre la santificazione della Beata Vergine dopo la sua animazione. Analisi delle obiezioni: 1. Dio afferma di «aver conosciuto» Geremia prima che venisse formato nel seno materno perché lo conobbe con la sua predestinazione; ma dice [ib.] di «averlo consacrato» non prima della sua formazione, bensì «prima che uscisse alla luce». Nell‘espressione poi di S. Ambrogio secondo la quale S. Giovanni Battista, pur non avendo ancora lo spirito della vita, avrebbe tuttavia già avuto lo Spirito della grazia, lo «spirito della vita» non è l‘anima vivificante, ma l‘aria esterna che si respira. - Oppure si può intendere che non aveva ancora lo spirito della vita, cioè l‘anima, quanto alle sue operazioni manifeste e complete. 2. Se l‘anima della Beata Vergine non fosse stata mai contagiata dal peccato originale, Cristo perderebbe la dignità di essere il Salvatore universale di tutti. Perciò la purezza della Beata Vergine fu la più grande, ma al di sotto di quella di Cristo, che in qualità di Salvatore universale non aveva bisogno di essere salvato. Cristo infatti non contrasse in alcun modo il peccato originale, ma fu santo nella sua stessa concezione, secondo le parole evangeliche [Lc 1, 35]: «Il santo che nascerà da te sarà chiamato Figlio di Dio». Al contrario la Beata Vergine contrasse il peccato originale, ma ne fu mondata prima di uscire dal seno materno. Al che si possono applicare le parole di Giobbe, là dove dice [3, 9] che la notte del peccato originale «aspetterà la luce», cioè Cristo, «e non vedrà neppure il sorgere dell‘aurora», cioè della Beata Vergine, che alla sua nascita era immune dal peccato originale (poiché, come si legge [Sap 7, 25], «nulla di contaminato si infiltrò in lei»). (cfr, Summa Teologica S. Tommaso d’Aquino)

MADRE DELLA CHIESA

Le accuse: "Ella è la madre della Chiesa.
Ella fu dichiarata tale da Paolo VI nel 1964 in questi termini: ‘Noi proclamiamo Maria Santissima madre della Chiesa (...) e vogliamo che con tale titolo soavissimo d’ora innanzi la Vergine venga ancora più onorata e invocata da tutto il popolo cristiano’. Alla nascita di questo titolo hanno contribuito le seguenti parole di Agostino su Maria: ‘...Ma ella è madre, con piena evidenza, delle sue membra - e noi siamo tra questi - poiché ha cooperato, con la carità, alla nascita, nella Chiesa, dei fedeli che sono le membra del capo’. Per sostenere con le Scritture questo titolo datole i teologi papisti prendono le parole di Gesù dette al discepolo che egli amava: "Ecco tua madre!".
Questo titolo dato a Maria non corrisponde affatto a verità perché la Scrittura la chiama la madre di Gesù ma non la madre della Chiesa, e perciò dissentiamo profondamente dalle suddette parole di Agostino. (Tenete sempre presente che i teologi romani si rifanno spesso a parole di Agostino per sostenere diverse loro eresie). La madre della Chiesa è la Gerusalemme di sopra secondo che é scritto ai Galati: "Ma la Gerusalemme di sopra è libera, ed essa é nostra madre. Poich’egli é scritto: Rallegrati, o sterile che non partorivi! Prorompi in grida, tu che non avevi sentito doglie di parto! Poiché i figliuoli dell’abbandonata saranno più numero di quelli di colei che aveva il marito". La madre delle figliuole di Dio non è Maria ma Sara perché Pietro dopo avere detto alle mogli che il loro ornamento non deve essere l’esteriore "ma l’essere occulto del cuore fregiato dell’ornamen incorruttibile dello spirito benigno e pacifico, che agli occhi di Dio é di gran prezzo", dice: "E così infatti si adorna una volta le sante donne speranti in Dio, stando soggette ai loro mariti, come Sara che ubbidiva ad Abramo, chiamandolo signo della quale voi siete ora figliuole, se fate il bene e non vi lasciate turbare da spavento alcuno". Sta scritto [Sap 1, 4]: «La sapienza non entra in un‘anima che opera il male, né abita in un corpo schiavo del peccato». Dobbiamo quindi affermare in modo assoluto che la Beata Vergine non commise mai alcun peccato attuale né mortale né veniale, così da avverare le parole del Cantico [4, 7]: «Tutta bella tu sei, amica mia, in te nessuna macchia », ecc.


La verità:
Dalla costola di Adamo nacque Eva, e dalla costola di Cristo nacque Maria come madre della Chiesa. Non è casuale che Cristo abbiamo chiamato Maria, col titolo di Donna, proprio nella sua ultima ora. Poteva chiamarla benissimo "madre", invece l’ha chiamata Donna, come le aveva preannunciato a Cana, e come è chiamata Maria nell’Apocalisse.
Come Eva è chiamata la madre di tutti i viventi, Maria è chiamata madre di tutti i credenti.
Gesù sulla croce non era impaurito e confuso, sapeva benissimo cosa stava accadendo, e pronuncia le sue ultime parole, ma gli altri non capivano, infatti le tenebre avvolgevano quel luogo.
Quando ad esempio Gesù dice "ho sete" sta in realtà citando il Salmo 42,3 "L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente: quando verrò e vedrò il volto di Dio?" ma i presenti non capiscono, erano avvolti dalle tenebre, e gli danno da bere. Gesù aveva sete di ricongiungersi col Padre, gli altri pensano solo alle cose materiali e gli danno da bere.
Nulla è casuale nella Bibbia, nessun versetto è mai fuori posto. Tutto comincia in un giardino, e tutto "finisce" in un giardino. Nel giardino dell’Eden cominciò a vivere l’umanità, nel giardino del sepolcro rinacque l’umanità con la resurrezione di Cristo.
Cristo nuovo Adamo, iniziò la sua passione nell’orto (giardino) degli ulivi, e risuscitò nel giardino del sepolcro, dove il giardiniere avvisa Maria di Magdala che Gesù non è più tra i morti.
Passiamo dunque a dimostrare con la Bibbia il ruolo di Maria nella Chiesa di Cristo.
Tra i versetti che i protestanti citano spesso con lo scopo di mostrare Maria come una comune peccatrice (una donna come tante altre, dicono) ci sono quelli di Romani 3:10-12

"Non c’è nessun giusto, nemmeno uno, non c’è sapiente, non c’è chi cerchi Dio! Tutti hanno traviato e si son pervertiti;  non c’è chi compia il bene, non ce n’è neppure uno."

Ma cosa ci vuol dire Paolo con questa citazione? Dobbiamo capire alla lettera, o dobbiamo interpretare? Dimostrerò che la via corretta da seguire è la seconda, ma prima leggiamo qualche altro versetto:
Gen 6,9 "Questa è la storia di Noè. Noè era uomo giusto e integro tra i suoi contemporanei e camminava con Dio."


Gen 18,23-24 "Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano?".

Conosciamo tutti la storia della distruzione di Sodoma e Gomorra, dalla prima città fu salvata la famiglia di Lot perché composta da persone giuste agli occhi di Dio.
2 Sam 4,11 "ora che uomini iniqui hanno ucciso un giusto in casa mentre dormiva, non dovrò a maggior ragione chiedere conto del suo sangue alle vostre mani ed eliminarvi dalla terra?"

Ez 33,18 "Se il giusto desiste dalla giustizia e fa il male, per questo certo morirà."

Come stiamo vedendo la Bibbia cita diversi giusti, e dà pure per scontato che ci siano giusti fra gli uomini.
Am 2,6 "Così dice il Signore:  «Per tre misfatti d’Israele e per quattro non revocherò il mio decreto, perché hanno venduto il giusto per denaro e il povero per un paio di sandali;"

Mi 7,2 "L’uomo pio è scomparso dalla terra, non c’è più un giusto fra gli uomini: tutti stanno in agguato per spargere sangue; ognuno dá la caccia con la rete al fratello."
Paolo non stava forse citando questi versetti nella sua lettera ai Romani?
1 Re 8,31-32 "Se uno pecca contro il suo fratello e, perché gli è imposto un giuramento di imprecazione, viene a giurare davanti al tuo altare in questo tempio, tu ascoltalo dal cielo, intervieni e fa giustizia con i tuoi servi; condanna l’empio, facendogli ricadere sul capo la sua condotta, e dichiara giusto l’innocente rendendogli quanto merita la sua innocenza."

In questi versetti vediamo il significato del termine giusto, che viene dichiarato tale da Dio, per mezzo della grazia.
Gb 4,17-19 "Può il mortale essere giusto davanti a Dio o innocente l’uomo davanti al suo creatore?Ecco, dei suoi servi egli non si fida e ai suoi angeli imputa difetti; quanto più a chi abita case di fango, che nella polvere hanno il loro fondamento!"

Ecco che nei versetti di Giobbe troviamo la spiegazione della citazione che Paolo fa nella lettera ai romani 3,12. Davanti a Dio nessuno è giusto, a tal punto da meritarsi la salvezza, tutto ci viene dato per grazia, per merito e per opera di Gesù Cristo il nostro unico salvatore, questo è riferito alla assoluta purezza di Dio, irraggiungibile per qualsiasi uomo, ma c’è anche una purezza relativa, non assoluta, di cui possono fregiarsi alcuni uomini giusti, non per meriti propri, ma per grazia ricevuta, è merito di Dio se alcuni uomini diventano buoni e giusti. Relativamente alla grazia ricevuta alcuni uomini o donne possono quindi diventare giusti. I versetti di Giobbe a questo si riferiscono. Ci fanno capire cioè che da solo e senza l’aiuto di Dio nessun uomo può essere giusto.
Non è vero quindi che la Bibbia ci dice che nessun uomo è giusto, non si possono valutare le parole di Paolo in senso assoluto, ma solo in  rapporto a Cristo.
Nella Bibbia come abbiamo visto troviamo numerosi versetti che ci parlano di uomini giusti; giusti in confronto agli empi, in confronto ai tiepidi, non in senso assoluto, non senza la grazia di Dio. Nel libro di Giobbe leggiamo "…Ecco, dei suoi servi egli non si fida e ai suoi angeli imputa difetti…"
Questi versetti mettono in risalto l’assoluta purezza di Dio e la purezza relativa dei servi e degli angeli, ma bisogna interpretarli correttamente, altrimenti si smentiscono quegli altri in cui la Bibbia dice che nulla di impuro si può presentare davanti a Dio. Se questi versetti sono veri, significa che gli angeli e i santi sono puri perché stanno alla presenza dell’Altissimo, i difetti di cui parla il libro di Giobbe servono per esaltare l’assoluta purezza dell’Eterno, che è fonte, gli angeli e i santi sono puri per volere di Dio, non per facoltà proprie, puri per mezzo della Fonte, da Essa sono stati purificati.
Ma vediamo ancora altri versetti che ci parlano di uomini giusti.
Ab 2,4 "Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede."
Ml 3,18 "Voi allora vi convertirete e vedrete la differenza fra il giusto e l’empio, fra chi serve Dio e chi non lo serve."

Spesso la Bibbia mette a confronto il giusto con l’empio, se il giusto fra gli uomini non esistesse, come vorrebbero far credere i protestanti tutti questi versetti sarebbero da tagliare.
Mt 1,19 "Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto."
Mt 10,41 "Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto."

Mc 6,20 "perché Erode temeva Giovanni, sapendolo giusto e santo, e vigilava su di lui; e anche se nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri."

Lc 1,5-6 "Al tempo di Erode, re della Giudea, c’era un sacerdote chiamato Zaccaria, della classe di Abìa, e aveva in moglie una discendente di Aronne chiamata Elisabetta. Erano giusti davanti a Dio, osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore"

Lc 2,25 "Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d’Israele;"
At 10,22 "Il centurione Cornelio, uomo giusto e timorato di Dio, stimato da tutto il popolo dei Giudei, è stato avvertito da un angelo santo di invitarti nella sua casa, per ascoltare ciò che hai da dirgli".

Troviamo pure una variante dell’uomo giusto, il buono.
Sal 18,26 "Con l’uomo buono tu sei buono con l’uomo integro tu sei integro, con l’uomo puro tu sei puro, con il perverso tu sei astuto."


Ecc 9,2 "Vi è una sorte unica per tutti, per il giusto e l’empio,   per il puro e l’impuro, per chi offre sacrifici e per chi non li offre,  per il buono e per il malvagio, per chi giura e per chi teme di giurare."


Mt 12,35 "L’uomo buono dal suo buon tesoro trae cose buone, mentre l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae cose cattive."

Mt 25,21 "Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone."

Lc 6,43 "L’uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male, perché la bocca parla dalla pienezza del cuore."

Alla luce di tutti questi versetti che parlano di uomini giusti e buoni, si deve per forza interpretare Paolo e, gli altri Libri Sacri, altrimenti si cade nell’errore.
Possiamo quindi affermare coadiuvati da cotanti versetti biblici, che i giusti fra gli uomini ci sono sempre stati, e fra questi vi è, sicuramente, anche, e soprattutto, Maria.
Se consideriamo ad esempio il ruolo di Giovanni il Battista, che fu definito "il più grande tra i profeti" da Gesù in persona, meditando sul perché di quelle parole, sulle motivazioni che sicuramente ci sono e, hanno spinto Gesù ad usare una simile frase, scopriamo che il Battista è il più grande tra i profeti perché, l’ultimo, in riferimento all’insegnamento di Gesù "gli ultimi saranno i primi", poi perché egli ha visto (unico tra i profeti) il Verbo di Dio incarnato, egli predicò per spianare le strade al Signore, subito prima della sua manifestazione pubblica. L’altra particolarità è l’aver ricevuto lo Spirito Santo per mezzo di Gesù quando ancora entrambi erano custoditi nel seno delle loro madri. Maria infatti visitò Elisabetta che era al sesto mese di gravidanza, avendo in grembo Gesù, il piccolo Giovanni sussultò di gioia e fu ripieno di Spirito Santo, tutto questo fa di Giovanni il più grande fra i profeti.
Se quindi Giovanni per tali considerazioni è il più grande fra i profeti, Maria a maggior ragione è la più grande fra tutte le donne, in considerazione del suo ruolo unico ed irripetibile.
Nessuna altra donna portò, né potrà portare in grembo il Verbo di Dio, ella e solo ella allattò, curò ed educò il Verbo incarnato, ella sola le fu madre e le diede la carne. L’ostinato tentativo di declassazione della figura di Maria, definita "semplice donna come tante altre" porta i protestanti (almeno la maggioranza di loro) a sbagliare di netto e oltraggiare la figura di Maria. Ella non è una dea, ma una umile donna, tuttavia è la più grande di tutte, per volere di Dio, così come il Battista fu il più grande tra i profeti. Coloro che stanno leggendo (mi riferisco ai protestanti) con un atteggiamento di sufficienza queste righe, si staranno meravigliando circa l’uso del termine "oltraggiare", diranno: "questo qui, parla addirittura di oltraggio alla figura di Maria, quando invece noi protestanti, o pentecostali la rispettiamo molto…". Il concetto di "rispetto" ovviamente è molto soggettivo,  e i protestanti evidentemente non si rendono conto di offendere Maria, soprattutto quando le attribuiscono indirettamente peccati personali, andando a citare i versetti di Paolo "Non c’è nessun giusto, nemmeno uno, non c’è sapiente, non c’è chi cerchi Dio! Tutti hanno traviato e si son pervertiti;  non c’è chi compia il bene, non ce n’è neppure uno."
Stando a loro quindi anche Maria, si sarebbe pervertita e avrebbe peccato, se questo non è oltraggiarla che cos’è? Questa loro mancanza di lucidità nell’affrontare certi argomenti, fa aprire gli occhi, a chi li vuole aprire.
Gli ebrei ad esempio (o gran parte di essi) ad oggi, e siamo nel XXI secolo, non vogliono aprirli i loro occhi, e si ostinano a voler difendere i motivi che duemila anni fa li hanno portati a non riconoscere in Gesù il Messia. Uno di questi motivi è sicuramente la questione dell’adulterio (o presunto tale) di Maria. "Nello stesso Corano alla quarta Sura, versetto 155, in una serie di invettive contro gli ebrei, vi si afferma con durezza che essi sono puniti da Dio <<per la loro incredulità e per avere pronunciato contro Maria una calunnia mostruosa>>. La calunnia, cioè, di avere concepito il Figlio nel peccato, rompendo la fedeltà promessa al fidanzato e, per giunta, facendosi mettere incinta da uno straniero. E questo, addirittura nel periodo mestruale, quando per i semiti ogni donna è inavvicinabile perché impura, così da rendere ancora più mostruosa la calunnia. La quale, ricorda il Corano, viene dagli ebrei. E viene, in effetti, sin dagli inizi: ce ne è traccia anche nei Vangeli, come vedremo, e attraverserà tutti i secoli, fino a oggi.
Prendiamo, per esempio, Fratello di Gesù, che ha come sottotitolo <<Un punto di vista ebraico sul Nazareno>> e che, apparso in tedesco nel 1967, ha fama di essere una testimonianza significativa di una nuova, solidale attenzione giudaica verso il cristianesimo. Opera <<dialogica>>, dunque, un piccolo classico dell’ecumenismo, tanto che l’edizione italiana è apparsa presso la Morcelliana, vecchia e illustre editrice cattolica. A pagina 54 della traduzione di questo saggio dell’israelita Shalom Ben-Chorin- prefato con convinzione da un prete, noto teologo – leggiamo: <<Questa oscurità [sulle origini di Gesù] ha condotto gli avversari all’ovvia conclusione di una nascita illegittima. Nel Talmud abbiamo la cosiddetta tradizione di Pandera o Pantera. Un ufficiale romano di quel nome avrebbe sedotto e messo incinta una certa Myriam, fidanzata di Giuseppe, e il frutto di questo peccato sarebbe stato Gesù. Nel rapporto, per lo meno distanziato , di Gesù con sua madre, che egli non interpella mai se non come "donna", potrebbe riflettersi la dolorosa coscienza di un’origine illegittima. Gesù non onora sua madre e nega il suo padre corporale, dato che evidentemente egli sapeva di una provenienza illegittima e straniera, non ebraica>>.
Si noti, in queste parole di Ben-Chorin, quell’<<evidentemente>> finale, in cui si dissolve il tono ipotetico tenuto sino lì. Una sicurezza sconcertante, confermata anche dalle pagine che questo ebreo contemporaneo dedica alle nozze di Cana, dove le parole di Gesù alla madre sarebbero addirittura <<spaventose>>, il suo atteggiamento sarebbe <<ingiurioso>>. E questo, secondo Ben-Chorin, per il solito motivo: il <<complesso>> di quel <<giovane predicatore vagante>>, ossessionato dalla nascita non solo illegittima, ma pure vergognosa.
Come si vede, anche dietro questo scrittore israeliano di oggi, presentato come uno dei massimi esponenti della <<nuova apertura ebraica>> verso il cristianesimo, c’è l’ombra che sta dietro alle parole di Giovanni (8,41) <<Gli risposero i Giudei: noi non siamo nati da prostituzione!...>>. Stando a molti esegeti, questo sarebbe un palese quanto velenoso riferimento alle voci diffamatorie che sarebbero state messe in circolazione negli ambienti ostili al Nazareno. Voci che, nate subito, subito avrebbero contrassegnato la polemica del giudaismo contro il cristianesimo nascente.
Le comunità ebraiche della Diaspora provvidero a diffonderle ovunque, come sappiamo da Celso che, polemizzando con i <<nazareni>> in nome della civiltà classica e del suo Olimpo, già verso il 180 le mette in bocca a un giudeo. Il quale accusa Gesù di avere avuto una madre che, messa incinta dal soldato Pantera, sarebbe stata cacciata dal marito e, dopo avere errato qua e là, avrebbe partorito nel nascondimento e nella vergogna. Tertulliano, scrivendo poco dopo, nel 197 (e informandosi tra gli israeliti dell’Africa romana), conferma anch’egli la calunnia, con l’aggravante che Maria sarebbe stata non solo un’adultera ma, senza mezzi termini, una prostituta, una quaestuaria.
La calunnia confluì poi in quelle che Charles Guignebert, il noto critico radicale della storicità dei Vangeli, definì – e con imbarazzo - <<le ingiuriose cattiverie contro Maria rilevate nel Talmud>>. Anche qui, in queste raccolte fondamentali per il giudaismo post-biblico, Gesù è chiamato ben Pantheras, il figlio di Pantera. Come spiega Joseph Klausner, ebreo, docente all’Università di Gerusalemme e che scrisse (in ebraico) un famoso studio sulle origini del cristianesimo, dietro l’invenzione del nome di quel presunto soldato c’era una beffa in più. Poiché, cioè i cristiani affermavano che Gesù era <<figlio della Parthénos>>, la Vergine, con un gioco di parole gli ebrei cominciarono a chiamarlo <<figlio di Pantheras>>. Anagramma, o quasi, di cui i calunniatori erano particolarmente soddisfatti, visto che (come è stato provato) quel nome era plausibile, essendo assai diffuso fra le truppe romane. Inoltre, in greco pànther è la nostra <<pantera>>, che, come tutti gli altri animali selvatici, provocava negli ebrei un misto di paura e di repulsione: l’odiato Gesù, insomma, era figlio di un’orribile bestia…In altri passi, sempre nel Talmud, alle caratteristiche negative di Maria è aggiunta quella del mestiere: la parrucchiera. Dunque, legata a una professione la cui moralità era allora ben dubbia e che molti consideravano impura. Insomma, una intoccabile". (cfr. V. Messori, Ipotesi su Maria)
I protestanti potevano cogliere al volo l’occasione, per declassare ulteriormente Maria, perché non lo hanno fatto? In fondo si appellano proprio al parere "autorevole" degli ebrei in materia di canone biblico, per escludere i 7 libri del Vecchio Testamento dalla loro Bibbia.
Autorevole, senz’altro, e fazioso di sicuro, il parere degli ebrei, che pur di discreditare i cristiani le hanno provate tutte, architettandole in maniera sapiente e ben orchestrata.
In tal senso è quantomeno sospetto il fatto che abbiano deciso di rimettere mano al loro canone biblico, intorno al 90 d.C. escludendo, manco a farlo apposta, 7 libri che i cristiani avevano nella loro Bibbia, quella dei Settanta. Quando dico che i protestanti vedono e capiscono solo quello che gli conviene lo dico a ragion veduta quindi. La mancanza di coerenza si vede un po’ in tutta la loro linea apologetica, solo chi conosce poco, -o non è interessato a conoscere- lo sviluppo della loro dottrina, li segue.

MARIA

Questo capitolo è complementare a quello sui presunti fratelli carnali di Gesù, visto che il tema è la persona di Maria e le verità di fede ad essa collegate. In quel capitolo si parlava appunto della sua verginità perpetua, e delle prove bibliche a riguardo.
Nel presente capitolo però, si parlerà anche dei dogmi che la riguardano, che sono quattro, verginità compresa.
Secondo i protestanti, per un’atavica e subconscia abitudine le interpretazioni cattoliche sono ingannevoli, mentre, le loro, veritiere. Gli accusatori spesso scrivono:
“La chiesa cattolica romana, come ben sapete, tributa un culto a Maria, la madre di Gesù. A Maria sono rivolte preghiere e canti; le statue e le immagini che la raffigurano sono un po’ da per tutto, nelle basiliche cattoliche, negli ospedali, negli orfanotrofi, nei collegi, per le strade, per le piazze, sui monti, nelle grotte, nelle case; per esse molta gente va in delirio, davanti ad esse molte persone si prostrano invocandola affinché li aiuti, li guarisca, li consoli, e affinché li salvi. A Maria sono anche dedicati due mesi all’anno; Maggio, il mese di Maria; e Ottobre, il mese del Rosario. Alcune delle feste universali in suo onore sono: 1) l’Immacolata Concezione (8 Dicembre); 2) la Natività (8 Settembre); 3) l’Annunciazione (25 Marzo, nove mesi prima di natale); 4) la Purificazione (2 Febbraio); 5) l’Assunzione (15 Agosto). Per quanto riguarda poi i santuari mariani venerati da milioni di Italiani ce ne sono a decine in tutta Italia. Nel mondo intero sono moltissimi.
Maria in realtà è più importante di Gesù per i Cattolici romani, per loro è una sorta di dea onnipotente a cui persino Gesù deve ubbidire. Questo è quello che gli hanno inculcato i preti sin dalla loro fanciullezza. Di Maria viene detto dai preti che fu concepita senza peccato e durante la sua vita non peccò mai, che è la madre di Dio, che rimase sempre vergine, che fu la prima persona a cui Gesù apparve dopo essere risuscitato, che fu assunta in cielo anima e corpo dopo essere risorta, che in cielo prega per i Cristiani, che un giorno schiaccerà il capo del diavolo, che è corredentrice dell’umanità, che è la madonna, e che è la madre della Chiesa.”

Chiarisco velocemente un particolare, il capo del serpente lo schiaccerà la progenie di Maria, cioè Gesù Cristo, e una prima volta l’ha schiacciato sulla croce, sconfiggendo la morte. Inoltre sottolineo che Maria non è assolutamente considerata più potente di Gesù, nessun prete dice questo, e se controlliamo il catechismo cattolico, troviamo scritto che Maria è santa, ma sempre creatura resta, la divinità e l’onnipotenza invece appartiene a Gesù all’interno della SS. Trinità. Gli altri punti verranno approfonditi e chiariti nella prossime pagine.
La storia dell’incarnazione inizia con la proposta che l’angelo Gabriele fa a Maria. I fratelli protestanti partendo dal saluto dell’angelo Gabriele a Maria, tentano in tutti i modi di sminuirne il ruolo all’interno della Chiesa. Per loro l’angelo non dice “Ave o piena di grazia”, ma “colmata di grazie”, asserendo che è quest’ultima la corretta traduzione dal greco. Evidentemente ci sono voluti più di 1500 affinché qualcuno sapesse tradurre “Kecharitòméne”, o almeno così sono convinti i protestanti. Il culto mariano viene visto dai fratelli separati come culto di adorazione, quindi idolatrico, ecco perché parlano di “marianizzazione” del cristianesimo, ad opera dei cattolici.
Ma la dottrina cattolica non insegna ad adorare Maria, o a considerarla una dea, i protestanti soprattutto i pentecostali sono invece convinti che noi cattolici la adoriamo. Ecco perché Maria rappresenta forse il punto di maggior distacco tra cattolici e protestanti, un solco incolmabile che divide inesorabilmente la cristianità. Scrive Edoardo Labanchi, studioso protestante, nel suo libro “Marianesimo o cristianesimo?” a pag. 31 “In pratica Maria fu considerata a poco a poco, un ‘doppione’ di Gesù, cioè un essere soprannaturale inferiore soltanto a Dio Padre.”
Poi continua a pag. 32 citando s.Tommaso d’Aquino, che difendeva e spiegava i dogmi mariani, e fa questa riflessione: “[…] Nulla nelle Scritture ci induce a credere che Maria sia stata diversa dalle altre creature umane, se non per il fatto che fu uno strumento nella mani di Dio per la realizzazione del Suo piano salvifico. Fu una donna singolarmente privilegiata, non c’è dubbio, aiutata da Dio nell’assolvere il suo compito di madre di Gesù, ma come tutte le altre donne, soggetta anch’essa a peccare, ad avere dubbi, momenti di scoraggiamento. Quanto poi alla questione della “dignità” che avrebbe dovuto avere Maria per accogliere in sé il Figlio di Dio, si perde di vista il senso e la natura dell’Incarnazione, che, secondo quanto afferma giustamente l’Apostolo Paolo, fu un vero e proprio “annichilimento”: “Abbiate in voi lo stesso sentimento che fu in Cristo Gesù, il quale essendo in forma di Dio non reputò rapina l’essere uguale a Dio, ma annichilì se stesso, prendendo forma di servo e divenendo simile agli uomini…” (Fil 2,5-7)”

L’amore di madre, che Maria nutriva nei confronti di Gesù è superabile da qualche altro amore? Fino a quando io stesso non avevo figli, non focalizzavo bene quanto grande potesse essere l’amore materno o paterno verso i propri figli.
Avendo avuto due figli grazie a Dio, ora mi rendo conto quanto sconfinato sia l’amore dei genitori verso i figli. Ecco, Maria nutriva un’amore sconfinato verso Gesù, superiore a quello di noi tutti. Ci sono tanti passi nella Scrittura che ci descrivono uomini resi eccezionali da Dio, al fine di adempiere i Suoi disegni divini.
Uno di questi fu Mosè, ma ci sono anche Noè, Daniele, Giobbe, Sansone, Enoch, Elia, e diversi altri, ognuno di loro dotato di un particolare dono, per servire e arricchire la comunità.
Quante creature ad esempio possono disporre del proprio spirito, tanto da poterne dare una parte ad un discepolo (vedi Eliseo). Di Enoch si dice che non morì, si vide soltanto scomparire nel cielo, questo è un fatto ordinario per le creature di Dio?
Ecco cosa dice Dio di Giobbe: “Il Signore disse a satana: «Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, teme Dio ed è alieno dal male».” (Gb 1,8) – quando invece si parla di Maria, i protestante non dicono mai che nessuna era come lei sulla terra, ma semplicemente che era una delle tante donne che avrebbero potuto mettere la mondo Gesù.
Potremmo andare ancora avanti nel raccontare i particolari doni che Dio riserva alle sue creature prescelte, e non c’è da meravigliarsi, a Dio tutto è possibile. Non si capisce quindi da dove scaturisca il senso di meraviglia mista a commiserazione e derisione verso la dottrina cattolica, che riconosce a Maria il particolare dono dell’Immacolata Concezione, e degli altri tre che ne conseguono. In Giobbe 14,4 troviamo scritto: “Chi può trarre il puro dall’immondo?”
Se Maria era impura, come tutte le altre creature, la carne di Gesù sarebbe nata pura?
I grandi doni che Dio dava ai suoi servi, non erano dei doppioni, la forza di Sansone non si riscontra in altri, oppure, la particolare potenza in spirito di Elia è anch’essa singolare. Perché i doni che Dio riservò a Maria si dovrebbero per forza riscontrare in altre creature per essere ritenuti degni di fede? I fratelli che vorrebbero vedere ogni dogma scritto a chiare lettere sulla Bibbia, sbagliano di netto. L’abitudine a ripetere sempre le stesse accuse o osservazioni a noi cattolici, li porta lontano dalla obiettività e da certe verità. Essi ad esempio accettano il fatto che Satana (assieme ai suoi) in principio fu creato buono, e in seguito alla sua ribellione fu cacciato dal Paradiso. Accettano pure l’irreversibilità delle decisioni angeliche, Satana in quanto puro spirito non può ritornare più indietro sui suoi passi, perché le decisioni angeliche sono irrevocabili, immutabili.
Quindi non c’è ombra di dubbio, non ritroveremo mai Satana in Paradiso, perché lui non si pente, né si pentirà mai della sua scelta.
E’ di fede, ma dov’è scritto nella Bibbia che le scelte angeliche sono irrevocabili, e che Satana non chiederà mai perdono a Dio?
O ancora, dove troviamo scritto a chiare lettere che Gesù era vero Dio e vero uomo allo stesso tempo? Nel Concilio di Calcedonia del 451 la Chiesa dogmatizzava che Gesù, “un solo e medesimo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, perfetto nella sua divinità e perfetto nella sua umanità”, ma nella Bibbia non lo troviamo scritto chiaramente, ci sono dei versetti che male interpretati davano adito a eresie che definivano Gesù mezzo uomo, o mezzo Dio, oppure un “creatura” eccellente ecc.. La SS. Trinità si deduce da alcuni versetti biblici, ma non è scritta o spiegata dalla stessa Bibbia in maniera chiara ed inequivocabile. Vi sono dei versetti dove Gesù dice che il Padre è più grande di Lui, e che solo il Padre conosce la data della fine del mondo, questi saranno spiegati altrove, ma resta il fatto che nella Bibbia non troviamo nemmeno la parola Trinità.
Ovviamente sono deduzioni teologiche, che vengono accettate tacitamente anche dai protestanti. Perché quelle relative a Maria vengono invece nettamente rifiutate? Per queste ultime deduzioni pretendono versetti chiari e limpidi, senza dover ricorrere all’interpretazione. Se non troviamo scritto che Maria fu assunta in cielo anima e corpo, “vuol dire che non lo fu”, questo tipo di ragionamento è abitudinario dei protestanti. Se, agli stessi, chiedi lumi sulla irrevocabilità delle scelte angeliche però non ti sanno rispondere, e non si sforzano più di tanto per cercare di darti un risposta, semplicemente perché non vengono abituati a darle. L’allenamento però viene puntualmente svolto per fornire risposte più o meno corrette sui dogmi mariani, e gli altri dogmi cattolici. In pratica, si allenano spesso a denigrare la dottrina e la Chiesa cattolica, è questa la cruda verità. In fondo per il protestante medio, non abituato allo studio della teologia, credere all’irrevocabilità delle scelte angeliche, al mistero dell’incarnazione, ecc., significa accettare dei dogmi di fede, chiamandoli in altro modo. La parola “dogma” infatti, nel protestante medio suscita irritazione, “i dogmi si usano solo in ambito cattolico… io credo alla verità rivelata (=dogma) da Gesù tramite la Bibbia”.
Dimenticano però un ulteriore “tramite”, cioè il pastore, che interpreta e spiega la Bibbia secondo i suoi punti vista. Insomma dogmi, verità rivelate, principi indiscutibili, vanno bene purché siano accettati dal pastore, il protestante medio infatti non va a confrontare un bel nulla, non si addentra in lunghi studi, si fida ciecamente del pastore e delle sue versioni.
In questo caso l’irrevocabilità delle decisioni angeliche e l’incarnazione di Gesù Cristo sono dogmi tacitamente accettati fidandosi del pastore. E siccome quest’ultimo afferma che i dogmi mariani non sono biblici, gli si continua a credere sulla parola abbozzando magari qualche riflessione presa a prestito da qualche versetto malamente interpretato, nel caso di Maria, negli altri casi citati quelle verità rivelate, cioè dogmi, si accettano supinamente, punto e basta.
Il problema è sempre lo stesso, argomento per argomento, la domanda che dovrebbero porsi i fratelli separati è: “ma la mia interpretazione biblica soggettiva è infallibile?”, visto che sono talmente convinti di capire la Bibbia da soli, è difficile convincerli che in effetti loro capiscono la Bibbia così come gliela spiega il loro pastore. In un simile contesto non si capisce perché circolino commentari biblici, a che gli servono se la Bibbia non si interpreta?
Comunque, visto che ne sono così convinti, dovrebbero spiegarci come mai ogni singolo protestante crede di essere nella verità, ma se prendiamo un luterano e un pentecostale ci accorgiamo che seguono dottrine diverse, la stessa cosa accade se consideriamo ad esempio un pentecostale ADI e un pentecostale modalista. Risponderanno che nei fondamentali della fede i vari rami protestanti sono concordi. Bé, non direi, visto che i pentecostali modalisti non credono nella SS. Trinità, tanto per citare qualche loro divergenza interna. E poi, quali sono “i fondamentali” della fede cristiana?
Se partiamo dalla fede in Dio Padre, allora potremmo considerare cristiani anche gli islamici.
Il fondamento è credere in Gesù Cristo figlio di Dio? Bè anche i testimoni di Geova credono che Gesù è figlio di Dio, ma a modo loro, infatti asseriscono che Gesù sia stato creato e non generato dal Padre. Procedendo per “piccole” differenze si arriverebbe a dire che chiunque crede in Dio, o magari (per restringere il cerchio) in Gesù Cristo, stia professando la vera fede cristiana.
La verità perderebbe così la sua assolutezza identificandosi in un caotico relativismo, dove ognuno può credere quello che più gli aggrada, tanto una fede vale l’altra. Non è così!
Ecco che alla luce di tali considerazioni, si può tranquillamente affermare che l’interpretazione soggettiva e singola non può essere infallibile.
Lo Spirito Santo ci spinge alla ricerca della verità (1 Ts 5,21), certi pastori protestanti invece spingono all’appagamento i loro fedeli, convinti -questi ultimi- di aver già raggiunto la verità e di non doverla più cercare altrove. Si creano così tanti compartimenti stagni, ognuno dei quali dice e assicura di avere la verità, e se la tiene stretta.
“Io credo solo in Gesù, rifiuto ogni tradizione” questo genere di slogan echeggia ogni qualvolta si interpella un protestante circa la sua fede, non si rendono conto di aversi creato un Gesù personalizzato, che differisce da tanti altri Gesù che esistono nelle altre comunità protestanti. Ognuna di esse interpreta la Bibbia in maniera “certa e sicura” arrivando a negare perfino il significato del verbo “interpretare”, loro capiscono benissimo la Bibbia, perché divinamente guidati, punto e basta. La capacità critica dei singoli svanisce uniformando la loro conoscenza a quella del pastore, ciò che capisce e spiega il pastore è sicuramente corretto. Il pastore diventa così un’autorità incontestabile, pena l’allontanamento dalla comunità. Dicono di rifiutare la Tradizione ecclesiastica (confondendola con quella umana) però accettano incondizionatamente quella proposta dal pastore, la tradizione protestante rimodellata a seconda dei punti di vista dell’infallibile pastore.
Ho scritto “infallibile”, volutamente, perché se il pastore (come avviene nella realtà) non gradisce né accetta contestazioni dottrinali da parte dei fedeli, significa che si pone in uno stato di infallibilità, lui “non può sbagliare” quando insegna, il fedele che con insistenza propone punti dottrinali diversi viene garbatamente allontanato dalla comunità.
Il problema quindi è la conoscenza dell’unica verità, Cristo è verità, credere in Lui è salvifico, ma non credere ad esempio alla Sua presenza reale nell’Eucaristia è verità?
Su Maria molti fratelli separati (specie pentecostali) scrivono interminabili analisi esegetiche, per sminuirne il ruolo e la figura, la rispettano come sorella, ma non come madre. Eppure anche loro considerano “padre”, ad esempio un loro pastore più anziano.
Maria non intacca la fede nella Signoria di Cristo, ma piuttosto ce lo presenta per farcelo adorare.
E Ciò appare evidente nei brani del Vangelo che parlano direttamente o indirettamente di lei. Anzi proprio lei è il Vangelo vissuto, reso vita di ogni giorno. E’ Maria che ancora prima della nascita del Figlio lo porta a Elisabetta e a Giovanni, che esultano di gioia. E’ Maria che lo presenta ai pastori, che poi tornano alle loro greggi glorificando e lodando Dio. E’ sempre lei che lo presenta ai Magi, che si prostrano e lo adorano. Lo stesso avviene quando al Tempio offre all’anziano Simeone il Bambino perché lo possa tenere in braccio, e dopo lui alla profetessa Anna. E a Cana di Galilea, per sua iniziativa il Figlio manifesta la propria gloria divina e i discepoli credono in lui.
Ella è la nuova Eva, e come la nostra progenitrice rappresenta l’unica donna non nata da donna, Maria è l’unica Donna a essere concepita Immacolata.
Ecco cosa ci dice s.Tommaso d’Aquino in merito al concepimento di Maria:
La Chiesa celebra la natività della Beata Vergine. Ma nella Chiesa non si celebrano le feste se non dei santi. Quindi la Beata Vergine già dalla nascita era santa. Fu perciò santificata nel seno materno. Dimostrazione: Sulla santificazione della Beata Vergine nel seno materno nulla viene detto dalla Scrittura canonica, che non parla neppure della sua nascita. Ma come S. Agostino [De assumpt.] argomenta con ragione che essa deve essere stata assunta in cielo con il corpo, sebbene su ciò la Scrittura taccia, così pure con ragione possiamo pensare che sia stata santificata nel seno materno. Infatti è ragionevole credere che abbia ricevuto maggiori privilegi di grazia, al di sopra di tutti gli altri, colei che generò «l‘Unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità» [Gv 1, 14], così da essere salutata dall‘Angelo con le parole: «Ave, piena di grazia» [Lc 1, 28]. Ora, risulta che ad alcuni altri fu concesso il privilegio della santificazione nel seno materno: a Geremia, p. es., al quale fu detto [1, 5]: «Prima che tu uscissi alla luce ti avevo consacrato»; e a S. Giovanni Battista, di cui sta scritto [Lc 1, 15]: «Sarà pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre». Per cui è ragionevole credere che la Beata Vergine sia stata santificata nel seno materno prima della nascita. Analisi delle obiezioni: 1. Anche nella Beata Vergine fu prima ciò che è animale e poi ciò che è spirituale, poiché fu prima concepita nella carne e poi santificata nello spirito. 2. S. Agostino parla secondo la legge comune, per cui soltanto dopo la nascita si ricevono i sacramenti della rigenerazione. Ma Dio non ha legato la sua potenza a questa legge dei sacramenti, così da non poter conferire la sua grazia ad alcuni per privilegio speciale prima della loro nascita. 3. La Beata Vergine fu mondata dal peccato originale nel seno materno per quanto riguarda la macchia personale; non fu però liberata dalla pena che colpiva l‘umanità intera, secondo la quale cioè non poteva entrare in Paradiso se non in virtù del sacrificio di Cristo: come si dice anche dei santi Patriarchi che vissero prima di Cristo [Agost., Epist. 187, 11]. 4. Il peccato originale si contrae per generazione in quanto questa comunica la natura umana, alla quale tale peccato propriamente appartiene. Ora, la trasmissione della natura umana avviene nel momento in cui la prole concepita riceve l‘anima. Quindi dopo l‘animazione nulla impedisce che la prole concepita venga santificata: essa infatti da quel momento non rimane nel seno materno per ricevere la natura umana, ma per raggiungere una certa perfezione.
Come si è detto [a. prec.], alla Vergine Madre di Dio fu concessa più grazia che a qualsiasi altro santo. Ma risulta che a qualche santo fu concessa la santificazione prima dell‘animazione. Si legge infatti di Geremia [1, 5]: «Prima di formarti nel grembo materno, io ti conoscevo»; ora, l‘anima non viene infusa prima della formazione del corpo. E altrettanto di S. Giovanni Battista pensa S. Ambrogio [In Lc 1, su 1, 15]: «Non aveva ancora lo spirito della vita, e già aveva lo Spirito della grazia». Molto più dunque poteva essere santificata prima dell‘animazione la Beata Vergine.
2. Era conveniente, come dice S. Anselmo [De concept. virg. 18], «che la Vergine risplendesse di una così grande purezza da non potersene pensare una più grande al di sotto di Dio», secondo l‘espressione del Cantico [4, 7]: «Tutta bella tu sei, amica mia, in te nessuna macchia». Ma la purezza della Beata Vergine sarebbe stata più grande se ella non fosse stata mai contagiata dal peccato originale. Quindi le fu concesso di essere santificata prima che la sua carne ricevesse l‘anima. Le realtà dell‘antico Testamento sono figure del Nuovo, secondo le parole di S. Paolo [1 Cor 10, 11]: «Tutte queste cose accaddero loro come in figura». Ora, la santificazione del tabernacolo, a cui si applicano le parole [Sal 45, 5 Vg]: «L‘Altissimo ha santificato il suo tabernacolo», Pare che rappresenti la santificazione della Madre di Dio, che la Scrittura chiama tabernacolo di Dio là dove dice [Sal 18, 6 Vg]: «Nel sole ha posto il suo tabernacolo». Ma del tabernacolo si legge nel testo sacro [Es 40, 33 s.]: «Mosè terminò l‘opera. Allora la nube coprì il tabernacolo e la Gloria del Signore lo riempì». Quindi la Beata Vergine non fu santificata se non dopo che tutto il suo essere, corpo e anima, fu portato a compimento. Dimostrazione: La santità della Beata Vergine non può essere concepita come anteriore alla sua animazione per due motivi. Primo, perché la santificazione di cui parliamo è la purificazione dal peccato originale, essendo la santità una «mondezza totale», come scrive Dionigi [De div. nom. 12]. Ma la colpa può essere mondata soltanto con la grazia, e il soggetto della grazia è solo la creatura razionale. Perciò prima dell‘infusione dell‘anima razionale la Beata Vergine non fu santificata. Secondo, perché non potendo la colpa trovarsi che in una creatura razionale, prima dell‘infusione dell‘anima razionale la prole concepita non è soggetta alla colpa. Quindi, comunque fosse stata santificata la Beata Vergine prima dell‘animazione, non avrebbe mai contratta la macchia della colpa originale, e allora non avrebbe avuto bisogno della redenzione e della salvezza che viene da Cristo, di cui il Vangelo [Mt 1, 21] dice: «Egli salverà il suo popolo dai suoi peccati». Ma non è ammissibile che Cristo, secondo le parole di S. Paolo [1 Tm 4, 10], non sia «il Salvatore di tutti». Quindi non rimane che porre la santificazione della Beata Vergine dopo la sua animazione. Analisi delle obiezioni: 1. Dio afferma di «aver conosciuto» Geremia prima che venisse formato nel seno materno perché lo conobbe con la sua predestinazione; ma dice [ib.] di «averlo consacrato» non prima della sua formazione, bensì
«prima che uscisse alla luce». Nell‘espressione poi di S. Ambrogio secondo la quale S. Giovanni Battista, pur non avendo ancora lo spirito della vita, avrebbe tuttavia già avuto lo Spirito della grazia, lo «spirito della vita» non è l‘anima vivificante, ma l‘aria esterna che si respira. - Oppure si può intendere che non aveva ancora lo spirito della vita, cioè l‘anima, quanto alle sue operazioni manifeste e complete. 2. Se l‘anima della Beata Vergine non fosse stata mai contagiata dal peccato originale, Cristo perderebbe la dignità di essere il Salvatore universale di tutti. Perciò la purezza della Beata Vergine fu la più grande, ma al di sotto di quella di Cristo, che in qualità di Salvatore universale non aveva bisogno di essere salvato. Cristo infatti non contrasse in alcun modo il peccato originale, ma fu santo nella sua stessa concezione, secondo le parole evangeliche [Lc 1, 35]: «Il santo che nascerà da te sarà chiamato Figlio di Dio». Al contrario la Beata Vergine contrasse il peccato originale, ma ne fu mondata prima di uscire dal seno materno. Al che si possono applicare le parole di Giobbe, là dove dice [3, 9] che la notte del peccato originale «aspetterà la luce», cioè Cristo, «e non vedrà neppure il sorgere dell‘aurora», cioè della Beata Vergine, che alla sua nascita era immune dal peccato originale (poiché, come si legge [Sap 7, 25], «nulla di contaminato si infiltrò in lei»). (cfr, Summa Teologica S. Tommaso d’Aquino)

MADRE DELLA CHIESA

Le accuse: “Ella è la madre della Chiesa.
Ella fu dichiarata tale da Paolo VI nel 1964 in questi termini: ‘Noi proclamiamo Maria Santissima madre della Chiesa (...) e vogliamo che con tale titolo soavissimo d’ora innanzi la Vergine venga ancora più onorata e invocata da tutto il popolo cristiano’. Alla nascita di questo titolo hanno contribuito le seguenti parole di Agostino su Maria: ‘...Ma ella è madre, con piena evidenza, delle sue membra - e noi siamo tra questi - poiché ha cooperato, con la carità, alla nascita, nella Chiesa, dei fedeli che sono le membra del capo’. Per sostenere con le Scritture questo titolo datole i teologi papisti prendono le parole di Gesù dette al discepolo che egli amava: “Ecco tua madre!”.
Questo titolo dato a Maria non corrisponde affatto a verità perché la Scrittura la chiama la madre di Gesù ma non la madre della Chiesa, e perciò dissentiamo profondamente dalle suddette parole di Agostino. (Tenete sempre presente che i teologi romani si rifanno spesso a parole di Agostino per sostenere diverse loro eresie). La madre della Chiesa è la Gerusalemme di sopra secondo che é scritto ai Galati: “Ma la Gerusalemme di sopra è libera, ed essa é nostra madre. Poich’egli é scritto: Rallegrati, o sterile che non partorivi! Prorompi in grida, tu che non avevi sentito doglie di parto!
Poiché i figliuoli dell’abbandonata saranno più numerosi di quelli di colei che aveva il marito”. La madre delle figliuole di Dio non è Maria ma Sara perché Pietro dopo avere detto alle mogli che il loro ornamento non deve essere l’esteriore “ma l’essere occulto del cuore fregiato dell’ornamento incorruttibile dello spirito benigno e pacifico, che agli occhi di Dio é di gran prezzo”, dice: “E così infatti si adornavano una volta le sante donne speranti in Dio, stando soggette ai loro mariti, come Sara che ubbidiva ad Abramo, chiamandolo signore; della quale voi siete ora figliuole, se fate il bene e non vi lasciate turbare da spavento alcuno”. Sta scritto [Sap 1, 4]: «La sapienza non entra in un‘anima che opera il male, né abita in un corpo schiavo del peccato». Dobbiamo quindi affermare in modo assoluto che la Beata Vergine non commise mai alcun peccato attuale né mortale né veniale, così da avverare le parole del Cantico [4, 7]: «Tutta bella tu sei, amica mia, in te nessuna macchia », ecc.


La verità:
Dalla costola di Adamo nacque Eva, e dalla costola di Cristo nacque Maria come madre della Chiesa. Non è casuale che Cristo abbiamo chiamato Maria, col titolo di Donna, proprio nella sua ultima ora. Poteva chiamarla benissimo “madre”, invece l’ha chiamata Donna, come le aveva preannunciato a Cana, e come è chiamata Maria nell’Apocalisse.
Come Eva è chiamata la madre di tutti i viventi, Maria è chiamata madre di tutti i credenti.
Gesù sulla croce non era impaurito e confuso, sapeva benissimo cosa stava accadendo, e pronuncia le sue ultime parole, ma gli altri non capivano, infatti le tenebre avvolgevano quel luogo.
Quando ad esempio Gesù dice “ho sete” sta in realtà citando il Salmo 42,3 “L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente: quando verrò e vedrò il volto di Dio?” ma i presenti non capiscono, erano avvolti dalle tenebre, e gli danno da bere. Gesù aveva sete di ricongiungersi col Padre, gli altri pensano solo alle cose materiali e gli danno da bere.
Nulla è casuale nella Bibbia, nessun versetto è mai fuori posto. Tutto comincia in un giardino, e tutto “finisce” in un giardino. Nel giardino dell’Eden cominciò a vivere l’umanità, nel giardino del sepolcro rinacque l’umanità con la resurrezione di Cristo.
Cristo nuovo Adamo, iniziò la sua passione nell’orto (giardino) degli ulivi, e risuscitò nel giardino del sepolcro, dove il giardiniere avvisa Maria di Magdala che Gesù non è più tra i morti.
Passiamo dunque a dimostrare con la Bibbia il ruolo di Maria nella Chiesa di Cristo. Tra i versetti che i protestanti citano spesso con lo scopo di mostrare Maria come una comune peccatrice (una donna come tante altre, dicono) ci sono quelli di Rm 3,10-12

“Non c’è nessun giusto, nemmeno uno, non c’è sapiente, non c’è chi cerchi Dio! Tutti hanno traviato e si son pervertiti; non c’è chi compia il bene, non ce n’è neppure uno.”

Ma cosa ci vuol dire Paolo con questa citazione? Dobbiamo capire alla lettera, o dobbiamo interpretare? Dimostrerò che la via corretta da seguire è la seconda, ma prima leggiamo qualche altro versetto:

Gen 6,9 “Questa è la storia di Noè. Noè era uomo giusto e integro tra i suoi contemporanei e camminava con Dio.”

Gen 18,23-24 “Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano?”.

Conosciamo tutti la storia della distruzione di Sodoma e Gomorra, dalla prima città fu salvata la famiglia di Lot perché composta da persone giuste agli occhi di Dio.

2 Sam 4,11 “ora che uomini iniqui hanno ucciso un giusto in casa mentre dormiva, non dovrò a maggior ragione chiedere conto del suo sangue alle vostre mani ed eliminarvi dalla terra?”

Ez 33,18 “Se il giusto desiste dalla giustizia e fa il male, per questo certo morirà.”

Come stiamo vedendo la Bibbia cita diversi giusti, e dà pure per scontato che ci siano giusti fra gli uomini.
Am 2,6 “Così dice il Signore: «Per tre misfatti d’Israele e per quattro non revocherò il mio decreto, perché hanno venduto il giusto per denaro e il povero per un paio di sandali;”

Mi 7,2 “L’uomo pio è scomparso dalla terra, non c’è più un giusto fra gli uomini: tutti stanno in agguato per spargere sangue; ognuno dá la caccia con la rete al fratello.”

Paolo non stava forse citando questi versetti nella sua lettera ai Romani?
1 Re 8,31-32 “Se uno pecca contro il suo fratello e, perché gli è imposto un giuramento di imprecazione, viene a giurare davanti al tuo altare in questo tempio, tu ascoltalo dal cielo, intervieni e fa giustizia con i tuoi servi; condanna l’empio, facendogli ricadere sul capo la sua condotta, e dichiara giusto l’innocente rendendogli quanto merita la sua innocenza.”

In questi versetti vediamo il significato del termine giusto, che viene dichiarato tale da Dio, per mezzo della grazia.

Gb 4,17-19 “Può il mortale essere giusto davanti a Dio o innocente l’uomo davanti al suo creatore?Ecco, dei suoi servi egli non si fida e ai suoi angeli imputa difetti; quanto più a chi abita case di fango, che nella polvere hanno il loro fondamento!”

Ecco che nei versetti di Giobbe troviamo la spiegazione della citazione che Paolo fa nella lettera ai romani 3,12. Davanti a Dio nessuno è giusto, a tal punto da meritarsi la salvezza, tutto ci viene dato per grazia, per merito e per opera di Gesù Cristo il nostro unico salvatore, questo è riferito alla assoluta purezza di Dio, irraggiungibile per qualsiasi uomo, ma c’è anche una purezza relativa, non assoluta, di cui possono fregiarsi alcuni uomini giusti, non per meriti propri, ma per grazia ricevuta, è merito di Dio se alcuni uomini diventano buoni e giusti. Relativamente alla grazia ricevuta alcuni uomini o donne possono quindi diventare giusti. I versetti di Giobbe a questo si riferiscono. Ci fanno capire cioè che da solo e senza l’aiuto di Dio nessun uomo può essere giusto.
Non è vero quindi che la Bibbia ci dice che nessun uomo è giusto, non si possono valutare le parole di Paolo in senso assoluto, ma solo in rapporto a Cristo.
Nella Bibbia come abbiamo visto troviamo numerosi versetti che ci parlano di uomini giusti; giusti in confronto agli empi, in confronto ai tiepidi, non in senso assoluto, non senza la grazia di Dio. Nel libro di Giobbe leggiamo “…Ecco, dei suoi servi egli non si fida e ai suoi angeli imputa difetti…”
Questi versetti mettono in risalto l’assoluta purezza di Dio e la purezza relativa dei servi e degli angeli, ma bisogna interpretarli correttamente, altrimenti si smentiscono quegli altri in cui la Bibbia dice che nulla di impuro si può presentare davanti a Dio. Se questi versetti sono veri, significa che gli angeli e i santi sono puri perché stanno alla presenza dell’Altissimo, i difetti di cui parla il libro di Giobbe servono per esaltare l’assoluta purezza dell’Eterno, che è fonte, gli angeli e i santi sono puri per volere di Dio, non per facoltà proprie, puri per mezzo della Fonte, da Essa sono stati purificati.
Ma vediamo ancora altri versetti che ci parlano di uomini giusti.

Ab 2,4 “Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede.”

Ml 3,18 “Voi allora vi convertirete e vedrete la differenza fra il giusto e l’empio, fra chi serve Dio e chi non lo serve.”

Spesso la Bibbia mette a confronto il giusto con l’empio, se il giusto fra gli uomini non esistesse, come vorrebbero far credere i protestanti tutti questi versetti sarebbero da tagliare.

Mt 1,19 “Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto.”

Mt 10,41 “Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto.”

Mc 6,20 “perché Erode temeva Giovanni, sapendolo giusto e santo, e vigilava su di lui; e anche se nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.”

Lc 1,5-6 “Al tempo di Erode, re della Giudea, c’era un sacerdote chiamato Zaccaria, della classe di Abìa, e aveva in moglie una discendente di Aronne chiamata Elisabetta. Erano giusti davanti a Dio, osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore”

Lc 2,25 “Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d’Israele;”

At 10,22 “Il centurione Cornelio, uomo giusto e timorato di Dio, stimato da tutto il popolo dei Giudei, è stato avvertito da un angelo santo di invitarti nella sua casa, per ascoltare ciò che hai da dirgli”.

Troviamo pure una variante dell’uomo giusto, il buono. 

Sal 18,26 “Con l’uomo buono tu sei buono con l’uomo integro tu sei integro, con l’uomo puro tu sei puro, con il perverso tu sei astuto.”

Qo 9,2 “Vi è una sorte unica per tutti, per il giusto e l’empio, per il puro e l’impuro, per chi offre sacrifici e per chi non li offre, per il buono e per il malvagio, per chi giura e per chi teme di giurare.”

Mt 12,35 “L’uomo buono dal suo buon tesoro trae cose buone, mentre l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae cose cattive.”

Mt 25,21 “Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone.”

Lc 6,43 “L’uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male, perché la bocca parla dalla pienezza del cuore.”

Alla luce di tutti questi versetti che parlano di uomini giusti e buoni, si deve per forza interpretare Paolo e, gli altri Libri Sacri, altrimenti si cade nell’errore.
Possiamo quindi affermare coadiuvati da cotanti versetti biblici, che i giusti fra gli uomini ci sono sempre stati, e fra questi vi è, sicuramente, anche, e soprattutto, Maria.
Se consideriamo ad esempio il ruolo di Giovanni il Battista, che fu definito “il più grande tra i profeti” da Gesù in persona, meditando sul perché di quelle parole, sulle motivazioni che
sicuramente ci sono e, hanno spinto Gesù ad usare una simile frase, scopriamo che il Battista è il più grande tra i profeti perché, l’ultimo, in riferimento all’insegnamento di Gesù “gli ultimi saranno i
primi”, poi perché egli ha visto (unico tra i profeti) il Verbo di Dio incarnato, egli predicò per spianare le strade al Signore, subito prima della sua manifestazione pubblica. L’altra particolarità è l’aver ricevuto lo Spirito Santo per mezzo di Gesù quando ancora entrambi erano custoditi nel seno delle loro madri. Maria infatti visitò Elisabetta che era al sesto mese di gravidanza, avendo in grembo Gesù, il piccolo Giovanni sussultò di gioia e fu ripieno di Spirito Santo, tutto questo fa di Giovanni il più grande fra i profeti.
Se quindi Giovanni per tali considerazioni è il più grande fra i profeti, Maria a maggior ragione è la più grande fra tutte le donne, in considerazione del suo ruolo unico ed irripetibile.
Nessuna altra donna portò, né potrà portare in grembo il Verbo di Dio, ella e solo ella allattò, curò ed educò il Verbo incarnato, ella sola le fu madre e le diede la carne. L’ostinato tentativo di declassazione della figura di Maria, definita “semplice donna come tante altre” porta i protestanti (almeno la maggioranza di loro) a sbagliare di netto e oltraggiare la figura di Maria. Ella non è una dea, ma una umile donna, tuttavia è la più grande di tutte, per volere di Dio, così come il Battista fu il più grande tra i profeti. Coloro che stanno leggendo (mi riferisco ai protestanti) con un atteggiamento di sufficienza queste righe, si staranno meravigliando circa l’uso del termine “oltraggiare”, diranno: “questo qui, parla addirittura di oltraggio alla figura di Maria, quando invece noi protestanti, o pentecostali la rispettiamo molto…”. Il concetto di “rispetto” ovviamente è molto soggettivo, e i protestanti evidentemente non si rendono conto di offendere Maria, soprattutto quando le attribuiscono indirettamente peccati personali, andando a citare i versetti di Paolo “Non c’è nessun giusto, nemmeno uno, non c’è sapiente, non c’è chi cerchi Dio! Tutti hanno traviato e si son pervertiti; non c’è chi compia il bene, non ce n’è neppure uno.”
Stando a loro quindi anche Maria, si sarebbe pervertita e avrebbe peccato, se questo non è oltraggiarla che cos’è? Questa loro mancanza di lucidità nell’affrontare certi argomenti, fa aprire gli occhi, a chi li vuole aprire.
Gli ebrei ad esempio (o gran parte di essi) ad oggi, e siamo nel XXI secolo, non vogliono aprirli i loro occhi, e si ostinano a voler difendere i motivi che duemila anni fa li hanno portati a non
riconoscere in Gesù il Messia. Uno di questi motivi è sicuramente la questione dell’adulterio (o presunto tale) di Maria. “Nello stesso Corano alla quarta Sura, versetto 155, in una serie di invettive contro gli ebrei, vi si afferma con durezza che essi sono puniti da Dio <<per la loro incredulità e per avere pronunciato contro Maria una calunnia mostruosa>>. La calunnia, cioè, di avere concepito il Figlio nel peccato, rompendo la fedeltà promessa al fidanzato e, per giunta, facendosi mettere incinta da uno straniero. E questo, addirittura nel periodo mestruale, quando per i semiti ogni donna è inavvicinabile perché impura, così da rendere ancora più mostruosa la calunnia. La quale, ricorda il Corano, viene dagli ebrei. E viene, in effetti, sin dagli inizi: ce ne è traccia anche nei Vangeli, come vedremo, e attraverserà tutti i secoli, fino a oggi.
Prendiamo, per esempio, Fratello di Gesù, che ha come sottotitolo <<Un punto di vista ebraico sul Nazareno>> e che, apparso in tedesco nel 1967, ha fama di essere una testimonianza significativa di una nuova, solidale attenzione giudaica verso il cristianesimo. Opera <<dialogica>>, dunque, un piccolo classico dell’ecumenismo, tanto che l’edizione italiana è apparsa presso la Morcelliana, vecchia e illustre editrice cattolica. A pagina 54 della traduzione di questo saggio dell’israelita Shalom Ben-Chorin- prefato con convinzione da un prete, noto teologo – leggiamo: <<Questa oscurità [sulle origini di Gesù] ha condotto gli avversari all’ovvia conclusione di una nascita illegittima. Nel Talmud abbiamo la cosiddetta tradizione di Pandera o Pantera. Un ufficiale romano di quel nome avrebbe sedotto e messo incinta una certa Myriam, fidanzata di Giuseppe, e il frutto di questo peccato sarebbe stato Gesù. Nel rapporto, per lo meno distanziato , di Gesù con sua madre, che egli non interpella mai se non come “donna”, potrebbe riflettersi la dolorosa coscienza di un’origine illegittima. Gesù non onora sua madre e nega il suo padre corporale, dato che evidentemente egli sapeva di una provenienza illegittima e straniera, non ebraica>>.
Si noti, in queste parole di Ben-Chorin, quell’<<evidentemente>> finale, in cui si dissolve il tono ipotetico tenuto sino lì. Una sicurezza sconcertante, confermata anche dalle pagine che questo ebreo contemporaneo dedica alle nozze di Cana, dove le parole di Gesù alla madre sarebbero addirittura
<<spaventose>>, il suo atteggiamento sarebbe <<ingiurioso>>. E questo, secondo Ben-Chorin, per il solito motivo: il <<complesso>> di quel <<giovane predicatore vagante>>, ossessionato dalla nascita non solo illegittima, ma pure vergognosa.
Come si vede, anche dietro questo scrittore israeliano di oggi, presentato come uno dei massimi esponenti della <<nuova apertura ebraica>> verso il cristianesimo, c’è l’ombra che sta dietro alle parole di Giovanni (8,41) <<Gli risposero i Giudei: noi non siamo nati da prostituzione!...>>.
Stando a molti esegeti, questo sarebbe un palese quanto velenoso riferimento alle voci diffamatorie che sarebbero state messe in circolazione negli ambienti ostili al Nazareno. Voci che, nate subito, subito avrebbero contrassegnato la polemica del giudaismo contro il cristianesimo nascente.
Le comunità ebraiche della Diaspora provvidero a diffonderle ovunque, come sappiamo da Celso che, polemizzando con i <<nazareni>> in nome della civiltà classica e del suo Olimpo, già verso il 180 le mette in bocca a un giudeo. Il quale accusa Gesù di avere avuto una madre che, messa incinta dal soldato Pantera, sarebbe stata cacciata dal marito e, dopo avere errato qua e là, avrebbe partorito nel nascondimento e nella vergogna. Tertulliano, scrivendo poco dopo, nel 197 (e informandosi tra gli israeliti dell’Africa romana), conferma anch’egli la calunnia, con l’aggravante che Maria sarebbe stata non solo un’adultera ma, senza mezzi termini, una prostituta, una quaestuaria.
La calunnia confluì poi in quelle che Charles Guignebert, il noto critico radicale della storicità dei Vangeli, definì – e con imbarazzo - <<le ingiuriose cattiverie contro Maria rilevate nel Talmud>>. Anche qui, in queste raccolte fondamentali per il giudaismo post-biblico, Gesù è chiamato ben Pantheras, il figlio di Pantera. Come spiega Joseph Klausner, ebreo, docente all’Università di Gerusalemme e che scrisse (in ebraico) un famoso studio sulle origini del cristianesimo, dietro l’invenzione del nome di quel presunto soldato c’era una beffa in più. Poiché, cioè i cristiani affermavano che Gesù era <<figlio della Parthénos>>, la Vergine, con un gioco di parole gli ebrei cominciarono a chiamarlo <<figlio di Pantheras>>. Anagramma, o quasi, di cui i calunniatori erano particolarmente soddisfatti, visto che (come è stato provato) quel nome era plausibile, essendo assai diffuso fra le truppe romane. Inoltre, in greco pànther è la nostra <<pantera>>, che, come tutti gli
altri animali selvatici, provocava negli ebrei un misto di paura e di repulsione: l’odiato Gesù, insomma, era figlio di un’orribile bestia…In altri passi, sempre nel Talmud, alle caratteristiche negative di Maria è aggiunta quella del mestiere: la parrucchiera. Dunque, legata a una professione la cui moralità era allora ben dubbia e che molti consideravano impura. Insomma, una intoccabile”. (cfr. V. Messori, Ipotesi su Maria)
I protestanti potevano cogliere al volo l’occasione, per declassare ulteriormente Maria, perché non lo hanno fatto? In fondo si appellano proprio al parere “autorevole” degli ebrei in materia di canone biblico, per escludere i 7 libri del Vecchio Testamento dalla loro Bibbia.
Autorevole, senz’altro, e fazioso di sicuro, il parere degli ebrei, che pur di discreditare i cristiani le hanno provate tutte, architettandole in maniera sapiente e ben orchestrata.
In tal senso è quantomeno sospetto il fatto che abbiano deciso di rimettere mano al loro canone biblico, intorno al 90 d.C. escludendo, manco a farlo apposta, 7 libri che i cristiani avevano nella loro Bibbia, quella dei Settanta. Quando dico che i protestanti vedono e capiscono solo quello che gli conviene lo dico a ragion veduta quindi. La mancanza di coerenza si vede un po’ in tutta la loro linea apologetica, solo chi conosce poco, -o non è interessato a conoscere- lo sviluppo della loro dottrina, li segue.
Ciechi che guidano altri ciechi, pronti però a tacciare di eresia ogni buon cattolico che abbia l’ardimento di fargli notare le loro marcate incongruenze dottrinali, a partire dalla base del Sola Scriptura, letteralmente inventato. Nella Bibbia infatti non troviamo affatto che la sola autorità è la Bibbia, Paolo parla spessissimo di Tradizione e la raccomanda ai suoi discepoli più fidati. Ma di questo argomento ne parlerò nel capitolo dedicato alla Tradizione e successione apostolica.
Per tutti i cristiani, i documenti probanti il reale ruolo ecclesiastico di Maria, e la sua precisa posizione all’interno della Chiesa esistono, sia nella Bibbia che negli scritti patristici. E’ importante ad esempio capire cosa pensassero di Maria i primi cristiani, che come detto in altri capitoli, sicuramente avevano la sana dottrina ben fissata nella mente, proprio perché vissuti in età molto vicina a quella degli apostoli.
Il tentativo protestante di oscurare l’importanza delle testimonianze dei primi cristiani e quindi dei padri della Chiesa è quantomeno sospetto. Il voler isolare la Bibbia dal cristianesimo vissuto è inaccettabile. Le testimonianze che ci pervengono dalle antiche comunità cristiane sono di fondamentale importanza al fine della identificazione storico-spirituale di tutto il cristianesimo.
Annullando queste testimonianze, sradicando la Scrittura dal cristianesimo vissuto, la Bibbia diventa un libro dai mille significati, ogni sapiente che dica di essere illuminato dall’Alto, diventa “autorevole” dottore biblico, portando dietro di sè una scia di fedeli fermamente convinti di star seguendo il volere di Dio e di conoscere la verità.
Esistono dunque pochi uomini intelligenti e una grande massa di cretini, che si fanno trascinare? No, non sto intendendo dire questo, la vita e il mondo sono complessi, esistono un sacco di motivazioni per cui spesso si vede un leader che spiega e trascina, e altri, non cretini, che si fanno convincere.
Non credo che la nazione tedesca fosse composta da cretini al tempo di Hitler, come nemmeno la Russia al tempo di Stalin, eppure questi due uomini, hanno portato alla rovina interi popoli, massacrando e uccidendo.
Questi naturalmente sono esempi limite, paradossali, ma servono a far capire che spesso non è la scarsa intelligenza popolare a far emergere questo o quell’altro leader.
Nella fattispecie protestante, è la mancanza di tempo per lo studio biblico, l’anticlericalismo diffuso, l’insoddisfazione verso la Chiesa cattolica, a concimare il terreno su cui germinano e crescono i semi anticattolici.
Peccato che la storia e la realtà ci fanno vedere “verità predicate” molto diverse fra loro, questa è la situazione di tutte le denominazioni protestanti.
Sia chiaro, spesso, anche la Chiesa cattolica e alcuni parroci nella fattispecie, sono responsabili di certo malcontento popolare.
“In pieno clima ecumenico, i valdesi adottando due pesi e due misure non rinunciano a criticare aspramente le posizioni cattoliche circa Maria, nel loro settimanale consigliavano infatti di leggere il libro del protestante Henri Gras, come accennavo nel capitolo dedicato alla Salvezza.
Vediamo la conclusione che trae tale libro nel suo epilogo, “Caro amico cattolico che hai letto queste pagine, sappi che non sono state scritte per offenderti o per giudicarti. La mia è un’intenzione d’amore e proprio l’amore è il filo conduttore...”
Ma poi, in sostanza, il libro è una ripetizione del consueto biblicismo protestante, con altrettanto consuete accuse ai cattolici di non rispettare -soprattutto nella <<scandalosa mariologia>> - la lettera della Scrittura. (cfr V.Messori, ipotesi su Maria)
“Sarà bene però soffermarsi su uno dei paragrafi finali, dal titolo Riflessioni relative alle manifestazioni soprannaturali. A proposito, appunto, di <<manifestazioni soprannaturali>> e di
<<miracoli legati alla Vergine>>, il professor Gras sostiene che talvolta ci si trova di fronte a
<<fenomeni di autosuggestione>>, talaltra a <<simulazioni e truffe>>; ma -aggiunge subito- può anche trattarsi di <<fenomeni innegabili, accreditati da testimoni oculari e affidabili>>. Eccolo, allora, proclamare, senza esitazione, la sua certezza: <<Simili manifestazioni, vere o false che siano, sono certamente l’effetto dell’attività e della potenza di Satana e dei suoi demòni. Da sempre il diavolo ha provato a sedurre gli uomini, e troppo spesso ci è riuscito. La sua grande abilità consiste nel fare attribuire a Dio ciò di cui lui stesso è invece l’autore e l’istigatore>>.
Sarebbe dunque il diavolo all’opera nella devozione a Maria dei cattolici (anche, pur se non è detto, degli ortodossi: ma, già l’osservavo, il mondo protestante <<protesta>> solo contro Roma…). E’ il diavolo che agisce, <<imponendo l’idolatria e servendosi per questo del prodigioso>>. In effetti,
<<Satana, scimmia di Dio, eccelle nel manifestarsi a mezzo del soprannaturale, del miracoloso, per far credere alla sue menzogne>>. Per questo pastore, tutto il culto alla Madonna è sotto il segno del diabolico: <<le immagini pie e le statue>>, <<lo sgocciolamento della corona del rosario>>, <<le superstizioni come il portar medaglie e scapolari o l’uso di acqua benedetta>>. Ogni semplice preghiera a Maria, essendo <<rivolta a una trapassata>>, dà luogo a uno <<spiritismo di parvenza religiosa>> ma, in realtà, ancora una volta <<satanico>>. Satanico come il <<paganesimo>> all’opera nello sviluppo dogmatico della mariologia e come la <<simonia>> nel <<mercato della pietà>>. Così, casomai occorresse ripeterlo, <<la Vergine venerata che i cattolici pregano, è un idolo di cui il diavolo si serve per fuorviare e legare le anime, cambiando la verità in menzogna e attirando su di sé la collera di Dio>>. Tanto da indurre il professore Gras ad avanzare un sospetto: proprio la devozione mariana cattolica potrebbe essere <<una delle cause essenziali dei mali della nostra civiltà decadente>>. Onorare la Madonna, farle posto nella liturgia e nella vita è, dunque, una sorta di misfatto sociale, una tentazione foriera di sventure per l’umanità intera. In ciò che avviene a Lourdes, a Fatima, a Loreto, a Oropa, a Czestochowa, a Guadalupe, a Saragozza, come in tutti gli altri luoghi di culto e santuari ufficialmente riconosciuti dalla Chiesa, i fenomeni inspiegabili spesso non sono né truffe né illusioni, ma qualcosa di ben più grave: <<Possiamo cercare la soluzione in un solo genere di intervento, quello demoniaco, mentre dai devoti è atteso l’intervento della Vergine o la sua mediazione; la venerazione mariana è uno degli stratagemmi più sofisticati, e meglio camuffati cristianamente, dell’Avversario>>. Comunque, scuote il capo l’autore, <<quante favole accreditate a La Salette, Lourdes o Fatima, per non citare che tre dei luoghi dove vi sarebbero state apparizioni, e ciò a detrimento della genuina fede biblica!>>.
I cattolici sono avvertiti: e non da un adepto della tante sètte apocalittiche germinate dal <<libero esame>>, ma da un autorevole discendente degli ugonotti francesi, stampato e raccomandato dal protestantesimo più <<serio>>. I cattolici, dunque, se non vogliono più essere adoratori del diavolo
-anche se in buona fede, solo perché ingannati dai loro pastori, in combutta con il Maligno- devono
<<cercare liberazione>> facendosi esorcizzare da qualche protestante (il vero cristiano) <<dopo una confessione dei propri peccati a Dio solo e dopo avere abbandonato ogni pratica idolatrica>>. E, cioè, ogni privilegio riconosciuto a Maria, che altro non è che una sorella nella fede, una credente tra i credenti. Altrimenti, i cattolici <<non erediteranno il regno di Dio>> e, come minaccia la Scrittura, <<saranno cacciati fuori, nelle tenebre>>. Dove, come si sa, <<c’è pianto e stridor di
denti>>.” L’ecumenismo ha le sue sacrosante ragioni, è blasfemo dimenticare che Gesù ha pregato per l’unità dei suoi discepoli. Ma è da condividere pure la risposta che, nella storia, diedero più volte proprio i protestanti, davanti a certe profferte cattoliche: <<Quella che per noi è la verità non può essere sacrificata a un’unità che, su simili basi, sarebbe solo ipocrisia.>> . Occorre, allora prendere atto della seconda realtà: ancora oggi, ciò che per i cattolici è <<devozione>>, per il protestantesimo è <<bestemmia>>; ciò che, per noi, è culto benefico e doveroso, per questi fratelli separati è addirittura inganno satanico; colui che per gli uni è un <<pio pellegrino>>, per gli altri è un povero indemoniato da esorcizzare o un superstizioso da convertire. (Cfr, V.Messori, ipotesi su Maria). Se questo è quello che pensano i protestanti tradizionali, figuriamoci gli evangelicals, con i quali ogni forma di dialogo è inutile, rifiutato in partenza, soprattutto se con la Bestia dell’Apocalisse che è, per loro, la Chiesa del Papa-Anticristo.

Ma i primi cristiani erano così avversi alla devozione mariana?
Riguardo all’importanza delle testimonianze antiche ad esempio leggiamo:

S.Giustino martire nacque in Palestina intorno all’anno 100 d.C. e nel suo dialogo con Trifone propone la dottrina di Cristo nuovo Adamo e Maria nuova Eva, che sembra aver attinta nella tradizione più antica della Chiesa.
“Il Figlio di Dio si è fatto uomo per mezzo della Vergine, affinché la disobbedienza provocata dal serpente fosse annullata attraverso la stessa via per la quale prese inizio. Come infatti Eva, che era vergine e incorrotta, dopo aver accolto la parola del serpente, partorì disobbedienza e morte, allo stesso modo Maria, la Vergine, avendo ricevuto dall’Angelo Gabriele il buon annuncio che lo Spirito Santo sarebbe disceso su di lei e che la potenza dell’Altissimo l’avrebbe adombrata, concepì fede e gioia, per cui il santo nato da lei sarebbe stato il Figlio di Dio. Perciò rispose <<Mi avvenga secondo la tua parola>> (Lc 1,38). Così per mezzo di lei è nato colui a proposito del quale, come abbiamo dimostrato, sono state dettate tante Scritture. Per mezzo di lui Dio abbatté anche il serpente, insieme a quegli angeli e a quegli uomini che sono divenuti simili a lui.”

E’ interessante notare come Giustino ponga in risalto la libertà di scelta che hanno avuto sia Eva che Maria, la prima con il suo libero “sì” è stata causa di rovina e di peccato, la seconda, causa di fede e di gioia. L’azione di Eva è subordinata ad Adamo e quella di Maria a Gesù Cristo.
La responsabilità della disobbedienza di Eva ricadde su Adamo, il merito e la conseguenza dell’obbedienza di Maria, su Cristo.
Nell’Antico Testamento vediamo l’angelo decaduto presentarsi a Eva e proporle la via della perdizione, Eva con scelta libera dà il suo sì. Poi interviene Adamo e si assume la responsabilità di quel sì che anche lui condivise, rendendosi responsabile del peccato degli uomini. Nel Nuovo Testamento vediamo l’angelo inviato da Dio presentarsi a Maria e proporle la via della salvezza, anche Maria risponde in libertà e dà il suo sì. Interviene il Verbo di Dio che si carica della responsabilità di quel sì, rendendosi responsabile della salvezza degli uomini.
Nell’A.T. quindi abbiamo una fase discendente, Adamo ed Eva vengono creati senza peccato, ma a causa della loro disobbedienza fanno precipitare l’umanità nel peccato. Nel N.T. abbiamo la fase ascendente, che vede Gesù e Maria con la loro obbedienza portare l’uomo in cielo, fuori dal pantano del peccato. Adamo ed Eva in origine senza peccato, Gesù e Maria senza peccato fino alla fine dei loro giorni terreni.
Maria in particolare, soggetto di questo capitolo, creata senza peccato, pre-redenta, in vista del suo compito di obbedienza salvifica.

“Le basi del rifiuto <<mariano>> furono poste sin dall’inizio e contrassegnano tutta la storia del protestantesimo. Già nel 1528 Lutero scriveva, nel suo latino approssimativo: <<Non maior blasphemia facta Mariae quam illi qui rosaria istituerunt>>. E cioè: <<La peggiore bestemmia a Maria fu quella di coloro che inventarono il rosario>>. Siamo, dunque, da subito, al rovesciamento:
quel che per il cattolico è <<preghiera>>, per il riformatore è <<orribile bestemmia>>. Singolare, poi, che Lutero non si sia accontentato di detronizzare Maria, declassandola – con i suoi inediti schematismi teologici- da <<madre>> a <<sorella>>, da <<regina>> a <<semplice credente>>. E’ poco noto come l’ex agostiniano si sia adoperato per cercare in lei anche colpe e peccati, così da farla scendere, pure in questo modo, dalla venerazione dei molti che volevano restare fedeli al suo culto: i santuari alla Madonna furono gli ultimi a estinguersi, non solo in Germania ma anche nei Paesi scandinavi, il popolo non voleva rinunciarvi, spesso dovettero essere chiusi con la forza e poi rasi al suolo, per evitare il ritorno dei devoti.
Poiché in quella Sola Scriptura cui diceva di volersi rifare, Lutero non trovava appigli sufficienti per dichiarare Maria peccatrice come tutti, diede una sua interpretazione dell’episodio narrato dal secondo capitolo di Luca: Gesù perso di vista dai genitori in pellegrinaggio a Gerusalemme e ritrovato nel tempio con i dottori. In questo modo, assicurava il frate ribelle in una predica il cui testo ci è giunto, <<Maria incorse nel più grave peccato e, caduta in disperazione, gridò: “Io ho commesso una colpa più imperdonabile di quella di qualsiasi donna!”. Così, davanti a Dio cadde allo stesso livello di Eva dopo la disubbidienza>>. Anche per questo, ammoniva Lutero, <<è stata tolta a lei ogni lode>>, e offenderebbero Dio coloro che la credessero senza peccato e- peggio ancora- ne invocassero la mediazione. Come si vede, tra l’altro, la proclamata aderenza rigorosa alle sole parole bibliche subiva nel riformatore delle eccezioni a seconda delle convenienze. Se necessario, per confermare il suo schema previo si potevano anche predicare episodi apocrifi.” (cfr. Messori, Ipotesi su Maria).

Ireneo di Lione intorno al II secolo d.C. scrive nel suo Adversus Haereses:

“Come Eva, la quale, pur avendo come marito Adamo, era ancora vergine…, disobbedendo divenne causa di morte per sé e per tutto il genere umano, allo stesso modo Maria, che, pur avendo lo sposo, era ancora vergine, obbedendo divenne causa di salvezza per sé e per l’intero genere umano…Così dunque il processo della disobbedienza di Eva trovò la soluzione grazie all’obbedienza di Maria. Ciò che Eva aveva legato a causa della sua incredulità, Maria lo ha sciolto mediante la sua fede…Come Eva fu sedotta dalla parola dell’angelo (decaduto) al punto da fuggire davanti a Dio, avendo trasgredito la sua parola, così Maria ricevette il lieto annuncio per mezzo della parola dell’angelo, cosicché, obbedendo alla sua parola, portò Dio dentro di sé. E come quella si lasciò sedurre fino a disobbedire a Dio, così questa si lasciò persuadere in modo da obbedire a Dio. Per questo la Vergine Maria divenne avvocata di Eva e, come il genere umano fu legato alla morte a causa di una vergine, così ne fu liberato per mezzo di una Vergine, giacché la disobbedienza di una vergine fu controbilanciata dall’obbedienza della Vergine. Se dunque il peccato del primo uomo fu riparato dalla retta condotta del Figlio primogenito (di Dio); se la scaltrezza del serpente fu vinta dalla semplicità della colomba (Maria); e se sono stati spezzati i legami che ci tenevano vincolati alla morte, sono stolti gli eretici: essi ignorano l’economia di Dio; ignorano la sua opera nei confronti dell’uomo”.

Da questi testi appare chiaro come Ireneo non solo attribuisca a Maria un ruolo all’interno dell’opera della redenzione; egli specifica che questo ruolo è strettamente congiunto con l’azione compiuta dal Salvatore, alla stessa maniera in cui Eva ebbe una funzione purtroppo negativa accanto al primo Adamo.

Da S. Tommaso d'Aquino: libro quarto Cap.34 par.13 della Summa contra gentiles:

“Si dice che uno è figlio di una data madre, per il fatto che ha desunto da essa il proprio corpo, sebbene l'anima derivi da una causa esteriore. Ora, il corpo di Cristo fu desunto dalla Vergine Madre quel corpo era il corpo del figlio naturale di Dio, cioè del Verbo di Dio. Dunque è giusto
dire che la Beata Vergine è ‘Madre del Verbo di Dio’ e anche ‘Madre di Dio’, sebbene la divinità
del Verbo non sia desunta dalla Madre. Infatti non è necessario che un figlio desuma dalla madre tutto quello che egli è nella sua sostanza, ma basta che ne desuma il corpo.”

Vedete come questi argomenti non sono nuovi nel cristianesimo, non sono cavilli che hanno trovato i pentecostali, sotto “ispirazione” per “smascherare” la Chiesa cattolica, ma semmai li hanno dissotterrati, riesumandoli dalle passate polemiche, che i primi cristiani sostenevano contro gli eretici delle epoche antiche, perché anche nei secoli passati vi furono eretici che si opponevano alle verità dottrinali della Chiesa di Cristo, ma essi erano appunto eretici, nessun serio studioso identificherebbe i pentecostali odierni con quegli antichi eretici. La Bibbia parla di Maria, spesso in maniera velata, quindi si deve interpretare fugando quei pregiudizi intrinseci che spesso affollano le menti di molti fratelli pentecostali e/o protestanti in genere.


IL PICCONE È GENTILUOMO
“Ai farisei che lo invitavano a zittire la folla che lo acclamava, il Nazareno replicò: <<Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre>> (Lc 19,40).
Notavo, allora, come fosse singolare che questa espressione precedesse direttamente, e nello stesso Vangelo, il pianto sulla città della quale i Romani non avrebbero lasciato <<pietra su pietra>>. In Effetti, quel pochissimo che resta della Gerusalemme dove avvennero passione e risurrezione è quasi soltanto ciò che, significativamente, si chiama <<muro del pianto>>. Nella visione di fede, quelle poche pietre gridano la conferma della verità delle profezie.
Segnalammo, così, l’enigma delle cinque righe di cinque lettere ciascuna graffite su uno dei pilastri della palestra antistante il teatro grande di Pompei. E’ quel <<quadrato magico>> (Sator/ Arepo/ Tenet/ Opera/ Rotas) nel quale i cristiani celarono due Pater noster che formano una croce e che ci ha mostrato, con la forza delle <<pietre>>, molte cose che le teorie degli esperti escludevano con sicurezza. A cominciare dal culto precoce della croce e della altrettanto precoce traduzione in latino della preghiera insegnata da Gesù ai suoi: e, questo, sicuramente prima del ’79, l’anno fatale dell’esplosione del Vesuvio.
Vedemmo anche che, talvolta, <<gridano>> non solo le pietre, ma pure i papiri. Ebbene, c’è un papiro eloquente che riguarda anche, e direttamente, la Madre di Gesù; che testimonia (pure qui, contro tante teorie) quanto precoce sia stato il suo culto fra i cristiani. E’ un testo che, anzi sembra contenere tutti i semi che si sarebbero sviluppati nella contestata <<mariologia>>. Si tratta di un reperto che riguarda quella che i fedeli di rito romano (e ambrosiano) conoscono come l’antifona Sub tuum praesidium. E’ contenuto ancora nella Liturgia delle Ore della Chiesa cattolica ed è inserita pure nei repertori di canti per i fedeli. Quell’antifona del Sub tuum praesidium non era stata oggetto di particolare attenzione da parte dei liturgisti, anche perché la prima testimonianza che se ne aveva risaliva al nono secolo, almeno per l’Occidente, e si pensava dunque che fosse una delle molte altre antifone di epoca carolingia. Nel 1917, la John Rylands Library di Manchester –forse la biblioteca al mondo più ricca di codici del Nuovo Testamento- acquistava in Egitto un lotto di papiri. Uno di questi, con dieci linee, mutilo nel margine destro e con uno strappo anche in alto a sinistra (dimensione di circa diciannove centimetri per nove), era pubblicato soltanto più di vent’anni dopo, nel 1938. Secondo alcune voci, forse un po’ maliziose, il ritardo nella pubblicazione era dovuto a una sorta di imbarazzo confessionale. Sta di fatto che C.H. Roberts, l’eminente papirologo che provvide alla pubblicazione, era un convinto protestante e quel piccolo, malandato pezzo di materiale da scrittura con quelle lettere greche smentiva tutto ciò che avevano affermato i teologi della Riforma. E che, cioè, l’invocazione e il culto alla Vergine erano fenomeni tardivi, erano costruzioni in gran parte abusive venute a incrostarsi su una fede evangelica che considerava solo il Cristo, non certo la Madre.
Checché ne sia del ritardo più o meno intenzionale nella pubblicazione, sta di fatto che il professor Roberts cercò di cautelarsi, dicendosi sicuro che il papiro era tardo, che doveva risalire a un’epoca in cui quella che per i protestanti è la <<mariolatria>> era già iniziata. In realtà, furono i suoi colleghi stessi a smentirlo e oggi c’è unanimità nel riconoscere che quel testo non può risalire oltre il terzo secolo: la data più probabile è attorno all’anno 250. Ci troviamo, dunque, di fronte alla più antica preghiera mariana (se si escludono i graffiti, scoperti anch’essi di recente sui muri del santuario dell’Annunciazione a Nazareth, di cui parleremo).
Per cercare di mostrare l’importanza di quelle antichissime parole, ne diamo la traduzione, che è stata possibile integrando il testo dov’era mutilo grazie alla liturgia della Chiesa copta che, nello stesso Egitto da cui proviene il testo, ha continuato a impiegarlo nel suo culto senza interruzione e senza alcuna variazione.

Ecco, dunque: <<Sotto la tua misericordia ci rifugiamo o Madre di Dio (Theotòke): le nostre preghiere non disprezzare nelle disgrazie ma dal pericolo libera noi: tu la sola pura e la (sola) benedetta.>>

La grafia delle lettere è assai chiara, con qualche elemento ornamentale e tracce di segni decorativi, come se si trattasse di uno dei cartoncini usati ancor oggi dai fedeli per recitare determinate preghiere. Secondo alcuni si tratterebbe addirittura di un <<modello per incisore>>: dunque, il testo da sottoporre a un artigiano per una iscrizione, forse su metallo o su marmo.
Tutto questo aumenta l’importanza, già straordinaria, del reperto: non si tratta, cioè, di qualche cosa di isolato, di casuale, bensì di <<ufficiale>>. Di qualcosa, cioè, usato nel culto e nella devozione non solo privata ma anche pubblica, ecclesiale (in effetti, il testo è al plurale: un <<noi>>, non un
<<io>>). Non si tratta però di una preghiera liturgica in senso proprio: infatti, come si vede dal testo, ci si rivolge direttamente a Maria. E si sa che ogni orazione liturgica, in tutte le Chiese – sia dell’Oriente come dell’Occidente-, è diretta solo al Padre, per mezzo del Figlio, nello Spirito Santo. Si tratta, dunque di un tropàrion, ben noto anche ora nelle comunità ortodosse: cioè, di un breve inno aggiunto alla parte liturgica dell’ufficio.
In ogni caso, le caratteristiche esterne del papiro contribuiscono ad aumentarne l’antichità, mostrando come la preghiera che vi è riportata fosse entrata già da tempo nell’uso, tanto da diventare qualcosa di tradizionale. Eppure, sia il tipo di scrittura che d’inchiostro che il supporto papiraceo fanno propendere la maggioranza degli esperti, come dicevamo, a una datazione attorno al 250.
Ebbene, prima del 1938, si escludeva decisamente un culto <<ufficiale>>, riconosciuto alla Vergine Maria, anteriore al primo Concilio ecumenico, quello di Nicea dell’anno 325. Quanto poi al termine Teotòkos, dunque Dei Genitrix, Madre di Dio, i soliti saccenti negavano che potesse essere in uso prima della celebre definizione del Concilio di Efeso, nel 431. E anche se quel titolo così impegnativo appariva in qualche passo di scrittori cristiani precedenti, si affermava che si trattava di opinioni teologiche private, non certo approvate, (e neanche tollerate) dalla Chiesa. Ed ecco come l’umile brandello egiziano sposta indietro addirittura di quasi due secoli quella data di Efeso che era citata come fosse un termine perentorio.
C’è da capire, insomma, l’imbarazzo <<teologico>> non solo del papirologo Roberts, ma anche di tutto il protestantesimo, con le sue teorie della costruzione tardiva e abusiva della devozione e del culto mariano. In effetti, non c’è solo quel Teotòke (che, tra l’altro, ha conservato tutte le sue lettere, sfuggite agli strappi che hanno danneggiato altre parole): a ben guardare, nel testo sono presenti quelli che chiamavano i <<semi>> di uno sviluppo ulteriore, che sarà protratto nei millenni.” (cfr Ipotesi su Maria, Vittorio Messori)

Ma guardate cosa mi va a scrivere il fratello Stefano, che scrive su Internet, riguardo a Maria, per dimostrare che la nuova arca dell’alleanza è proprio lei. Seguitelo perché è davvero bello e di considerevole riflessione, ci dimostra come le vie del Signore sono infinite e fruttuose.
“La Bibbia qui usata è la Nuova Riveduta (protestante, per chi non la conoscesse) della società biblica di Ginevra. (ha preferito usare la stessa Bibbia dei protestanti, per dimostrare che anche da essa emerge la verità su Maria, ndr)

“Davide, in quel giorno, ebbe paura del SIGNORE, e disse: «Come potrebbe venire da me l'arca del SIGNORE?»” (2 Samuele 6,9)

“Come mai mi è dato che la madre del mio Signore venga da me?”  (Luca 1,43)

“L'arca del SIGNORE rimase tre mesi in casa di Obed-Edom a Gat, e il SIGNORE benedisse Obed-Edom e tutta la sua casa.” (2 Samuele 6,11)

“Maria rimase con Elisabetta circa tre mesi; poi se ne tornò a casa sua”  (Luca 1,56)

“Davide andò e trasportò l'arca di Dio dalla casa di Obed-Edom su nella città di Davide, con gioia. Quando quelli che portavano l'arca del SIGNORE ebbero fatto sei passi, egli immolò un bue e un vitello grasso. Davide era cinto di un efod di lino e danzava a tutta forza davanti al
SIGNORE” (2 Samuele 6,12-14)
“Poiché ecco, non appena la voce del tuo saluto mi è giunta agli orecchi, per la gioia il bambino mi è balzato nel grembo.” (Luca 1,44)”

Questo breve ma incisivo esempio serve a far capire come le Scritture si devono saper analizzare in maniera profonda per scoprirne le meraviglie. Le Scritture sono come un pozzo dal quale si può attingere l’acqua a diversi livelli di profondità, attingendo in superficie si berrà la medesima acqua rispetto a quella che si attinge facendo scendere il secchio più in profondità, ma è fuor di dubbio che l’acqua attinta dalle profondità del pozzo è più fresca, e direi più cristallina. Attingendo acqua nelle profondità del pozzo si coglie meglio il gusto dell’acqua, la sua purezza. Gli stessi versetti che letti in separata sede possono non dire nulla di particolare oltre al semplice significato letterario, messi in parallelo con quelli del Vecchio Testamento assumono una luce nuova, e ci fanno capire in che modo il V.T. viene svelato nel Nuovo. Mettendo il N.T. in relazione al V.T. si comincia a scendere nelle profondità della Parola, riuscendo a coglierne profondi significati, che se ci fossimo fermati in superficie non avremmo mai visto. Nell’interpretazione dei testi sacri bisogna rifuggire dal fondamentalismo esegetico evitando da una parte di trascurare il senso letterale della Scrittura e dall’altro di forzare il testo stesso, ma cercando sempre di inquadrarlo nella sua finalità teologica e soteriologica. Questo vuol dire – come dice il Vaticano II nella Dei verbum al n. 24 – che la S. Scrittura deve essere letta e interpretata con l’aiuto dello stesso Spirito mediante il quale è stata scritta. Per ricavare il senso dei Sacri Testi si deve badare con diligenza al contenuto e
all’unità di tutta la Scrittura, tenendo sempre in debito conto anche la viva tradizione della Chiesa e l’analogia della fede. I protestanti spesso estrapolano alcuni versetti per fargli dire quello che non hanno mai detto, ad esempio facendo dire alla Bibbia che “sulla terra non c’è nessun giusto, nemmeno uno”, citando solo i versetti di S.Paolo. Abbiamo già visto che sulla terra i giusti ci sono sempre stati, e ci saranno ancora.
- L’unità di tutta la Scrittura è fondamentale e consente, ad esempio, di collegare in modo non arbitrario la Donna di Genesi 2,15 con la Donna di Gv 2,5 e 19,26 e la Donna dell’Apocalisse 12,1, come pure di rilevare la benedizione di cui sono oggetto le donne che hanno avuto una funzione liberatrice in Israele: Giaele (Gdc 5,24), Giuditta (Gdt 15,9-10), Maria di Nazaret (Lc 1,42).
Fondamentale per l’interpretazione dei testi mariani è anche la lettura che di essi hanno fatto i Santi Padri, insuperabili maestri di una teologia ecclesiale, compiuta con autentico spirito cristiano e dal valore incalcolabile. Le verità dei protestanti sono delle verità ritagliate, e come tutti i ritagli non possono contenere tutta la verità!
“Il <<sistema di fede cattolico>> non assomiglia a quei costoni di montagna dove –separati l’uno dall’altro, in un coacervo casuale – stanno i massi franati dall’alto. Quel <<sistema>> andrà piuttosto paragonato ad un mosaico, dove ogni tessera ha la sua funzione, nessuna da sola può reggere e, comunque, da sola non significherebbe nulla. Nella prospettiva cristiana, la morte è legata al peccato. Per dirla con l’energica formula paolina, una delle tante nella Scrittura che esprimono lo stesso concetto: <<il peccato regna con la morte>> (Rm 5,21).
E’ la corruzione morale che porta alla corruzione del corpo. Alla <<piena di grazia>> doveva dunque essere risparmiato anche il disfacimento materiale. Non di rado nella <<ricognizione della salma>> che vede scoperchiata la tomba dei santi, prima della loro canonizzazione, il loro corpo viene trovato intatto, non decomposto.” (cfr. V. Messori).
Secondo Giovanni Paolo II, bisogna sfatare il detto che la S. Scrittura parla poco di Maria, perché in realtà, dopo l’apostolo Pietro e il precursore Giovanni, è il personaggio più citato nei Vangeli canonici. Inoltre le pagine che parlano di Maria con i grandi eventi dell’Annunciazione (Lc 1, 26- 38), della Visitazione (Lc 1,39-56), delle nozze di Cana (Gv 2,1-12), dell’affidamento reciproco della Madre e del Discepolo (Gv 19, 25-27), sono tra le pagine più dense e alte di tutti i Vangeli.
I vescovi, ma anche i fedeli:
compresero le ragioni dei vescovi riuniti in Concilio ad Efeso (431), che ritenevano legittimo il titolo di Theotòkos dato alla Vergine – Madre;
compresero il senso profondo della verità sulla sua perpetua verginità;
intuirono che la santità stessa di Dio esigeva che fosse santo e immacolato fin dal primo istante della sua esistenza il tempio che avrebbe accolto il Verbo fatto carne;
compresero che non poteva essere soggetta alla corruzione la nuova arca dell’alleanza che aveva accolto il Signore della vita.

La figura di Maria non può e non deve essere separata da Gesù Cristo, ecco uno stralcio della bellissima testimonianza di Frère Ephraim da “Piogge d’autunno”, ex pastore protestante approdato al cattolicesimo.

“…Celebrava spesso la santa cena e in questa condivisione provavo una pienezza: <<Vedete come è buono, come è dolce vivere insieme da fratelli>>. In verità non m’ero mai sentito protestante come in quei momenti. Bisogna riconoscere che gli Stati Uniti ci offrivano l’esperienza di un protestantesimo forte e vero, che viveva a fondo i valori evangelici. Fu proprio in questo momento, in cui il cattolicesimo non mi attirava affatto, che ricevetti una luce inalterabile.
Mi svegliai nella luminosità dell’alba e sentii la pace delle cose. Dormivamo tutti in una grande stanza divisa da paraventi. E all’improvviso la visione, il sogno, non so e non è importante: il Signore in piedi e a sinistra la Vergine. Io non la guardavo, qualcosa in me si rifiutava. Il Signore, che distinguevo perfettamente, non diceva niente. Allora egli si mosse, alzò il braccio, io lo seguivo con gli occhi, la sua mano indicò la santa Vergine e disse: << E’ la mia mamma>>. Avendo seguito il movimento della mano, guardai la Vergine e ricevetti allora un’effusione di tenerezza. Mi sentii partire in un sonno profondo. L’indomani questa dolcezza accompagnò il mio risveglio, una tenerezza mista d’un non so che di forte e di materno. Una presenza che non mi avrebbe più abbandonato e che mi imbarazzava. Secondo la mia <<sana teologia>>, una tale esperienza non poteva venire che dal demonio. Il mio ragionamento era come paralizzato, forse per riflessi acquisiti, perché in ultima analisi il contenuto della visione era del tutto scritturistico. Non richiamava forse la parola di Giovanni <<Figlio, ecco tua madre>>? Il riflesso veniva da lontano, e credo, tocca il realismo dell’incarnazione, questo modo di agire inaudito e folle di un Dio che ha scelto sua madre. Se Gesù è Dio e vero Dio, Maria, madre di Gesù, è perciò madre di Dio; è la scelta di Dio di consegnarsi nelle mani della sua creatura. Non è porre la creatura al di sopra di Dio, né divinizzarla; è affermare che Dio ha dato a una creatura, Maria, un posto di onore vicino a lui e che questo posto lei l’occupa per sempre.”
Ora mi chiedo, a prescindere dalla visione del fratello Frère, non c’è dubbio che Maria è la madre di Gesù, ma Egli si trova in cielo, e nessun vero cristiano si sognerebbe mai di affermare che Gesù non sia Dio, il Verbo incarnato risorto con il suo corpo glorioso. Se Gesù un giorno ci dirà “questa è la mia mamma” chi oserà rispondergli che non è vero? Chi oserà dirgli “Maria è madre solo di Gesù uomo” cominciando magari a portare cavilli teologici anche al Signore Gesù? Gesù in cielo ci aspetta con il suo corpo glorioso, non se ne è staccato per ritornare quello che era prima dell’incarnazione, cioè puro Spirito, quindi la distinzione “Maria è madre solo di Gesù uomo” è fuori luogo, in quanto Dio Figlio si è incarnato è avrà ormai un corpo, per il resto dell’eternità.
Dio Figlio, la Parola, si è incarnata ed è entrata nella storia assumendo un corpo umano, corpo che poi è stato glorificato dalla resurrezione, resta però il fatto che da quel momento Dio Figlio ha acquisito un corpo da Maria. Dicendo quindi “E’ la mia mamma” ha pienamente ragione, sta dicendo la verità, e non dimentichiamo che colui che dice “E’ la mia mamma” è Dio, quindi non voler chiamare Maria madre di Dio è una forzatura, un grosso errore e molti fratelli protestanti mischiano zelo e fanatismo non chiamando Maria madre di Dio.
Gesù dice “Io sono Dio è questa è la mia mamma” quindi mamma di Dio Verbo incarnato.
Quando un giorno saremo tutti in cielo, che cosa diranno a Gesù i fratelli protestanti quando Egli gli dirà <<questa è la mia mamma>>?
Gli diranno forse "No maestro sbagli, perché Maria è solo madre della tua carne quindi dal
momento che sei risorto non puoi chiamarla più mamma, perché non lo è più. "
Gesù dopo essere asceso al cielo è rimasto con il suo corpo glorioso, non l'ha buttato via, la Bibbia ce lo attesta, come potranno dirgli "Tu sei Dio, ma Maria non è tua madre, perché ella è solo madre di Gesù uomo. ?"
Gesù era uomo-Dio, come in terra così è in cielo, volerne ora separare le due nature significa bestemmiare.
MARIA NELLA BIBBIA
Ma la Bibbia come ci presenta Maria?
Un commento tratto dal sito www.ilmurialdo.it ci aiuta a capire meglio:
“Sotto l’aspetto narrativo il racconto di Matteo ricorda motivi presenti in altri antichi racconti leggendari o mitici (ne vedremo in seguito la fondamentale differenza): il salvataggio di un "figlio di re" o di un "bambino straordinario", salvato dalla minaccia di morte derivante da un re malvagio. La trama si dipana così:
visita dei Magi al "neonato re dei Giudei" (2, 1-12);
opposizione del re Erode con il suo progetto di morte;
salvataggio del re - bambino con la fuga in Egitto (2, 13-15);
strage dei bambini (2, 16-18);
ritorno dall’esilio a Nazaret (2, 19 – 23).
In questa trama narrativa dove prevale il codice geografico – spaziale su quello temporale, nelle tre sequenze in cui compare, Maria si presenta sempre unita al bambino, come colei che abita nella casa ove i Magi lo trovano e poi, sempre con lui, nella fuga e nel ritorno dall’esilio, sotto la regia dell’angelo del Signore e la guida silenziosa di Giuseppe.

1.1.2. Struttura letteraria
Passando dalla struttura narrativa a quella letteraria, si nota anzitutto il legame interno sintagmatico fra tre scene successive attraverso un participio aoristo, tipico di Matteo:
2,1 si lega a 1,25 : elemento comune: la nascita di Gesù;
2,13 si lega a 2,12: elemento comune: il ritorno dei Magi al loro paese;
2,19 si lega a 2, 15: elemento comune: la morte di Erode.
Inoltre c’è un legame formale costituito dall’oracolo ricevuto in sogno (2, 12.22) e dell’angelo che appare in sogno a Giuseppe (2,13.19). Questo secondo elemento di unità letteraria, come quello sintagmatico, è assente dalla scena della strage dei bambini, ove non compare "il bambino e sua madre" perché sono già scampati con la fuga in Egitto.
La scena più lunga e riccamente strutturata in cui compare Maria è quella dei Magi, delineata dalla inclusione narrativa: l’arrivo dei Magi all’inizio (2,1) e il loro ritorno in Oriente al paese d’origine (2,12).
Secondo B. Buetubela, vi è una struttura concentrica intorno ai vv. 4-6: Concentriamo la nostra attenzione sui vari parallelismi:
la stella segno del neonato re del v. 2, riappare nei vv 9-11;
il progetto di adorare il neonato re del v. 2, si realizza nel v. 11;
il bambino del v. 11 altro non è che il "neonato re dei Giudei" del v. 2:
di questo bambino Maria è la madre, quindi è la regina – madre del neonato re;
la casa in cui lei abita con il neonato re è, in modo paradossale, un’abitazione regale.
l’adorazione e l’omaggio dei doni da parte dei Magi, sulla scorta degli antichi ricordi di Salomone e degli annunci profetici, rivelano la dignità regale del bambino e la dignità regale di Maria regina – madre;
I Magi venuti dal misterioso Oriente, sconosciuto e lontano, rappresentano tutte le genti che riconoscono in Gesù il Messia – re e in Maria la regina – madre, mentre Erode e Gerusalemme si ritrovano turbati e ostili.
Le scene seguenti dove ricompare "il bambino e sua madre" presentano una struttura articolata in due momenti successivi: il comando dell’angelo (2,13.19,20) e la sua esecuzione (2,14.21).
Illuminante è il fatto che le tre scene successive alla visita dei Magi, si concludono tutti e tre con una profezia di compimento:

2,15: Fuga in Egitto: "Dall’Egitto ho chiamato mio Figlio":
2,18: Strage dei bambini: "Un grido è stato udito in Rama – un pianto e un lamento grande – Rachele piange i suoi figli – e non vuole essere consolata perché non sono più";
2, 23: Ritorno a Nazaret: "Sarà chiamato nazareno".

Soprattutto significativa è la profezia di 2,15 perché se il "Figlio" re – Messia è anche il Figlio di Dio, ne consegue che la regina – madre del "neonato re dei Giudei" è anche madre del Figlio di Dio, affermazione coerente con quanto già detto al cap. 1 ove Gesù, in base alla profezia di Is 7,14, viene detto "Emanuele", "Dio con noi" (1,23).
Nella sequenza dei Magi, Maria appare da sola col bambino. Giuseppe, infatti, protagonista delle altre tre scene (prima – terza – quarta) qui scompare, forse in modo discreto per riconfermare quanto detto al cap. 1 (1,18-25) e cioè che Maria aveva concepito per opera dello Spirito Santo e non per opera d’uomo. Questo è confermato dal fatto che è Maria il personaggio principale con cui inizia il racconto della nascita e si conclude quello dei Magi: [inizio] "Essendo Maria sua madre fidanzata a Giuseppe…."(1,18); [fine] "Entrati nella casa videro il bambino con Maria sua madre" (2,11).
I due racconti della nascita e dell’adorazione hanno quindi un legame tra di loro che è costituito proprio dalla singolare presenza di Maria. Giuseppe è implicito nella vicenda come suo sposo, custode del mistero e mediatore della regia divina di salvare Gesù, ma scompare dove la sua presenza non è necessaria. Ivi compare solo "Maria sua madre" perché il padre di Gesù è un altro, come risulta dalla citazione del profeta Osea in 2,15.
Dallo studio della struttura narrativa e letteraria, si riesce dunque a trarre dall’ombra Maria, madre del bambino. Già silenziosa destinataria dell’azione dello Spirito Santo nel concepimento di Gesù che libera il popolo dai peccati ed è l’Emanuele (1, 18-25), ora Maria si rivela, sempre in grande silenzio, la regina – madre del "neonato re dei Giudei" e del Figlio di Dio, sempre unita a Gesù nel
mistero, nell’adorazione dei Magi, nella fuga e nel ritorno che prefigurano la sua morte e la sua futura resurrezione.

1.2. Dalla tradizione alla redazione: da madre del Messia a madre del Figlio di Dio, il Verbo. Da questa affascinante composizione dell’evangelista, certamente tardiva, verso l’80 o forse dopo, possiamo risalire indietro verso la tradizione da cui Matteo ha attinto e che certamente si localizza nei primi decenni dopo la morte e resurrezione di Gesù?

1.2.1. La tradizione
Questo viaggio alle fonti è stato tentato da diversi autori che hanno utilizzato la critica redazionale che si avvale della stilistica e dell’analisi delle forme letterarie che si ripetono, come ad esempio, l’apparizione dell’angelo in sogno.
Quali sono i risultati per quanto riguarda la figura di Maria?
Sia l’espressione "con Maria sua madre" (2,11), sia l’altra: "il bambino e sua madre" (2, 13.14.20- 21) appartengono alla tradizione precedente come pure la qualifica del bambino come "neonato re dei Giudei", che apparirà poi solo nel contesto della passione e la tragica fine sulla croce (Mt 27,11.29.37). La minaccia della morte da parte di Erode era dunque preludio della sua futura morte, decretata da un funzionario romano, Ponzio Pilato. In questa prima parte della Tradizione, Maria vi figura come regina-madre del re dei Giudei, riconosciuto e adorato dai Magi.

1.2.2. La Redazione finale
Nella redazione finale Matteo aggiunge il commento profetico (2,15). E’, dunque, il Padre stesso che per mezzo del profeta dichiara la dignità singolare e divina di Gesù. E’ un caso classico di quello che viene chiamato il "sensus plenior" o spirituale, senso storicamente non originario, ma leggibile nel testo com’è attualmente, in relazione ad un evento nuovo, la fuga di Gesù in Egitto e il suo ritorno dopo la morte di Erode, ovviamente nella cornice più ampia della sua morte e resurrezione. In questo nuovo contesto redazionale, Maria viene riconosciuta "Madre del Figlio di Dio". Il senso prevalente di "Figlio di Dio", sia nella comunità che nei testi di Matteo (Mt 16,16; 26,63) è, infatti, quello cristologico più che quello messianico.
Il riconoscimento di Gesù "re dei Giudei" con "Maria sua madre" non avviene come per Salomone nella sfarzosa cornice di una reggia (1Re 10,2) ma in una casa comune è il re non è un sapiente famoso in tutto il mondo, ma un silenzioso bambino. Se il racconto echeggia le profezie di Is 60,6b e Sal 72,10 e vi fa cornice una tradizione davidica (Mt 2,6b = 2 Sam 5,2), lo sfondo non è però Gerusalemme ostile a Gesù, come nelle profezie, ma la piccola borgata di Betlemme, ricca solo della gloriosa memoria di Davide. Un altro singolare paradosso: mentre Erode vuole eliminare il presunto rivale e Gerusalemme appare indifferente, i Magi, gentili venuti dall’Oriente, vengono invece a riconoscere, adorare e rendere omaggio al re/Messia.
2. Stretta unione del "bambino con Maria sua madre" nella dignità e nella missione: esegesi di Mt 2,11.13-14.20-21.
Quello che abbiamo detto finora lo abbiamo acquisito esaminando la struttura letteraria del testo e risalendo alla tradizione da cui esso ha tratto origine, configurata nella cornice più vasta delle profondità storica che arriva sino a Mosè e Davide. Adesso vogliamo ritornare al testo centrale su Maria, madre del bambino, per fare un’esegesi più accurata. Si tratta del v. 11, dove Maria è più ampiamente e singolarmente presente:
1. "ed entrati nella casa" (eis ten oikían)
A differenza di oikos che significa "camera", oikía significa solo "casa" o "abitazione". Si tratta, quindi, di una casa vera in cui abitavano Maria e il bambino.

2. "videro" (eídon)
Mentre il verbo orao, esprime l’azione di vedere del soggetto, eídon, orienta l’attenzione verso l’oggetto che si vede. Qui sottolinea ancora, nel contesto linguistico, il significato di "visitare": una visita ufficiale di personaggi importanti al "neonato re dei Giudei".

3. "il bambino con Maria sua madre"
L’espressione è nuova anche rispetto a Es 4,20 (ove a precedere è la moglie di Mosè e non la madre seguita dai figli) e si ripete quasi invariata 4 volte nel racconto (2, 13-14.20.21). La novità è la messa al primo posto del bambino e poi della madre (e non la sposa) per significare la sua eminente dignità;
"Maria" è il nome della madre scritto nella forma grecizzata che si legge anche in Mt 1,16.18 (3 volte in tutto), mentre in Mt 1,20 e 13,16.18 si ricorre alla forma aramaica che proviene dalla tradizione originale (Mariám);
la "madre di Gesù" compare 15 volte in Matteo di cui 13 in 1-2. L’apposizione "madre sua" ricorre in 1,18 1 in 2,13 – 4, 20-21; 13,55. "Maria la madre di Gesù" deve essere stata una formula cristallizzata nella tardiva trazione cristiana (cfr. anche Lc 2,34), come risulta anche dalla più tardiva tradizione giovannea dove appare solo "la madre di Gesù" (Gv 2, 1.3.5. e 19,25);
Maria viene identificata come la "madre sua (di Gesù)", una qualifica d’onore dato che si tratta del "neonato re dei Giudei", del Messia. Nessun equivalente per Giuseppe, che qui scompare del tutto.
4. "prostratisi…….e aperti i loro scrigni"
I due participi descrittivi preparano due azioni compiute dai Magi: adorarono e gli presentarono i loro doni. Il verbo proskunéo ha qui il doppio significato di "rendere omaggio al re" e "adorare una divinità". Nella trama narrativa ha una particolare importanza in quanto rappresenta il progetto dei Magi (2,2,) e il controprogetto di Erode (2,8). Giunti davanti al neonato bambino figlio di Maria, il primo gesto che essi compiono è proprio l’adorazione – omaggio regale. Matteo, infatti, usa proskunéo in relazione a "re" e al "regno" come fa in 4, 8-10; 18, 23ss e 20,20ss;
I Magi offrono al "bambino con Maria sua madre" tre doni: oro, incenso e mirra:

1. oro: questo vocabolo viene usato 9 volte da Matteo, due volte da Luca, una da Marco e nessuna da Giovanni. In molti passi dei Sinottici il termine ha una sfumatura cultuale (Mt 5,23-24; 8,4; 15,5; 23,18-19; Mc 7,11: Lc 21,1) e indica qui la qualità superiore del destinatario e, sullo sfondo, quella di sua madre;

2. Incenso: ricorre solo due volte nel N.T. (qui e in Ap 18,13);

3. Mirra: pure raro nella Bibbia (qui e in Gv 19,39): mentre Giovanni lo menziona come prodotto aromatico per imbalsamare i morti, Matteo ne valuta solo la preziosità.
Tutti e tre i doni esprimono quindi ricchezza, in quanto materie rare e preziose.
Il gesto dei Magi di portare queste ricchezze al regale "bambino con Maria sua madre", allude a molti testi di Isaia, Michea e dei Salmi che annunciano un pellegrinaggio delle genti a Gerusalemme per adorare il vero Dio e offrigli i loro doni (Is 2, 2-3: 45,14; 60, 1-6; Mic 4, 1-2; Sal 72,11). Nei doni dei Magi, dunque, la tradizione prima e l’evangelista poi hanno visto il compimento della Scrittura, anche se in modo diverso e cioè:

1. non a Gerusalemme ma a Betlemme, da cui verrà "la guida che pascerà il mio popolo Israele"
(Mt 2,6; Mc 5,2 e 2Sam 5,2);

2. non nella reggia di JHWH ma in una casa dove abita "con Maria sua madre";
3. non per adorare JHWH e ricevere in dono la Torah, ma per adorare un neonato bambino,
riconosciuto come re – Messia, il cui compito sarà quello di portare ad ebrei e gentili il regno di Dio.

Qui si conclude il pellegrinaggio delle genti rappresentati simbolicamente dai Magi: ai piedi di Maria madre del bambino, nella sua abitazione. Maria è dunque il trono regale su cui siede il re – Messia adorato da tutti i popoli;
Questa grandiosa scena si chiude drammaticamente nella fuga perché il "bambino e sua madre" devono essere portati in salvo a causa dell’incombente minaccia di Erode. E’ Giuseppe che condurrà in Egitto "il bambino e sua madre" per ricondurli poi entrambi, morto Erode, nella "terra di Israele" e insediarli nell’oscura borgata di Nazaret, così oscura da far disperare l’evangelista nel trovare una profezia specifica che la riguarda (2,23);
Maria, madre del bambino, è un tutt’uno con lui, nell’omaggio regale dei Magi, nella fuga e nel ritorno. Giuseppe, colui che dietro incarico divino ha il compito di salvare sia il bambino che la madre, non viene qualificato né come sposo, né come padre, per quanto il lettore sappia che già egli è sposo di Maria madre vergine di Gesù (Mt 1. 18-25).


3. Conclusione
Quali conclusioni si possono trarre da tutto quello che è stato detto fin qui? Esse possono essere brevemente così riassunte:
1. L’analisi strutturale del testo ci ha fatto comprendere che Maria, madre del bambino, va qualificata come regina – madre del "neonato re dei Giudei" e ancor più "madre del Figlio di Dio, il Verbo incarnato";
2. La storia della formazione del testo che va dalla tradizione alla redazione, ci ha fatto scoprire l’itinerario di un’esplicitazione progressiva della dignità di Gesù cui è legata quella della madre: nella tradizione cristiana primitiva Gesù era considerato "Messia/re dei Giudei" e Maria, di conseguenza "madre del re/Messia", mentre nella redazione matteana Gesù diventa il "Figlio di Dio" (e non di Giuseppe), per cui Maria è "madre del Figlio di Dio";

3. Il confronto con i racconti paralleli ha fatto emergere il dato singolare e originale della narrazione matteana, proprio a partire dalla peculiarità della madre – vergine. Ai Magi ella compare col bambino in primo piano, ma assente Giuseppe, rimandando in tal modo, se pure indirettamente, alla concezione per opera dello Spirito Santo. La madre singolare rivela un bambino singolare che, annunciato da un astro nuovo, dovrà portare un'era nuova;

4. Le caratteristiche della formazione del testo nell’ambiente ecclesiale di Matteo ci hanno presentato Maria, madre del bambino Messia e Salvatore, come colei che accoglie nella Chiesa di Gesù, figurata dalla casa, le genti del mondo ed è perciò simbolo della comunità cristiana che accoglie tutti gli uomini per donare loro Gesù;

5. L’esegesi minuziosa del testo ci ha fatto comprendere l’unità inscindibile del "bambino con Maria sua madre". Ella partecipa alla dignità del Figlio re – Messia e Figlio di Dio come sua madre; partecipa alle sue vicende gioiose e dolorose formando un tutt’uno con lui. Da qui ha origine l’icona di Maria con Gesù in braccio, radicata sia in Oriente che in Occidente che riassume pittoricamente il messaggio di Mt 2 sul "bambino e sua madre".

Il Magnificat è il locus theotologicus per eccellenza, il testo centrale della mariologia
socio-liberatrice ed esprime, per così dire, la teologia di Maria, una sua auto-teologia, il primo risultato delle riflessioni di Colei che serbava tutti gli eventi e li meditava nel suo cuore.
Quello che ne esce è una sorprendente espressione di teologia della liberazione, per cui - secondo il Card. Ratzinger (ora Benedetto XVI) - la vera teologia della liberazione, è un eco fedele del Magnificat di Maria. Tutti gli autori, anche non cattolici, riconoscono la dimensione sociale e il potenziale libertario di questo inno, la Magna Carta dove comincia la dottrina sociale della Chiesa, dato che proclama il rovesciamento dei potenti dai troni e l’innalzamento degli umili, la consolazione dei poveri e l’umiliazione dei ricchi.

I dogmi mariani definiti (Madre di Dio, Verginità, Immacolata Concezione, Assunzione), sono estremamente precisi, come dimostrano la semplicità e la brevità delle loro definizioni; tuttavia, essi non esauriscono la nostra conoscenza di Maria secondo la rivelazione contenuta nella Scrittura e nella prassi della Chiesa.
Su altri punti Maria fa parte integrante del dogma cristiano senza che la Chiesa abbia preso in proposito alcuna decisione o definizione dogmatica.

Le accuse: “Ella è corredentrice dell’umanità.
Maria ‘dipendentemente da Cristo, ma come unico principio con Lui, cooperò alla redenzione oggettiva e perciò fu vera corredentrice (...) dipendentemente da Gesù, ma come unico principio con Lui, soddisfece per tutti i peccati dell’umanità, pagò a Dio il prezzo della nostra liberazione, guadagnò tutte le grazie per gli uomini, placando (a suo modo) Dio con il suo volontario e necessario concorso al sacrificio della croce’.1
Questa è un altra menzogna che i teologi cattolici insegnano su Maria e lo fanno facendo ogni sorta di ragionamenti vani quali per esempio: ‘Si può dire che la vergine sia la salvatrice del mondo per avere sofferto insieme col Figlio, volontariamente da lei offerto alla divina giustizia’. La Scrittura dice in svariate maniere che solo Gesù Cristo è il Salvatore del mondo perché solo lui morì sulla croce per i nostri peccati e nessun altro con lui: ecco alcuni passi che lo affermano:
Gesù disse: “Il Figliuol dell’uomo è venuto per cercare e salvare ciò che era perito”;2e: “Io son la porta: se uno entra per me, sarà salvato”;3 ed ancora: “Io non son venuto a giudicare il mondo, ma a salvare il mondo”.4
Paolo disse: “Certa è questa parola e degna d’essere pienamente accettata: che Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori..”;5
Pietro disse: “E in nessun altro è la salvezza; poiché non v’é sotto il cielo alcun altro nome che sia stato dato agli uomini, per il quale noi abbiamo ad esser salvati”;6
Quindi noi rigettiamo le affermazioni dei teologi cattolici secondo i quali Maria, la madre di Gesù, abbia sofferto assieme al suo Figlio per noi, perché esse sono prive di qualsiasi fondamento scritturale. Hanno fatto diventare Maria pure la salvatrice del mondo. Certo che i teologi di questa organizzazione religiosa hanno introdotto ogni sorta di menzogna sul conto di Maria. O guide cieche; ma ditemi: ‘Chi fu inchiodato sulla croce? Gesù o Maria?’, ‘Chi ha sparso il suo sangue come prezzo di riscatto per i nostri peccati? Gesù o Maria?’ ‘Chi è risorto per la nostra giustificazione? Gesù o Maria? Ma fino a quando vi glorierete della menzogna e mentirete contro la verità?”


Cooperazione di Maria alla salvezza
Essere Madre di Cristo era per Maria, più che un privilegio, una funzione a servizio della salvezza, ed è senza dubbio per questo che ella si qualifica serva del Signore. Gesù, fattosi uomo


1Pasquale Lorenzin, op. cit., pag. 499-500 (note dei protestanti)
2Luca 19:10
3Giov. 10:9
4Giov. 12:47
51 Tim. 1:15
6Atti 4:12
attraverso di lei, diviene sacerdote e vittima. Infatti, Dio in quanto tale non potrebbe essere vittima, e per essere sacerdote bisogna che sia uomo (Eb 5, 1).
Maria, quindi, è stata scelta (Gn.3,15) e chiamata a cooperare all’opera di Cristo (Lc.1,27), iniziata con l’esistenza umana ch’ella gli ha donato.
La Redenzione non è un dono di Dio caduto dal cielo, un’opera paternalistica in cui Dio non farebbe che dare e l’uomo ricevere. Dio ha realizzato la salvezza non dall’alto, ma dall’interno dell’umanità, tramite un uomo, Gesù Cristo, e ha richiesto la cooperazione degli uomini, in tutte le varie fasi. Maria è la prima in questa cooperazione. Anche in ciò essa è il prototipo della Chiesa: riscattata per cooperare alla Redenzione, fase per fase.
Maria ha cooperato alla formazione stessa di Cristo Redentore. Non ne ha soltanto formato il corpo, ha acconsentito a quel progetto di Dio con incondizionata adesione di fede, speranza e carità teologale. Non ha accettato soltanto di concepire e partorire un figlio (Lc 1,30), ma di far nascere il Salvatore, di far causa comune con Lui. Tale è la portata del suo sì incondizionato e irreversibile.
Ella ha condiviso tutta la vita nascosta di Cristo.
Ha condiviso l’ora decisiva della sua morte, rappresentando così, in unione intima e perfetta con Lui, la comunione di una semplice creatura, di una persona umana, di una riscattata, di una donna: la parte della nuova Eva accanto al nuovo Adamo.
Ella non è un altro Salvatore, ma la perfetta comunione e cooperazione col Salvatore.
Ciò risponde bene alla struttura comunicante della salvezza, così come Dio l’ha stabilita. Maria, prototipo della comunione con Cristo, è anche prototipo dei fedeli al sacrificio redentore di Cristo.
Inoltre, Maria ha partecipato dolorosamente alla Passione con la sua "compassione" di madre (Gv 19,34). Di fronte all’atroce sofferenza di suo Figlio, di fronte alla sua impensabile disfatta e
all’apparente vittoria del Male, nel momento in cui gli avvenimenti facevano crescere le tentazioni, il suo sì irreversibile fu messo alla prova per una suprema conferma.
La comunione teologale di Maria con Cristo è stata così integrata al sacrificio costitutivo della Redenzione, come l’offerta dei fedeli al sacrificio della Messa. In questa linea ella coopera, con la fede e la preghiera, alla nascita pentecostale della Chiesa.
Oggi Maria continua a cooperare con Cristo in una comunione perfetta e glorificata di pensiero e di azione. Il Signore aveva fatto capire a Teresa di Lisieux che lei avrebbe vissuto il suo cielo facendo del bene sulla terra. Quell’ispirazione non è stata sicuramente tradita per Teresa... Come potrebbe non essere adempiuta in Maria?
Secondo la convinzione e l’esperienza profonda della Chiesa, Maria nostra Madre continua ad occuparsi dei suoi figli, che ella ora conosce nella gloria di Dio.

Un ricco vocabolario
Per esprimere questo ruolo attuale, il modo con cui ella partecipa oggi all’azione di Cristo, viene utilizzata una serie di titoli:
Regina, poiché regna con Cristo, partecipa della sua gloria e del suo stesso potere così come partecipò alla sua Passione e Morte, secondo la legge della comunione perfetta: «Tutto ciò che è mio è tuo, tutto ciò che è tuo è mio».
Ciò non diminuisce in nulla la divinità di Cristo né il suo esclusivo potere di Redentore, manifesta invece il suo meraviglioso disegno di farvi partecipare i riscattati ad iniziare da Maria, modello della Chiesa.

Corredentrice, termine coniato nel XV secolo e diffuso soltanto a partire dal XVII, e che parve ai mariologi il più adatto ad indicare la cooperazione di Maria alla Redenzione; tanto che essi volevano farne un nuovo dogma.
Tuttavia molti teologi criticarono il prefisso "co-" perché sembrava situare Maria su un piano di eguaglianza con il Redentore. Dunque, non esprimeva la dipendenza di Maria nei confronti di Cristo, né il fatto che in quel sacrificio redentore, soltanto Gesù-Dio è sacerdote e vittima;
solamente Lui è morto e risorto, solamente Lui è salito al Cielo al termine del sacrificio, solamente Lui è causa adeguata di Redenzione a cui Maria ha partecipato così perfettamente. All’epoca in cui il titolo di Corredentrice sembrava in corso di definizione dogmatica, il Cardinal Journet, sapendo le ambiguità di quel vocabolo, aveva tentato di dissiparle banalizzandolo.
Lo estendeva a tutti i Cristiani: Maria è corredentrice e noi siamo tutti corredentori, diceva. Giacché il Concilio scartò deliberatamente il termine, sembrò più indicato astenersi e precisare il suo ruolo senza confonderlo con quello di Cristo Salvatore, né col nostro, nell’attualizzazione della Redenzione.

Mediatrice, fu oggetto di un prestigioso progetto di definizione lanciato dal Cardinal Mercier, ma fu abbandonato da Pio XII. Il Concilio si è limitato a spiegare che la Chiesa, quando impiega questo titolo, non intende affatto offuscare la posizione dell’unico Mediatore.
Il titolo cerca di dire che Maria, avendo cooperato alla venuta di Cristo, alla grazia per eccellenza, coopera alla diffusione delle grazie scaturite dalla sua Redenzione. Ella ne è in qualche modo il mezzo. La sua intercessione ci procura delle grazie, ed ella è unita a Cristo per donarcele.
Oggi questo termine viene evitato perché scandalizza i Protestanti, che adducono motivazioni bibliche, ma anche perché esistono vocaboli più adatti ad esprimere il medesimo concetto.
Alla loro obiezione, tratta da San Paolo: Cristo è «il solo Mediatore» (1 Tm 2,5) si è risposto che l’apostolo dice pure che «Cristo è il solo Signore». (1 Cor 8,6)
Tuttavia, secondo il Credo, anche il Padre è Signore, e lo Spirito Santo è Signore;
si commetterebbe però uno sbaglio se si dicesse che ci sono tre Signori. No, esiste un solo Signore in tre Persone: il Padre è Signore, il Figlio è Signore, lo Spirito Santo è Signore, ma essi sono uno stesso Signore.
Analogamente, il Padre è Dio, il Figlio è Dio, lo Spirito Santo è Dio, ma non ci sono tre dèi, c’è un solo Dio in tre Persone. Che non si dica dunque, com’è capitato ad alcuni famosi teologi: «Questi due grandi Mediatori: Gesù e Maria». Se Maria è mediatrice, lo è in Gesù, senza «che nulla detragga o aggiunga alla dignità e alla efficacia di Cristo, unico Mediatore», dice il Concilio (Lumen Gentium, n. 62).
I teologi favorevoli a questo titolo hanno tentato di risolvere le ambiguità lessicali della mediazione mariana dicendo in particolare: «Cristo è solo Mediatore di Redenzione, ma esistono dei mediatori d’intercessione».
Questa distinzione proposta nel XVII secolo veniva però continuamente elusa. Il pastore protestante Hans Asmussen ha accettato il titolo di mediatrice precisando «mediatrice in Cristo», poiché noi siamo mediatori in Cristo unico Mediatore.
“Egli li fece uscire, compiendo miracoli e prodigi nella terra d’Egitto, nel Mare Rosso, e nel deserto per quarant’anni. Egli è quel Mosè che disse ai figli d’Israele: Dio vi farà sorgere un profeta tra i vostri fratelli, al pari di me. Egli è colui che, mentre erano radunati nel deserto, fu
mediatore tra l’angelo che gli parlava sul monte Sinai e i nostri padri; egli ricevette parole di vita da trasmettere a noi.” (At 7,36-38)

“Tu poi, non intercedere per questo popolo, non innalzare per esso suppliche e preghiere, perché non ascolterò quando mi invocheranno nel tempo della loro sventura».” (Ger 11,14)

Qui è Geremia che intercede e qui di seguito vediamo che è anche lo Spirito Santo che intercede per noi.

“Allo stesso modo anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, poiché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio.” (Rm 8,26-27)
“Prendete dunque sette vitelli e sette montoni e andate dal mio servo Giobbe e offriteli in olocausto per voi; il mio servo Giobbe pregherà per voi, affinché io, per riguardo a lui, non punisca la vostra stoltezza, perché non avete detto di me cose rette come il mio servo Giobbe».” (Gb 42,8)

“Egli darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi. Sulle loro mani ti porteranno perché non inciampi nella pietra il tuo piede.” (Sal 91, 11-12)

Se sta scritto che i santi servi di Dio una volta in cielo saranno superiori agli angeli, e come vediamo dalla Bibbia gli angeli aiutano l’uomo sulla terra, significa che maggiormente lo faranno i santi che sono alla presenza di Dio, per Suo volere, senza per questo scalzare Cristo Gesù dal suo compito di unico mediatore, così come gli angeli non sono concorrenti di Cristo nel soccorrerci.
I santi quindi sono mediatori in Cristo, non certo suoi concorrenti. Come quando erano nella carne, in cielo la loro carità non cambia, non si annulla, ma rimane sempre la coscienza e la preoccupazione per i fratelli rimasti ancora pellegrini sulla terra.

Ausiliatrice, dice San Giovanni Bosco, secondo i Padri della Chiesa. Maria che ha assistito Cristo all’inizio e nella formazione della sua umanità, aiuta perciò, e assiste gli altri suoi figli sulle vie della divinizzazione. È la prosecuzione del suo ruolo nel «mirabile scambio».

ATTUALITA' E SIGNIFICATO DEI DOGMI MARIANI LO SVILUPPO DEL DOGMA MARIANO
Le accuse:
“Ella fu concepita senza peccato.
‘Maria nel primo instante della sua concezione, per una grazia speciale, è stata preservata pura da ogni macchia di peccato originale. - E’ di fede.’7 Quindi Maria sarebbe stata concepita e sarebbe nata senza peccato. Il dogma dell’immacolata concezione di Maria fu emanato, con il favore dei Gesuiti, da Pio IX nel 1854 in questi termini: ‘La beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per una grazia ed un privilegio singolare di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, è stata preservata intatta da ogni macchia del peccato originale’.8 La ragione addotta è che Gesù per potere nascere immacolato aveva bisogno di una madre altresì immacolata.
Questo dogma è una menzogna perché tutti gli uomini e tutte le donne nati sulla terra (all’infuori di Gesù) sono nati col peccato secondo che é scritto: “Ecco, io sono stato formato nella iniquità, e la madre mia mi ha concepito nel peccato”,9 ed ancora: “Tutti hanno peccato”,10 perciò anche Maria aveva peccato e non poteva dire, e siamo sicuri che non lo disse e pensò mai, di essere nata senza peccato.11 Il fatto che ella stessa riconobbe che Dio era il suo Salvatore dicendo: “L’anima mia magnifica il Signore, e lo spirito mio esulta in Dio mio Salvatore”,12 dimostra che ella non era nata senza peccato, perché in tale caso non avrebbe chiamato Dio suo Salvatore e non avrebbe avuto bisogno di essere salvata. ‘Ma i teologi romani affermano che anche Maria fu salvata’, dirà qualcuno. Noi rispondiamo: ‘Sì, ma a tale proposito fanno un discorso tutto particolare’. Bartmann dice per esempio: ‘Anche Maria è stata redenta da Cristo, come ogni altro uomo, ma in modo differente da tutti gli altri (...) La sua redenzione consiste nella preservazione e non nella


7Bernardo Bartmann, Manuale di Teologia Dogmatica, vol. II, pag. 168
8Bolla Ineffabilis Deus dell’8 dicembre 1854
9Sal. 51:5
10Rom. 3:23
11E’ da notare che Tommaso d’Aquino, uno dei sommi dottori della chiesa romana (su cui è basata molta della sua teologia), era nettamente contrario all’immacolata concezione. Ecco quanto egli dichiarò: ‘Il corpo della Vergine fu concepito nel peccato originale e perciò contrasse quei difetti’ (Tommaso d’Aquino, La Somma Teologica, III, q.14). (note di accuse protestanti)
12Luca 1:46,47
liberazione dal peccato (redemptio praeservativa, non reparativa)’.13 Ma noi vorremmo domandare a costui: ‘Ma se Maria fu preservata dal peccato ma non liberata da esso come si può affermare che ella fu salvata?’ Dobbiamo riconoscere che i teologi romani hanno fatto ricorso ad ogni specie di sofisma per ingannare le persone!”

I dogmi mariani
Sin dall’antichità la parola greca “dogma” ha indicato, fra l’altro, “decisione”, “decreto”.
Se si pensa che l'uso del Dogma è una invenzione della Chiesa dopo la morte degli Apostoli, allora non si conosce il N.T.
Quando Paolo e Sila giunsero a Salonicco e annunciarono la messianicità di Gesù nella sinagoga della città, alcuni facinorosi li accusarono davanti ai magistrati di aver contravvenuto ai “dogmi” (e cioè ai “decreti”) dell’imperatore romano “affermando che c’è un altro re, Gesù” (At 17,7).
Nella Chiesa antica, a partire dai Concili in difesa delle Verità portate avanti dalla Tradizione, e nel medioevo, la parola dogma veniva usata indifferentemente come sinonimo di esposizione, dottrina, confessione di fede, articolo di fede. Soprattutto a partire dal Concilio Vaticano I (1870), nel linguaggio sia del magistero sia della teologia, il termine “dogma” ha acquistato un significato forte e univoco e che prese vigore proprio a causa del dilagare del protestantesimo che soprattutto nelle sue prime divisioni, cominciava a seminare errori fondamentali della dottrina già rivelata come i Sacramenti specie la Confessione e l'Eucarestia.
Esso indica una dottrina che la chiesa propone di credere come divinamente rivelata sia con un giudizio solenne, sia nel suo magistero ordinario e universale. Si tratta quindi di una indicazione importante su una verità di fede, che esige il nostro incondizionato assenso e la nostra obbedienza cordiale.
I primi “dogmi”, e cioè i primi importanti pronunciamenti magisteriali su questioni di fede, riguardano la verità su Dio Trinità e su Gesù Cristo, insieme alla Theotokos "Madre di Dio". Furono solennemente enunciati nei primi sette Concili Ecumenici, dal Nicea I (325 d.C.) al Nicea II (787 d.C.). Si tratta di dogmi “antiereticali”, perché sono pronunciamenti che rigettano le eresie del tempo. Ad esempio, nel primo Concilio Ecumenico di Nicea si proclama il dogma della divinità di Gesù Cristo, Figlio incarnato “consustanziale” al Padre. Tale verità divina rivelata viene riaffermata solennemente contro il presbitero alessandrino Ario, che la negava. Come possiamo vedere le “testimonianze” di ex preti non ci sono solo ora con l’avvento dei pentecostali, ma sono sempre esistite, fin dai primi secoli del cristianesimo, quindi il fatto che un prete abbandoni la Chiesa cattolica per mettersi in proprio o passare ad altre dottrine non è affatto sinonimo di verità, semmai di ereticità. Quindi le ripetute testimonianze di ex preti, ex suore, ecc., che usano i pastori protestanti nel tentativo di convincere gli ignari ascoltatori o lettori che “loro” sono nella verità, a nulla servono quando si conosce la storia del cristianesimo. I suonatori di piffero non incantano più nessuno con queste testimonianze di ex cattolici. I dogmi venivano sanciti per contrastare nero su bianco le varie eresie che andavano nascendo attraverso i secoli.
In questo contesto antiereticale dei primi Concili Ecumenici, si hanno i primi due “dogmi” mariani, che riguardano la divina maternità di Maria, proclamata solennemente ad Efeso nel 431, e la sua perpetua verginità, riaffermata al Concilio di Costantinopoli II nel 553. Se questi dogmi antichi furono provocati dalle eresie, gli altri due dogmi mariani, più recenti, hanno, invece, carattere “dossologico”. Essi esaltano alcune peculiarità esemplari della straordinaria figura di Maria, la madre di Gesù, la quale è “Immacolata” (1854: Pio IX) e “Assunta” (1950: Pio XII). Vengono anche chiamati “papali”, perché proclamati non da un Concilio, ma dal Papa. ”. A coloro che vanno citando la conversione del re Costantino intorno all’anno 300 d.C. per indicare il conseguente inquinamento e disfacimento della sana dottrina, consiglio di andarsi a leggere le opere dei padri che precedono l’epoca di Costantino, tra i quali Giustino Martire, Ireneo di Lione ecc.. troveranno in esse l’odierna dottrina cattolica, troveranno ad esempio il mistero Eucaristico così come noi cattolici oggi lo viviamo e lo crediamo, troveranno il primato della Chiesa di Roma sulle altre

13Bernardo Bartmann, op. cit., pag. 169
Chiese, e tanti altri altri punti dottrinali che in pratica confermano come sana e vera la dottrina cattolica romana.

Aggiungiamo subito tre precisazioni.
La prima riguarda l’esistenza di altre verità dottrinali mariane, altrettanto importanti e altrettanto riconosciute dal magistero ordinario della Chiesa e celebrate nella preghiera liturgica, che non sono state proclamate solennemente. Si veda, ad esempio, il titolo di Maria “mediatrice” e, come aggiunge il Concilio, “avvocata, socia, ausiliatrice” (cf. Lumen Gentium n. 62).
La seconda precisazione riguarda i contenuti dei dogmi mariani antichi e recenti, che non sono “invenzioni” tardive della Chiesa, ma verità esistenti esplicitamente o implicitamente nella Sacra Scrittura e nella tradizione viva della Chiesa sia orientale sia occidentale. Esse vengono “dogmatizzate”, e cioè solennemente riaffermate in un determinato momento storico, sia per contrastare qualche eresia, sia per magnificare le “grandi cose” che l’Onnipotente ha operato in Maria (cf. Lc 1,49). Si tratta insomma di qualcosa di simile a quanto capita nella scienza. In astronomia, ad esempio, si scoprono continuamente astri nuovi, che ovviamente esistevano già prima di essere individuati da noi. Lo sviluppo scientifico, attraverso potenti telescopi, permette ora di vederli. Così, per i dogmi mariani. Essi esistono già nella coscienza di fede della Chiesa.
Tuttavia, in un determinato momento della storia, urge un loro pronunciamento solenne e autoritativo, perché la comunità ecclesiale è chiamata a rifiutare una interpretazione errata o a prendere maggiormente coscienza di un particolare aspetto del mistero di Maria, come in fondo accadde per la Trinità per la quale non vi fu adorazione specifica per i primi secoli, eppure nessun buon cristiano dubiterebbe della Trinità!
Un terzo e ultimo chiarimento riguarda i due dogmi mariani papali – Immacolata e Assunta – che hanno richiesto una triplice condizione: un diffuso movimento di opinione nella Chiesa; l’impulso del magistero pontificio; l’apporto qualificato dei teologi. Insomma, un Papa non si sveglia una mattina per mettere in giro una voce senza trovare appiglio nella Scrittura, sarebbe solo un folle e la storia specie di quest'ultimo secolo, non ha ancora saputo ribaltare tale riconoscimento anzi, si è rafforzato trovando in questi ultimi anni ampi consensi anche fra i Protestanti grazie alle tante iniziative Ecumeniche.

La vita cristiana, come comunione con Gesù
Essendo verità di fede, i dogmi mariani non perdono mai di attualità. La divina maternità di Maria, ad esempio, fondata sulla Sacra Scrittura e proclamata solennemente ad Efeso, non solo è una dottrina, ma anche una preghiera.
La solennità annuale di Maria, Madre di Dio, che si celebra all’inizio dell’anno solare (1° gennaio), indica nelle preghiere iniziali (le due “collette” a scelta) il significato perenne per noi di questa sua straordinaria vocazione.
Nella prima colletta, si chiede al Padre di sperimentare l’intercessione di Maria, dal momento che per mezzo di lei abbiamo ricevuto l’autore della vita:
"O Dio, che nella verginità feconda di Maria hai donato agli uomini i beni della salvezza eterna, fa’ che sperimentiamo la sua intercessione, poiché per mezzo di lei abbiamo ricevuto l’Autore della vita."
Nella seconda colletta, si prega il Padre che, come Maria fu dimora del Verbo incarnato, così anche la nostra vita sia disponibile ad accogliere i doni celesti:
"Padre buono, che in Maria, vergine e madre, benedetta fra tutte le donne, hai stabilito la dimora del tuo Verbo fatto uomo tra noi, donaci il tuo Spirito, perché tutta la nostra vita nel segno della tua benedizione, si renda disponibile ad accogliere il tuo dono."
In concreto, la pedagogia liturgica ci insegna che, anche noi, come Maria e accompagnati dalla sua
materna ed efficace intercessione, possiamo essere dimora di Gesù, Parola divina e Pane di vita eterna. Il “sì” dell’annunciazione, mediante il quale Maria accolse la Parola di Dio nel suo seno diventando Madre di Gesù, diventa anche il “sì” del battezzato, il quale, accogliendo Gesù, diventa come Maria dimora di Gesù, ostensorio della sua grazia, tabernacolo della sua carità. È la realizzazione della parola stessa di Gesù, che dice:

«Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? Poi stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre» (Mt 12,48-50; cf. Mc 3,35).

Gesù, come ha trasformato l’acqua in vino e il pane nel suo corpo benedetto, così per l’intercessione materna di Maria, madre sua e della Chiesa, trasforma le nostre esistenze terrene in esistenze “trinitarie”, in dimora di Dio Trinità.
Accogliendo infatti Gesù nel nostro cuore, noi accogliamo Dio Trinità:
“Chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato” (Mt 10,40 e paralleli). Le accuse: “Ella è la madre di Dio.
‘Maria é Madre di Dio in senso vero e proprio. - E’ di fede’.14 Maria fu definita madre di Dio dal concilio di Efeso del 431. Il secondo concilio Costantinopolitano ha lanciato il seguente anatema contro coloro che non la ritengono tale: ‘Se qualcuno afferma che la santa gloriosa e sempre vergine Maria solo impropriamente e non secondo verità è madre di Dio (...) e non la ritiene davvero e secondo verità madre di Dio (...) costui sia anatema’.
Questa dottrina è una menzogna perché Dio è il Creatore di tutte le cose mentre Maria era solo una creatura. Certo, ella fu prescelta per dare alla luce il Figlio di Dio, ma tenete sempre presente che la Parola che é stata fatta carne era con Dio e Dio avanti che Dio creasse tutte le cose, quindi anche prima che Maria fosse concepita nel seno di sua madre; e che il Figlio di Dio coeterno con il Padre nascesse da Maria secondo la carne perché egli era l’Unigenito che era presso il Padre avanti la fondazione del mondo; ed infine che siccome che per mezzo della Parola è stata fatta ogni cosa e “senza di lei neppure una delle cose fatte è stata fatta”,15 di conseguenza anche Maria come tutte le altre creature fu fatta per mezzo della Parola e perciò non può essere definita ‘madre di Dio’ ma deve essere chiamata solo la madre di Gesù. Voler difendere la divinità di Cristo dicendo che Maria é la madre di Dio (come fece il concilio di Efeso) é un errore perché fa apparire quell’umile ancella del Signore che era Maria niente di meno che la madre del Creatore! La Scrittura, che é ispirata da Dio, definisce Maria la madre di Gesù; perciò, considerando che coloro che l’hanno chiamata così parlarono sospinti dallo Spirito Santo e credevano che Gesù Cristo era Dio perché in lui si compiacque il Padre di fare abitare tutta la pienezza, nessuno ha il diritto di chiamare Maria madre di Dio. I teologi della chiesa romana prendono le seguenti parole che Elisabetta, ripiena di Spirito, rivolse a Maria: “Come mai m’è dato che la madre del mio Signore venga da me?”,16 per sostenere che hanno il diritto di chiamarla ‘madre di Dio’. Non é affatto così come essi dicono, e questo perché Cristo Gesù é il nostro Signore ma non é il nostro Padre celeste, infatti noi quando ci rivolgiamo a Cristo sia nei canti che nell’adorazione non lo chiamiamo Padre, ma bensì Signore. Questo era anche il comportamento degli apostoli infatti Paolo ai Corinzi dice: “Per noi c’é un Dio solo, il Padre, dal quale sono tutte le cose, e noi per la gloria sua, e un solo Signore, Gesù Cristo, mediante il quale sono tutte le cose, e mediante il quale siamo noi”;17 ed ai Filippesi dice: “Ed é perciò che Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che é al disopra d’ogni nome, affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra e sotto la terra, e ogni lingua

14Bernardo Bartmann, op. cit., pag. 157
15Giov. 1:3
16Luca 1:43
171 Cor. 8:6
confessi che Gesù Cristo é il Signore, alla gloria di Dio Padre”.18 Come potete vedere l’apostolo confessava con la sua bocca che Cristo é il Signore e non il nostro Padre celeste”

Il dogma della maternità divina di Maria ha quindi un carattere di fondazione della spiritualità cristiana con la conseguente catechesi alla scuola di Maria. La spiritualità cristiana è vita di grazia in comunione con Gesù nella carità dello Spirito Santo in obbedienza al Padre, e Maria è stata la prima a vivere questa esperienza diventando per noi maestra di spiritualità. Conseguentemente, vivere integralmente la vita di grazia implica anche essere guidati e sostenuti dall’intercessione materna di Maria. Del resto siamo così propensi ad accogliere quanto i pastori ci predicano che diventa veramente incosciente dubitare che la Madre di Colui che è il Maestro per eccellenza non sia capace di istruire tutti i figli Redenti dal suo Figlio. Se pensiamo poi a quanti giovani cadono nelle sètte soltanto perché si affidano a sedicenti pastori, diventa allora più urgente riscoprire il corretto ruolo di Maria e di affidarsi a Lei per non lasciarsi portare su strade contorte: chi segue Maria è impossibile che non giunge al Figlio!
(dogmi mariani cf Angelo Amato SDB)

Il Vaticano II, inoltre, presenta Maria non soltanto come la "madre del Redentore", ma quale "compagna generosa del tutto eccezionale", che coopera "in modo tutto speciale all'opera del Salvatore, con l'obbedienza, la fede, la speranza e l'ardente carità". Ricorda, altresì, che frutto sublime di questa cooperazione è la maternità universale: "Per questo diventò per noi madre nell'ordine della grazia" (LG, 61).
Alla Vergine Santa possiamo dunque rivolgerci con fiducia, implorandone l'aiuto nella consapevolezza del ruolo singolare a Lei affidato da Dio, il ruolo di cooperatrice della Redenzione, da Lei esercitato in tutta la vita e, in particolar modo, ai piedi della Croce.

La Vergine Madre nel progetto salvifico di Dio:
Come nella storia della caduta vi fu la partecipazione della prima Eva, nella restaurazione vi è la partecipazione della Nuova Eva. Il Cristo riprende Adamo, la croce l’albero della caduta, Maria riprende Eva. Il Verbo incarnandosi ricapitola in sé tutti gli uomini e si costituisce nuovo Adamo. Come il primo, così anche il secondo deve nascere da "Terra vergine": Maria generandolo senza altro concorso umano, trasmette tutta la natura umana a Cristo perché sia il nuovo Adamo. Accanto al rapporto Adamo – Cristo, Ireneo sviluppa quello tra Eva – Maria. Accogliendo la salvezza e la vita, Maria diviene necessaria alla salvezza, causa di salvezza con la sua ubbidienza, mentre Eva, con la sua disobbedienza aveva causato la morte. E’ Maria che scioglie i nodi della disobbedienza di Eva portando la vita. La presenza di Maria è una presenza costante perché la presenza del Verbo trascende il momento storico e riempie della sua potenza salvatrice tutti i tempi come ha generato Cristo, Maria genera anche le membra di Lui alla vita. Per Ireneo Maria è immanente al mistero che salva e il suo grembo materno è fonte di rigenerazione degli uomini in Dio.
Dio avrebbe potuti salvare l’umanità senza che facesse incarnare il Figlio, ma nella Sua infinità giustizia, ha preferito operare con precisione e imparzialità.
Satana sommo male, si servì della donna per adescare l’uomo, e portarlo al peccato, Dio sommo bene si servì della donna per portare l’uomo alla vita, alla salvezza.
Eva dette il suo sì a Satana, Maria dette il suo sì a Dio. Eva fu veicolo di morte, Maria fu veicolo di vita. L’albero simboleggia la croce, simbolo della vita.
L’albero è pure simbolo della vita primordiale, la croce simbolo della vita riscattata a caro prezzo da Cristo.
Adamo responsabile del peccato, Cristo responsabile della salvezza.
Adamo ed Eva nacquero da terra vergine, Gesù nacque da un corpo vergine, vergine era Eva quando ricevette la proposta del demonio vergine è Maria con il suo sì all’angelo, Eva partorì nel

18Fil. 2:9-11
dolore, Maria nella gioia, la prima perdette la sua verginità la seconda rimase immacolata per sempre.
Terra vergine: non irrigata dalla pioggia né lavorata da mano d’uomo come era quella del paradiso terrestre, raffigura, secondo Ireneo, Maria che senza intervento umano plasma il corpo di Cristo.

Abbiamo visto come anche l’archeologia ci aiuta a capire come rispettavano e consideravano Maria, le prime comunità cristiane.
Le catacombe sono aree cimiteriali dove tuttavia hanno luogo alcune manifestazioni tipiche del culto cristiano quali il culto dei morti in prospettiva escatologica e il culto dei martiri. Ecco alcune tipiche raffigurazioni della Madre di Dio:

Adorazione dei magi: si trova nell’arco centrale della "Cappella greca" delle catacombe di Priscilla e risale intorno all’ottavo decennio del II secolo: la vergine appare in un atteggiamento maestoso, assisa in cattedra, nell’atto di presentare il figlio all’adorazione dei magi;

La vergine con bambino: situata in uno dei più antichi nuclei della stessa catacomba e databile al primo decennio del III secolo. La Vergine è raffigurata con il bambino in braccio e alla sua destra c’è un profeta che addita una stella che brilla sul capo del divino infante; poco distante è raffigurato il Buon Pastore. Il giovane può essere il profeta Balaam [una stella spunterà da Giacobbe] o il profeta Isaia [La vergine concepirà..]

Quindi le immagini raffiguranti Maria non sono invenzioni recenti (o non molto antiche), ma affondano le radici nei primissimi anni del cristianesimo.
L’immagine della vergine col bambino, non vuole mettere Maria, in primo piano rispetto a Gesù, non vuole annichilirlo, ma vuole soltanto mostrarne la tenera maternità.
E’ importante spesso (o sempre) controllare la fede dei nostri padri, per trovare riscontri, o per chiarire definitivamente eventuali residui di dubbi. In questo caso vi propongo un brano scritto dal grande papa Giovanni Paolo II.

Leggiamo a proposito del titolo “Maria madre di Dio” cosa ne pensavano i primi cristiani: dalla II lettera di Cirillo a Nestorio, inserita negli atti del Concilio di Efeso.
confesseremo un solo Cristo un solo Signore; non adoreremo l'uomo e il Verbo insieme, col
pericolo di introdurre una parvenza di divisione dicendo insieme, ma adoriamo un unico e medesimo (Cristo), perché il suo corpo non è estraneo al Verbo, quel corpo con cui siede vicino al Padre; e non sono certo due Figli a sedere col Padre ma uno, con la propria carne, nella sua unità. Se noi rigettiamo l'unità di persona, perché impossibile o indegna (del Verbo) arriviamo a dire che vi sono due Figli: è necessario, infatti definire bene ogni cosa, e dire da una parte che l'uomo è stato onorato col titolo di figlio (di Dio), e che, d'altra parte il Verbo di Dio ha il nome e la realtà della filiazione. Non dobbiamo perciò dividere in due figli l'unico Signore Gesù Cristo. E ciò non gioverebbe in alcun modo alla fede ancorché alcuni parlino di unione delle persone: poiché non dice la Scrittura che il Verbo di Dio sì è unita la persona di un uomo ma che si fece carne (5). Ora che il Verbo si sia fatto carne non è altro se non che è divenuto partecipe, come noi, della carne e del sangue (6): fece proprio il nostro corpo, e fu generato come un uomo da una donna, senza perdere la sua divinità o l'essere nato dal Padre, ma rimanendo, anche nell'assunzione della carne, quello che era.
Questo afferma dovunque la fede ortodossa, questo troviamo presso i santi padri. Perciò essi non dubitarono di chiamare la santa Vergine madre di Dio, non certo, perché la natura del Verbo o la sua divinità avesse avuto l’origine del suo essere dalla santa Vergine, ma perché nacque da essa il
santo corpo dotato di anima razionale, a cui è unito sostanzialmente, si dice che il Verbo è nato secondo la carne.
Scrivo queste cose anche ora spinto dall'amore di Cristo esortandoti come un fratello, scongiurandoti, al cospetto di Dio e dei suoi angeli eletti, di voler credere e insegnare con noi queste verità, perché sia salva la pace delle chiese, e rimanga indissolubile il vincolo della concordia e dell’amore tra i sacerdoti di Dio.”
Maria, come abbiamo visto non comincia ad essere "Madre di Dio" nel concilio di Efeso del 431, così come Gesù non comincia ad essere "Dio" nel concilio di Nicea del 325 che lo definì tale.
Lo erano anche prima.
Quello è stato il momento in cui la Chiesa, nello svilupparsi ed esplicitarsi della sua fede, sotto la spinta dell’eresia, prende piena coscienza di questa verità e prende posizione a suo riguardo.
In questo processo che porta alla proclamazione di Maria come Theotokos, si possono distinguere tre grandi tappe: Epoca agnostica: la maternità "fisica" di Maria; Epoca delle controversie cristologiche: la maternità "metafisica" di Maria; l’apporto dell’Occidente: la maternità "spirituale" di Maria.
Spesso diversi fratelli protestanti si avventurano in traduzioni dal greco, nel tentativo di voler negare lo speciale ed unico ruolo di Maria nella storia della salvezza.


PIENA DI GRAZIA O FAVORITA DALLA GRAZIA?
“Il senso della parola greca "kecharitomene" è stato VOLONTARIAMENTE MALTRADOTTO da alcuni protestanti, in quanto significa letteralmente "ricolmata, riempita di Grazia" e questo è oggettivo al 100% chiunque può informarsi in merito a questo e verificare che ho ragione.
Il problema semmai, è che purtroppo, quasi nessuno dei fratelli pentecostali andrà a controllare nei vocabolari di greco.

Kecharitomene (tradotto "piena di grazia" nella CEI, cattolica, e "favorita" nella NRV, protestante) é participio perfetto passivo femminile singolare del verbo charitoo.

Il verbo charito'o al passivo (come nel nostro caso), come attestato dal
piu' autorevole dizionario in assoluto per il greco antico e cioé l'editio maior del Liddell-Scott-Jones Lexicon of Classical Greek ha due significati che sono da considerarsi pressoché equivalenti, sinonimici, e cioè

1) come passivo di "mostrar grazia" e 2) "essere altamente favorita".

Non è vero che il testo greco si traduce letteralmente con "favorita dalla grazia". Il testo dice esplicitamente "kekaritomène" che tradotto, questa volta sì, letteralmente significa " arricchita di grazia" oppure "riempita di grazia". Il tempo usato in greco (passivo perfetto) indica un'azione cominciata nel passato e che prosegue tutt'ora. Volendo dare lo stesso senso in italiano dovremmo dire: "nel passato sei stata riempita dalla grazia e continui ad esserlo anche adesso". Ovviamente questo passaggio non ci dice QUANDO Maria è stata resa "piena di grazia" ma ci conferma che questo è successo PRIMA dell' annunciazione da parte dell 'Angelo e quindi PRIMA del concepimento di Gesù.
Stefano è detto "pieno di grazia" nella traduzione in italiano di At 6,8 ma il testo greco che, non dimentichiamolo, è scritto sempre da Luca, non usa "kekaritomène" bensì "plères charitos". In italiano la differenza non si nota ma leggendo il testo in greco la differenza si nota, eccome.
Anche questo non è vero. In realtà il nome di Maria non è stato cambiato, dato che lei continua ad essere chiamata sempre Maria. Semplicemente lei è stata chiamata in questo modo dall' Angelo come se fosse un titolo o un nome aggiunto per meglio identificarla. Questo non sarebbe stato messo in evidenza se non avesse avuto un significato particolare. Nella mentalità semitica (e quindi nella Bibbia) i nomi hanno un significato simbolico e descrittivo molto importante. Per capire meglio il senso di questo "titolo" bisogna tenere presente che la "grazia" è in antitesi al "peccato" e lo sovrasta ( cfr fra gli altri. Rm 5,20-21)

A questo punto dobbiamo fare una serie di considerazioni:

Il termine "grazia" traduce l'equivalente greco "karis" ed è il genere di appellativo usato dall' Angelo in Lc 1,28 per descrivere lo stato di Maria, cioè "kekaritomene".

Da questo possiamo desumere che:

a) La grazia ci salva
b) La grazia ci rende santi e giusti e pertanto senza peccato
Quindi una persona "piena di grazia" è contemporaneamente salvata e completamente santa. Da quest'affermazione noi desumiamo inoltre.
a) Essere pieni di grazia ( che è quella che salva) significa essere sicuramente salvati
b) Essere pieni di grazia ( che ci rende santi e giusti e senza peccato) significa essere completamente svuotati dal peccato
Tutte queste affermazioni derivano dalla Bibbia, naturalmente. Fatta questa premessa possiamo dire che:

a) La Bibbia insegna che siamo salvati dalla grazia di Dio
b) La Bibbia insegna che noi abbiamo bisogno della grazia di Dio per vivere una vita santa e senza peccato
c) Chi è pieno di grazia è salvato
d) Maria (la "piena di grazia") è salvata
e) Quindi Maria è santa ed è senza peccato
f) Dal termine "kekaritomène" sappiamo che la sua santità e la sua salvezza sono precedenti all' Annunciazione.
Concludiamo dicendo semplicemente che la traduzione "Altamente favorita" non è conforme al testo greco e che "piena di grazia" non rende ancora l'idea, molto più profonda, dello stato di grazia di Maria.
Dalla traduzione di Luca 1,28 dove le Bibbie cattoliche continuano a rendere κεχαριτωμένη con "piena di grazia", mentre le Bibbie acattoliche preferiscono tradurre "favorita dalla grazia", "colmata di grazia", “favorita” o “molto favorita”. Di fatto, la Revised Standard Version cattolica (1966) ha reintrodotto, in chiara polemica con i protestanti, il tradizionale “full of grace”, mentre la New American Bible (1970), versione ufficiale dei cattolici americani, ha sostituito il “full of grace” della Douay Reims (1610) con “favored one”, addolorando così non pochi cristiani e seguendo, come in altri punti (vedansi ad esempio Romani 9,5 e Tito 2,13), il triste esempio della King James (1611). Non intendiamo evidentemente entrare in polemica con i fratelli protestanti né tanto meno con la conferenza episcopale statunitense. Prendiamo, invece, atto del fatto che oggi molti cattolici ed ortodossi sono perplessi non tanto verso traduzioni antiche, grammaticalmente accreditate e letteralmente accettabili, come:

“o tu cui grazia è stata fatta” (Diodati 1607, 1641, 1825);

“favorita dalla grazia” (Riveduta, Nuova Riveduta);
“colmata di grazia” (Traduzione Interconfessionale in Lingua Corrente) ma verso versioni come:
“favorita” (Young Literal Translation, Darby inglese, Revised Standard Version, New Revised Standard Version, New American Standard Bible, New American Bible) o

“molto favorita” (Nuova Diodati, King James, American Standard Version, New King James, New International Version, New World Translation),

visto e considerato che l’espressione “favorita” fu (ed è tuttora) spesso usata per identificare donne di dubbia virtù o di perduta fama.

Di fatto, traducendo "kekaritomene" con "favorita", si rischia di presentare l'amore di Dio verso Maria come un evento fugace, effimero ed ambiguo: le favorite dei re e dei potenti erano (e sono) personaggi soggetti ad un continuo ricambio e ad eterni capricci. Tradurre "kekaritomene" con "favorita dalla grazia" (come fecero il Diodati ed il Luzzi) o "colmata di grazia" (come fa la TILC) rappresenta una posizione più equilibrata, che enfatizza l'immensità della grazia di Dio verso l'umanità. Il "gratia plena" di Gerolamo sembra però confermare a Maria (e all'umanità) la stabilità, la forza e la pienezza di un amore che ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna (Giovanni 3,16).

La bellezza della traduzione di Gerolamo è pertanto evidente e sembra andare oltre le riserve verso la devozione mariana espresse dagli evangelici, i dogmi di fede elaborati dai cattolici e dagli ortodossi e le dotte dispute di tutti coloro che vorrebbero far dire al testo biblico ciò che esso esplicitamente non dice.

Κεχαριτωμένη è il participio perfetto passivo (vocativo, femminile e singolare) del verbo χαριτοω che vuol dire "concedere grazia, colmare di grazia, rendere aggraziato, affascinante, bello, piacevole, esaminare con grazia, circondare di favore, onorare con benedizioni, favorire, gratificare". Il prefisso Κε indica che il verbo è al tempo perfetto, mentre il suffisso μένη mostra che il verbo è usato in forma di participio passivo. La traduzione cattolica "piena di grazia" risale al "gratia plena" di Gerolamo, che nella Vulgata non intese certo rendere attivo un participio perfetto passivo ma si limitò a cogliere qualche sfumatura sostantivata e forse pure aggettivale nel participio perfetto passivo (colmata di grazia, piena di grazia, dotata di grazia, leggiadra, graziosissima, bellissima, prediletta, graziatissima, oggetto della grazia divina, onorata dalla grazia, benedetta dal favore divino, guardata con grazia, resa splendida dalla grazia, favorita dalla grazia, circondata dalla divina grazia).

Secondo molti studiosi, il perfetto, che nel greco classico avrebbe quasi sempre valore "stativo" e "puntuale", nel greco koiné e nel Nuovo Testamento tenderebbe ad assumere valenza "resultativa e durativa". La stessa cosa sembra essere valida pure per i participi perfetti passivi che, nella cosiddetta “forma perifrastica”, tendono a sostituire il perfetto, soprattutto nelle Scritture Greche Cristiane. Di fatto, nel greco koiné il perfetto e la forma perifrastica “estin + participio perfetto passivo” sono spesso sostanzialmente equivalenti. Nel Nuovo Testamento esistono poi casi in cui il tempo perfetto, il participio passivo perfetto preceduto da “estin” ed il participio perfetto passivo usato da solo hanno valenza simile ed uso praticamente accomunabile. Evidentemente il participio perfetto passivo, quando è usato da solo, rivela sia sfumature sostantivate o attributive che valenza verbale (essendo “estin” spesso sottointeso).
Coloro che traducono “kekeritomene” con “favorita” sostengono che “kekaritomene” sia un participio sostantivato totalmente privo di pienezza, durata e stabilità. Il ragionamento si basa sul fatto che il verbo della frase, detta a Maria dall’Angelo Gabriele, sarebbe l’imperativo “chaire” cioè “rallegrati”. Molti pensano invece che il participio perfetto passivo “kekaritomene” sia comunque una forma verbale e non un sostantivo vero e proprio. Nel Nuovo Testamento, nei Padri Apostolici e negli Apologeti Greci non mancano, infatti, esempi di participi perfetti passivi usati in forma perifrastica e numerose sono le forme perifrastiche in cui il verbo essere è chiaramente sottointeso. Il fatto poi che “chaire”, possa esser piuttosto un saluto che un vero e proprio imperativo (come intuì bene Girolamo quando tradusse “chaire” con “Ave”), permette di ipotizzare che “kekaritomene” conservi qui un elevata valenza verbale. Anche se non tutti condividono l'ipotesi secondo cui "kekaritomene" corrisponderebbe alla forma perifrastica "estin kekaritomene", è forse il caso di notare come, all'interno dello stesso versetto, il verbo "essere" sia sottointeso almeno un'altra volta. Luca 1,28 suona, infatti, come:

“Χαιρε κεκαριτωμενη ο κυριος μετα σου” “Kaire kekaritomene o Kurios meta sou”
"Ti saluto [sei stata] colmata di grazia, il Signore [è] con te."

Su influenza di Luca 1,42, in alcuni manoscritti (Textus Receptus compreso), il saluto dell'Angelo Gabriele prosegue poi con:

“ευλογημενη συ εν γυναιξιν” "Eulogemene su en gunaiksin"
"Benedetta [sei o sei stata] tu tra le donne",

dove troviamo ευλογημενη (eulogemene), participio passivo perfetto nominativo singolare e femminile (come kekaritomene), con tanto di verbo "essere" sottointeso.

Il fatto che tutto il brano lucano ometta la copula conferisce al saluto angelico carattere breve, conciso, solenne, esclamativo ed enfatico . Il gratia plena di Gerolamo potrebbe pertanto rendere con accurata precisione l'idea che la grazia di cui Maria è stata colmata sia piena, stabile, completa e duratura . Volendo pertanto tradurre letteralmente in italiano il "kekaritomene" greco si dovrebbe dire "tu che sei stata, che sei e che rimani stabilmente colmata dalla grazia divina". Papa Giovanni Paolo II ha giustamente osservato che "Per rendere con più esattezza la sfumatura del termine greco, non si dovrebbe quindi dire semplicemente "piena di grazia", bensì "resa piena di grazia" oppure "colmata di grazia", il che indicherebbe chiaramente che si tratta di un dono fatto da Dio alla Vergine. Il termine, nella forma di participio perfetto, accredita l'immagine di una grazia perfetta e duratura che implica pienezza. Lo stesso verbo, nel significato di "dotare di grazia", è adoperato nella Lettera agli Efesini per indicare l'abbondanza di grazia, concessa a noi dal Padre nel suo Figlio diletto (Efesini 1,6)". Un autorevole pastore della chiesa cattolica ha anche recentemente sottolineato come "Nel Libro dell’Esodo leggiamo che anche Dio è “pieno di grazia” (Esodo 34,6), ma mentre Dio lo è in senso attivo, come colui che riempie di grazia, Maria lo è in senso recettivo come Colei che è stata riempita di grazia e per questo è diventata icona sublime della divina grazia.

Il “gratia plena” della Vulgata sembra peraltro condiviso dalle versioni Vetus Latina, Syriaca Peshitta, Arabica, Egiziana ed Etiopica, dai padri greci Giovanni Damasceno, Giovanni Crisostomo, Teodoto di Ancira ed Efrem Siro e da larga parte delle Chiese Greco Ortodosse tuttoggi esistenti.
Inoltre:



la Wyclif's Version [1380] ha "full of grace";

la Tyndale's Version [1534] ha "full of grace";

la Cranmer's Version [1539] ha "full of grace";

la Geneva Bible [1599] ha in nota a margine “might be rendered full of favour and grace”,

la Douay Reims [1610] ha "full of grace";

l’Authorized Version or KJV [1611] ha in nota a margine "much graced or graciously accepted";

la Revised Version [1881], l’American Standard Version [1901] e la Scofield Edition [1909, 1914] hanno in nota a margine “Or Endowed with Grace”.

la versione francese di David Martin [1707] ha "(ô toi qui es) reçue en grâce";

la versione francese di Jean-Frédéric Ostervald [1744] ha " toi qui as été reçue en grâce";

la versione francese di Louis Segond [1880] ha “toi à qui une grâce a été faite”;

la versione francese del Darby [1910] ha “toi que Dieu fait jouir de sa faveur”;

la New American Standard Bible [1971, 1977] in nota riporta "Or, O woman richly blessed".

la English Peshitta Translation di Etheridge [1849] ha "Peace to thee, full of grace"

la English Peshitta Translation di Murdock [1852] ha "Peace to thee, thou full of grace"

la English Peshitta Translation di Lamsa [1933] ha "Peace to you, o full of grace"

la English Peshitta Translation di Younan [2000] ha "Peace to you, full of grace"



A conferma di questo è forse il caso di osservare che κεχαριτωμένω, corrispondente maschile di κεχαριτωμένη, si trova solo un'altra volta nella Bibbia (Siracide 18,17) e nella Vulgata fu tradotto da Gerolamo con “iustificato”, senza introdurre alcuna sfumatura attiva . Il termine Κεχαριτωμένον è comunque piuttosto raro e, oltre che dal libro del Siracide, fu anche impiegato da Simmaco per tradurre il termine ebraico ברר (barar) cioè "puro" (Salmo 18,26).. Nei Padri della Chiesa troviamo poi κεχαριτωμένον, corrispondente neutro di κεχαριτωμένη, usato per lo Spirito Santo che “ci fu donato per grazia” o che è "pieno di grazia" (Clemente Alessandrino, Stromata, I, 1, 14).
Chiarito che grazia e favore vengono sempre e solo da Dio (1 Pietro 5:10) e ci rendono a lui graditi (Efesini 1,6), la traduzione "piena di grazia" nel senso di "graziosissima, prediletta e da sempre piena della grazia divina" ci sembra senza dubbio corretta, accurata ed applicabile a Maria da tutti i cristiani, visto e considerato che non solo Gesù (Giovanni 1,14) ma anche il diacono Stefano (Atti 6,8) fu chiaramente detto πλήρης χάριτος cioè “pieno di grazia”. La pienezza di grazia di Maria è evidentemente diversa da quella di Gesù e da quella di Stefano; il titolo di “piena di grazia” è comunque più che legittimo, come più che legittimo era il titolo di “Figlio di Dio” applicato a Cristo, visto che perfino i giudici ebrei erano chiamati “dei” dalla Scrittura (Salmo 82,6 eGiovanni10,34).

L’opposizione mostrata da alcuni acattolici verso la traduzione “piena di grazia” sembra pertanto legata più a pregiudizi teologici (timore che Luca 1,28 possa essere citato per sostenere la devozione mariana, l’invocazione della Madonna ed il dogma dell’Immacolata Concezione) che a ragioni logiche, linguistiche, grammaticali ed estetiche (Cantico dei Cantici 4,7). Sicuramente molti cattolici hanno, in passato, fatto ampio ricorso alla traduzione di Gerolamo per provare il dogma dell'Immacolata Concezione, non riuscendo a dimostrare nulla e rendendosi così odiosi a tutto il protestantesimo. Di fatto, il gratia plena di Gerolamo spinse molti cattolici del passato sulla strada di deduzioni filosofiche e teologiche piuttosto che verso analisi propriamente esegetiche (vedasi ad esempio, Tommaso d'Aquino, Summa Teologica, III, 27). La pienezza di grazia di Maria diventò così più una grazia santificante da dispensare che l'originale benevolenza divina di cui fu oggetto. Oggi nessun cattolico ragionevole si oppone a traduzioni del tipo "Esulta, o privilegiata dalla grazia" o "Rallegrati, o tu che sei stata colmata di grazia". Insistere su termini come "favorita" o "molto favorita" sembra però una scelta volutamente volgare, lessicalmente ambigua e stilisticamente criticabile. Invero, il "gratia plena " non ha alcun valore teologico ed i dogmi della Chiesa Cattolica sono basati su ben altri fondamenti logici, filosofici e teologici. Si consideri poi che le "favorite" dei potenti erano tali per bellezza, intelligenza o cultura, mentre Maria è "colmata di grazia" perché ha "trovato grazia presso Dio" (Luca 1,30). Paradossalmente, è sulla traduzione "favorita" che si potrebbero ipotizzare precedenti meriti di Maria, mentre il "piena di grazia" di Gerolamo, il "o tu cui grazia è stata fatta" di Diodati ed il "favorita dalla grazia"di Luzzi permettono solo di dimostrare "l'umiltà della serva del Signore" (Luca 1,48).

Dalle Sacre Scritture risulta poi che pieni di Spirito Santo furono Giovanni il battista (Luca 1,15), Maria (Luca 1,35), Zaccaria (Luca 1,67), Gesù Cristo (Luca 4,1), Pietro (Atti 4,8), Stefano (Atti 7,55), Barnaba (Atti 11,24), Paolo (Atti 13,9). La pienezza di grazia di Maria è pertanto più che legittima, in quanto legata alla particolare pienezza di Spirito Santo di cui fu colmata. Alla madre di Gesù l’angelo Gabriele disse infatti: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo” (Luca 1,35).

Tutti coloro che provano un’istintiva avversione nei confronti della devozione cattolica verso Maria citano spesso la Bibbia laddove è scritto: “Lo stolto pensa: Dio non esiste. Sono corrotti, fanno cose abominevoli, nessuno fa il bene. Dio dal cielo si china sui figli dell'uomo per vedere se c'è un uomo saggio che cerca Dio. Tutti hanno traviato, tutti sono corrotti; nessuno fa il bene; neppure uno” (Salmo 53,2-4) oppure “Non c’è nessun giusto, nemmeno uno” (Romani 3,10). Se si vuole sostenere che la giustizia degli uomini non deriva da particolari opere meritorie o dall’osservanza di particolari precetti (Romani 3,19; Galati 3,11), ma dalla fede in Dio Padre ed in Cristo Gesù, nostro Signore e Salvatore (Romani 1,17; Romani 3,28; Galati 2,16) non c'è nulla da eccepire. Se, invece, si vuole affermare che Maria non condusse un'esistenza giusta e pura dal peccato, occorre ricordare che per fede e per opere (Giacomo 2,26), cioè attraverso una fede operante attraverso l'amore (Galati 5,6), oltre a Maria, vennero considerati giusti molti uomini del tempo antico, come Noé, uomo giusto ed integro (Genesi 6,9 e 7,1), Abramo che ebbe fede in Dio e ciò gli fu accreditato come giustizia (Romani 4,3), il giusto Lot (2 Pietro 2,7), Tobia, uomo giusto e largo di
elemosine (Tobia 7,6-9,6), Abele (Matteo 23,35), Giovanni Battista, giusto e santo (Marco 6,20), Simeone, uomo giusto e timorato di Dio (Luca 2,25), Zaccaria ed Elisabetta, giusti davanti a Dio (Luca 1,6), Giuseppe d'Arimatea, persona buona e giusta (Luca 23,50) ed il centurione Cornelio, uomo giusto e timorato di Dio (Atti 10,22).

Maria resterebbe "giusta e piena di grazia" anche se, unita dal sacro vincolo del matrimonio, avesse generato figli e figlie con Giuseppe, suo legittimo sposo. La "pienezza di grazia" sembra infatti prescindere da tutte le critiche portate avanti dalla Riforma Protestante e da tutti i dogmi elaborati dalla Chiesa Cattolica. Coloro che affermano che Maria avrebbe avuto altri figli, oltre a Gesù, citano alcuni passi del Vangelo (ad esempio Matteo 13,55 e Marco 6,3) dove si fa riferimento a quattro fratelli del Signore, chiamati Giacomo, Giuseppe (o Ioses), Giuda e Simeone (o Simone). I cattolici hanno sempre rigettato la possibilità che Cristo possa aver avuto dei fratelli carnali, sostenendo come il termine “fratelli”, in aramaico, assuma significato molto ampio, comprendendo anche il significato di “cugini”. La critica protestante e razionalista ha però sempre obiettato che nella lingua greca il termine “fratello” è “adelphos”, mentre il termine “cugino” è “anepsios”, come bene sapevano alcuni autori del Nuovo Testamento (in Colossesi 4,10 Marco è detto chiaramente cugino di Barnaba). Dal punto di vista linguistico la discussione è però giunta ad un punto morto, visto che gli apostoli pensavano in aramaico e scrivevano in greco, risentendo fortemente sia dell’influsso della lingua madre che dell’influenza della cultura greco-romana. Prima di accettare in modo acritico le tesi acattoliche, pensiamo che potrebbe essere di qualche utilità considerare alcune testimonianze risalenti ai primi secoli dell’era volgare. È infatti verosimile pensare che Giacomo e Giuseppe (o Ioses) fossero figli di Maria, sorella della Madre di Cristo, come sembra emergere da alcune fonti attendibili (Matteo 27,56; Marco 15,40; Giovanni 19,25 e da Girolamo, Gli Uomini Illustri, II). Simeone (o Simone) potrebbe essere invece figlio di Cleofa, fratello di Giuseppe, il padre putativo di Gesù, come sembra affermato dalle autorevoli testimonianze degli storici Egesippo ed Eusebio (Eusebio, Storia Ecclesiastica, III, 11 e IV, 22). Fratello carnale di Gesù potrebbe, invece, essere soltanto Giuda, possibile figlio di Giuseppe, il padre putativo di Gesù, come sembra emergere dalla Storia Ecclesiastica di Eusebio (Eusebio, Storia Ecclesiastica, III, 19-
20. Ma dei presunti fratelli e sorelle di Gesù ne parleremo più approfonditamente nell’apposito capitolo.





Concludendo con il termine piena di grazia, aggiungiamo:

"Highly favoured" (kecharitomene): Perfect passive participle of charitoo and means endowed with grace ("charis"), enriched with grace as in Ephesians. 1:6, non ut mater gratiae, sed ut filia gratiae. The Vulgate gratiae plena is right, if it means 'full of grace which thou hast received'; wrong, if it means 'full of grace which thou hast to bestow'. A. T. Robertson, Word Pictures in the New Testament, Nashville, 1930, vol. II, pag. 13. Evidentemente le considerazioni del Robertson sono corrette se riferite al giorno dell’Annunciazione. Di fronte all’Arcangelo Gabriele, Maria fu “figlia della grazia”, cioè figlia dell’immenso amore divino che a lei si rivolse. Dopo aver dato alla luce il Salvatore, Maria divenne però anche “madre della grazia”, cioè madre del nostro Signore Gesù Cristo.

Molti participi passati, anche nella lingua italiana, hanno perso larga parte della funzione verbale primitiva per assumere ruolo di aggettivo o di sostantivo, conservando ben poco dell’originale sfumatura attiva o passiva (si pensi, ad esempio, a termini come uscita, entrata, vista, visto, udito, gelato, bandito, invitato, messo, eletto, fatto, accaduto, successo, prefisso, evaso, esatto, giusto,
amata, favorita, ….). A seconda del verbo reggente, del contesto grammaticale e delle circostanze, alcuni di essi hanno solo valore sostantivato, mentre per altri non si può escludere un certo carattere verbale con qualche sfumatura “resultativa” e "durativa”. Di fatto, nella lingua italiana, alcuni participi hanno totalmente perso ogni sfumatura verbale (si pensi a termini come vestito, bandito, contenuto, docente, cantante, recipiente, …), mentre altri participi sembrano ancora sottointendere il verbo essere o qualche altro verbo. Il “vestito” è tale perché veste le persone e non perché è stato vestito e cucito addosso ad esse. Il “bandito” è tale perché viola la legge e non perché è stato bandito (come in passato) dalla società. Un caso intermedio è quello del “convertito” che può aver fatto un autonomo cammino di fede o può essere stato convertito da altri. Participi passati come “amata”, "favorita", “inviato” o “impiccato”, quando non vengano usati in senso riflessivo ed autoreferenziale, sembrano invece sottointendere ancora il verbo essere (chi è stata amata, favorita, chi è stato inviato o impiccato). La permanenza di qualche sfumatura verbale durativa e resultativa sembra pertanto essere qui possibile, logica e legittima. Il termine "gelato" ha un'evidente valenza puntuale: dopo pochi minuti ciò che è stato gelato si scioglie, mentre il termine "ammazzato" ha una evidente valenza resultativa e durativa: il morto non riprende vita. Il termine "amata" ha invece una valenza non sempre chiara: "colei che è stata amata" può essere stata amata per un istante, per un certo tempo oppure in eterno.

Nel saluto angelico, "kekaritomene" è probabilmente un participio attributivo che tuttavia conserva elevata valenza verbale, essendo la copula verosimilmente omessa (sulla possibilità che Luca 1,28 sia una "incomplete structure" con probabile mancanza del verbo essere vedasi, ad esempio, Winer, A Treatise on the Grammar of New Testament Greek, 1870, pag. 732). Di fatto, nel greco antico come in molte altre lingue, il participio è un modo verbale molto vicino all'aggettivo e al sostantivo. Deve il suo nome proprio al fatto che partecipa a queste categorie, cioè condivide le caratteristiche di un verbo e di un aggettivo. Qualcuno ha pertanto osservato che il participio è una specie di "aggettivo verbale", in parte verbo ed in parte aggettivo (vedasi H. W. Smith, A Greek Grammar for Colleges, n. 2039, 1920; E. C. Colwell & E. W. Tune, A Beginner's Reader Grammar for New Testament Greek, 1965, pag. 44; A.T.Robertson, A Grammar of the Greek New Testament in the Light of Historical Research, 1919, pp. 1101). È sicuramente vero che il greco antico non è l’italiano e che la valenza greca di un participio perfetto passivo non sempre coincide con quella posseduta dalla corrispondente traduzione italiana. Rimane, comunque, sempre discutibile il ricorso acritico a classificazioni accademiche, che spesso rischiano di catalogare in modo prescrittivo i participi perfetti passivi in categorie eccessivamente rigide (predicativi, attributivi, aggettivali, sostantivati, perifrastici....), imponendo talora schemi poco realistici ed un po' dogmatici. La tendenza di alcune forme perifrastiche ad evolvere verso participi sostantivati è comunque evidente. Se nel Medioevo un messaggero di un ricco principe avesse salutato un capitano di ventura con la frase: “Rallegrati, o soldato, il Principe è con te. ….non temere, Giovanni, perché sei stato assoldato presso le milizie del Principe", la forma “soldato” sarebbe stata un participio passivo perfetto del verbo “soldare” o “assoldare nelle milizie”, visto che “soldato” era chi veniva reclutato, dietro compenso, per combattere al servizio di un sovrano o di uno stato che fossero privi di un esercito nazionale. Oggi, invece, “soldato” è un sostantivo derivante da un participio sostantivato ed indica chi combatte in un esercito o chi è parte delle truppe militari, senza distinzione di grado o arma, sia volontariamente che per obbligo di leva. Con il senno di molti secoli fa, non sembrerebbe pertanto errato rendere la frase con "Ti saluto, o uomo pieno di ricchezza" oppure "Rallegrati, o tu che sei stato assoldato nelle milizie".

Il passaggio dal perfetto alle forme perifrastiche e da queste ai participi attributivi è stata lenta e graduale e non ha determinato un'immediata perdita della valenza verbale di detti participi. Oltre che nelle scritture greche e cristiane, troviamo forme perifrastiche che tendono a sostituire il perfetto anche in alcuni autori greci del I e II secolo avanti Cristo (come, ad esempio, Polibio, Strabone e Diodoro Siculo). Un caso emblematico è dato dal verbo “grapho” cioè scrivere. Per
citare i Profeti, il Nuovo Testamento utilizza indifferentemente “gegraptai” (perfetto di grapho), “estin + gegrammenon” forma perifrastica o “gegrammenon da solo” con valenza ibrida. In questi casi sembra indifferente tradurre “come sta scritto”, “come è stato scritto” , “come è scritto” o “secondo lo scritto” o “in conformità a quanto scritto”. Esistono evidentemente casi con sfumature verbali più accentuate, mentre in altri contesti la valenza sostantivata sembra essere più forte: il significato logico non sembra comunque molto diverso. Per l’uso di “gegraptai” vedansi, ad esempio, i casi di Matteo 2,5; Romani 3,4; Apocalisse 13,8. Per l’uso di “estin + gegrammenon” si vedano Luca 20,17; Giovanni 2,17; Giovanni 6,31; Giovanni 6,45; Giovanni 10,34; Giovanni 12,14; Giovanni 19,19. Per l’uso di “gegrammenon” da solo con funzione perifrastica-sostantivata (e talora anche preceduto da articolo) vedansi infine Luca 22,37 e 2 Corinzi 4,13. Non mancano poi casi in cui "estin" nella forma verbale è probabilmente sottointeso (come in Apocalisse 2,17; Apocalisse 5,1; Apocalisse 14,1 e Apocalisse 17,5). Vedasi, a tal proposito, Joseph A. Fitzmyer, Essays on the Semitic Background of the New Testament, 1997, pp. 8-9. Per la possibilità che la forma perifrastica “estin + participio perfetto” esprima - come il perfetto - uno stato o una situazione, risultante da un precedente evento ma persistente nel presente, vedasi J. Gonda, Selected Studies, 1975, Vol I, pag. 472.

Per un'analisi dell'uso del perfetto per caratterizzare un effetto "prolungato" e "durativo" vedasi Blass & De Brunner, Greek Grammar of the New Testament, Chicago: University of Chicago Press, 1961, pp. 176-177. Per un accenno all'uso delle forme perifrastiche nel "perfetto", vedasi, ad esempio, Blass & De Brunner, Greek Grammar of the New Testament, Chicago: University of Chicago Press, 1961, pag.179. Per la possibilità che la forma perifrastica “estin + participio perfetto” esprima uno stato o una situazione, risultante da un precedente evento ma persistente nel presente, vedasi J. Gonda, Selected Studies, 1975, Vol I, pag. 472. Per un'analisi della regola generale secondo cui il participio perifrastico sarebbe sintatticamente riconoscibile dal fatto che il verbo essere ed il participio non sono separati da alcun elemento, vedasi S.E. Porter, Idioms of the Greek New Testament, 1992, pp. 45-49. Per un esame dettagliato della tendenza, nel greco del Nuovo Testamento, ad omettere il verbo "essere" vedasi ancora Blass & De Brunner, Greek Grammar of the New Testament, Chicago: University of Chicago Press, 1961, pp. 70-71. Per la possibilità di forme perifrastiche senza copula vedasi A.T. Robertson, A Grammar of the Greek New Testament in the Light of Historical Research, 1919, pp. 1119-1120. Sulle cosiddette "incomplete structures"con omissione del soggetto o del verbo essere (come copula e come predicato verbale) vedasi, ad esempio, Winer, A Treatise on the Grammar of New Testament Greek, 1870, pp. 731-751.

Nel Nuovo Testamento, l’omissione del verbo essere (come copula o come predicato verbale nel senso di "esistere") è molto comune nei proverbi, nelle costruzioni impersonali (specialmente in quelle che esprimono necessità o possibilità), nelle domande, nelle esclamazioni, in particolari forme poetiche, in numerose forme idiomatiche, nelle benedizioni, nelle dossologie, in alcune formule augurali ed in molte strutture volutamente brevi e concise. A tal proposito vedasi, ad esempio, Matteo 5,3 (5,5-5,10); Matteo 7,9; Matteo 10,10; Matteo 13,11; Matteo 21,9; Marco
13,33; Luca 2,25; Luca 4,36; Luca 6,34; Luca 22,37; Giovanni 1,6; Giovanni 3,1; Atti 10,21; Atti
13,11; Atti 19,28; Atti 19,34; Romani 3,1; Romani 4,8; Romani 4,14; Romani 8,27; Romani 11, 16;
Romani 12,9; Romani 13,11; Romani 14,21; Romani 15,33; 1 Corinzi 1,26; 2 Corinzi 2,16; 2
Corinzi 4,13; 2 Corinzi 8,16; 2 Corinzi 11,16; Filippesi 2,11; Filippesi 4,3; Efesini 4,5; Efesini 5,17;
Colossesi 4,6; Tito 3,15; 1 Tessalonicesi 4,6; 2 Tessalonicesi 3,2; 1 Timoteo 1,15; 1 Timoteo 5,18;
1 Timoteo 6,7; 2 Timoteo 2:11; 2 Timoteo 3,16; 1 Pietro 1,6; 1 Pietro 3,8; Ebrei 2,11; Ebrei 6,8;
Ebrei 13,4; Apocalisse 2,17; Apocalisse 5,1; Apocalisse 13,4; Apocalisse 17,5…..

Alcuni cattolici riportano la frase: "It is permissible, on greek grammatical and linguistic grounds, to paraphrase “kecharitomene” as completely, perfectly, enduringly endowed with grace", citando
Blass & De Brunner, Greek Grammar of the New Testament, Chicago: University of Chicago Press, 1961, pag.166 e 175-176. Blass e De Brunner non hanno però mai espresso una valutazione sul significato del termine greco “kekaritomene”. La citazione, presente soprattutto in alcuni siti web statunitensi, vorrebbe accreditare la possibilità di applicare al termine in questione l’uso del perfetto quando, come insegnano Blass e De Brunner, questo venga utilizzato per caratterizzare un effetto prolungato su un soggetto o su un oggetto (§342). Per chi è profondamente convinto del fatto che "kekaritomene" sia solo un participio sostantivato privo di ogni sfumatura verbale, la citazione appare come una forzatura disonesta e truffaldina. Se, invece, si considera che nel greco koiné il perfetto è spesso sostituito dai participi perfetti passivi e si ammette l'ipotesi che, in alcuni contesti, il verbo essere potrebbe anche non essere esplicitato, la citazione rimane onesta, accettabile e legittima.

Giovanni Paolo II, Udienza del Mercoledì, 8 maggio 1996 e Tarcisio Bertone, Omelia nella festa dell'Immacolata Concezione, 8 dicembre 2007. Per amor del vero va detto che in Efesini 1,6 (dove Girolamo tradusse letteralmente: in laudem gloriae gratiae suae in qua gratificavit nos in dilecto, cioè a lode della gloria della sua grazia con cui ci graziò nel Diletto) è usato l'aoristo attivo indicativo (ekaritosen) del verbo "karitoo". Si tratta qui di un'azione puntuale, circostanziata e definitiva, visto che l'aoristo greco è molto simile al nostro passato remoto.

Nella Bibbia cattolica Douay Reims (1610) κεχαριτωμένω di Siracide 18,17 è reso con “justified man”, mentre la Nova Vulgata traduce κεχαριτωμένω con “gratioso”, la New American Bible con “kindly man”, la Bibbia CEI con “caritatevole”, la Nuovissima Versione della Bibbia con “generoso”, la Revised Standard Version e la New Revised Standard Version con “gracious man”, la Traduzione Interconfessionale in Lingua Corrente con “gentile”.

A tal proposito vedasi: F. Field, Origenis Hexaplorum: quae supersunt sive veterum interpretum graecorum in totus Vetus Testamentum fragmenta, Oxford University Press, 1875, vol II, pag 111.

Può essere forse di qualche interesse notare come l'Arcangelo Gabriele si fosse rivolto al profeta Daniele utilizzando (anche in quella occasione) un termine piuttosto raro, cioè "chemdah iysh" (Daniele 9,23 e Daniele 10,11) cioè “uomo molto amato, prediletto, grazioso e piacevole”, termine che la Settanta e Gerolamo tradussero un po' liberamente con "aner epitomion", cioè “uomo molto desiderato” e con "vir desideriorum" cioè “uomo dei desideri”.



LA MATERNITA’ DI MARIA

Leggiamo un’altra udienza di papa Giovanni Paolo II dello stesso anno.


Epoca agnostica: la maternità "fisica" di Maria
All’inizio e per tutto il periodo dominato dalla lotta contro l’eresia gnostica e docetista, la maternità di Maria viene vista quasi solo come maternità "fisica". Questi eretici, infatti, negavano che Gesù avesse un vero corpo umano e, se l’aveva, che fosse nato da una donna e, se era nato da una donna, che veramente fosse nato dalla carne e dal sangue di lei. Alcuni di loro affermavano che Gesù era nato attraverso la Vergine e non dalla Vergine: immesso dal cielo nel grembo di lei, ne era venuto fuori a modo di "passaggio" non da vera generazione umana. Contro di essi bisognava quindi affermare che Gesù era vero figlio di Maria e frutto del suo grembo e che Maria era quindi
veramente la sua madre "fisica". Proclamare con forza che Maria era la madre "fisica" di Gesù, serviva a dimostrare la vera umanità di lui e che cioè egli era veramente Dio, ma anche veramente uomo. Questo è il periodo in cui viene formulato l’articolo del credo che afferma di Gesù: "nato da Spirito Santo e da Maria Vergine".

Epoca delle controversie cristologiche: la maternità "metafisica" di Maria Alcuni autori sostengono che il titolo Theotokos fu attribuito alla Vergine per la prima volta da Ippolito, autore della Traditio apostolica. Più sicuramente esso fu usato dal Origene nel III secolo e da altri autori alessandrini prima e dopo il Concilio di Nicea. Particolare importanza avrà, al tempo della controversia nestoriana, la testimonianza di Alessandro di Alessandria che nel IV secolo
ritiene il titolo di Theotokos come cosa pacifica e di uso comune e generalizzato. Sarà da ora in poi proprio l’uso di questo titolo a condurre la Chiesa alla scoperta di una maternità divina più profonda, in quanto viene definita in rapporto all’essere profondo di Cristo (maternità "metafisica"). Il titolo non nasce quindi da una riflessione teologica, ma la provoca per cui esso affonda le sue radici sulla pietà e sulla fede vissuta della Chiesa, come si deduce anche dalla più antica preghiera mariana del III secolo, il Sub tuum praesidium. Fu quindi l’esperienza della fede ad orientare la teologia, anche se sarà poi la teologia a guidare e incrementare, a sua volta, quella stessa esperienza di fede.
Il suo approccio chiamato maternità "metafisica" è quello che caratterizza l’epoca delle grandi controversie cristologiche del VI secolo dove il problema centrale non è più quello della vera umanità di Cristo, ma dell’unità della sua persona. La maternità di Maria non viene più vista riferita alla natura umana di Cristo, ma all’unica persona del Verbo fatto uomo. E siccome questa persona che lei genera secondo la carne non è altro che la persona divina del Figlio di Dio, di conseguenza ella appare vera Madre di Dio perché divinità e umanità formano una sola persona. In questa luce la relazione di Maria con Cristo è anche di ordine "metafisico" creando un rapporto vertiginoso non solo con lui, ma anche con il Padre. Maria, infatti, è l’unica a poter dire a Gesù, quello che a lui dice da tutta l’eternità il Padre: "Tu sei mio figlio; io ti ho generato" (Sal 2,7; Eb 1,5).
Con il concilio di Efeso del 431, questa posizione diventa una conquista per sempre della Chiesa. La proclamazione di Maria come Theotokos da parte del concilio, causò l’esultanza del popolo di Efeso che accompagnò con fiaccole e canti i padri alle loro dimore e determinò anche un’esplosione di venerazione verso la Madre di Dio che, in Oriente e in Occidente, si esplicitò in feste liturgiche, icone, inni, costruzioni di chiese e basiliche come quella di S. Maria Maggiore a Roma, fatta edificare dal Sisto III proprio dopo il concilio di Efeso.

L’apporto dell’Occidente: la maternità "spirituale" di Maria
Il traguardo di Efeso non fu definitivo. Da questo titolo, valorizzato nelle controversie cristologiche più in funzione della persona di Cristo che di quella di Maria, si dovevano ancora trarre le conseguenze logiche riguardanti anche la persona stessa di lei, in particolare la sua santità unica.
Merito di questo spetta ai grandi autori latini, in primo luogo a S. Agostino. Egli, infatti, legge la maternità di Maria come una maternità nella fede, una maternità anche "spirituale". Inizia così l’epopea della fede di Maria. Lo stesso Agostino afferma che Maria, facendo pienamente la volontà del Padre, per fede credette, per fede concepì e per fede si pose alla sequela di Cristo, per cui è più grande per essere stata sua discepola che sua madre fisica.
La maternità "fisica" e "metafisica" vengono ora coronate dalla maternità "spirituale" o "di fede" che fa di Maria la prima e più santa figlia di Dio, la prima e più docile discepola del Signore, la creatura della quale, per la sua totale adesione a Dio, non si può parlare mai di peccato. La maternità "fisica" e "metafisica" sono un privilegio ineguagliabile, proprio perché trova riscontro nella fede e nell’atteggiamento "spirituale" della Figlia di Sion.

Significato cristologico di Theotokos
Come abbiamo visto, il titolo Theotokos accompagna tutto lo sviluppo della cristologia antica e diventa come una tessera di riconoscimento dell’ortodossia cristologica. Il titolo servì, infatti, prima a dimostrare la vera umanità di Cristo, poi la sua vera divinità e infine la sua unità di persona.
Questo titolo dunque attesta che:
Gesù è vero uomo perché nato da Maria che è una vera creatura umana;
Gesù è vero Dio perché se così non fosse, - afferma Agostino - non potremmo proclamare nella professione di fede il "nato da Spirito Santo e da Maria Vergine", se da lei fosse nato solo un figlio dell’uomo e non il Figlio di Dio;
Gesù ha due nature distinte ma unite ipostaticamente nell’unica persona del Verbo: "colui che è stato generato dal Padre prima di tutti i secoli secondo la divinità – afferma il concilio di Efeso – negli ultimi tempi lo stesso fu generato da Maria Vergine, la Theotokos, secondo l’umanità".
Proclamare Maria Theotokos è il modo più sicuro di proclamare l’unione ipostatica che tiene insieme tutti i dogmi cristologici, per cui questo titolo è come un baluardo che si oppone con sempre estrema attualità a tutti i tentativi di idealizzazione di Gesù, che fanno di lui un’idea o un personaggio più che una persona vera; a tutti i tentativi di separazione della sua umanità dalla sua divinità, tentativi che mettono in serio pericolo la realtà stessa della nostra salvezza.

Attualità del titolo Theotokos
Maria, con la sua maternità divina ha fatto di Dio l’Emanuele, il Dio con noi. Questo titolo comporta un arricchimento della stessa rivelazione di Dio. In questa linea esso si rivela straordinariamente significativo anche per l’uomo d’oggi.

Attualità teologica
Il titolo ci parla prima di tutto dell’umiltà di Dio che ha voluto avere una madre, proprio oggi quando siamo arrivati al punto in cui, alcuni rappresentanti dell’esistenzialismo trovano strano, offensivo e umiliante dover avere una madre, perché questo indica dipendere radicalmente da qualcuno, non essersi fatti da sé, non poter progettare interamente da soli la propria esistenza. L’uomo che guarda dunque in alto, in cerca del vertice di una piramide esistenziale su cui spesso non trova che il Nulla, non si accorge che Dio è sceso ed ha rovesciato questa piramide, mettendosi alla base, per prendere su di sé tutto e tutti, rinchiudendosi nel grembo di una donna. Risalta l’infinito contrasto tra il Dio dei filosofi e questo Dio che scende nella materia, nella concretezza e nella realtà: "Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò suo figlio nato da donna" (Gal 4,4). Egli che si fa carne nel grembo di Maria, si farà presente nel cuore stesso della materia del mondo, nel pane dell’Eucaristia, per vivificarla dall’interno. S. Ireneo afferma, a questo proposito, che chi non capisce la nascita di Dio da Maria, non può nemmeno capire l’Eucaristia (Adversus haer. V.
2,3, Sch 153, p. 345). Scegliendo la via materna per rivelarsi a noi, Dio ci ha ricordato che tutto è puro, ha proclamato la santità delle cose che ha creato, ha santificato e redento non solo la natura in astratto, ma anche la nascita umana e tutta la realtà dell’esistenza. Soprattutto Dio ha rivelato la dignità della donna in quanto tale. La dignità di Theotokos conferita a Maria, ci rivela che Dio, infinitamente prima delle lotte e della proclamazione della "promozione della donna", ha dato alla donna un tale onore e la circondata di tanta grandezza da farci restare senza parole.


L’AVE MARIA

Non dimenticando il nocciolo delle questione affrontata in questo capitolo continuo con altri spunti presi da un’altra lettera dell’acutissimo fratello Paolo Blandini che scrive ad un fratello protestante, di nome Pasquale:

Ora desidero sapere: Perché non piace l‘Ave Maria? Cosa c’è di scandaloso? Dove è scritto nella
Bibbia che non si deve recitare l‘Ave Maria?
A questo punto dico alla tua ragazza: Se non accetta l’Ave Maria, non deve accettare le Sacre Scritture.
Se si scandalizza con la Chiesa che recita l‘Ave Maria, si deve scandalizzare anche con l‘angelo Gabriele e Elisabetta che hanno recitato le stesse parole.
Ora analizziamo la preghiera dell’Ave Maria con le Sacre Scritture per constatare cosa c’è di scandaloso.

PREGHIERA RECITATA DALLA SACRE SCRITTURE
CHIESA CATTOLICA Luca 1:28 e 42
Verso 28 - Gabriele
Ave o Maria Ti saluto, (o Ave)
Piena di grazia o piena di Grazia
il Signore è con te il Signore è con te”

Verso 42 - Elisabetta
Tu sei benedetta Benedetta tu
fra tutte le donne fra le donne
e Benedetto è il frutto e benedetto il frutto
del tuo seno Gesù. del tuo grembo.

Come noti ciò che la Chiesa ripete, lo ha detto l’angelo Gabriele ed Elisabetta a questo punto chiedo alla tua ragazza:
Chi sbaglia La Chiesa Cattolica, l’Angelo o Elisabetta?
Continuiamo a constatare la seconda parte della preghiera, scandalosa per i protestanti.

Santa Maria Madre di Dio prega per noi peccatori adesso e nell’ora della nostra morte.
Allora in questa seconda parte cosa c’è che non và?

Rispondo:
Noi chiediamo a Maria di pregare per noi Gesù, sia per il momento della richiesta, sia per l’ora della nostra morte.
La tua ragazza o i suoi genitori, o i fratelli e sorelle pentecostali quando si salutano spesso dicono: “Fratello/sorella prega per me che io prego per te”.
Allora chiedo alla tua ragazza qual’è la differenza se al posto del fratello/sorella pentecostale chiedo a Maria: ‘Prega per me o per noi”, forse il fratello/sorella è superiore a Maria?
Ma lei potrebbe rispondere: “I miei fratelli/sorelle (pentecostali) sono vivi, Maria è morta o addormentata in attesa della risurrezione”.
Allora chiedo: Perché quando qualche o molti cristiani (Cattolico/ci = Universale) chiede o hanno chiesto qualche preghiera o grazia a Gesù tramite Maria, molto spesso si avvera o si è avverata, ciò che chiedono o hanno chiesto? E dove sta scritto nella Bibbia che non bisogna pregare tramite Maria e/o altri, Gesù? Da non confondere con il Padre, perché l’unico intermediario è Gesù Cristo. E dove sta scritto che i Cristiani non pregavano Maria?
Quando gli autori Biblici hanno scritto Le Sacre Scritture, Maria era viva, quindi tramite la Bibbia non possiamo sapere se i Cristiani pregavano Maria dopo l‘assunzione in cielo, però ci sono documenti storici (Sacra Tradizione) che attestano che Maria è stata assunta in cielo e che era venerata dai cristiani che si rivolgevano a Gesù tramite Lei, ma non solo, la stessa Maria ha profetizzato (confermato dalle Sacre Scritture) che doveva essere onorata o venerata da tutti (Luca
1:48):

D’ora in poi tutte le generazioni
mi chiameranno Beata.

Beato agg. - Che gode della visione di Dio, della beatitudine celeste…
Chi viene innalzato dalla Chiesa all’onore degli altari mediante il processo di beatificazione.
Grande Diz. Encicl. de Agostini.

Che significa “D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno Beata”?
Mi sembra che è abbastanza chiaro, è come se avesse detto: ”D’ora in poi tutte le generazioni mi
onoreranno o mi venereranno”
Come si onora o si venera una persona? Facciamo parlare sempre il Grande Dizionario De Agostini:

Onorare = Fare, rendere onore; tributare ossequio a cose o persona che ne è degna.

Onore = Alta considerazione, rispettabilità di cui si gode in virtù del proprio.

Venerare = Onorare con segni di grande rispetto e ossequi; far oggetto di devozione, di riverenza
e ossequio.

Allora, quando Maria viene chiamata: “Beata, o che Maria gode della Visione di Dio, o della Beatitudine Celeste”, significa proprio avere alta considerazione, rispettabilità di Maria perché appunto gode della Visione di Dio o Beatitudine Celeste. E se noti, quanto detto sopra, questo lo fanno solo e soltanto i cattolici, mentre i protestanti compreso i Pentecostali no!
Dicono solo, che Maria è una donna come tutte le altre e che si trova addormentata (come già sopradetto) in attesa del ritorno di Cristo, e che questo rispetto le si doveva soltanto quando era in vita e a chi è in vita. E i miracoli o le guarigioni avvenuti da parte di Gesù per mezzo degli apostoli e di Maria avvenivano solo quando erano in vita. Ma non è così, anche perché Maria ha profetizzato, come sopradetto (Luca 1:48):

D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno Beata

e mi sembra che “TUTTE LE GENERAZIONI” non significa solo nel periodo che era in vita, ma significa, proprio, anche dopo la sua morte e sino alla fine del mondo,”TUTTE” significa: Nessuna generazione esclusa, chiaro!
Riguardo ai miracoli che Dio fa solo con le persone in vita non risulta a verità, perché Dio per fare miracoli o guarigioni si è servito anche dei morti, e per prova cito (2 Re 13:20-21):

“Poi Eliseo morì e fu posto nel sepolcro. In quello stesso anno bande di predoni Moabiti vennero nel paese. Or, mentre alcuni stavano seppellendo un morto, ecco, videro questi predoni e impauriti gettarono il cadavere nel sepolcro di Eliso. Ma appena quel morto ebbe toccato le ossa di Eliseo, risuscitò, si alzò in piedi e se ne andò.”

Mi sembra chiaro che Eliseo non era in vita, e non è vero che Maria e/o altri santi sono addormentati in attesa della venuta di Gesù Cristo e le Sacre Scritture ci dicono qualcosa (Matteo 17:3):
“Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.”
E mi sembra che Maria (Donna che ha tenuto in grembo il Verbo di Dio) è migliore dei due Profeti, quindi se sono apparsi sul monte della trasfigurazione a Gesù assieme a Pietro e l’altro apostolo, significa che non sono addormentati in attesa della venuta di Gesù, quindi Maria appare allo stesso modo di Mosè ed Elia.
Quando la tua ragazza (si riferisce alla ragazza di Pasquale) ha visto in quella funzione, i cattolici (o i cristiani) che recitavano
l‘Ave Maria e battevano le mani (battere le mani significa avere rispetto e riverenza della persona, essere contenti a cui sono riferite le battute di mani Esempio: Quando si batte le mani a un cantante, a un politico, a un pastore evangelico, significa essere contenti di ciò che egli ha detto, quindi si può anche essere contenti della Beatitudine di Maria), confermavano ciò che Maria ha profetizzato in Luca 1:48.”

(fine testo di P.Blandini)

MARIA NELL’APOCALISSE

“Il settimo sigillo

Quando l’Agnello aprì il settimo sigillo, si fece silenzio in cielo per circa mezz’ora. Vidi che ai sette angeli ritti davanti a Dio furono date sette trombe.

Le preghiere dei santi affrettano la venuta del grande giorno

Poi venne un altro angelo e si fermò all’altare, reggendo un incensiere d’oro. Gli furono dati molti profumi perché li offrisse insieme con le preghiere di tutti i santi bruciandoli sull’altare d’oro, posto
davanti al trono. E dalla mano dell’angelo il fumo degli aromi salì davanti a Dio, insieme con le preghiere dei santi. Poi l’angelo prese l’incensiere, lo riempì del fuoco preso dall’altare e lo gettò sulla terra: ne
seguirono scoppi di tuono, clamori, fulmini e scosse di terremoto.” (Ap 8,1-5)
I santi addormentati in cielo sono un chiara invenzione protestante, perché dalla Bibbia si evince il contrario, in cielo non si dorme, ma si è gioiosamente coscienti di essere alla presenza di Dio.
Anche il libro dell’Apocalisse ci viene in aiuto, quando l’Agnello apre il settimo sigillo, lo scenario è il cielo, dove si fece silenzio per circa mezz’ora, è sempre nel cielo che stavano i santi oranti, le cui preghiere salirono davanti al trono di Dio.
Non si vede quindi nessun torpore in cielo, ma vita gioiosamente sveglia.
Nella comunità Internet Difendere la Vera Fede, la sorella Caterina ha pubblicato una testimonianza di S. Gregorio di Nissa, patriarca di Costantinopoli vissuto nei primi anni del cristianesimo, sicuramente più autorevole di tanti pastori protestanti odierni. Ecco cosa dice:
" Mentre (Gregorio) trascorreva la notte insonne a causa di queste preoccupazioni (si parlava della verginità di Maria e della divinità di Gesù nella reale esistenza ed essenza del senso Trinitario...), gli apparve un personaggio con sembianze umane, dall'aspetto invecchiato, vestito con abiti che denotavano una sacra dignità, con il volto improntato a un senso di grazia e virtù.
Gregorio spaventato in volto, si alzò dal letto e chiese chi fosse e per qual motivo fosse venuto. L'altro, con voce sommessa, dopo aver calmato il suo turbamento, gli disse di essergli apparso per divino volere, a motivo di quelle questioni che gli sembravano discutibili e ambigue, al fine di rivelargli la verità intorno alla pia Fede.
Udite queste parole, Gregorio si rasserenò, e prese a osservare l'altro con una certa gioia e stupore. L'altro allora stese la mano in avanti, come per indicargli, con le dita teste, qualcosa che era apparso dirimpetto.
Gregorio, volgendo lo sguardo nella direzione indicatagli dalla mano dell'altro, vide un altra figura davanti a lui, apparsa poco prima, dall'aspetto di una Donna assai più bella della normale condizione umana.
Nuovamente perturbato, volgendo altrove il viso, distoglieva lo sguardo ed era pieno di perplessità; nè sapeva che cosa pensare di quell'apparizione che egli non riusciva a sostenere con gli occhi.
Infatti il carattere straordinario della visione consisteva nel fatto che, pure essendo la notte oscura, una luce si era messa a brillare per lui, insieme alle figure apparse, come se una lampada ardente si fosse accesa.
Quantunque non potesse sostenere con gli occhi l'apparizione, Gregorio udì il discorso di quelli che gli erano apparsi, i quali discutevano tra loro dei problemi che l'angustiavano.
Dalle loro parole Gregorio non solo ricavò una esatta conoscenza della Dottrina della Fede, ma apprese anche il nome dei due che gli erano apparsi, dal momento che i due si chiamavano reciprocamente per nome.
Si dice infatti che abbia udito colei che gli era apparsa in forma "muliebre" esortare l'evangelista Giovanni affinché spiegasse al giovane il mistero della vera fede.
Giovanni a sua volta si dichiarò del tutto disposto a compiacere anche in questo "la Madre del Signore" e che questa era la cosa che gli stava più a cuore.
E così, terminato il discorso pertinente alla questione, dopo che lo ebbero ben chiarito e precisato, i due scomparvero dai suoi occhi.”
(s.Gregorio Nisseno, "Vita di S.Gregorio Taumaturgo", PG 46, 909-912 - Tratto da " Maria nel pensiero dei Padri della Chiesa " di L.Gambero, Ed. Paoline pp.96-97)”

TESTIMONIANZE ANTICHE SULLA VERGINITA’ DI MARIA
Leggiamo ancora uno stralcio da una lettera di s.Agostino:

“…Gioviniano che, novello eretico di qualche anno fa, negava la verginità di Maria santa e metteva alla pari della sacra verginità le nozze dei fedeli. Né per altra ragione moveva ai cattolici questo addebito se non perché voleva farli apparire accusatori o condannatori delle nozze.” (S. Agostino, nella sua prima lettera contro i pelagiani).

Maria, la creatura più vicina a Dio, più vicina alla SS. Trinità, ella fu dichiarata nemica di Satana fin dalla Genesi (Gen 3,15). Maria si è dichiarata la serva del Signore ed è divenuta la madre di Dio, acquistando un’intimità unica con la SS. Trinità. Si pensi quale opposizione in questo c’è rispetto a Satana, che si è staccato da Dio e ne è divenuto la creatura più distante (cf, padre G. Amorth. Satana la creatura più distante), Maria la creatura più vicina a Dio. Maria è la dimostrazione che Dio ha dato a Satana, l’orgoglioso angelo decaduto ha visto la potenza di Dio, e la purezza della sua creatura, la dimostrazione, che anche l’uomo può sconfiggere lui con tutti i suoi demoni, la dimostrazione che anche l’uomo con l’aiuto del Signore può resistere al peccato e uscirne vittorioso. Maria ne è l’esempio più sublime, ella non fu mai soggetta a Satana, non peccò mai, ella non cedette mai alla tentazione di Satana, perché fu dichiarata da Dio stesso nemica di Satana.
Il riconoscere l’unicità e l’irripetibilità del ruolo di Maria toglie qualcosa a noi cristiani?
No, anzi ci suggerisce un esempio di vita umile e santa. Perché molti fratelli separati devono sminuire l’importanza del ruolo di Maria? Chi tra le creature di Dio è stata adombrata dallo Spirito Santo? Chi fra le creature di Dio è talmente degna e umile da aver ricevuto in affidamento l’educazione e le cure del Suo Figlio? Maria non è una dèa che fa concorrenza a Dio, anzi porta anime verso il Figlio, con il suo esempio di totale fiducia in Dio, con il suo annientarsi per Dio, con la sua fede ferrea verso il Figlio, che manifestò per prima alle nozze di Cana e che mantenne sempre, fino al dolore estremo della croce. Dolore atroce provò il figlio soffrendo sulla croce, e
dolore atroce provò la madre a veder soffrire il figlio in quel modo, quale madre vedendo soffrire il la propria “creatura” non si vorrebbe sostituire ad essa se potesse farlo?
Ogni madre preferirebbe morire lei in cambio del figlio, preferirebbe soffrire lei, in cambio del figlio, Maria soffrì enormemente, il suo cuore venne trafitto da una spada, ma rimase fedele al Figlio fino all’ultimo. Quando tutti gli apostoli per paura di essere a loro volta catturati e uccisi abbandonarono Gesù (tranne Giovanni), la madre non abbandonò il Figlio, anzi si straziava ai piedi della croce, piangeva, soffriva, ma ascoltò il Figlio fino all’ultimo, ebbe fede in Lui, per questo non si tirò mai indietro, era madre, la madre di Dio-uomo.

ALTRE INVETTIVE PROTESTANTI

Le accuse: “E’ falso che Maria è rimasta vergine dopo il parto perché la Scrittura afferma che Giuseppe “prese con sé sua moglie; e non la conobbe finch’ella non ebbe partorito il suo figlio primogenito, e gli pose nome Gesù”. Questo significa che Giuseppe, dopo che Maria partorì Gesù, conobbe sua moglie. Ma non solo Giuseppe la conobbe ma ebbe anche dei figli da lei perché Gesù aveva dei fratelli e delle sorelle.
Queste Scritture confermano che Maria concepì e partorì altri figli dopo Gesù.
“Ella diè alla luce il suo figliuolo primogenito”, perciò se Gesù fosse stato il suo unico figlio sarebbe stato chiamato il suo unigenito e non il suo primogenito.
“Poi si partì di là e venne nel suo paese e i suoi discepoli lo seguitarono. E venuto il sabato, si mise ad insegnar nella sinagoga; e la maggior parte, udendolo, stupivano dicendo: Donde ha costui queste cose? e che sapienza è questa che gli é data? e che cosa sono cotali opere potenti fatte per mano sua? Non é costui il falegname, il figliuol di Maria, e il fratello di Giacomo e di Giosè, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?”;
“E giunsero sua madre ed i suoi fratelli; e fermatisi fuori, lo mandarono a chiamare”;
“Neppure i suoi fratelli credevano in lui”;
“Tutti costoro perseveravano di pari consentimento nella preghiera, con le donne, e con Maria, madre di Gesù, e coi fratelli di lui”;
Paolo ai Corinzi: “Non abbiamo noi il diritto di condurre attorno con noi una moglie, sorella in fede, siccome fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa?”;
Paolo ai Galati: “In capo a tre anni, salii a Gerusalemme per visitar Cefa, e stetti da lui quindici giorni; e non vidi alcun altro degli apostoli; ma solo Giacomo, il fratello del Signore”;
Nei Salmi è detto a proposito del Cristo: “Io son divenuto... un forestiero ai figliuoli di mia madre”. (Come potete vedere la Scrittura aveva preannunziato in questa particolare maniera che la vergine che avrebbe concepito e partorito il Cristo di Dio non sarebbe rimasta vergine perché avrebbe avuto altri figli infatti lo Spirito di Cristo disse tramite Davide: “Sono divenuto un forestiero ai figliuoli di mia madre”). “

Continuiamo ad analizzare i versetti biblici dai quali i protestanti prendono spunto. Gli avversari della dottrina cattolica pretendono di poter provare la non verginità (perpetua) di Maria prendendo i versetti di Matteo 1,25

“Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, ma non si accostò al lei fino alla nascita del figlio, che egli chiamò Gesù”.
Il significato della frase” non si accostò a lei fino alla nascita, o finché” verrà spiegato nel capitolo dedicato ai presunti fratelli di Gesù, qui ci limitiamo a puntualizzare la purezza del Figlio e della madre che non avevano alcun bisogno di purificarsi, ma essendo osservanti della Legge Mosaica non si sottrassero a tale prassi.
I protestanti riportano i versetti di Luca 2,22 “Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto nella Legge del Signore: ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore; e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore.”

Se si leggono questi versetti in maniera veloce non si nota la parola “loro” ma se ci si sofferma, e ci si chiede perché è stato usato il plurale, “loro”, si nota che in effetti quel plurale è riferito a Maria e Gesù. Ma Gesù in quanto Figlio di Dio che bisogno aveva di purificarsi?
Oppure Gesù che bisogno aveva di essere offerto al Signore se già gli apparteneva fin dal principio?
O ancora che bisogno aveva Gesù di essere circonciso per entrare a far parte del popolo di Dio, quando in realtà Lui stesso era Dio?
San Giuseppe di certo non era incluso in quel “loro” perché non ebbe parte alla nascita di Gesù. Da queste considerazioni notiamo che Maria e Gesù adempivano scrupolosamente le prescrizioni della Legge, si comportavano come tutti gli altri uomini loro simili, non perché ne avessero bisogno, ma per adempiere alle prescrizioni della Legge, restavano umilmente sottomessi ad essa. Molti fratelli evangelici e/o evangelicali, invece traggono da questi versetti la conclusione che se Maria si dovette purificare vuol dire che era nel peccato, e che non rimase vergine dopo il parto.
Ma dimenticano il plurale “loro”, la purificazione la attribuiscono solo a Maria, invece Luca ci dice “loro” cioè madre e Figlio; si capisce dunque che la “loro” purificazione è solo una purificazione rituale perché lo imponeva la Legge, e siccome “loro” erano osservanti, sotto la Legge di Mosè fecero tutto ciò che prescriveva (Lv 12,1-4). Alla purificazione era obbligata solo la madre, ma si poteva portare anche il bambino, che entro otto giorni dalla nascita doveva essere circonciso.
Chi toccava sangue doveva essere purificato, e il bambino che nasceva veniva inondato dal sangue della madre, nei parti normali.
Se andiamo a leggere i versetti di Luca 1,28 ci accorgiamo che l’angelo saluta Maria con:
“Ave o piena di grazia, il Signore è con te” conoscendo a memoria questi versetti forse non ci si riflette sopra abbastanza, ma se valutiamo bene le parole che l’angelo Gabriele rivolse a Maria notiamo che le dice “piena di grazia” come mai Maria è piena di grazia ancor prima di aver dato il suo “sì”a Dio?
Se guardiamo in tutta la Bibbia percorrendo a ritroso (partendo da questi versetti di Luca) i libri Sacri, ci accorgiamo che mai nessun uomo (o donna) era stato chiamato o considerato pieno di grazia, da Dio o dai suoi messaggeri, solo a Gesù vengono rivolte queste parole, e dopo di lui troviamo Stefano (At 6,8) che “pieno di grazia” predica al popolo, ma sappiamo che la “grazia” venne nel mondo con Gesù Gv 1,17 “Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.”quindi come mai Maria era piena di grazia ancor prima della venuta di Gesù e ancor prima il suo “sì”?
Lo Spirito Santo è sempre stato presente nella storia dell’uomo, Mosè, Elia, Eliseo e gli altri profeti profetizzavano proprio per opera dello Spirito Santo, ma quello che voglio far notare è che per nessuno di loro viene usata la frase “pieno di grazia” o “piena di grazia”, pienezza vuol dire completezza, totalità, saturazione, riempimento. Se Maria era piena di grazia ancor prima del suo “SI” e a differenza di Elia e gli altri, ella non era profetessa, come mai fu chiamata così?
Se Maria fu profetizzata fin dalla Genesi (Gen 3,14-15) come nemica di Satana, è evidente che essendo stata dichiarata tale ancor prima della sua nascita significa che ella fu concepita senza peccato proprio perché nemica del diavolo, chi è nel peccato è amico e schiavo di Satana, ella essendole nemica non fu mai sotto il peccato, affinché Satana non potesse gloriarsi di aver avuto sotto le sue grinfie la madre del Cristo. Maria era piena di grazia perché Dio l’ha voluta preservare dal peccato in vista del concepimento del suo Figlio divino, in vista del Verbo che si doveva incarnare. Gesù come sappiamo era vero uomo e vero Dio, in quanto Dio non poteva ereditare peccato, ma se Maria fosse stata macchiata dal peccato originale Gesù lo avrebbe ereditato (proprio come noi poveri uomini), la carne di Gesù avrebbe ereditato il peccato dalla
carne di Maria. Noi tutti sappiamo però che Gesù era completamente puro, non ereditò nessun peccato, quindi Maria doveva essere completamente immacolata per poter partorire un Figlio immune dal peccato originale.
Un fratello protestante mi faceva notare (via internet) che è lo spirito ad ereditare il peccato, Gesù (secondo lui) non ereditò il peccato originale perché il suo Spirito era (ed è) Santo, a differenza dei nostri, Gesù (sempre secondo lui) è venuto a salvare il nostro spirito non il nostro corpo.
Evidentemente questo fratello protestante ha le idee un po’ confuse, perché Gesù è venuto a salvare l’uomo nella sua totalità; l’uomo è composto da spirito e dal corpo, e Gesù salva l’uomo intero, non lo scompone, altrimenti non si spiegherebbero i versetti che parlano della resurrezione finale, dove i nostri corpi risusciteranno per reintegrarsi al nostro spirito, proprio come fece Gesù nella sua resurrezione, Gesù portò con se anche il suo corpo. Il corpo dopo la resurrezione diventa glorificato, assumendo proprietà fisiche per noi straordinarie, infatti ad esempio Gesù attraversò la porta con il suo corpo glorificato. E’ interessante notare che anche i nostri corpi saranno così.
I nostri corpi (a differenza di quello di Gesù) subiranno la corruzione (a causa del peccato) e diventeranno polvere, ma alla fine dei tempi risusciteranno.

Le accuse: Ella fu assunta in cielo.
‘Infine l’Immacolata Vergine preservata immune da ogni macchia di colpa originale, finito il corso della sua vita terrena, fu assunta alla celeste gloria col suo corpo e con la sua anima, e dal Signore esaltata come la Regina dell’Universo, perché fosse più pienamente conformata al Figliuolo suo, il Signore dei dominanti, il vincitore del peccato e della morte’. Il dogma dell’assunzione di Maria in cielo fu proclamato da Pio XII nel 1950. La festa dell’Assunzione di Maria ricorre il 15 Agosto.
Questa é una favola artificiosamente composta per esaltare Maria. Dell’assunzione di Maria non c’é il benché minimo accenno nella Parola di Dio. Possiamo dire che Maria, essendo una credente, quando morì andò ad abitare con il Signore, ma non che Maria morì e risuscitò e fu assunta in cielo con il suo corpo. Maria è in cielo con la sua anima è là sta aspettando anche lei la risurrezione del suo corpo che avverrà al ritorno di Cristo. Paolo ha detto infatti ai Corinzi che Cristo è la primizia di quelli che dormono e che quelli che sono di Cristo (quindi anche Maria) saranno vivificati alla sua venuta.”

Risposta: un’anticipazione di cosa succederà ai nostri corpi, la vediamo in Mt 27,52-53 infatti leggiamo che dopo la resurrezione di Cristo, molti corpi dei santi resuscitarono, uscirono dalle tombe ed apparvero a molti. Il corpo di Maria non subì corruzione, ella fu assunta in cielo senza che il suo corpo ritornasse polvere, il suo corpo non subì corruzione perché era stato esentato dal peccato, per volontà divina. La corruzione dei nostri corpi deriva dal peccato, diversi santi, che indubbiamente peccarono pochissimo durante la loro vita terrena, dopo la loro morte, anche a distanza di parecchi anni, all’esame della salma risultavano integri parzialmente o totalmente a seconda dei casi. Naturalmente c’è una grande differenza tra la purezza di Gesù e quella di Maria, Gesù non aveva peccato in quanto Dio, Maria era stata salvata da Dio, fin dal suo concepimento. Infatti nel magnificat ella esulta nel Signore suo salvatore, certamente, perché Maria non è una dea, ma una umile donna che fu scelta da Dio per dare la carne a suo Figlio, proprio in funzione di questo fu esentata dal peccato.
Pio XII ha dichiarato l’assunzione di Maria in cielo, dogma di fede il 1 novembre 1950, è anche questa una verità che è stata sempre creduta nei secoli. Padri e Dottori della Chiesa ne hanno sempre trattato. Dichiarandola verità di fede solo ora e dopo tanti secoli, la Chiesa non ha creato o inventato una nuova credenza di fede, come si afferma nell’opuscolo delle “cento domande” (pag.29), ma solo ha riconosciuto e solennemente dichiarato che essa è verità rivelata e come tale da credersi da tutti i fedeli; precisamente come un qualsiasi tribunale di questo mondo, quando sentenzia che un diritto appartiene a un individuo, non gli crea tale diritto, ma soltanto lo riconosce autorevolmente contro coloro che glielo vogliono contestare (cf le cento risposte). E’ innegabile verità di fede, fondata sulla Bibbia, che Maria è stata associata intimamente al Figlio
nella completa vittoria contro il demonio. Era quindi giusto che venisse a lui associata anche nella vittoria e nel trionfo sulla morte e sul peccato mediante la sua elevazione al cielo in anima e corpo, come è appunto avvenuto del Figlio suo.
Poi è interessante notare il parallelo tra la nascita di Gesù e la sua morte; Dio non corrompe la natura umana, non la altera ma la rispetta e la conserva intatta. Quando Dio si manifesta nella vita dell’uomo non deturpa la sua natura, Dio ha concepito Gesù per opera dello Spirito Santo in Maria senza corromperne la natura, significa che non l’ha corrotta nemmeno quando Maria partorì Gesù, l’ha lasciata intatta, vergine era all’atto del concepimento e vergine rimase dopo il parto, allo stesso modo di come Gesù fu deposto in un sepolcro nuovo (Mt 27,60 – notare come l’evangelista sottolinea - “sepolcro nuovo”) e nessuno dopo di Lui fu più deposto in quel sepolcro. Spesso nella Bibbia si possono scorgere -a ben vedere- dei paralleli tra eventi, anche qui ad esempio vediamo un uomo di nome Giuseppe, quest’ultimo d’Arimatea, il primo è il padre putativo di Gesù, entrambi uomini silenziosi, ma decisivi nelle vicende che riguardano il salvatore. Giuseppe sposo di Maria, lo salva dalla persecuzione e lo porta in Egitto, per poi riportarlo a Nazareth, per tutta la sua vita ha avuto a che fare con la madre del Verbo incarnato e con il Verbo stesso. Giuseppe era un ebreo, uomo giusto, quindi osservante della Legge, e non dimentichiamo gli ebrei non osavano pronunciare il nome di Dio, Jahvè, lo chiamavano l’Eterno, l’Altissimo, il Signore degli eserciti, ma mai Jahvè, questo per l’estremo rispetto e timore che nutrivano nei Suoi confronti. In un contesto simile Giuseppe non avrebbe mai osato profanare col suo corpo quello di Maria, che era stata adombrata da Dio in persona, e di questo proprio Giuseppe ne fu avvertito dall’angelo. Sì, Giuseppe era legittimo marito di Maria, ma era anche legittimo figlio di Dio, legittimo discendente di Abramo, per questo non osava mai pronunciare il nome Jahvè, come non osava toccare il corpo di Maria nella sua parte sessuale. Il seno di Maria -come di qualsiasi altra madre- rappresenta la culla della vita, nella sua fase iniziale, il corpo di Gesù abitò e si formò in questa culla. Il sepolcro custodisce invece il corpo di qualsiasi uomo nella sua fase finale, la morte, è quindi la culla della morte, ecco il secondo parallelo, abbiamo in precedenza visto quello tra Giuseppe “proprietario” o affidatario in quanto marito, della culla della vita, Giuseppe d’Arimatea proprietario della culla della morte, ma anche della resurrezione. Due Giuseppe proprietari seppur in forme diverse delle due culle, anche qui come abbiamo visto ricorre il parallelo biblico, un Giuseppe povero e uno ricco, ognuno di essi si fa carico provvede al salvatore, uno si fa custode della sua nascita l’altro della sua morte. Gesù nacque in una culla povera e morì in una culla ricca, quasi a simboleggiare la ricchezza della dimora eterna, che ci aspetta. In quel sepolcro non fu deposto mai più nessuno, come nessun altro abitò nel seno di Maria.

Tutto questo per molti protestanti è difficile da accettare, per loro Maria quando partorì Gesù non fu più vergine, proprio a causa del parto. Ma come… Dio concepisce senza corrompere Maria, e poi non è capace di farla partorire senza corrompere la sua verginità? Il Signore non sfrutta le sue creature, non le peggiora, ma anzi le migliora. Dio avrebbe forse sfruttato Maria per mettere nel mondo Suo Figlio? Nel massimo rispetto per la verginità di Maria non toccò il suo stato immacolato né prima né dopo il parto.
Però amano relegare Maria al ruolo “di donna come tante altre”, sminuendo forzatamente il suo ruolo nella Chiesa, ruolo che come abbiamo visto Dio aveva disegnato per lei fin dall’eternità.

Le accuse: “Ella schiaccerà il capo del diavolo.
Anche questa è una menzogna fabbricata dalla curia romana per esaltare Maria. E’ una menzogna che viene fatta sembrare verità al popolo in questa maniera: vengono prese le seguenti parole che Dio rivolse al serpente antico: “E io porrò inimicizia fra te e la donna, e fra la tua progenie e la progenie di lei; questa progenie ti schiaccerà il capo, e tu le ferirai il calcagno”, e gli viene data l’interpretazione che in queste parole è adombrata la vittoria che Maria riporterà sul serpente.
Badate che Dio disse al serpente che la progenie della donna, e non la donna, gli avrebbe schiacciato il capo, perciò si deve concludere che Dio con queste parole predisse al serpente che il Cristo gli avrebbe schiacciato il capo. Quindi, secondo quello che dice la Scrittura non sarà Maria a calpestare Satana ma bensì Dio infatti nell’epistola ai Romani Paolo dice: “E l’Iddio della pace triterà tosto Satana sotto ai vostri piedi”. A Dio sia la gloria ora e in eterno. Amen.“

Abbiamo visto che alcuni attribuiscono alla Chiesa cattolica spiegazioni o dottrine errate, proprio questo è un chiaro esempio. Quando in Gen. 3,15 Dio pose inimicizia tra Satana e la Donna, e anche con la stirpe di lei. Quale altra donna fu designata come madre del Salvatore fin dal principio?
Maria, non ebbe altri figli dopo Gesù, è questo particolare si capisce fin dalla Genesi, perché se Dio ha posto inimicizia tra Satana e la stirpe di lei (Gesù), significa che se Maria avesse avuto altri figli anche questi sarebbero stati nemici del diavolo (fin dalla nascita), anche loro non sarebbero stati soggetti al peccato, ma in Gen 3,15 c’è scritto chiaramente che solo due sono stati anticipatamente dichiarati nemici di Satana (la donna e la stirpe di lei) e in quanto tali non soggetti al peccato, Gesù e Maria. Se ci fossero stati eventuali altri fratelli carnali di Gesù, essi essendo la “stirpe” della donna (Maria) sarebbero stati anch’essi nemici di Satana allo stesso modo di Gesù, e quindi sarebbero stati sicuramente menzionati nelle Scritture come paladini di Dio. Qui cadono anche le illazioni circa i presunti fratelli di Gesù, se questi “fratelli carnali” erano quindi la stirpe di Maria cioè anche loro nemici di satana, come mai nella Bibbia troviamo che i fratelli di Gesù non credevano in Lui? Se non credevano in Lui vuol dire che erano sotto il peccato, ed era anche grave (come peccato) visto che erano (o dovevano essere) suoi fratelli carnali e visto che tutti quelli che non credevano in Gesù erano suoi nemici (come i farisei), e se erano nemici di Gesù di chi erano amici? Di satana, ecco che qui qualcosa non torna…
Cari fratelli separati, qui si vede che le vostre tesi circa i “fratelli carnali” di Gesù non hanno ragione di esistere; comunque nel corso di questo capitolo verranno fornite altre prove, anche se potrebbe bastare solo questa; dopo aver finito di leggere il presente capitolo vi prego di rileggerlo per meglio fissarlo nella vostra mente, affinché le vostre divergenze di interpretazione vengano dissolte alla luce della verità. Per quanto riguarda i presunti fratelli di Gesù invito il lettore a leggere il capitolo ad essi dedicato.
Quindi Gesù, e solo Gesù fu nemico dichiarato di Satana (assieme alla madre), profetizzato fin dalla Genesi.
Gesù fu profetizzato nemico di Satana in quanto Dio, e Maria in qualità di madre del Verbo-uomo. L’uomo come si vede nella stessa Bibbia può diventare amico del diavolo, come fecero Adamo ed Eva, come fece Caino, e molti altri compreso Pietro quando rinnegò Gesù. Pietro si pentì di quel comportamento e ritornò tra le braccia di Cristo, ma in tutta la storia dell’uomo si nota che egli (l’uomo) è soggetto al peccato, prima o poi pecca e quindi diventa amico del peccato, di conseguenza in quel momento diventa amico di Satana, poi magari si ravvede, ma nel momento del peccato l’uomo è amico del peccato, perché magari prova piacere stando nel peccato, come ad esempio può provare piacere carnale un uomo che tradisce la propria moglie, quest’uomo nel momento del peccato è amico di Satana.
Nella profezia non ci sono incertezze, Dio dice: “Ed io porrò inimicizia tra te e la donna e tra la tua stirpe e la sua stirpe, esso ti schiaccerà la testa e tu lo assalirai al tallone”.
Colui che schiaccerà il capo a Satana è Gesù, Gesù è nemico di Lucifero, ma anche Maria lo è, Gesù lo è, perché Dio, Maria lo è, per grazia divina. “Ed io porrò inimicizia tra te e la donna…” se quindi nel disegno di Dio Maria doveva essere nemica di Satana in quanto doveva dare alla luce il Verbo incarnato è chiaro che Satana non doveva possederla nemmeno per un istante. Maria non doveva essere sotto il dominio del diavolo nemmeno per un istante, altrimenti Gesù ne avrebbe ereditato il peccato trasmesso tramite la carne di lei. Gesù non è nato come un fantasma ma come un uomo, quindi ha preso la carne da Maria, e se tale carne era infettata dal peccato anche Gesù ne sarebbe stato contagiato, forse sembrerò ripetitivo ma preferisco rimarcare questi concetti perché
alcuni fratelli scorrono le righe senza ben memorizzare quello che leggono, pieni come sono da tanti e tanti pregiudizi contro la Chiesa cattolica.
Qualsiasi persona che accetta Cristo come personale salvatore, viene lavata dai peccati, durante il battesimo, compreso quello di origine, ma ciò non significa che se una donna cristiana mette al mondo un figlio, questi non erediti il peccato originale dalla madre e dal padre, altrimenti le parole di Paolo (Rm 3,9-23) perderebbero di significato. Paolo infatti dice che tutta la specie umana eredita il peccato commesso da Adamo ed Eva. Maria invece (per grazia divina) non fu nemmeno per un istante sotto il peccato, quindi la carne di Gesù non ereditò nessun peccato d’origine umana.
Quando Paolo (Rm 3,9-23) dice: “che nessun uomo nato da donna è immune al peccato, tutti siamo sotto il peccato di Adamo” ma non vi è affatto contrasto tra le sue parole e l’immacolata concezione di Maria, perché la colpa originale pesa in generale sulla specie umana derivata da Adamo, mentre la preservazione di Maria si attua sulla linea della persona, non della specie.
In Maria per singolarissimo privilegio e in vista dei meriti del Figlio, la redenzione opera in modo preventivo, cioè non solo purificandola ma anche preservandola e colmandola di grazia fin dal primo istante del suo concepimento.
Paolo con quelle parole mirava anche a convincere il popolo, per evitare che qualcuno come i farisei o i leviti (di stirpe sacerdotale), si sentisse esente dal peccato. Altrimenti dovremmo pensare per assurdo che siccome Gesù nacque da donna anche Lui fu soggetto al peccato. Paolo non dà questa chiarificazione perché è sott’inteso che Gesù non fu soggetto (cioè schiavo) al peccato, quindi nemmeno Maria, non c’è bisogno che Paolo specifichi, innanzitutto perché l’argomento che
egli tratta nella lettera non è Maria. Basta leggere in Gen 3,15 la stirpe di Maria è la Vita, la stirpe di satana è la morte, e non bisogna mai dimenticare che anche la donna (Maria) è stata dichiarata nemica di satana da Dio stesso, e fin dalla genesi.
Gesù non corrompe la natura, non rompe ciò che Lui ha fatto, ad esempio quando entra nel cenacolo dopo la sua resurrezione, entra a porte chiuse, senza romperle, ha il massimo rispetto per ogni cosa creata, quando il Verbo si è fatto carne non ha corrotto il corpo di Maria, così come non lo ha corrotto durante il parto, le “porte” di Maria erano chiuse e chiuse sono rimaste, Gesù non le ha corrotte. Molti fratelli separati sono dotati di forte intelligenza, e sono anche bravi, sinceri, umili, fraterni, ma ripongono troppa fiducia nei loro pastori. Andare ad addentrarsi in lunghi studi di confronto scoraggia moltissimi fratelli (sia cattolici che protestanti), e moltissimi finiscono col dare fiducia incondizionata al presbitero o al pastore senza verificare, senza studiare, senza esaminare ogni cosa e tenere ciò che è buono “esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono.” (1 Ts 5,21). Quando nelle menti aleggiano i dubbi è sempre bene verificare di persona, il fidarsi troppo di persone che in fin dei conti sono umane e quindi imperfette come noi, non sempre è salutare.
Io devo ringraziare il Signore che ha saputo inculcarmi la pazienza e la volontà di studiare, di confrontare, di addentrarmi in lunghi studi e continui confronti tra i diversi modi (cattolici e protestanti) di interpretare la Bibbia, se non ci fosse stata nella mia vita mia moglie che mi ha motivato ad affrontare questi studi, io non sarei mai riuscito da solo a capire la verità, non mi sarei mai sognato di mettermi a studiare la Bibbia per passione, non mi sarei mai sognato di andare a reperire libri protestanti e cattolici per confrontare la varie tesi ed ipotesi in essi contenuti. Eppure il Signore in maniera mirabile mi ha coinvolto, ha suscitato in me un fortissimo desiderio di conoscenza, e rifacendomi al consiglio di san Paolo “esaminate ogni cosa e tenete ciò che è buono” mi sono addentrato in questi lunghi studi biblici. Non mi sono però mai creato una verità personalizzata, ho sempre creduto che Gesù avesse incaricato dei custodi che vigilassero la Sua verità, chi fa le leggi non le lascia in mano al popolo, ma predispone un organo che vigili su di esse e sulla relativa applicabilità.
C’è chi tra i protestanti mette in dubbio i tre giorni che passarono tra morte e risurrezione, dicendo che in realtà furono solo due, parte del venerdì e il sabato.
Da notarsi anche che, nella Genesi, il giorno comincia col sorgere della luce e finisce con le tenebre, volendosi indicare con ciò la caduta dell’uomo; nel Nuovo Testamento invece il giorno inizia dalle tenebre per muovere verso la luce, come fu detto: Dalle tenebre sorge la luce. Con ciò si
indica l’uomo che, liberato dai peccati, giunge alla luce della giustizia, ecco perché furono tre giorni. Venerdì è inteso un intero giorno, che comincia con le tenebre che avvolsero tutta la terra, il sabato e la notte della domenica che comincia dopo la mezzanotte del sabato è inteso come il terzo giorno.
Del resto il Signore ha sempre dimostrato che preferisce far concorrere l’uomo nei suoi piani divini, così come fece ad esempio con Mosè, che intercedeva a favore del popolo, Dio indubbiamente avrebbe potuto eseguire tutto in prima persona, invece a causa del suo infinito amore verso l’uomo, ha preferito agire tramite l’uomo.
Ricordiamo che in Luca 1,31 l’angelo dice a Maria “Ecco tu concepirai e partorirai un figlio…” si capisce che l’evento soprannaturale vale sia per il concepimento che per il parto, perché Dio, come ha concepito inspiegabilmente (per la mente umana) senza corrompere la natura di Maria, così pure è in grado di farla partorire senza che la sua verginità fosse infranta.
Il parto è legato al concepimento, soprannaturale fu il concepimento, e soprannaturale fu il parto, Dio non ha corrotto la natura di Maria, questo è l’evento eccezionale, legato all’incarnazione del Verbo!
Se si leggono attentamene i versetti di Luca 2,6-7 si nota che l’evangelista medico sottolinea che Maria dopo che ebbe partorito avvolse in fasce suo figlio e lo depose in una mangiatoia, ma quale madre dopo il parto ha le forze di pulire il figlio, avvolgerlo in fasce, alzarsi e deporlo nel lettino, (che per Gesù era la mangiatoia)? Gesù nacque in una umile grotta, e furono i pastori per primi a rendergli omaggio, come mai i pastori, e non i contadini? Gesù è il pastore dei pastori, il pastore supremo.
Ma spendiamo qualche altra riflessione per il parto, che per tutte le donne è molto doloroso e stancante, una donna che partorisce diventa sfinita dagli sforzi e dal dolore, e non si è mai vista una donna che dopo aver partorito abbia avuto la forza di pulire il piccolo, avvolgerlo e deporlo sul letto, di solito queste cose le fanno le infermiere, o i parenti che assistono al parto, in Luca 2,6-7 invece viene detto che fu Maria a prendersi cura di Gesù, Giuseppe viene nominato prima, quando si parla del censimento, ma durante e dopo il parto viene nominata solo Maria. Questa è un’ulteriore prova che il suo fu un parto eccezionale, fuori dal comune, un parto diverso da tutti gli altri, così come diverso da tutti gli altri fu il concepimento di Gesù.
I protestanti che vogliono a tutti i costi annullare la verginità di Maria, dovrebbero, per scrupolo di coscienza, andare a leggere cosa pensassero della verginità mariana Lutero, Zwingli e Calvino rimarranno a bocca aperta.
Nel corso dei secoli i protestanti basandosi sulla (loro) legge della libera interpretazione, finirono per stravolgere e annullare la verginità di Maria. Alcuni gruppi protestanti si sono convinti della perpetua verginità di Maria e l’hanno accettata, come ad esempio gli anglicani e molti altri, i pentecostali nati nei primi anni del 1900 rigettano nettamente tale mistero, quasi ne valesse del proprio onore personale, ci mettono impegno, energia e alcune volte cattiveria nel negare la verginità mariana.
In circa un anno di frequenza di studi biblici protestanti, io non ho mai sentito dire al pastore pentecostale che Lutero, Calvino e Zwingli difendevano la perpetua verginità di Maria.
Eppure in quell’anno nella loro comunità tale pastore ha svolto uno studio proprio su Lutero, e gli anziani lo hanno coadiuvato nello spiegare ai fedeli la vita e il pensiero dell’ex monaco agostiniano; in verità i fedeli ed io non abbiamo appreso affatto dalla loro bocca che Lutero sosteneva la perpetua verginità di Maria. Forse il pastore avendo studiato psicologia evita di menzionare alcuni fatti, per non confondere le idee dei suoi fedeli, per non creare in loro punti di domanda, dubbi.
Ma in effetti i dubbi a molti fedeli protestanti dovrebbero venire, perché i loro pastori nascondono tante cose, raccontano solo una parte della storia e della verità cristiana, spesso anche inconsciamente. Sì, ho scritto “inconsciamente” e non ho sbagliato, abituati come sono ad assorbire prediche anticattoliche, sentendo continuamente demolire i dogmi cattolici, molti pastori danno per scontare alcune loro “verità”, gli viene spontaneo parlare in un certo modo, e quando insegnano ai loro fedeli non sono coscienti di star nascondendo una parte della verità, perché la sconoscono.

LA SCIENZA DELLA CORRETTA INTERPRETAZIONE

Se dovremmo attenerci rigorosamente e letteralmente a ciò che è scritto nella sola Bibbia, non potremo mai capire alcuni fatti che in essa vengono raccontati; ad esempio se Adamo ed Eva furono i primi e i soli uomini sulla terra, di conseguenza Caino e Abele dovevano essere soli, sulla terra dovevano esistere solo loro due, e allora come si spiega che Caino dopo aver ucciso Abele si preoccupava se qualcuno venendo a conoscenza del suo misfatto lo uccidesse?
Chi poteva essere questo “qualcuno” se Caino non aveva altri fratelli e non esistevano altri uomini? Come e con chi poté sposarsi Caino se non esistevano altri uomini?
Eppure nella Bibbia viene detto che Adamo ed Eva furono i primi due esseri umani, Caino e Abele i loro figli, se ci dovremmo attenere letteralmente a quanto leggiamo dovremmo dedurre che il profeta che ha scritto la Genesi si è sbagliato, oppure che Dio abbia sbagliato nell’ispirazione data all’agiografo. Eppure chi ha studiato teologia o chi ha studiato serenamente e profondamente la Bibbia capisce che nella Genesi (ma anche in altri Libri Sacri) viene usato un linguaggio simbolico, ciò che importa sapere è che Dio ama l’uomo, lo ha creato per amarlo, e che il peccato è entrato nel mondo per mezzo di satana che ha corrotto l’uomo, facendo passare Dio per bugiardo, infatti Adamo mangiando la mela ha dimostrato di non aver creduto in Dio, credeva che gli avesse mentito riguardo all’albero dal frutto proibito.
Per deduzione si capisce che sulla terra ci dovevano essere altri uomini creati da Dio, non si capisce perché molti protestanti in alcuni casi accettano le deduzioni (la cacciata di satana, la trinità ecc.) e in altri pretendono di dover leggere alla lettera ciò che la Chiesa cattolica deduce.
E’ evidente che la Bibbia va capita, e non presa alla lettera;
capita, significa studiata attenendosi alla santa guida ecclesiastica, non interpretando ognuno a modo proprio le Sacre Scritture, “attenendosi alle legge della libera interpretazione” come fanno i protestanti.
Se noi cattolici onoriamo Maria, non commettiamo peccato; nella stessa Bibbia troviamo scritto che bisogna onorare il padre e la madre, onorandoli certamente non manchiamo di rispetto a Gesù, allo stesso modo onorando Maria onoriamo Gesù.
Ad esempio cosa ci vuol dire la Bibbia con l’episodio delle nozze di Cana? Quell’episodio serve forse a disprezzare Maria, o a farci prendere le distanze da lei, come apparentemente fece Gesù?
Gli argomenti in favore di questa interpretazione vengono sia dal contesto, dal senso e dalla logica, sia dalla filologia (lingua, traduzioni antiche, sintassi greca), sia ancora dall’esegesi patristica.
Un’offesa pubblica di Gesù a sua madre parrebbe tanto più assurda proprio nel vangelo che si fonda sulla testimonianza oculare di quel Discepolo Amato a cui Gesù dalla croce aveva affidato Maria.
Anche le antiche versioni copte appoggiano questa interpretazione, in quanto rendono: “Che cosa ha a che vedere questo con me, e anche con te?”
Parimenti la sostiene un’indagine sistematica di tutte le attestazioni greche, dall’antichità alla Patristica, del costrutto ti+ pronome personale dativo + kai + dativo. In almeno due passi della Bibbia dei LXX (Settanta) 2Re 16,10 e 9,23, questo costrutto può essere inteso nel senso “Che cosa importa a me e a te?” in riferimento all’osservazione immediatamente precedente dell’interlocutore, esattamente come in Gv 2,4.
Già in Platone (Gorg. 455D2), del resto e poi in Porfirio (Abst 4.18), ti + dativo in una domanda significa “che cosa importa (a te/a noi?)”.
Ulteriori conferme vengono dall’esegesi patristica in una lettera di Teodoreto a Giustino, per questo autore, ti emoi kai soi significa “Che importa questo a me e a te?”

In ogni ogni caso rifacendosi all’errata traduzione S. Agostino ci dice:

“Attraverso le stesse circostanze egli ci vuole suggerire qualcosa, poiché ritengo che non senza una ragione il Signore intervenne alle nozze. A parte il miracolo, il contesto stesso adombra qualche mistero, qualche sacramento. Bussiamo perché ci apra e c'inebri del vino invisibile. Anche noi eravamo acqua e ci ha convertiti in vino, facendoci diventare sapienti; gustiamo infatti la sapienza che viene dalla fede in lui, noi che prima eravamo insipienti. Credo sia proprio mediante la sapienza - non disgiunta dall'onore reso a Dio, dalla lode della sua maestà e dall'amore della sua potentissima misericordia - è proprio mediante la sapienza che potremo pervenire all'intelligenza spirituale di questo miracolo. 3. Di fronte a tanti prodigi compiuti per mezzo di Gesù Dio, c'è da meravigliarsi se l'acqua è mutata in vino per mezzo di Gesù uomo? Diventando uomo, egli non ha cessato di essere Dio: si è aggiunto l'uomo, non è venuto meno Dio. Chi ha compiuto questo prodigio è colui che ha creato tutte le cose. Non dobbiamo meravigliarci che Dio abbia fatto questo, ma piuttosto ringraziarlo perché lo ha fatto in mezzo a noi, e per la nostra salvezza.

[Lo sposo avanza.]

4. Invitato, il Signore si reca ad un festino di nozze. C'è da meravigliarsi che vada alle nozze in quella casa, lui che è venuto a nozze in questo mondo? Se non fosse venuto a nozze, non avrebbe qui la sposa. E che senso avrebbero allora le parole dell'Apostolo: Vi ho fidanzati ad uno sposo unico, come una vergine pura da presentare a Cristo? Che cosa teme l'Apostolo? Che la verginità della sposa di Cristo venga corrotta dall'astuzia del diavolo. Temo - dice - che come nel caso di Eva, il serpente nella sua astuzia corrompa i vostri sentimenti, deviandoli dall'amore sincero e casto verso Cristo. Il Signore ha qui, dunque, una sposa che egli ha redento col suo sangue, e alla quale ha dato come pegno lo Spirito Santo (2 Cor 11, 2-3; 1, 22). L'ha strappata alla tirannia del diavolo, è morto per le sue colpe, è risuscitato per la sua giustificazione (cf. Rm 4, 25). Chi può offrire tanto alla sua sposa? Offrano pure gli uomini quanto c'è di meglio al mondo: oro, argento, pietre preziose, cavalli, schiavi, ville, possedimenti: ci sarà forse qualcuno che può offrire il suo sangue? Se uno offrisse il suo sangue per la sposa, come potrebbe sposarla? Il Signore invece affronta serenamente la morte, dà il suo sangue per colei che sarà sua dopo la risurrezione, colei che già aveva unito a sé nel seno della Vergine. Il Verbo, infatti, è lo sposo e la carne umana è la sposa; e tutti e due sono un solo Figlio di Dio, che è al tempo stesso figlio dell'uomo. Il seno della vergine Maria è il talamo dove egli divenne capo della Chiesa, e donde avanzò come sposo che esce dal talamo, secondo la profezia della Scrittura: Egli è come sposo che procede dal suo talamo, esultante come campione nella sua corsa (Sal 18, 6). Esce come sposo dalla camera nuziale e, invitato, si reca alle nozze.

5. Non è certo senza un motivo recondito che egli sembra non riconoscere la madre, dalla quale era uscito come sposo, quando le dice: Che c'è tra me e te, o donna? La mia ora non è ancora giunta (Gv 2, 4). Cosa significano queste parole? Ha forse presenziato alle nozze per insegnarci a disprezzare la madre? Era andato alle nozze d'un uomo che prendeva moglie per generare dei figli, e che certamente aspirava ad essere onorato dai figli che avrebbe generato. E Gesù avrebbe partecipato alle nozze per mancare di rispetto alla madre, mentre le nozze vengono celebrate e ci si sposa per avere dei figli, ai quali Dio comanda di rendere onore ai genitori? Certamente, fratelli, c'è qui nascosto un mistero. E si tratta di cosa tanto importante che taluni - contro cui, come già abbiamo ricordato, ci ha messo in guardia l'Apostolo dicendo: Temo che, come nel caso di Eva, il serpente nella sua astuzia corrompa i vostri sentimenti, deviandoli dall'amore sincero e casto verso Gesù Cristo (2 Cor 11, 3) - i quali, contraddicendo il Vangelo, sostengono che Gesù Cristo non è nato da Maria Vergine, credono d'aver trovato una conferma al loro errore proprio in queste
parole del Signore. Come poteva essere sua madre - essi dicono - colei alla quale Cristo disse: Che c'è tra me e te, o donna? Bisogna rispondere a costoro spiegando il significato della frase del Signore, affinché non credano d'aver trovato, sragionando, un argomento contro la fede, che corrompa la purezza della sposa vergine, cioè la fede della Chiesa. E davvero si corrompe, o fratelli, la fede di coloro che preferiscono la menzogna alla verità. Costoro infatti che credono di onorare Cristo negando la realtà della sua carne, lo fanno passare per bugiardo. Coloro che costruiscono negli uomini la menzogna, che altro eliminano da essi se non la verità? Vi introducono il diavolo e ne escludono Cristo; vi fanno entrare l'adultero e ne fanno uscire lo sposo. Sono paraninfi o, meglio, agenti del diavolo: con le loro parole aprono la porta al diavolo e scacciano Cristo. In che modo il serpente s'impossessa dell'uomo? Facendo sì che l'uomo ceda alla menzogna. Quando la menzogna domina, domina il serpente; quando la verità domina, domina Cristo. Egli infatti ha detto: Io sono la verità (Gv 14, 6); del diavolo invece ha detto: Non rimase nella verità, perché in lui non c'è verità (Gv 8, 44). Ora, Cristo è talmente la verità che tutto in lui è vero: Egli è il vero Verbo, Dio uguale al Padre, vera anima, vera carne, vero uomo, vero Dio; vera è la sua nascita, vera la sua passione, la sua morte, la sua risurrezione. Se neghi una sola di queste verità, entra il marcio nella tua anima, il veleno del diavolo genera i vermi della menzogna, e nulla rimarrà integro in te.

6. Qual è, dunque, il significato della frase del Signore: Che c'è tra me e te, donna? Forse in ciò che segue il Signore ci mostra perché si è espresso così: Non è ancora giunta la mia ora. Questa è, infatti, l'intera frase: Che c'è tra me e te, donna? Non è ancora giunta la mia ora. Cerchiamo di capire perché si è espresso così. Prima, però, confutiamo gli eretici. Che cosa dice l'inveterato serpente, l'antico istigatore e iniettatore di veleni? Che cosa dice? Che Gesù non ebbe per madre una donna. Come puoi provarlo? Con le parole, tu mi dici, del Signore: Che c'è tra me e te, donna? Ma, rispondo, chi ha riportato queste parole, perché possiamo credere che davvero si sia espresso così? Chi? L'evangelista Giovanni. Ma è proprio l'evangelista Giovanni che ha detto: E la madre di Gesù si trovava là. Questo è infatti il suo racconto: Il terzo giorno in Cana di Galilea si celebrò un festino di nozze, e la madre di Gesù si trovava là. Alle nozze fu invitato anche Gesù con i suoi discepoli (Gv 2, 1-2). Abbiamo qui due affermazioni dell'evangelista. Egli dice: la madre di Gesù si trovava là; ed egli stesso riferisce le parole di Gesù a sua madre. Affinché voi possiate custodire la verginità del cuore di fronte alle insinuazioni del serpente, notate, o fratelli, come nel riferire la risposta di Gesù a sua madre, l'evangelista cominci col dire: Sua madre gli dice... Nella medesima narrazione, nel medesimo Vangelo, il medesimo evangelista riferisce: La madre di Gesù si trovava là, e: Sua madre gli disse. Di chi è questa narrazione? Dell'evangelista Giovanni. E che cosa Gesù risponde alla madre? Che c'è tra me e te, o donna? Ed è lo stesso evangelista Giovanni a narrarcelo. O evangelista fedelissimo e veracissimo, tu mi racconti che Gesù disse a sua madre: Che c'è tra me e te, donna? Perché hai dato l'appellativo di madre a colei che non riconosce tale? Tu infatti hai detto che là si trovava la madre di Gesù, e che sua madre gli disse... Perché non hai detto piuttosto:
Là si trovava Maria, e Maria gli disse? Tu riferisci tutte e due le espressioni: e sua madre gli disse, e Gesù le rispose: Che c'è tra me e te, donna? Perché questo, se non perché tutte e due le espressioni sono vere? Gli eretici, invece, credono all'evangelista quando narra che Gesù disse a sua madre: Che c'è tra me e te, donna?, e non vogliono credere all'evangelista che riferisce: Là si trovava la madre di Gesù, e sua madre gli disse... Ebbene, chi è che resiste al serpente e custodisce la verità, e la cui integrità spirituale non è violata dall'astuzia del diavolo? Certamente chi ritiene vere ambedue le cose: che là si trovava la madre di Gesù, e che Gesù rispose a sua madre in quel modo. Se ancora non riesci a capire come mai Gesù abbia risposto: Che c'è tra me e te, donna?, tuttavia credi che Gesù ha detto queste parole, e che le ha dette a sua madre. Se la fede è fondata sulla pietà, anche l'intelligenza raccoglierà il suo frutto.

[Cercate la verità senza polemizzare.]
7. Domando a voi, fedeli cristiani: C'era la madre di Gesù alle nozze? Voi rispondete che c'era. Come lo sapete? Voi rispondete: Lo dice il Vangelo. Che cosa rispose Gesù a sua Madre? Voi dite: Che c'è tra me e te, donna? Non è ancora giunta la mia ora. E anche questo come lo sapete? Voi rispondete: Lo dice il Vangelo. Che nessuno vi corrompa questa fede, se volete conservare per lo sposo una casta verginità. Se poi qualcuno vi domanda perché Gesù rispose così a sua madre, parli chi è riuscito a capire; e chi non è ancora riuscito a capire, creda fermissimamente che Gesù ha dato questa risposta, e l'ha data a sua madre. Questo spirito di pietà gli otterrà anche di capire il senso di quella risposta, se busserà pregando, e non si accosterà alla porta della verità solo discutendo. Soltanto eviti, mentre ritiene di sapere o si vergogna di non sapere il motivo di quella risposta, di ridursi a credere che l'evangelista riferendo che là si trovava la madre di Gesù, ha mentito; oppure che Cristo ha sofferto per le nostre colpe una morte fittizia, ha mostrato per la nostra giustificazione false cicatrici, ed ha affermato il falso quando disse: Se voi rimanete nella mia parola, siete veramente miei discepoli; e conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi (Gv 8, 31-32). Perché se la madre è fittizia, fittizia è la carne, fittizia è la morte, fittizie le ferite della passione, fittizie le cicatrici della risurrezione; allora non sarà la verità a liberare quelli che credono in lui, ma piuttosto la falsità. E invece la falsità ceda il passo alla verità, e siano confusi tutti quelli che vorrebbero sembrare veraci proprio mentre si sforzano di dimostrare che Cristo è menzognero, e non vogliono sentirsi dire: - Non vi crediamo perché mentite -, mentre loro vanno dicendo che la verità stessa ha mentito. Se poi domandiamo a costoro come fanno a sapere che Cristo ha detto: Che c'è tra me e te, donna?, essi rispondono che hanno creduto al Vangelo. Ma perché allora non credono al Vangelo, quando dice: là si trovava la madre di Gesù, e sua madre gli disse...? Che se dicendo questo il Vangelo mentisce, come gli si può credere quando riferisce le parole di Gesù: Che c'è tra me e te, donna? Non farebbero molto meglio, questi miserabili, a credere sinceramente che il Signore ha dato questa risposta a sua madre e non ad una estranea? e cercare religiosamente il senso di questa risposta? C'è infatti una grande differenza tra chi dice: - Vorrei sapere perché Cristo ha risposto così a sua madre -, e chi dice: - Io so che questa risposta Cristo non l'ha data a sua madre -. Altro è voler chiarire ciò che è oscuro, altro è rifiutare di credere ciò che è chiaro. Chi dice: - Voglio sapere perché Cristo ha risposto così a sua madre -, desidera gli sia chiarito il Vangelo, al quale crede; chi invece dice: - So che Cristo non ha dato questa risposta a sua madre -, accusa di menzogna il Vangelo, dal quale ha appreso che Cristo ha risposto così.

[Fede e intelligenza.]

8. E adesso, fratelli, che abbiamo risposto a costoro, che nella loro cecità son destinati a rimanere nell'errore fin quando umilmente accetteranno di essere guariti, se volete, noi cercheremo di sapere perché nostro Signore abbia risposto in quel modo a sua madre. Caso unico, egli è nato dal Padre senza madre, dalla madre senza padre: senza madre come Dio, senza padre come uomo; senza madre prima dei tempi, senza padre nella pienezza dei tempi. Questa risposta l'ha data proprio a sua madre, perché là c'era la madre di Gesù, e la madre di Gesù gli disse... Tutto questo lo dice il Vangelo. Dal Vangelo sappiamo che là c'era la madre di Gesù, e dallo stesso Vangelo sappiamo che Gesù disse a sua madre: Che c'è tra me e te, donna? Non è ancora giunta la mia ora. Crediamo tutto, e mettiamoci a cercare ciò che ancora non abbiamo capito. E anzitutto state attenti che, come i manichei han trovato pretesto alla loro incredulità nel fatto che il Signore disse: Che c'è tra me e te, donna?, così gli astrologhi non trovino pretesto per la loro ciarlataneria nel fatto che il Signore disse: Non è ancora giunta la mia ora. Se il Signore ha detto questo nel senso degli astrologi, noi abbiamo commesso un sacrilegio bruciando i loro scritti. Se, invece, abbiamo fatto bene, seguendo il costume del tempo degli Apostoli (cf. At 19, 19), è perché le parole del Signore: Non è ancora giunta la mia ora, non sono da interpretare nel senso che pretendono loro. Infatti, questi ciarlatani, sedotti e seduttori, vanno dicendo: Come vedete, Cristo era soggetto al fato, poiché dice: Non è ancora giunta la mia ora. A chi risponderemo prima: agli eretici, o agli astrologi? Sia gli uni che gli altri provengono dal serpente, e si propongono di violare la verginità spirituale della
Chiesa, che consiste nell'integrità della sua fede. Se volete, prima rispondiamo a coloro ai quali per primi mi sono riferito, ai quali peraltro in gran parte abbiamo già risposto. Ma affinché non pensino che noi non sappiamo che dire in merito alla risposta che il Signore ha dato a sua madre, vi vogliamo documentare meglio contro di loro; perché, a confutarli, credo bastino le cose già dette.

9. Perché dunque il figlio ha detto alla madre: Che c'è tra me e te, donna? Non è ancora giunta la mia ora? Nostro Signore Gesù Cristo era Dio e uomo. Come Dio non aveva madre, come uomo l'aveva. Maria, quindi, era madre della carne di lui, madre della sua umanità, madre della debolezza che per noi assunse. Ora, il miracolo che egli stava per compiere, era opera della sua divinità, non della sua debolezza: egli operava in quanto era Dio, non in quanto era nato debole. Ma la debolezza di Dio è più forte degli uomini (1 Cor 1, 25). La madre esigeva un miracolo ed egli, accingendosi a compiere un'opera divina, sembra insensibile ai sentimenti di tenerezza filiale. E' come se dicesse: Quel che di me compie il miracolo, non l'hai generato tu: tu non hai generato la mia divinità; ma siccome hai generato la mia debolezza, allora ti riconoscerò quando questa mia infermità penderà dalla croce. E' questo il senso della frase: Non è ancora giunta la mia ora. Sulla croce riconobbe la madre, lui che da sempre la conosceva. Conosceva sua madre prima di nascere da lei, quando la predestinò; e prima di creare, come Dio, colei della quale come uomo sarebbe stato creatura. Tuttavia, in una certa ora misteriosamente non la riconosce, e poi in un'altra ora, che ancora doveva venire, di nuovo misteriosamente la riconosce. La riconobbe nell'ora in cui stava morendo ciò che ella aveva partorito. Moriva, infatti, non il Verbo per mezzo del quale Maria era stata creata, ma la carne che Maria aveva plasmato; non moriva Dio che è eterno, ma la carne che è debole. Con quella risposta, dunque, il Signore vuole aiutare i credenti a distinguere, nella loro fede, la sua persona dalla sua origine temporale. E' venuto per mezzo di una donna, che gli è madre, lui che è Dio e Signore del cielo e della terra. In quanto Signore del mondo, Signore del cielo e della terra, certamente egli è anche Signore di Maria; in quanto creatore del cielo e della terra, è anche creatore di Maria; ma in quanto nato da donna e fatto sotto la legge (Gal 4, 4) - secondo l'espressione dell'Apostolo -, egli è il figlio di Maria. E' ad un tempo Signore e figlio di Maria, ad un tempo creatore e creatura di Maria. Non meravigliarti del fatto che è ad un tempo figlio e Signore: Vien detto figlio di Maria come vien detto figlio di Davide, ed è figlio di Davide perché è figlio di Maria. Ascolta la testimonianza esplicita dell'Apostolo: Egli è nato dalla stirpe di Davide secondo la carne (Rm 1, 3). Ma egli è altresì il Signore di Davide. E' lo stesso Davide che lo afferma. Ascolta: Parola del Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra (Sal 109, 1). Gesù pose i Giudei di fronte a questa testimonianza, e con essa li ridusse al silenzio. Come dunque egli è insieme figlio e Signore di Davide (Mt 22, 45), figlio secondo la carne e Signore secondo la divinità, così è figlio di Maria secondo la carne e Signore di Maria secondo la maestà. E poiché Maria non era madre della divinità, e il miracolo che ella chiedeva doveva compiersi in virtù della divinità, per questo disse: Che c'è tra me e te, donna? Non credere però, o Maria, che io voglia rinnegarti come madre; gli è che non è ancora giunta la mia ora; allora, quando l'infermità di cui sei madre penderà dalla croce, io ti riconoscerò. Ecco la prova di questa verità. Narrando la passione del Signore, il medesimo evangelista, che conosceva la madre del Signore e che come tale ce l'ha presentata in queste nozze, dice così: Stava là, presso la croce, la madre di Gesù, e Gesù disse a sua madre: Donna, ecco tuo figlio; poi al discepolo: Ecco tua madre (Gv 19, 25-27). Affida la madre al discepolo; affida la madre, egli che stava per morire prima di lei e che sarebbe risorto prima che ella morisse: egli, uomo, raccomanda ad un uomo una creatura umana. Ecco la natura umana che Maria aveva partorito. Era venuta l'ora alla quale si riferiva quando aveva detto: Non è
ancora giunta la mia ora.”

Perché Gesù, affida la madre a Giovanni, quando Egli sapeva che dopo appena tre giorni sarebbe risuscitato? Egli stesso avrebbe potuto prendersi cura della madre, sapeva pure che dopo cinquanta giorni avrebbe mandato il Consolatore, che avrebbe fortificato tutti i credenti, e allora che senso ha l’affidamento di Giovanni a Maria e di Maria a Giovanni?
E’ chiaro che Gesù con quelle parole ha voluto affidare la Chiesa nascente a Sua madre, questo come Dio, come uomo invece prega Giovanni di prendersi cura di Maria sua madre e della stessa Chiesa nascente.

Ma come mai l’evangelista ci racconta l’episodio delle nozze, senza che parli sufficientemente degli sposi? I primi due versetti introducono i personaggi del racconto e i loro rapporti reciproci. Le circostanze (le nozze) sono esposte senza che si parli, come ci si aspetterebbe, degli sposi. La sposa non viene mai nominata e lo sposo interviene soltanto in seguito a una confusione del direttore di mensa.
Gli altri personaggi sono Gesù, la madre di Gesù, i suoi discepoli, i servi, il direttore di mensa. Si nota che tutti i personaggi sono presentati in riferimento a Gesù: sua madre, i suoi discepoli. I discepoli non hanno nessun ruolo attivo, ma sono tuttavia importanti come testimoni della scena e come oggetto di una trasformazione: alla fine divengono credenti.

Scena 1°: Gesù e sua madre (vv. 3-4). La mancanza di vino, elemento costitutivo di una festa di nozze, è il punto di partenza del racconto. Nelle nozze ebraiche, che duravano una settimana, bisognava prevedere una quantità sufficiente di bevande.
La madre di Gesù (chiamata sempre così nel vangelo di Giovanni) prende l’iniziativa d’intervenire. Lo fa, non con una domanda diretta, ma attraverso un’affermazione (il che, nel vangelo di Giovanni, è spesso la forma rispettosa della richiesta). Così Marta e Maria chiedono a Gesù d’intervenire: “Colui che tu ami è ammalato” (11,3). Di norma era compito del direttore di mensa (e anzitutto dello sposo) di prevedere questi dettagli. Non è certamente per caso se, nello schema di cui sopra, la scena tra sua madre e Gesù è parallela alla scena tra il direttore di mensa e lo sposo.
A Cana la madre di Gesù è divenuta la prima sua discepola, perché per fede gli chiese il suo intervento, fu la prima ad avere fede nel Figlio.

Scena 2°: La madre di Gesù e i servi (5-6). La parola della madre di Gesù ai servi attesta che Maria ha compiuto quel superamento al quale la invitava Gesù. “Fate quello che vi dirà”. La frase manifesta l’adesione incondizionata; la madre carnale diviene così la prima dei discepoli.

Scena 3°: Gesù e i servi (vv. 7-8a). Nello schema che abbiamo proposto, questa scena è isolata: è il segno che occupa il posto centrale. L’evangelista insiste come se descrivesse al rallentatore le diverse azioni, gli ordini e la loro esecuzione: “Riempite le giare di acqua”. Le riempirono fino all’orlo. Dice loro: “Ora attingete e portatene al direttore di mensa”. Essi ne portarono (7-8). E’ il tempo del compimento delle meraviglie: la mancanza che ha dato origine al racconto è colmata; tutto potrebbe così concludersi nella gioia e nella festa.

Scena 4°: Il direttore di mensa e i servi (vv. 8b-9a). In realtà comincia adesso il malinteso. Il direttore di mensa “non sapeva donde veniva” il vino. L’origine misteriosa dell’acqua divenuta vino rimanda all’origine misteriosa di Gesù e dei suoi doni. I servi, simbolo dei credenti che obbediscono alla parola, sono qui contrapposti al direttore di mensa: essi sapevano. Ecco contrapposti i sapienti scribi ebrei agli umili servi, i primi non capirono, i secondi conobbero la verità. Cristo si rivela per prima ai servi, il direttore di mensa che doveva essere (umanamente, logicamente) il primo ad essere avvisato non sapeva donde venisse quel vino, i servi sì.

Scena 5°: Il direttore di mensa e lo sposo (vv. 9b-10). Guardiamo il prospetto tracciato all’inizio di questo commento: il direttore di mensa e lo sposo corrispondono alla madre di Gesù e a Gesù: il malinteso è al colmo. Il direttore di mensa ignora che qualcuno si è sostituito a lui nelle sue funzioni; ignora anche che lo sposo non è quello che egli crede. Non sa e si contenta ricordando “quel che di fa di solito”, (prima si offre il vino buono, e poi quando gli ospiti sono meno lucidi, si
offre quello meno buono). Ciò che è accaduto è il contrario del ripetitivo e per vederlo bisogna saper superare “quel che si fa di solito”.
L’accenno alle sei giare vuote indica simbolicamente che le nozze tra Israele e il suo Dio sono giunte a un punto morto: la cifra sei indica imperfezione (sette meno uno). Inoltre il dialogo tra Gesù e sua madre ricorda, nei suoi termini, altri dialoghi nell’Antico Testamento. Quando l’Egitto manca di pane, il faraone invita il popolo a rivolgersi a Giuseppe: “Poi tutta la terra d’Egitto incominciò a sentire la fame, ed il popolo gridò al faraone per il pane. Allora il faraone disse a tutti gli egiziani: “Andate da Giuseppe, fate quello che vi dirà” (Gn 41,55). Così Gesù appare come il nuovo Giuseppe che fa mangiare il popolo e che permette di passare dalla penuria alla sovrabbondanza. Ma l’accostamento più evidente sembra essere Es 19,8, in cui il popolo aderisce all’alleanza in questi termini: “Tutto quello che il Signore ha detto, noi lo faremo”. La madre di Gesù è allora il simbolo del nuovo Israele.
Il miracolo di Cana è scritto a uso dei credenti che hanno fatto l’esperienza pasquale e che hanno rotto i ponti con il giudaismo, come traspare dalla costruzione del racconto. L’inizio e la conclusione situano il lettore in un contesto pasquale: il terzo giorno, qui tradotto “tre giorni dopo” (2,1) evoca la risurrezione, in cui si è rivelata la gloria (2,11) di Gesù e in cui la fede dei discepoli è divenuta totale. L’insieme del racconto descrive in che modo in Gesù si attua il passaggio dal giudaismo al cristianesimo. Il giudaismo, con il quale i primi cristiani hanno rotto i ponti, è qui presentato come un movimento religioso in via di esaurimento. Le sei giare destinate alla purificazione dei giudei sono vuote; i responsabili (lo sposo e il direttore di mensa) della festa di nozze sono imprevidenti: il festino messianico è sul punto di restare in secca. Per di più, quando Gesù interviene, dando alle nozze un prolungamento inaspettato e meraviglioso, il direttore di mensa e lo sposo (immagine d’Israele) sono incapaci di accogliere la novità che si offre in Gesù: il direttore di mensa si contenta di volgersi verso il passato e di ripetere “quello che si fa di solito”.
La madre di Gesù è presente: è colei grazie alla quale la festa tra Dio e l’umanità ridiventa possibile. Conduce il nuovo Israele (simboleggiato qui dai servi) verso Gesù, ma nel fare ciò diventa ella stessa la donna, immagine del nuovo Israele, che si sottomette a suo figlio: “Fate quello che vi dirà”. La quantità e la qualità eccezionale del vino significano che la festa messianica è cominciata e che ormai il vino non potrebbe mancare. “Hanno bevuto tutto? – si domandava un padre della Chiesa. – No, perché noi ne beviamo ancora.” (cf commento al vangelo di Giovanni, di Alain Marchadour, ed. San Paolo).
Fratelli, con umiltà chiniamoci di fronte alla profondità della Parola di Dio, e ammettiamo la nostra passata ignoranza!
Tutta questa sublimità, i comuni e semplici fedeli protestanti (ma anche tantissimi cattolici) l’avevano intravista in questi versetti?
Avete visto che profondità ha la Parola di Dio?
Gesù che ci insegna ad onorare i nostri genitori come poteva mancare di rispetto a sua madre?
Solo studiando le espressioni linguistiche di quei tempi si può capire il vero significato di quel titolo “donna”. Maria nelle nozze di Cana indirizza il popolo verso suo Figlio, dicendo “fate ciò che Egli vi dirà”. Queste parole vanno ben al di là della semplice apparenza, perché dimostrano innanzitutto la fede di Maria, la quale crede che Gesù sia capace di fare quel prodigio, e poi sottolineano anche la sua figura che indirizza il popolo verso suo Figlio. E’ interessante notare pure come qui i presunti fratelli carnali di Gesù (presunti figli di Maria) non vengono menzionati, come mai? Di questo argomento ne parleremo nell’apposito capitolo.
I tdG ad esempio commentano le nozze di Cana dicendo che “Maria imparò la lezione e restò sottomessa”, ma se leggiamo tutto l’episodio si capisce che Maria non imparò nessuna lezione (perché lezione non era) infatti dice ai servi “fate ciò che Egli vi dirà” quindi Maria era sicura che Gesù l’avesse accontentata.
Si vede che c’era un progetto divino, perché se Gesù non avesse voluto manifestarsi non iniziava proprio a Cana i suoi segni, Gesù anticipa la sua manifestazione e compie quel miracolo non per cercare il sensazionalismo, ma per dimostrare in piccolo quello che farà quando saremo tutti nel Suo
Regno, Gesù opera i miracoli per dimostrare che Egli è il Messia che le Scritture avevano annunciato.

LA MEDIAZIONE

I patriarchi si comportano verso Dio senza intermediari (Gesù ancora non era venuto nel mondo); la scala misteriosa di Giacobbe (Gen 28,12) popolata di angeli che salgono e scendono dal cielo preludono ad un abbozzo del sistema di mediazione che vigerà nella economia della salvezza.
Tutti sappiamo della intercessione di Abramo per gli abitanti di Sodoma e per la salute di Abimelek di Gerar (Gen 18,22-32; 20,17). Il primo e più grande mediatore dell’A.T. è Mosè (Es 17,11) poi c’è la mediazione dei profeti, ecc..
Nel N.T. ci imbattiamo varie volte nella intercessione o mediazione secondaria o subordinata; alcuni anziani intercedono presso Gesù per il centurione romano (Lc 7,2-10); in Gv 2,3 è la madre di Gesù che chiede ed ottiene dal Figlio; in At 12,5 la Chiesa pregava per Pietro; in molti passi delle lettere paoline si trova la preghiera di cristiani fatta per gli altri ( Col 1,9-14; Rm 1,8-1; Mc 1,30); in Mt 14,19 e Mc 6,39 troviamo che i discepoli fanno da intermediari tra Gesù e la folla. E’ vero che Gesù è Mediatore unico e perfetto, ma è anche vero che Egli ha lasciato come prolungatori della sua mediazione i discepoli che continuano nel mondo “fino alla fine dei tempi” la Sua opera di salvezza come responsabili della Parola, della Chiesa, del battesimo, dell’Eucaristia, del perdono dei peccati, ecc...
Il N.T. ci dice spesso che i cristiani siamo tutti uniti e formiamo un sol corpo in Cristo, pur essendo molti e con mansioni diverse (1 Cor 12,4-12; 20,20-26; Ef 4,11). L’apostolo Paolo chiede ai fedeli preghiere per sé e per gli altri (Rm 15,30; Ef 6,18-19; 1 Tm 2,1-6; 2 Tm 1,18; Gc 5,16). I Santi più dei fedeli ancora viatori (pellegrinanti sulla terra) sono in Cielo con Cristo (Gv 17,24) e , quindi, sono quelli che meglio e maggiormente possono chiedere e ottenere per noi. Però, teniamo sempre presente che l’intercessione o mediazione dei santi, come quella dei fedeli ancora viatori NON INTACCA MINIMAMENTE la posizione di Gesù Cristo, unico e indispensabile mediatore fra Dio e gli uomini. Infatti tutte le preghiere sono rivolte al Padre “per mezzo del nostro Signore Gesù
Cristo”, il quale essendo l’indispensabile Mediatore e Redentore è anche l’unico nostro Salvatore. Come risulta dalla stessa S. Scrittura, non è proibito né ai fedeli (santi ancora sulla terra) né ai santi che già sono in Cristo, intercedere, ossia fare da mediatori secondari e subordinati.
Paolo dice di essere “lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo a favore del suo Corpo che è la sua Chiesa” (Col 1,24).
Gesù non è Lui l’unico mediatore? E cosa può apportare di bene Paolo alla Chiesa, e che cosa forse Paolo è forse presuntuoso?
E’ facile comprendere che qualsiasi intercessione-mediazione è sempre secondaria e subordinata a quella di Cristo.
Pretendono di far diventare sataniche le guarigioni concesse per mezzo delle preghiere di Maria; le guarigioni operate per mezzo di Pietro, Paolo e tutti gli altri erano anch’esse diaboliche?
Pietro e Paolo erano vivi? Ma chi dice che Maria è morta? Ella è morta nella carne, ma il suo spirito non può morire, come pure il nostro, quindi ella continua a far parte della Chiesa e continua a pregare per i fratelli bisognosi.
Come mai le ossa di Eliseo (2 Re 13,21) riportarono in vita un uomo al solo contatto? Se Eliseo era morto e scomparso e anche il suo spirito non esisteva più su questa terra, come mai
quell’uomo risuscitò?
Riflettiamo alla luce della verità, essa ci dice che lo Spirito Santo permane negli uomini santi, anche se muoiono nella carne, a maggior ragione loro continuano a pregare e intercedere per noi ancora pellegrini sulla terra.
Leggiamo nel Vangelo di Giovanni:
Gv 5,2-4 “V’è a Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, una piscina, chiamata in ebraico Betzaetà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un gran numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. 4Un angelo infatti in certi momenti discendeva nella piscina e agitava l’acqua; il primo ad entrarvi dopo l’agitazione
dell’acqua guariva da qualsiasi malattia fosse affetto.”
La stessa Bibbia ci parla di acque miracolose, la stessa Bibbia ci insegna che Dio guarisce l’uomo in modi diversi, e l’uomo guarito loda e ringrazia il Signore, perché qualsiasi credente sa che i santi e Maria sono solo un tramite della Potenza di Cristo.
Perché invece molti fratelli separati appena sentono parlare delle acque di Lourdes gridano allo scandalo se nella stessa Bibbia troviamo esempi simili?
Un’altra guarigione (una delle tante verificate) istantanea di una peritonite tubercolare è stata personalmente controllata da uno scienziato, il premio Nobel Alexis Carrel, americano, convertitosi sul posto.
Suggestione? E’ assurdo parlarne, perché tra i guariti si contano increduli e bestemmiatori e anche bambini di pochi mesi; tutti i miracolati dedicano la loro vita a Dio, i neoconvertiti danno testimonianza della potenza di Dio, ringraziano Maria, ma sanno che è Gesù Cristo ad averli graziati, infatti lo servono ed evangelizzano nel Suo nome.
Prima di inveire contro tali miracoli, farebbero bene a documentarsi, le relazioni mediche sono infatti pubbliche, accessibili a chiunque. E’ forse serio additare le guarigioni che avvengono all’interno della Chiesa cattolica come opere sataniche senza che si guardino le documentazioni? Le opere di Satana non perdurano a lungo, ancora meno credibile è il fatto che il diavolo spinga uomini a pregare Gesù, i miracolati non cessano di pregare Cristo, come mai?
Forse anche Satana si è convertito?


IL CONSENSO DI MARIA

Il sublime giudizio di Dio su Maria è stato grandioso, l’ha graziata fin dal suo concepimento in vista di ciò che l’attendeva.
Alle parole dell’Angelo Gabriele (Lc 1,26-37) segue un silenzio breve ma enorme. Poi, alla proposta incomparabile dell’Angelo, Maria risponde con un “Sì” che scaturisce dal profondo del suo essere verginale e dalla sua umiltà, un “Sì” di consenso e di desiderio, a nome dell’umanità che essa rappresenta: “si faccia di me secondo la tua parola” (Lc 1,38). E’ un “Sì” gigantesco. Che cosa avviene? Cosa mai accaduta e che mai più accadrà a donna: cosa nuova, la novità unica e vera, eterna, per lei e per il cosmo. Ella diviene Sposa, Madre, Figlia di Dio.
Sposa di Dio. Perché Maria offre e unisce non a un uomo, ma a Dio, verginalmente, la sua anima e il suo corpo: offre la sua carne come ostia gradevole, vivente, con un vero culto conforme a ragione. Perché Dio non forza i cuori ma ne chiede il consenso!
Madre di Dio. Maria usa del diritto più alto di una creatura, quello di servire a Dio, servizio che per lei donna, si attua nella forma più alta del servire: la maternità. Diviene madre, non di un uomo, sia pure grande, grandissimo, in cui opereranno energie divine o che a un certo momento comincerà ad essere Dio; diviene madre di Colui che è Dio da sempre e comincia ad essere Uomo nel primo istante in cui, per opera dello Spirito Santo, ella Lo concepisce nelle sue viscere. Da quel primo istante l’avvolge (dice S. Tommaso) una certa infinita dignità. E’ madre di Dio che si è fatto Uomo per redimere gli uomini dal peccato: Madre del Redentore, il Quale le porta, ma anche le chiede molto.
Figlia di Dio. Maria è la prima cristiana in ordine di dignità e di tempo, in quanto il Cristianesimo (la cui essenza è Cristo) nasce nelle sue viscere materne. “Cristo e la Chiesa, due in una carne, sono nati in grembo a lei”, che è quindi il primo membro del Corpo mistico di Cristo. E’ la prima redenta dal Cristo Redentore, in modo così totale, che in previsione dei meriti di Lui, ella è totalmente esente dal peccato che grava sulla natura umana. Ella è immacolata, è l’Immacolata; perché questa
figlia di Dio doveva essere anche la madre di Dio. Essa è piena di grazia: nessun peccato, neppure lievissimo la sfiorerà mai, il capitale di grazia ricevuto, fruttificando sempre e sempre crescendo, per la fede di lei, giungerà ad una pienezza sovrabbondante per lei e per il genere umano.
Il Signore dice: “Ave o piena di grazia”, (Lc 1,28) perché è certo che se l’angelo la saluta così lo fa per volere di Dio. Invito ancora i lettori a riflettere attentamente, e valutare bene i versetti letti in Luca 1,28; se l’angelo definisce Maria “piena di grazia” il lettore attento oltre a notare la parola “piena” cioè completa, cioè completamente graziata, noterà di certo che l’angelo usa la parola
“grazia” e se la grazia a noi uomini l’ha conferita Gesù Cristo, Maria da chi è stata graziata visto che Gesù doveva ancora nascere? A quale altro uomo (o donna) nella Bibbia viene rivolto un saluto simile?
A nessuno, nessuno prima della venuta di Gesù era pieno di grazia, tanto è vero che Gesù subito dopo la sua risurrezione andò a predicare il Vangelo ai morti affinché coloro che vissero prima della sua venuta credessero in Lui e fossero salvati. Maria invece fu graziata da Dio fin dal suo concepimento, in vista della sua futura maternità per opera divina. Maria fu chiamata “piena di grazia” cioè fu graziata già prima della sua maternità, infatti quando l’angelo la saluta ella non aveva ancora dato il suo sì, quindi ancora non aveva concepito per opera dello Spirito di Dio, ne consegue che era stata graziata da Dio prima, in vista della sua maternità, lei e solo lei fu graziata da Dio in questo modo, tutti gli altri uomini furono graziati dopo la venuta di Cristo.
Ella è profetessa di una profezia che si avvera nei secoli “tutte le generazioni mi chiameranno beata” quale uomo ha mai pronunciato una simile profezia per se stesso? Chi potrà mai pronunciare simili parole, cariche di sicurezza, cariche di santità, di una santità che non teme il peccato, anzi le è nemica giurata, non vacillano, non tentennano le parole di Maria, ma sono piene di sicurezza, la sicurezza donatagli dallo Spirito Santo, e si sta riferendo a tutte le generazioni, non si limitava ai presenti, o ai suoi compaesani ma estendeva la sua profezia a tutte le generazioni!
Lei non è, e non potrà mai essere come tante altre donne; se a me dicono che mia madre è una donna come tante altre io rispondo che fisicamente lo è ma moralmente e caratterialmente mia madre è unica, lei è mia madre, non una donna come tante altre, e penso che qualsiasi uomo veda nella madre qualche particolarità che altre donne non hanno, e queste parole assumono un senso dispregiativo verso una madre, ogni madre è unica, non è come tante altre.
Unica ancor di più lo è Maria che non ha avuto un semplice figlio come tante altre, ma ha messo al mondo il Figlio di Dio.
Maria certamente non è divina, ma non è nemmeno una donna come tante altre!
Ella è la madre del nostro Re, e il nostro Re ha avuto una sola madre che tutte le generazioni chiamano beata, tranne voi (pentecostali e tanti altri) che la chiamate semplice donna come tante altre, per voi Maria sta dormendo in cielo con tutti gli altri santi, quando invece tutti loro vivono in Cristo, perché Lui è il Dio dei vivi non dei morti o degli addormentati, Lui è il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe, tutti vivi e vegeti.

CAMPIONI DI FEDE

Maria non è una donna come tante altre, come non sono uomini come tanti altri Abramo, Mosè, Giosuè, Isaia, Elia, Eliseo, Pietro, Paolo ecc., essi sono tutti campioni di fede, chi osa paragonarsi a loro?
Ognuno di noi potrebbe arrivare ad essere come loro, ma intanto è giusto constatare che io non sono come loro e, come me, non lo sono moltissimi altri fratelli. Detto questo è bene sottolineare che tra i campioni di fede Maria eccelle e si distingue ancora di più, perché lei e solo lei ha portato in grembo il Figlio di Dio.
“Noi chiamiamo l'uomo Cristo Figlio di Dio, e giustamente chiamiamo così anche la sola sua carne nel sepolcro. E che altro confessiamo, quando diciamo di credere nell'unigenito Figlio di Dio, che fu crocifisso sotto Ponzio Pilato e fu sepolto? Cosa fu sepolto se non la carne priva dell'anima?
Quando dunque diciamo di credere nel Figlio di Dio che fu sepolto, noi diamo il nome di Figlio di Dio alla carne di lui, che sola fu sepolta” (s.Agostino)
Ecco le mirabili parole di s.Agostino che ci fanno capire chiaramente il significato di Figlio di Dio, nel sepolcro non fu deposto Dio-Figlio, ma solo il suo corpo, eppure noi cristiani diciamo nel nostro credo, che il Gesù Cristo Figlio di Dio patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto, e non erriamo nel dirlo e nel crederlo; come anche noi cattolici non erriamo nel dire che Maria è madre di Dio, di Dio- uomo. Sappiamo in maniera sott’intesa che ad essere sepolto fu il corpo del Figlio di Dio, così sappiamo implicitamente che Maria è madre di quel corpo che fu sepolto, e non della divinità, e come non sbagliamo nel dire che il Figlio di Dio morì e fu sepolto così non sbagliamo nel dire che Maria è madre di Dio, di Dio con noi, Gesù.
Solo chi cerca ogni astuzia linguistica per confondere e insinuare, può accusarci di bestemmia.
Noi cattolici sappiamo che Maria non diede la divinità a Gesù, ma solo la carne, la stessa carne che fu sepolta, ma noi cristiani non diciamo mai “la carne di Gesù fu sepolta”, ma piuttosto “Gesù morì e fu sepolto”, dicendo questo sappiamo benissimo che la divinità di Gesù non poteva morire, sappiamo benissimo che non fu Dio Figlio a essere sepolto, eppure non scindiamo le due nature di Gesù (la divina e l’umana), Gesù è inteso tutto intero, allo stesso modo quando noi uomini moriamo sappiamo benissimo che muore solo la nostra carne, ma nel dirlo non specifichiamo mai “è morta la carne di mio nonno, ecc.” diciamo semplicemente “è morto mio nonno”. Cercare artificiosità linguistiche per far dire alla Chiesa cattolica cose che non dice, è da faziosi o male informati.
La Chiesa cattolica non insegna che Maria è madre di Dio-Figlio, bensì che è madre di Dio-uomo, e come non si fa distinzione nel dire che il Figlio di Dio morì e fu sepolto, lo stesso vale nel dire che Maria è madre di Dio, perché Gesù in quanto Figlio di Dio, Verbo di Dio, è Dio. La stessa Bibbia ce lo attesta con il saluto che Elisabetta rivolse a Maria, “come mai la madre del mio Signore viene presso di me…”.
“Riconosciamo la duplice natura di Cristo: la divina per cui è uguale al Padre, l'umana per cui il Padre é più grande. L'una e l'altra unite non sono due, ma un solo Cristo; perché Dio non è quattro, ma tre Persone. Allo stesso modo, infatti, che l'anima razionale e la carne sono un solo uomo, così Dio e l'uomo sono un solo Cristo; e perciò Cristo è Dio, anima razionale e carne. Confessiamo Cristo in queste tre cose, e in ciascuna di esse. Chi è dunque colui per mezzo del quale fu creato il mondo? E' Cristo Gesù, ma nella forma di Dio. E chi è colui che fu crocifisso sotto Ponzio Pilato? E' Cristo Gesù, ma nella forma di servo. Così dicasi delle singole parti che compongono l'uomo.
Chi è colui che, dopo la morte, non fu abbandonato negli inferi? E' Cristo Gesù, ma soltanto nella sua anima. Chi è stato nel sepolcro e ne uscì il terzo giorno? E' Cristo Gesù, ma soltanto nella carne. In tutto questo c'è un solo Cristo, non due o tre.” (s.Agostino).
Dio ha dunque concesso a Maria una dignità superiore agli altri santi, dignità che tutti i santi (di ogni tempo) riconoscono, tranne molti fratelli separati. E’ doveroso usare la parola “molti” perché in questi ultimi tempi alcuni gruppi protestanti (come ad esempio gli anglicani) hanno riconosciuto la dignità superiore di Maria, relegandola al giusto posto che gli spetta di diritto: Regina degli angeli e degli uomini”, non dea, ma regina, madre della Chiesa, sorella e madre nostra.
E’ certo che dove più fiorisce la venerazione per Maria, ivi fioriscono la fede ed il culto verso Cristo. Maria poi è madre della Chiesa perché così ha voluto Gesù.
“E quando fu ordinato che i corpi venissero deposti dalla croce, a causa del sabato, perché venissero seppelliti, trovarono i due ladroni ancora vivi e spezzarono loro le gambe, il Signore invece già era morto. E tuttavia uno di essi con la lancia squarciò il suo costato e ne uscirono sangue e acqua.
Ecco il tuo prezzo. Che cosa uscì dal costato se non il sacramento che ricevono i fedeli? Spirito, sangue ed acqua. Lo spirito che mandò fuori, il sangue e l'acqua che uscirono dal costato. Dal sangue e dall'acqua è significata ed è nata la Chiesa. E quando uscirono il sangue e l'acqua dal costato? Mentre già il Signore dormiva sulla croce, perché anche Adamo nel paradiso si addormentò e così dal costato gli fu formata Eva.

I MIRACOLI MARIANI

Vedendo e studiando la prove di molti miracoli procurati da Maria, “nel Manifesto di Dresda” pubblicato qualche anno fa nella Germania Orientale un gruppo di teologi luterani si è così espresso: “Noi non possiamo passare davanti a questi fatti senza fermarci per un serio esame. Questo atteggiamento comporterebbe una grave responsabilità. Un Cristiano evangelico non ha il diritto di ignorare queste realtà per partito preso, ossia per la sola ragione che essi si presentano nella Chiesa Cattolica. Questi fatti debbono piuttosto indurci a riportare la Madre di Dio nella Chiesa Evangelica… (Da “Il Sacro Monte di Varallo” n.1 Anno 58°, Feb 1982).
Quel gruppo di Luterani sa che:
a) A Lourdes arrivano ogni anno oltre quattro milioni di pellegrini, tra cui oltre 60.000 ammalati;
b) Tra i miracolati molti, per varie ragioni non si presentano neppure all’Ufficio di Constatazioni Mediche;
c) Tra quelli che si presentano all’Ufficio Medico, soltanto uno su quattro viene preso in considerazione;
d) L’esame dei fatti ritenuti straordinari spesso dura per anni;
e) I medici sono di tutte le estrazioni e tutti (credenti, miscredenti, atei…) sono ammessi a dare il proprio giudizio;
f) c’è una Presidenza ed una èquipe di circa 1.800 medici;
g) dall’istituzione di tale Ufficio ai giorni nostri, i casi di guarigioni “certe, definitive, inspiegabili” raggiungono la cifra di 5.000;
h) l’autorità ecclesiastica, molto più rigorosa dei medici, ha dichiarato finora “miracolose” soltanto 64 guarigioni;
i) la funzione fondamentale di Maria (come ha scritto Giannino Piana) “è quella di umanizzare il Cristianesimo. Creatura come noi, ella ha vissuto in pienezza l’esperienza umana, nella semplicità e nel nascondimento” (dalla “Domenica” Ed. Paoline, III Dom. di Pasqua).
Molti fratelli separati appena sentono parlare di miracoli per intercessione di Maria rimangono turbati e li etichettano subito come opere demoniache, lo stesso dicasi per le poche apparizioni pubbliche di Maria; dicono: “il diavolo si traveste da angelo di luce per ingannare gli uomini”. Invece Maria nelle sue poche apparizioni incoraggia a pregare di più nostro Signore Gesù Cristo, incoraggia a leggere di più la Parola di Dio, ci dice che l’unica via di salvezza è Cristo.
Perché molti protestanti senza nemmeno curarsi di verificare la veridicità delle guarigioni o le circostanze delle apparizioni puntano subito il dito accusando di idolatria la Chiesa cattolica?
La Chiesa cattolica è credente non credulona… La rigorosità che la Chiesa applica nel verificare i miracoli, è esemplare e rigida.
I fratelli non cattolici ci accusano ad esempio di prostrarci davanti alla statua di Maria in segno di “adorazione”…
E’ giusto pregare Maria e prostrarsi a terra davanti a lei? Questa è idolatria?
I protestanti dicono di sì, infatti ci accusano di peccare di idolatria tutte le volte che preghiamo Maria e ci prostriamo davanti a lei.
Ma la Bibbia che cosa ci dice?
Nelle Sacre Scritture ci sono molti inchini e prostrazioni, ben 272 casi e molti a persone umane, senza mai tacciare di idolatria chi li ha praticati.
C’è invece chi resta convinto che le prostrazioni sono atti idolatrici e basta.
Voglio subito far notare che in Gen. 33,3 Giacobbe si prostrò sette volte fino a terra, mentre andava avvicinandosi al fratello Esaù; come spiegano questo episodio i fratelli separati?
Dopo un momento iniziale di imbarazzo rispondono che Giacobbe si inginocchiò in segno di rispetto verso Esaù suo fratello maggiore. Ma per evitare tanti battibecchi tra cristiani, Dio non poteva suggerire all’agiografo un’altro modo per descrivere il rispetto che nutriva Giacobbe verso suo fratello?
Dio sorgente di infinita sapienza sapeva benissimo che ci sarebbero state diverse interpretazioni sulla sua Parola, ma sapeva, e sa, altrettanto bene che la vera Chiesa di Cristo avrebbe difeso l’integrità della stessa, e ne avrebbe detenuto la Chiave di interpretazione. La Chiave che Cristo affidò a Pietro e agli Apostoli, quella chiave che i protestanti non posseggono, e mai potranno dimostrare di possedere, perché mai potranno dimostrare la loro discendenza apostolica. Questo molti pastori lo sanno bene, infatti cercano in tutti i modi di demolire e annullare il valore della discendenza apostolica, quando Paolo stesso lo raccomanda esplicitamente ai suoi discepoli.
Nella Bibbia troviamo altri esempi di inchini e prostrazioni, in Gen 42,6 “… i fratelli di Giuseppe vennero da lui e gli si prostrarono davanti con la faccia a terra”;
costoro stavano forse adorando Giuseppe?
E’ evidente che si inginocchiarono davanti a lui in segno di pentimento e rispetto.

Anche in Es 18,7 “Mosè si prostrò davanti al suocero”
2 Sam 14,33 “Assalonne si prostrò davanti a Davide”;
2 Re 2,15 “…i figli dei profeti si prostrarono davanti a Eliseo”;

2 Re 4,37 “…la Sunammita gli si prostrò davanti” ecc.

Gn 19,1 “I due angeli arrivarono a Sodoma sul far della sera, mentre Lot stava seduto alla porta di Sodoma. Non appena li ebbe visti, Lot si alzò, andò loro incontro e si prostrò con la faccia a terra.” Come notiamo i due angeli (qui non si indica Angelo del Signore o Angelo di Dio ) non rimproverarono affatto Lot per essersi prostrato davanti a loro, appunto perché non li confuse e non li scambiò per Dio. Non era prostrazione in senso di adorazione, altrimenti gli angeli lo avrebbero richiamato.

1 Re 1,53 “Il re Salomone ordinò che lo facessero scendere dall’altare; quegli andò a prostrarsi davanti al re Salomone, che gli disse: “Vattene a casa!”

Dn 2,46 “Allora il re Nabucodònosor piegò la faccia a terra, si prostrò davanti a Daniele e ordinò che gli offrissero sacrifici e incensi.”
E qui, in questi ultimi versetti la situazione è molto delicata, perché, a Daniele, furono offerti sacrifici e incensi, evidentemente il re di Babilonia lo rispettava come un dio, ben sapendo però che Daniele veniva istruito dal suo Dio, cioè da Jahvè. Perché Daniele non fermò il re di Babilonia?
Peccò forse di superbia, similmente a Satana?
Fu lecito a Daniele ricevere questi onori destinati agli dei, o all’unico Dio?
Questo caso è molto simile agli odierni onori tributati ai santi cristiani, Daniele non fermò, anzi accettò, gli onori che gli fece Nabucodònosor perché sapeva bene che in fin dei conti erano rivolti a Dio, che come Padre era orgoglioso di vedere un suo figlio così onorato, per aver predicato la verità, cioè per averGli reso testimonianza. Daniele fu figura di Dio. L’onorare Maria, eccellente figlia e testimone di Dio è dunque idolatria?

Vediamo altri esempi:
Giuditta 10:23 “Quando Giuditta avanzò alla presenza di lui e dei suoi ministri, stupirono tutti per la bellezza del suo aspetto. Essa si prostrò con la faccia a terra per riverirlo, ma i servi la fecero alzare.”
Ester 8,12L “Amàn... aveva tanto approfittato dell’amicizia che professiamo verso qualunque nazione, da essere proclamato nostro padre e da costruire la seconda personalità nel regno, venendo da tutti onorato con la prostrazione.”

Tb 12,15-16 “Io sono Raffaele, uno dei sette angeli che sono sempre pronti ad entrare alla presenza della maestà del Signore..Allora furono riempiti di terrore tutte e due; si prostrarono con la faccia a terra ed ebbero una grande paura.”

Atti 16,29 “Quegli allora chiese un lume, si precipitò dentro e tremando si gettò ai piedi di Paolo e Sila poi li condusse fuori e disse: Signori, cosa devo fare per essere salvato?”


Come avrete sicuramente notato questi personaggi biblici si sono prostrati, per venerare o onorare (es. Giuditta 10:23 e Ester 8:12 1), davanti a persone, ad Angeli, senza scambiare la venerazione con l’adorazione, e nessuno li ha mai ripresi, appunto, perché prostrare, in questo caso, non significa adorare. Addirittura Daniele non fece nulla per convincere Nabucodònosor a non prostrarsi davanti a lui, e accettò anche i sacrifici e l’incenso che Nabucodònosor gli offrì. Lo stesso Gesù nella parabola di Matteo 18:26-30 raccontava della prostrazione verso il re e verso il servitore, da parte del servo, e poi altri servi debitori si inginocchiarono davanti al primo servo in segno di supplica, senza far comprendere che si trattava di adorazione e che tale prostrazione era proibita.

Tutti questi versetti vengono forse annullati dalla frase di Pietro rivolta al centurione?
Come mai qualsiasi gesto di prostrazione, fatto da un cattolico romano, fosse anche verso il papa, o un vescovo, viene tacciato da taluni come segno di adorazione, e quindi di idolatria?
Il centurione era un pagano, era un uomo giusto, ma essere “uomo giusto” non significa per forza essere cristiano. Il centurione non era un ex, cioè non si era dimesso dall’esercito romano, ed essendo un centurione romano era tenuto ad adorare l’imperatore, se poi si comportava in modo degno e pregava (secondo la legge naturale cristiana) questo è un altro discorso. Paolo dice che se un pagano si comporta in modo degno, secondo la legge di Dio allora egli è legge per se stesso, e si salva per la infinita misericordia di Dio.
Atti 10,25-26 “Mentre Pietro stava per entrare, Cornelio andandogli incontro si gettò ai suoi piedi per
adorarlo. Ma Pietro lo rialzò, dicendo: «Alzati: anch’io sono un uomo!».”

Il centurione che pregava Dio ebbe fede, ma ancora non era un vero cristiano, infatti non era stato battezzato, lo fu poi da Pietro, e da questi ricevette gli insegnamenti cristiani monoteistici.
In questo caso il termine “uomo giusto” ci indica che il centurione anche se non era ancora cristiano si comportava in cuor suo secondo il volere di Dio, proprio come dice Paolo: “che se un uomo che non conosce la legge si comporta secondo la legge allora egli è legge per se stesso e viene
giustificato anch’egli per grazia.”
Ripeto il centurione era un romano, e i romani erano obbligati ad adorare l’imperatore, sottolineo “obbligati”, quindi a maggior ragione lo era un centurione, quando vedevano passare
l’imperatore si prostravano a terra in segno di adorazione. I romani che per un motivo qualsiasi si dovevano presentare davanti a Cesare si prostravano davanti a lui in segno di adorazione, e risaputo pure che i romani erano politeisti, Pietro questo lo sapeva bene, ecco perché ci tiene a far notare al centurione che egli è un uomo come lui. Pietro sta implicitamente sottolineando che lui non è un dio come veniva considerato l’imperatore, ma un semplice uomo. Pietro educa il centurione, nel distinguere il comportamento cristiano dal comportamento pagano.

LE RELIQUIE

Però resta il fatto della prostrazione davanti alle reliquie; è idolatrica e superstiziosa? Ancora una volta nella Bibbia fonte inesauribile di verità, troviamo la risposta.
In Es. 13,19 “Gli Israeliti uscendo dall’Egitto portarono via le ossa di Giuseppe”;

2 Re 13,20 “un morto fu richiamato in vita a contatto delle ossa di Eliseo”;
At 19,12 “i cristiani di Efeso imponevano ai malati i fazzoletti e grembiuli che erano serviti a Paolo nel lavoro: “Si portavano via per gli infermi i fazzoletti e grembiuli usati da lui; le infermità scomparivano e uscivano le potenze maligne”;
Se un cattolico si permette a portare un fazzoletto venuto a contatto con un santo del passato, viene subito tacciato di superstizione e di idolatria, come se lo Spirito Santo si spegnesse dopo un certo periodo, come se dopo che il santo muore, i suoi indumenti non sono più pieni di Spirito Santo.

Fratelli, riflettiamo bene prima di puntare il dito, le ossa di Eliseo erano di un morto o di un vivo?
2 Re 13,20 “Eliseo morì; lo seppellirono. All’inizio dell’anno nuovo irruppero nel paese alcune bande di Moab. Mentre seppellivano un uomo, alcuni, visto un gruppo di razziatori, gettarono il cadavere sul
sepolcro di Eliseo e se ne andarono. L’uomo, venuto a contatto con le ossa di Eliseo, risuscitò e si alzò in piedi.”

Se le ossa di Eliseo riportarono in vita un uomo, sicuramente erano piene di Spirito Santo, quindi dalla stessa Bibbia si vede come in realtà le reliquie dei santi non sono né superstizione né idolatria.

ALTRE CONSIDERAZIONI SULLE PROSTRAZIONI

Abramo, Lot, Giosuè si prostravano riverenti davanti agli Angeli del Signore, l’Angelo che in Apocalisse rialza Giovanni dicendogli che non doveva prostrarsi perché egli era una creatura come lui, lo fa semplicemente perché Giovanni aveva scambiato l’Angelo per il Signore, in quel momento credeva di vedere il Signore in paradiso, infatti in Apocalisse c’è scritto che Giovanni si prostrò in adorazione, questa è la prova evidente che Giovanni avesse scambiato l’angelo per il Signore, è infatti inconcepibile che Giovanni volesse adorare l’angelo in se e per se, perché Giovanni sapeva benissimo che si deve adorare solo il Cristo. Ma se Giovanni si sarebbe inchinato solo in segno di rispetto, l’angelo non lo avrebbe fermato, allo stesso modo di come nessuno fermo Abramo, Lot, Giosuè, Assalonne ecc.!
Gli inchini, vanno interpretati e valutati per quello che realmente rappresentano e vogliono significare.
Ad esempio se nell’antichità un uomo del popolo che aveva commesso un furto ai danni dell’imperatore, veniva sorpreso a rubare, e portato davanti all’imperatore , l’uomo si inginocchiava, ma nel suo cuore rimaneva il senso di disprezzo per l’imperatore, che magari opprimeva il popolo con tasse elevate, tenendolo costantemente nella fame. E’ giusto pensare che quell’uomo si inginocchiava davanti all’imperatore per paura, e non per adorarlo, eppure tutti i presenti vedevano l’uomo inginocchiarsi. In definitiva vale quello che l’uomo prova nel suo cuore, contano solo i sentimenti non il gesto esteriore.
Se un traditore che trama di uccidere l’imperatore si presenta davanti a lui e gli si inginocchia davanti, tutti i cortigiani stanno vedendo l’inchino, ma solo il traditore conosce i suoi velenosi pensieri, di conseguenza il suo inchino è solo un gesto esteriore.
Se io mi inginocchio davanti alla Madonna, ciò che conta sono i miei sentimenti, che sicuramente sono di profondo rispetto, non certo di adorazione, chi giudica dalle apparenze sbaglia. I protestanti
si auto-ingannano credendo di giudicare chi si inchina davanti alla statua di un santo; eppure sono sicurissimo che se i protestanti farebbero un’inchiesta andando di Chiesa in Chiesa a vedere e intervistare tutte le persone che si inchinano davanti alle statue dei santi domandando loro se si stanno inchinando in segno di adorazione o di rispetto, nessuno risponderebbe in segno di adorazione, sfido i fratelli non cattolici a provare il contrario.
I santi, che sono esempio per tutti noi, sono le prove che Dio si serve degli uomini donando loro la santità che porta luce nel mondo, riflette la luce di Cristo e fa vedere a tutti che loro furono uomini come noi, quindi anche noi possiamo elevare la nostra spiritualità seguendo il loro esempio in Cristo.

IL SIGNORE

Elisabetta “piena di Spirito Santo” dice “come mai la madre del Signore viene presso di me” e in greco Kyurios significa Signore e la parola Signore nella Bibbia viene usata anche per indicare Dio, in greco si può usare indistintamente sia la parola Signore che la parola Dio. I settanta traducendo la Bibbia dall’aramaico al greco, quando incontrano la parola Signore viene tradotta Dio (sacro tetragramma) Kyurios=Signore
In Luca 1,16 c’è scritto riferito a Giovanni “ricondurrà molti figli di Israele al Signore loro Dio”, qui è evidente l’accostamento tra la parola Signore e Dio, si capisce che la parola Signore significa Dio, tantissimi altri esempi si possono fare in tal merito;
Gen 2,4 “Quando il Signore Dio fece la terra e il cielo ancora nessun cespuglio della steppa vi era sulla terra”
Gen da 4,1 in poi Adamo si unì a Eva sua moglie, la quale concepì e partorì Caino e disse:
«Ho acquistato un uomo dal Signore».
Dopo un certo tempo, Caino offrì frutti del suolo in sacrificio al Signore; anche Abele offrì primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta, ma non gradì Caino e la sua offerta. Caino ne fu molto irritato e il suo volto era abbattuto. Il Signore disse allora a Caino: «Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto?

Salmo 18 Ti amo, Signore, mia forza,
Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore; mio Dio, mia rupe, in cui trovo riparo;
mio scudo e baluardo, mia potente salvezza. Invoco il Signore, degno di lode,
e sarò salvato dai miei nemici.

Tantissimi altri esempi si possono portare, per provare che Signore significa Dio, cioè che per indicare Dio si possono usare indistintamente le due parole.
Quindi si può tranquillamente dire che Maria è madre di Dio senza commettere alcuna bestemmia, perché tutti sanno che quando si usa questa espressione ci si riferisce alla maternità di Dio Figlio fattosi uomo, Dio Figlio ebbe una madre quando si incarnò per salvare gli uomini, ma allo stesso tempo rimane eterno, perché Dio Figlio è eterno e non ha principio come il Padre e lo Spirito Santo.


LA MATERNITA’ DI MARIA

In Matteo 2,11 fino al versetto 21 viene ripetuta per cinque volte la frase “il bambino e sua madre” sembra scelta apposta per far risaltare il giusto ordine dato alle persone citate, e fa capire che Maria viene dopo Gesù nella salvezza messianica.
L’importanza di Maria viene esaltata da questa frase, le da la giusta collocazione accanto al figlio, Maria è la nuova Eva, la prima portò la morte, la seconda la vita, dalla prima nacque la morte, dalla seconda nacque la vita.
Matteo poteva benissimo scrivere una sola volta la frase “il bambino e sua madre” quando i re magi entrarono nella casa videro il bambino e sua madre, poteva semplicemente scrivere: “entrati nella casa videro il bambino e lo adorarono”, e nessuno poteva obbiettare, tanto era sottinteso che un neonato aveva per gran parte del giorno la madre vicino. Matteo lo sottolinea; e poi se nessuno lo ha notato parla di “casa” non di grotta, evidentemente Matteo non ha ritenuto importante descrivere pure le fasi di trasferimento dalla grotta alla casa, ma indico questo particolare per far capire che a volte leggendo superficialmente certe cose ci sfuggono, e la Bibbia non è in libro da leggere superficialmente;
Anche l’angelo dice a Giuseppe di prendere il bambino e sua madre, avrebbe potuto dire prendi il bambino e Maria, visto che il compito di Maria si era esaurito con il parto (come dicono i protestanti), aveva dato alla luce il Salvatore e ora gli toccava mettersi da parte, e ritornare ad essere una donna come tante altre, invece nel Vangelo viene sottolineata la sua figura materna.
Maria è una donna, ma di eccellente umiltà, a lei è stato affidato il mondo, tutte le generazioni la chiameranno beata, ella è la prescelta, non le tante altre, se Maria doveva ritornare ad essere come tante altre Matteo non avrebbe ripetuto per cinque volte la frase “il bambino e sua madre” la chiamava semplicemente Maria. L’evangelista ripete più volte nel suo Vangelo la parola madre, per dare il giusto risalto a Maria, e non per relegarla a semplice comparsa. Una madre è legata a suo figlio, una madre ama suo figlio, una madre cresce suo figlio, una madre si prende cura di suo figlio, e Maria ha avuto il grandissimo e irripetibile onore di prendersi cura del Figlio di Dio.
Ci si rende realmente conto di ciò che vuol dire questo?
Dio aveva piena fiducia in Maria, l’ha ritenuta degna di generare e crescere suo Figlio! Quando Gesù inizia il suo ministero Maria viene messa in ombra come (è giusto che sia) dalla figura del Messia, dal compito del Messia.
Ma quando il Messia giunge quasi al termine della sua missione, dà a Maria il suo giusto ruolo, cioè quello di Madre della Chiesa, ai piedi della croce la riconosce madre della Chiesa, dopo grandi sofferenze Dio dà grandi doni, e in quel momento di grande sofferenza, in cui si vede Maria con il cuore trafitto da una lancia, in cui si vede ancora la madre vicino al Figlio straziata di dolore, le dona la grazia di diventare madre della Chiesa.

IL VERBO INCARNATO

Dio plasma l’anima dell’uomo, dice il profeta; una cosa è il corpo e altra cosa è l’anima, quantunque le madri generino soltanto il corpo, siccome esse hanno dato alla luce l’essere vivente completo, che è formato da anima e corpo, non si dice che hanno generato una sola parte, ma tutto l’essere vivente, nessuno dirà per esempio che Elisabetta è la madre della carne ma non dell’anima, giacché essa ha generato il battista col corpo e l’anima, l’uomo unico, composto di anima e corpo, quindi non è affatto assurdo dire che il Verbo nacque da una donna secondo la carne, precisamente come l’anima dell’uomo nasce assieme al suo corpo e forma una cosa sola con esso, quantunque essa (l’anima) differisca completamente quanto alla natura.
Dalla santa vergine non è nato un uomo ordinario, sul quale poi sarebbe disceso il Verbo di Dio, ma nacque il Verbo stesso che si uni alla carne nel seno materno.
Alla stessa maniera non diciamo che il Verbo ha sofferto ed è risuscitato, quando Gesù fu crocifisso non era il Verbo a soffrire ma la carne di Gesù, eppure gli apostoli non fanno distinzione non dicono “la carne di Gesù fu inchiodata sulla croce” ma dicono Gesù fu inchiodato sulla croce e
soffriva enormemente; viene da chiedersi: quando Gesù era appeso sulla croce il suo Spirito si era allontanato da lui ancora prima della sua morte?
No, è evidente che fino a quando Gesù appeso sulla croce aveva un filo di vita il suo Spirito era con lui, e il suo Spirito era (ed è) il Verbo, eppure non viene fatta distinzione tra Verbo e carne, perché entrambi formavano la persona di Gesù, allo stesso modo di come non può essere fatta distinzione nel dire Maria madre di Dio, Maria fu madre di Dio-uomo, quindi dire madre di Gesù o madre di Dio è la stessa cosa.

L’ASSUNZIONE

Se i fratelli separati si stupiscono come mai Maria sia stata assunta in cielo, e come tale evento sia potuto accadere, lasciando intendere (o dicendo chiaramente) che questa è un'invenzione della Chiesa cattolica, gli rispondo subito facendogli notare che i pregiudizi accecano i loro occhi, infatti essi non riflettono sui versetti che troviamo in Matteo 27,52-53. In questi versetti infatti troviamo scritto che:"le tombe si aprirono e molti corpi dei santi che vi giacevano risuscitarono dalle tombe, entrarono nella città santa e apparvero a molti".

I santi menzionati in Mt 27,52-53 apparvero a molti per dimostrare agli uomini quello che Gesù aveva promesso, Dio ha dato tramite essi un anticipo e una dimostrazione di come saremo noi un giorno, ha dato la dimostrazione che la resurrezione che aveva promesso Gesù è reale. Molti videro e credettero alla onnipotenza di Dio, e soprattutto alla veracità della sua Parola.

I santi che Matteo ci menziona nel capitolo 27,52-53 dopo essere apparsi a molti restarono a girovagare sulla terra, oppure è più logico pensare che furono assunti in cielo?
Dato che Matteo menziona i corpi di questi santi è legittimo pensare che questi santi furono assunti in cielo anima e corpo?
Perché allora i fratelli separati si scandalizzano sentendo parlare dell'assunzione di Maria? Ella era forse meno degna degli altri santi? La misericordia di Dio fu forse meno grande nei confronti di Maria? La fede di Maria era forse inferiore a quella di altri?
Le deduzioni teologiche sono sempre esistite, molte vengono accettate anche dai protestanti;
ad esempio la cacciata di satana dal paradiso non è descritta nei minimi particolari, ma in forma allegorica, per cui ci si potrebbe chiedere come abbia potuto satana rifiutare Dio, essendo stato creato puro spirito e come si sa, sia gli angeli, che noi (risorti) non potremo più essere tentati, perché gli esseri spirituali non possono essere tentati dal male. Per deduzione teologica si arriva a presupporre che in principio ci fu un tempo in cui gli angeli erano liberi di scegliere e che alcuni di essi decisero liberamente di seguire Lucifero, perché partendo dalla tesi che Dio non può aver creato il male in quanto Sommo Bene, se ne deduce che in principio gli angeli abbiano avuto libertà di scelta cioè per un breve tempo siano stati influenzabili dal male.
Ma quanto è durato questo tempo visto che il nostro modo di misurare il tempo sicuramente è diverso da quello di Dio? Certe cose fintanto che restiamo nella carne non le potremo mai sapere, pertanto ci dobbiamo arrendere ai limiti del nostro cervello e limitarci a credere per fede.
Un altro esempio di deduzione teologica si può fare per la Santissima Trinità. Nella Bibbia in effetti non troviamo scritta questa parola, né tanto meno viene menzionata esplicitamente, però anche moltissimi protestanti (da questi sono esclusi i testimoni di Geova e altri) sono concordi nell’accettare la Trinità, cioè le tre Persone divine Padre, Figlio e Spirito Santo.
Il fatto che le tre Persone siano di uguale sostanza, ma distinte, e che ognuno di essi è Dio, non un Dio che fa concorrenza all’altro ma concorde e unito all’altro è una deduzione teologica, infatti nella Bibbia lo troviamo in forma implicita. Basandosi sulla sola lettura e interpretazione letterale, i testimoni di Geova arrivano a negare la divinità di Gesù e quella dello Spirito Santo, ma quasi tutti i protestanti (cristiani) accettano la Trinità perché ritengono che la deduzione teologica che ne prova l’esistenza è valida!
Allo stesso modo (sempre per deduzione teologica) si arriva a capire come Maria fu assunta in cielo anima e corpo, allo stesso modo di quei santi (Mt 27,52-53) che risuscitarono subito dopo Gesù e apparvero a molti.
Nei canti nisibeni, (canti antichissimi, risalenti ai primissimi anni del cristianesimo) si parla dell'assunzione di Maria, della grande venerazione che le prime comunità cristiane nutrivano nei confronti di Maria, si trova scritto pure che l'apostolo Tommaso quando Maria morì era lontano, ed avendo a cuore di vedere almeno per l'ultima volta le sue spoglie mortali si recò assieme agli altri apostoli sulla tomba di Maria, e tolta la pietra tombale sentirono un intenso profumo di rose, ma il corpo di Maria non lo trovarono.
L’assunzione di Maria in cielo deve ritenersi una conseguenza logica di tutto quello che la Sacra Scrittura dice sulle prerogative straordinarie di Maria. Sembra anche molto logico che alla madre immacolata di Gesù, Uomo-Dio, vergine perpetua, debba toccare la stessa sorte del Figlio divino.


Non dobbiamo meravigliarci se alcune verità cristiane siano state dichiarate dogmatiche soltanto dopo molto tempo. Nei primi tre secoli, e oltre, la Chiesa fu sempre perseguitata. La sua sopravvivenza e affermazione sono espressioni dell’Onnipotenza divina. Lì dove la Sacra Scrittura è esplicita i dogmi sono stati stabiliti fin dai primi secoli, dove invece mancano espressioni esplicite, lo studio e il tempo hanno sempre meglio permesso di poter compenetrare la divina parola all’intelligenza umana fino alla soluzione che s’imponeva. Il Magistero ecclesiastico agisce con prudenza e saggezza perché le Verità divine devono essere anche accolte e credute dai fedeli.
D’altra parte si sa e si è convinti, nella gerarchia, che lo Spirito Santo guiderà la Chiesa per ogni vero, alla Verità tutta intera e farà capire tante cose che non ancora si è in grado di capire.

MARIA PIENA DI GRAZIA? O COLMATA DALLA GRAZIA?



I non cattolici dicono in genere:
Quel 'pieno di grazia' è stato messo per sostenere che Maria era nata senza peccato, ma come abbiamo già detto il greco smentisce questa traduzione. E' chiaro che con queste parole ('piena di') che l'angelo Gabriele non disse mai a Maria, i Cattolici riescono a presentare Maria come una donna che aveva in sé ogni grazia, anche quella di essere senza peccato. Coloro che hanno adulterato queste parole dell'angelo Gabriele definendo Maria 'piena di grazia' hanno voluto così mettere Maria sullo stesso livello del Figliuolo di Dio (anche se a parole dicono che Maria aveva meno grazia di Gesù Cristo) e questo perché di Gesù Cristo è detto che egli era pieno di grazia secondo che é scritto in Giovanni: "E la Parola é stata fatta carne ed ha abitato per un tempo fra noi, piena di grazia e di verità" (Giov. 1:14).
Ecco perché milioni di persone in tutto il mondo sono convinte che Maria era piena di grazia e perciò anche senza peccato; ecco perché moltitudini di pecore erranti la invocano dicendole: 'Ave Maria, piena di grazia....', con la speranza di essere esauditi! E se qualcuno fa notare loro che anche di Stefano è detto che era pieno di grazia? In questo caso rispondono che il 'piena di grazia' che l'angelo Gabriele gli disse 'appare, in un certo modo, come un nome caratteristico che sta al posto di nome proprio; ed per questo che non si può ammettere alcuna somiglianza con S. Stefano (Atti 6,8)...'. Come potete vedere da voi stessi i teologi romani hanno un'astuta risposta da dare anche a questa domanda.
Si risponde:
Esaminiamo i vari punti del testo che ho evidenziato con il grassetto:
1) mentre il testo dice: "E l'angelo, entrato da lei, disse: Ti saluto, o favorita dalla grazia: il Signore è teco"
2) E se qualcuno fa notare loro che anche di Stefano è detto che era pieno di grazia?
3) ... rispondono che il 'piena di grazia' che l'angelo Gabriele gli disse 'appare, in un certo modo, come un nome caratteristico che sta al posto di nome proprio; ed per questo che non si può ammettere alcuna somiglianza con S. Stefano (Atti 6,8)...'
Risposta al punto:
1) Non è vero che il testo greco si traduce letteralmente con "favorita dalla grazia". Il testo dice esplicitamente "kekaritomène" che tradotto, questa volta sì, letteralmente significa " arricchita di grazia" oppure "riempita di grazia". Il tempo usato in greco ( passivo perfetto) indica un'azione cominciata nel passato e che prosegue tutt'ora. Volendo dare lo stesso senso in italiano dovremmo dire: "nel passato sei stata riempita dalla grazia e continui ad esserlo anche adesso". Ovviamente questo passaggio non ci dice QUANDO Maria è stata resa "piena di grazia" ma ci conferma che questo è successo PRIMA dell' annunciazione da parte dell 'Angelo e quindi PRIMA del concepimento di Gesù.
2)Stefano è detto "pieno di grazia" nella traduzione in italiano di At 6,8 ma il testo greco che, non dimentichiamolo, è scritto sempre da Luca, non usa "kekaritomène" bensì  "plères charitos". In italiano la differenza non si nota ma leggendo il testo in greco la differenza si nota, eccome.
2) Anche questo non è vero. In realtà il nome di Maria non è stato cambiato, dato che lei continua ad essere chiamata sempre Maria. Semplicemente lei è stata chiamata in questo modo dall' Angelo come se fosse un titolo o un nome aggiunto per meglio identificarla. Questo non sarebbe stato messo in evidenza se non avesse avuto un significato particolare. Nella mentalità semitica ( e quindi nella Bibbia) i nomi hanno un significato simbolico e descrittivo molto importante. Per capire meglio il senso di questo "titolo" bisogna tenere presente che la "grazia" è in antitesi al  "peccato" e lo sovrasta ( cfr fra gli altri. Rm 5,20-21)

A questo punto dobbiamo fare una serie di considerazioni:
Il termine "grazia" traduce l'equivalente greco "karis" ed è il genere di appellativo usato dall' Angelo in Lc 1,28 per descrivere lo stato di Maria, cioè "kekaritomene".
Da questo possiamo desumere che:
a) La grazia ci salva
b) La grazia ci rende santi e giusti e pertanto senza peccato
Quindi una persona "piena di grazia" è contemporaneamente salvata e completamente santa. Da quest'affermazione noi desumiamo inoltre.
a) Essere pieni di grazia ( che è quella che salva) significa essere sicuramente salvati
b) Essere pieni di grazia ( che ci rende santi e giusti e senza peccato) significa essere completamente svuotati dal peccato
Tutte queste affermazioni derivano dalla Bibbia, naturalmente.
Fatta questa premessa possiamo dire che:
a) La Bibbia insegna che siamo salvati dalla grazia di Dio
b) La Bibbia insegna che noi abbiamo bisogno della grazia di Dio per vivere una vita santa e senza peccato
c) Chi è pieno di grazia è salvato
d) Maria (la "piena di grazia") è salvata
e) Quindi Maria è santa ed è senza peccato
f) Dal termine "kekaritomène" sappiamo che la sua santità e la sua salvezza sono precedenti all' Annunciazione.
Concludiamo dicendo semplicemente che la traduzione "Altamente favorita" non è conforme al testo greco e che "piena di grazia" non rende ancora l'idea, molto più profonda, dello stato di grazia di Maria
Qualche motivo di polemica tra cattolici e protestanti viene ancora dalla traduzione di Luca 1,28 dove le Bibbie cattoliche continuano a rendere κεχαριτωμένη con "piena di grazia", mentre le Bibbie acattoliche preferiscono tradurre "favorita dalla grazia", "colmata di grazia", "favorita" o "molto favorita". Di fatto, la Revised Standard Version cattolica (1966) ha reintrodotto, in chiara polemica con i protestanti, il tradizionale "full of grace", mentre la New American Bible (1970), versione ufficiale dei cattolici americani, ha sostituito il "full of grace" della Douay Reims (1610) con  "favored one", addolorando così non pochi cristiani e seguendo, come in altri punti (vedansi ad esempio Romani 9,5 e Tito 2,13), il triste esempio della King James (1611). Non intendiamo evidentemente entrare in polemica con i fratelli protestanti né tanto meno con la conferenza episcopale statunitense. Prendiamo, invece, atto del fatto che oggi molti cattolici ed ortodossi sono perplessi non tanto verso traduzioni antiche, grammaticalmente accreditate e letteralmente accettabili, come:
·         "o tu cui grazia è stata fatta" (Diodati 1607, 1641, 1825);
·         "favorita dalla grazia" (Riveduta, Nuova Riveduta);
·         "colmata di grazia" (Traduzione Interconfessionale in Lingua Corrente)
ma verso versioni come:
·         "favorita" (Young Literal Translation, Darby inglese, Revised Standard Version, New Revised Standard Version, New American Standard Bible, New American Bible) o
·         "molto favorita" (Nuova Diodati, King James, American Standard Version, New King James, New International Version, New World Translation),
visto e considerato che l’espressione "favorita" fu (ed è tuttora) spesso usata per identificare donne di dubbia virtù o di perduta fama.
Di fatto, traducendo "kekaritomene" con "favorita", si rischia di presentare l'amore di Dio verso Maria come un evento fugace, effimero ed ambiguo: le favorite dei re e dei potenti erano (e sono) personaggi soggetti ad un continuo ricambio e ad eterni capricci. Tradurre "kekaritomene" con "favorita dalla grazia" (come fecero il Diodati ed il Luzzi) o "colmata di grazia" (come fa la TILC) rappresenta una posizione più equilibrata, che enfatizza l'immensità della grazia di Dio verso l'umanità. Il "gratia plena" di Gerolamo sembra però confermare a Maria (e all'umanità) la stabilità, la forza e la pienezza di un amore che ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna (Giovanni 3,16).
La bellezza della traduzione di Gerolamo è pertanto evidente e sembra andare oltre le riserve verso la devozione mariana espresse dagli evangelici, i dogmi di fede elaborati dai cattolici e dagli ortodossi e le dotte dispute di tutti coloro che vorrebbero far dire al testo biblico ciò che esso esplicitamente non dice.
Κεχαριτωμένη è il participio perfetto passivo (vocativo, femminile e singolare) del verbo lt χαριτοω che vuol dire "concedere grazia, colmare di grazia, rendere aggraziato, affascinante, bello, piacevole, esaminare con grazia, circondare di favore, onorare con benedizioni, favorire, gratificare". Il prefisso Κε indica che il verbo è al tempo perfetto, mentre il suffisso μένη mostra che il verbo è usato in forma di participio passivo. La traduzione cattolica "piena di grazia" risale al "gratia plena" di Gerolamo, che nella Vulgata non intese certo rendere attivo un participio perfetto passivo ma si limitò a cogliere qualche sfumatura sostantivata e forse pure aggettivale nel participio perfetto passivo (colmata di grazia, piena di grazia, dotata di grazia, leggiadra, graziosissima, bellissima, prediletta, graziatissima, oggetto della grazia divina, onorata dalla grazia, benedetta dal favore divino, guardata con grazia, resa splendida dalla grazia, favorita dalla grazia, circondata dalla divina grazia).

Secondo molti studiosi, il perfetto, che nel greco classico avrebbe quasi sempre valore "stativo" e "puntuale", nel greco koiné e nel Nuovo Testamento tenderebbe ad assumere valenza "resultativa e durativa". La stessa cosa sembra essere valida pure per i participi perfetti passivi che, nella cosiddetta "forma perifrastica", tendono a sostituire il perfetto, soprattutto nelle Scritture Greche Cristiane. Di fatto, nel greco koiné il perfetto e la forma perifrastica "estin + participio perfetto passivo" sono spesso sostanzialmente equivalenti. Nel Nuovo Testamento esistono poi casi in cui il tempo perfetto, il participio passivo perfetto preceduto da "estin" ed il participio perfetto passivo usato da solo hanno valenza simile ed uso praticamente accomunabile. Evidentemente il participio perfetto passivo, quando è usato da solo, rivela sia sfumature sostantivate o attributive che valenza verbale (essendo "estin" spesso sottointeso).
Coloro che traducono "kekeritomene" con "favorita" sostengono che "kekaritomene" sia un participio sostantivato totalmente privo di pienezza, durata e stabilità. Il ragionamento si basa sul fatto che il verbo della frase, detta a Maria dall’Angelo Gabriele, sarebbe l’imperativo "chaire" cioè "rallegrati". Molti pensano invece che il participio perfetto passivo "kekaritomene" sia comunque una forma verbale e non un sostantivo vero e proprio. Nel Nuovo Testamento, nei Padri Apostolici e negli Apologeti Greci non mancano, infatti, esempi di participi perfetti passivi usati in forma perifrastica e numerose sono le forme perifrastiche in cui il verbo essere è chiaramente sottointeso. Il fatto poi che "chaire", possa esser piuttosto un saluto che un vero e proprio imperativo (come intuì bene Girolamo quando tradusse "chaire" con "Ave"), permette di ipotizzare che "kekaritomene" conservi qui un elevata valenza verbale. Anche se non tutti condividono l'ipotesi secondo cui "kekaritomene" corrisponderebbe alla forma perifrastica "estin kekaritomene", è forse il caso di notare come, all'interno dello stesso versetto, il verbo "essere" sia sottointeso almeno un'altra volta. Luca 1,28 suona, infatti, come:
"Χαιρε κεκαριτωμενη ο κυριος μετα σου"
"Kaire kekaritomene o Kurios meta sou"
"Ti saluto [sei stata] colmata di grazia, il Signore [è] con te."
Su influenza di Luca 1,42, in alcuni manoscritti (Textus Receptus compreso), il saluto dell'Angelo Gabriele prosegue poi con:
"ευλογημενη συ εν γυναιξιν”
"Eulogemene su en gunaiksin"
"Benedetta [sei o sei stata] tu tra le donne",
dove troviamo ευλογημενη (eulogemene), participio passivo perfetto nominativo singolare e femminile (come kekaritomene), con tanto di verbo "essere" sottointeso.
Il fatto che tutto il brano lucano ometta la copula conferisce al saluto angelico carattere breve, conciso, solenne, esclamativo ed enfatico . Il gratia plena di Gerolamo potrebbe pertanto rendere con accurata precisione l'idea che la grazia di cui Maria è stata colmata sia piena, stabile, completa e duratura . Volendo pertanto tradurre letteralmente in italiano il "kekaritomene" greco si dovrebbe dire "tu che sei stata, che sei e che rimani stabilmente colmata dalla grazia divina". Papa Giovanni Paolo II ha giustamente osservato che "Per rendere con più esattezza la sfumatura del termine greco, non si dovrebbe quindi dire semplicemente "piena di grazia", bensì "resa piena di grazia" oppure "colmata di grazia", il che indicherebbe chiaramente che si tratta di un dono fatto da Dio alla Vergine. Il termine, nella forma di participio perfetto, accredita l'immagine di una grazia perfetta e duratura che implica pienezza. Lo stesso verbo, nel significato di "dotare di grazia", è adoperato nella Lettera agli Efesini per indicare l'abbondanza di grazia, concessa a noi dal Padre nel suo Figlio diletto (Efesini 1,6)". Un autorevole pastore della chiesa cattolica ha anche recentemente sottolineato come "Nel Libro dell’Esodo leggiamo che anche Dio è "pieno di grazia" (Esodo 34,6), ma mentre Dio lo è in senso attivo, come colui che riempie di grazia, Maria lo è in senso recettivo come Colei che è stata riempita di grazia e per questo è diventata icona sublime della divina grazia.
Il "gratia plena" della Vulgata sembra peraltro condiviso dalle versioni Vetus Latina, Syriaca Peshitta, Arabica, Egiziana ed Etiopica, dai padri greci Giovanni Damasceno, Giovanni Crisostomo, Teodoto di Ancira ed Efrem Siro e da larga parte delle Chiese Greco Ortodosse tuttoggi esistenti.
Inoltre:
·         la Wyclif's Version [1380] ha "full of grace";
·         la  Tyndale's Version [1534] ha "full of grace";
·         la Cranmer's Version [1539] ha "full of grace";
·         la Geneva Bible [1599] ha in nota a margine "might be rendered full of favour and grace",
·         la Douay Reims [1610] ha "full of grace";
·         l’Authorized Version or KJV [1611] ha in nota a margine "much graced or graciously accepted";
·         la Revised Version [1881], l’American Standard Version [1901] e la Scofield Edition [1909, 1914] hanno in nota a margine "Or Endowed with Grace".
·         la versione francese di David Martin [1707] ha "(ô toi qui es) reçue en grâce";
·         la versione francese di Jean-Frédéric Ostervald  [1744] ha " toi qui as été reçue en grâce";
·         la versione francese di Louis Segond [1880] ha "toi à qui une grâce a été faite";
·         la versione francese del Darby [1910] ha "toi que Dieu fait jouir de sa faveur";
·         la New American Standard Bible [1971, 1977] in nota riporta "Or, O woman richly blessed".
·         la English Peshitta Translation di Etheridge [1849] ha "Peace to thee, full of grace"
·         la English Peshitta Translation di Murdock [1852] ha "Peace to thee, thou full of grace"
·         la English Peshitta Translation di Lamsa [1933] ha "Peace to you, o full of grace"
·         la English Peshitta Translation di Younan [2000] ha "Peace to you, full of grace"
 
A conferma di questo è forse il caso di osservare che κεχαριτωμένω, corrispondente maschile di κεχαριτωμένη, si trova solo un'altra volta nella Bibbia (Siracide 18,17) e nella Vulgata fu tradotto da Gerolamo con "iustificato”, senza introdurre alcuna sfumatura attiva . Il termine Κεχαριτωμένον è comunque piuttosto raro e, oltre che dal libro del Siracide, fu anche impiegato da Simmaco per tradurre il termine ebraico ברר (barar) cioè "puro" (Salmo 18,26).. Nei Padri della Chiesa troviamo poi κεχαριτωμένον, corrispondente neutro di κεχαριτωμένη, usato per lo Spirito Santo che “ci fu donato per grazia" o che è "pieno di grazia" (Clemente Alessandrino, Stromata, I, 1, 14).

Chiarito che grazia e favore vengono sempre e solo da Dio (1 Pietro 5:10) e ci rendono a lui graditi (Efesini 1,6), la traduzione "piena di grazia" nel senso di "graziosissima, prediletta e da sempre piena della grazia divina" ci sembra senza dubbio corretta, accurata ed applicabile a Maria da tutti i cristiani, visto e considerato che non solo Gesù (Giovanni 1,14) ma anche il diacono Stefano (Atti 6,8) fu chiaramente detto πλήρης χάριτος cioè "pieno di grazia". La pienezza di grazia di Maria è evidentemente diversa da quella di Gesù e da quella di Stefano; il titolo di "piena di grazia" è comunque più che legittimo, come più che legittimo era il titolo di "Figlio di Dio" applicato a Cristo, visto che perfino i giudici ebrei erano chiamati "dei" dalla Scrittura (Salmo 82,6 e Giovanni 10,34).


L’opposizione mostrata da alcuni acattolici verso la traduzione "piena di grazia" sembra pertanto legata più a pregiudizi teologici (timore che Luca 1,28 possa essere citato per sostenere la devozione mariana, l’invocazione della Madonna ed il dogma dell’Immacolata Concezione) che a ragioni logiche, linguistiche, grammaticali ed estetiche (Cantico dei Cantici 4,7). Sicuramente molti cattolici hanno, in passato, fatto ampio ricorso alla traduzione di Gerolamo per provare il dogma dell'Immacolata Concezione, non riuscendo a dimostrare nulla e rendendosi così odiosi a tutto il protestantesimo. Di fatto, il gratia plena di Gerolamo spinse molti cattolici del passato sulla strada di deduzioni filosofiche e teologiche piuttosto che verso analisi propriamente esegetiche (vedasi ad esempio, Tommaso d'Aquino, Summa Teologica, III, 27).

La pienezza di grazia di Maria diventò così più una grazia santificante da dispensare che l'originale benevolenza divina di cui fu oggetto. Oggi nessun cattolico ragionevole si oppone a traduzioni del tipo "Esulta, o privilegiata dalla grazia" o "Rallegrati, o tu che sei stata colmata di grazia". Insistere su termini come "favorita" o "molto favorita" sembra però una scelta volutamente volgare, lessicalmente ambigua e stilisticamente criticabile. Invero, il "gratia plena " non ha alcun valore teologico ed i dogmi della Chiesa Cattolica sono basati su ben altri fondamenti logici, filosofici e teologici. Si consideri poi che le "favorite" dei potenti erano tali per bellezza, intelligenza o cultura, mentre Maria è "colmata di grazia" perché ha "trovato grazia presso Dio" (Luca 1,30). Paradossalmente, è sulla traduzione "favorita" che si potrebbero ipotizzare precedenti meriti di Maria, mentre il "piena di grazia" di Gerolamo, il "o tu cui grazia è stata fatta" di Diodati ed il "favorita dalla grazia"di Luzzi permettono solo di dimostrare "l'umiltà della serva del Signore" (Luca 1,48).

La pienezza di grazia di Maria diventò così più una grazia santificante da dispensare che l'originale benevolenza divina di cui fu oggetto. Oggi nessun cattolico ragionevole si oppone a traduzioni del tipo "Esulta, o privilegiata dalla grazia" o "Rallegrati, o tu che sei stata colmata di grazia". Insistere su termini come "favorita" o "molto favorita" sembra però una scelta volutamente volgare, lessicalmente ambigua e stilisticamente criticabile. Invero, il "gratia plena " non ha alcun valore teologico ed i dogmi della Chiesa Cattolica sono basati su ben altri fondamenti logici, filosofici e teologici. Si consideri poi che le "favorite" dei potenti erano tali per bellezza, intelligenza o cultura, mentre Maria è "colmata di grazia" perché ha "trovato grazia presso Dio" (Luca 1,30). Paradossalmente, è sulla traduzione "favorita" che si potrebbero ipotizzare precedenti meriti di Maria, mentre il "piena di grazia" di Gerolamo, il "o tu cui grazia è stata fatta" di Diodati ed il "favorita dalla grazia"di Luzzi permettono solo di dimostrare "l'umiltà della serva del Signore" (Luca 1,48).
Dalle Sacre Scritture risulta poi che pieni di Spirito Santo furono Giovanni il battista (Luca 1,15), Maria (Luca 1,35), Zaccaria (Luca 1,67), Gesù Cristo (Luca 4,1), Pietro (Atti 4,8), Stefano (Atti 7,55), Barnaba (Atti 11,24), Paolo (Atti 13,9). La pienezza di grazia di Maria è pertanto più che legittima, in quanto legata alla particolare pienezza di Spirito Santo di cui fu colmata. Alla madre di Gesù l’angelo Gabriele disse infatti: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo" (Luca 1,35).
Tutti coloro che provano un’istintiva avversione nei confronti della devozione cattolica verso Maria citano spesso la Bibbia laddove è scritto: "Lo stolto pensa: Dio non esiste. Sono corrotti, fanno cose abominevoli, nessuno fa il bene. Dio dal cielo si china sui figli dell'uomo per vedere se c'è un uomo saggio che cerca Dio. Tutti hanno traviato, tutti sono corrotti; nessuno fa il bene; neppure uno" (Salmo 53,2-4) oppure "Non c’è nessun giusto, nemmeno uno" (Romani 3,10). Se si vuole sostenere che la giustizia degli uomini non deriva da particolari opere meritorie o dall’osservanza di particolari precetti (Romani 3,19; Galati 3,11), ma dalla fede in Dio Padre ed in Cristo Gesù, nostro Signore e Salvatore (Romani 1,17; Romani 3,28; Galati 2,16) non c'è nulla da eccepire.
Se, invece, si vuole affermare che Maria non condusse un'esistenza giusta e pura dal peccato, occorre ricordare che per fede e per opere (Giacomo 2,26), cioè attraverso una fede operante attraverso l'amore (Galati 5,6), oltre a Maria, vennero considerati giusti molti uomini del tempo antico, come Noé, uomo giusto ed integro (Genesi 6,9 e 7,1), Abramo che ebbe fede in Dio e ciò gli fu accreditato come giustizia (Romani 4,3), il giusto Lot (2 Pietro 2,7), Tobia, uomo giusto e largo di elemosine (Tobia 7,6-9,6), Abele (Matteo 23,35), Giovanni Battista, giusto e santo (Marco 6,20), Simeone, uomo giusto e timorato di Dio (Luca 2,25), Zaccaria ed Elisabetta, giusti davanti a Dio (Luca 1,6), Giuseppe d'Arimatea, persona buona e giusta (Luca 23,50) ed il centurione Cornelio, uomo giusto e timorato di Dio (Atti 10,22).
Maria resterebbe "giusta e piena di grazia" anche se, unita dal sacro vincolo del matrimonio, avesse generato figli e figlie con Giuseppe, suo legittimo sposo. La "pienezza di grazia" sembra infatti prescindere da tutte le critiche portate avanti dalla Riforma Protestante e da tutti i dogmi elaborati dalla Chiesa Cattolica. Coloro che affermano che Maria avrebbe avuto altri figli, oltre a Gesù, citano alcuni passi del Vangelo (ad esempio Matteo 13,55 e Marco 6,3) dove si fa riferimento a quattro fratelli del Signore, chiamati Giacomo, Giuseppe (o Ioses), Giuda e Simeone (o Simone). I cattolici hanno sempre rigettato la possibilità che Cristo possa aver avuto dei fratelli carnali, sostenendo come il termine "fratelli", in aramaico, assuma significato molto ampio, comprendendo anche il significato di "cugini".
La critica protestante e razionalista ha però sempre obiettato che nella lingua greca il termine "fratello" è "adelphos", mentre il termine "cugino" è "anepsios", come bene sapevano alcuni autori del Nuovo Testamento (in Colossesi 4,10 Marco è detto chiaramente cugino di Barnaba). Dal punto di vista linguistico la discussone è però giunta ad un punto morto, visto che gli apostoli pensavano in aramaico e scrivevano in greco, risentendo fortemente sia dell’influsso della lingua madre che dell’influenza della cultura greco-romana. Prima di accettare in modo acritico le tesi acattoliche, pensiamo che potrebbe essere di qualche utilità considerare alcune testimonianze risalenti ai primi secoli dell’era volgare. È infatti verosimile pensare che Giacomo e Giuseppe (o Ioses) fossero figli di Maria, sorella della Madre di Cristo, come sembra emergere da alcune fonti attendibili (Matteo 27,56; Marco 15,40; Giovanni 19,25 e da Girolamo, Gli Uomini Illustri, II). Simeone (o Simone) potrebbe essere invece figlio di Cleofa, fratello di Giuseppe, il padre putativo di Gesù, come sembra affermato dalle autorevoli testimonianze degli storici Egesippo ed Eusebio (Eusebio, Storia Ecclesiastica, III, 11 e IV, 22). Fratello carnale di Gesù potrebbe, invece, essere soltanto Giuda, possibile figlio di Giuseppe, il padre putativo di Gesù, come sembra emergere dalla Storia Ecclesiastica di Eusebio (Eusebio, Storia Ecclesiastica, III, 19-20.

"Highly favoured" (kecharitomene): Perfect passive participle of charitoo and means endowed with grace ("charis"), enriched with grace as in Ephesians. 1:6, non ut mater gratiae, sed ut filia gratiae. The Vulgate gratiae plena is right, if it means 'full of grace which thou hast received'; wrong, if it means 'full of grace which thou hast to bestow'. A. T. Robertson, Word Pictures in the New Testament, Nashville, 1930, vol. II, pag. 13. Evidentemente le considerazioni del Robertson sono corrette se riferite al giorno dell’Annunciazione. Di fronte all’Arcangelo Gabriele, Maria fu "figlia della grazia", cioè figlia dell’immenso amore divino che a lei si rivolse. Dopo aver dato alla luce il Salvatore, Maria divenne però anche "madre della grazia", cioè madre del nostro Signore Gesù Cristo.

Molti participi passati, anche nella lingua italiana, hanno perso larga parte della funzione verbale primitiva per assumere ruolo di aggettivo o di sostantivo, conservando ben poco dell’originale sfumatura attiva o passiva (si pensi, ad esempio, a termini come uscita, entrata, vista, visto, udito, gelato, bandito, invitato, messo, eletto, fatto, accaduto, successo, prefisso, evaso, esatto, giusto, amata, favorita, ….). A seconda del verbo reggente, del contesto grammaticale e delle circostanze, alcuni di essi hanno solo valore sostantivato, mentre per altri non si può escludere un certo carattere verbale con qualche sfumatura "resultativa" e "durativa". Di fatto, nella lingua italiana, alcuni participi hanno totalmente perso ogni sfumatura verbale (si pensi a termini come vestito, bandito, contenuto, docente, cantante, recipiente, …), mentre altri participi sembrano ancora sottointendere il verbo essere o qualche altro verbo.
Il "vestito" è tale perché veste le persone e non perché è stato vestito e cucito addosso ad esse. Il "bandito" è tale perché viola la legge e non perché è stato bandito (come in passato) dalla società. Un caso intermedio è quello del "convertito" che può aver fatto un autonomo cammino di fede o può essere stato convertito da altri. Participi passati come "amata", "favorita", "inviato" o "impiccato", quando non vengano usati in senso riflessivo ed autoreferenziale, sembrano invece sottointendere ancora il verbo essere (chi è stata amata, favorita, chi è stato inviato o impiccato). La permanenza di qualche sfumatura verbale durativa e resultativa sembra pertanto essere qui possibile, logica e legittima. Il termine "gelato" ha un'evidente valenza puntuale: dopo pochi minuti ciò che è stato gelato si scioglie, mentre il termine "ammazzato" ha una evidente valenza resultativa e durativa: il morto non riprende vita. Il termine "amata" ha invece una valenza non sempre chiara: "colei che è stata amata" può essere stata amata per un istante, per un certo tempo oppure in eterno.

Nel saluto angelico, "kekaritomene" è probabilmente un participio attributivo che tuttavia conserva elevata valenza verbale, essendo la copula verosimilmente omessa (sulla possibilità che Luca 1,28 sia una "incomplete structure" con probabile mancanza del verbo essere vedasi, ad esempio, Winer, A Treatise on the Grammar of New Testament Greek, 1870, pag. 732). Di fatto, nel greco antico come in molte altre lingue, il participio è un modo verbale molto vicino all'aggettivo e al sostantivo. Deve il suo nome proprio al fatto che partecipa a queste categorie, cioè condivide le caratteristiche di un verbo e di un aggettivo. Qualcuno ha pertanto osservato che il participio è una specie di "aggettivo verbale", in parte verbo ed in parte aggettivo (vedasi H. W. Smith, A Greek Grammar for Colleges, n. 2039, 1920; E. C. Colwell & E. W. Tune, A Beginner's Reader Grammar for New Testament Greek, 1965, pag. 44; A.T.Robertson, A Grammar of the Greek New Testament in the Light of Historical Research, 1919, pp. 1101). È sicuramente vero che il greco antico non è l’italiano e che la valenza greca di un participio perfetto passivo non sempre coincide con quella posseduta dalla corrispondente traduzione italiana. Rimane, comunque, sempre discutibile il ricorso acritico a classificazioni accademiche, che spesso rischiano di catalogare in modo prescrittivo i participi perfetti passivi in categorie eccessivamente rigide (predicativi, attributivi, aggettivali, sostantivati, perifrastici....), imponendo talora schemi poco realistici ed un po' dogmatici.
La tendenza di alcune forme perifrastiche ad evolvere verso participi sostantivati è comunque evidente. Se nel Medioevo un messaggero di un ricco principe avesse salutato un capitano di ventura con la frase: "Rallegrati, o soldato, il Principe è con te. ….non temere, Giovanni, perché sei stato assoldato presso le milizie del Principe", la forma "soldato" sarebbe stata un participio passivo perfetto del verbo "soldare" o "assoldare nelle milizie", visto che "soldato" era chi veniva reclutato, dietro compenso, per combattere al servizio di un sovrano o di uno stato che fossero privi di un esercito nazionale. Oggi, invece, "soldato" è un sostantivo derivante da un participio sostantivato ed indica chi combatte in un esercito o chi è parte delle truppe militari, senza distinzione di grado o arma, sia volontariamente che per obbligo di leva. Con il senno di molti secoli fa, non sembrerebbe pertanto errato rendere la frase con "Ti saluto, o uomo pieno di ricchezza" oppure "Rallegrati, o tu che sei stato assoldato nelle milizie".
Il passaggio dal perfetto alle forme perifrastiche e da queste ai participi attributivi è stata lenta e graduale e non ha determinato un'immediata perdita della valenza verbale di detti participi. Oltre che nelle scritture greche e cristiane, troviamo forme perifrastiche che tendono a sostituire il perfetto anche in alcuni autori greci del I e II secolo avanti Cristo (come, ad esempio, Polibio, Strabone e Diodoro Siculo). Un caso emblematico è dato dal verbo "grapho" cioè scrivere. Per citare i Profeti, il Nuovo Testamento utilizza indifferentemente "gegraptai" (perfetto di grapho), "estin + gegrammenon" forma perifrastica o "gegrammenon da solo" con valenza ibrida. In questi casi sembra indifferente tradurre "come sta scritto", "come è stato scritto" , "come è scritto" o "secondo lo scritto" o "in conformità a quanto scritto". Esistono evidentemente casi con sfumature verbali più accentuate, mentre in altri contesti la valenza sostantivata sembra essere più forte: il significato logico non sembra comunque molto diverso. Per l’uso di "gegraptai" vedansi, ad esempio, i casi di Matteo 2,5; Romani 3,4; Apocalisse 13,8. Per l’uso di "estin + gegrammenon" si vedano Luca 20,17; Giovanni 2,17; Giovanni 6,31; Giovanni 6,45; Giovanni 10,34; Giovanni 12,14; Giovanni 19,19. Per l’uso di "gegrammenon" da solo con funzione perifrastica-sostantivata (e talora anche preceduto da articolo) vedansi infine Luca 22,37 e 2 Corinzi 4,13. Non mancano poi casi in cui "estin" nella forma verbale è probabilmente sottointeso (come in Apocalisse 2,17; Apocalisse 5,1; Apocalisse 14,1 e Apocalisse 17,5). Vedasi, a tal proposito, Joseph A. Fitzmyer, Essays on the Semitic Background of the New Testament, 1997, pp. 8-9. Per la possibilità che la forma perifrastica "estin + participio perfetto" esprima - come il perfetto - uno stato o una situazione, risultante da un precedente evento ma persistente nel presente, vedasi J. Gonda, Selected Studies, 1975, Vol I, pag. 472.
Per un'analisi dell'uso del perfetto per caratterizzare un effetto "prolungato" e "durativo" vedasi Blass & De Brunner, Greek Grammar of the New Testament, Chicago: University of Chicago Press, 1961, pp. 176-177. Per un accenno all'uso delle forme perifrastiche nel "perfetto", vedasi, ad esempio, Blass & De Brunner, Greek Grammar of the New Testament, Chicago: University of Chicago Press, 1961, pag.179. Per la possibilità che la forma perifrastica "estin + participio perfetto" esprima uno stato o una situazione, risultante da un precedente evento ma persistente nel presente, vedasi J. Gonda, Selected Studies, 1975, Vol I, pag. 472. Per un'analisi della regola generale secondo cui il participio perifrastico sarebbe sintatticamente riconoscibile dal fatto che il verbo essere ed il participio non sono separati da alcun elemento, vedasi S.E. Porter, Idioms of the Greek New Testament, 1992, pp. 45-49. Per un esame dettagliato della tendenza, nel greco del Nuovo Testamento, ad omettere il verbo "essere" vedasi ancora Blass & De Brunner, Greek Grammar of the New Testament, Chicago: University of Chicago Press, 1961, pp. 70-71. Per la possibilità di forme perifrastiche senza copula vedasi A.T. Robertson, A Grammar of the Greek New Testament in the Light of Historical Research, 1919, pp. 1119-1120. Sulle cosiddette "incomplete structures"con omissione del soggetto o del verbo essere (come copula e come predicato verbale) vedasi, ad esempio, Winer, A Treatise on the Grammar of New Testament Greek, 1870, pp. 731-751.

Nel Nuovo Testamento, l’omissione del verbo essere (come copula o come predicato verbale nel senso di "esistere") è molto comune nei proverbi, nelle costruzioni impersonali (specialmente in quelle che esprimono necessità o possibilità), nelle domande, nelle esclamazioni, in particolari forme poetiche, in numerose forme idiomatiche, nelle benedizioni, nelle dossologie, in alcune formule augurali ed in molte strutture volutamente brevi e concise. A tal proposito vedasi, ad esempio, Matteo 5,3 (5,5-5,10); Matteo 7,9; Matteo 10,10; Matteo 13,11; Matteo 21,9; Marco 13,33; Luca 2,25; Luca 4,36; Luca 6,34; Luca 22,37; Giovanni 1,6; Giovanni 3,1; Atti 10,21; Atti 13,11; Atti 19,28; Atti 19,34; Romani 3,1; Romani 4,8; Romani 4,14; Romani 8,27; Romani 11, 16; Romani 12,9; Romani 13,11; Romani 14,21; Romani 15,33; 1 Corinzi 1,26; 2 Corinzi 2,16; 2 Corinzi 4,13; 2 Corinzi 8,16; 2 Corinzi 11,16; Filippesi 2,11; Filippesi 4,3; Efesini 4,5; Efesini 5,17; Colossesi 4,6; Tito 3,15; 1 Tessalonicesi 4,6; 2 Tessalonicesi 3,2; 1 Timoteo 1,15; 1 Timoteo 5,18; 1 Timoteo 6,7; 2 Timoteo 2:11; 2 Timoteo 3,16; 1 Pietro 1,6; 1 Pietro 3,8; Ebrei 2,11; Ebrei 6,8; Ebrei 13,4; Apocalisse 2,17; Apocalisse 5,1; Apocalisse 13,4; Apocalisse 17,5…..
Alcuni cattolici riportano la frase: "It is permissible, on greek grammatical and linguistic grounds, to paraphrase "kecharitomene" as completely, perfectly, enduringly endowed with grace", citando Blass & De Brunner, Greek Grammar of the New Testament, Chicago: University of Chicago Press, 1961, pag.166 e 175-176. Blass e De Brunner non hanno però mai espresso una valutazione sul significato del termine greco "kekaritomene". La citazione, presente soprattutto in alcuni siti web statunitensi, vorrebbe accreditare la possibilità di applicare al termine in questione l’uso del perfetto quando, come insegnano Blass e De Brunner, questo venga utilizzato per caratterizzare un effetto prolungato su un soggetto o su un oggetto (§342). Per chi è profondamente convinto del fatto che "kekaritomene" sia solo un participio sostantivato privo di ogni sfumatura verbale, la citazione appare come una forzatura disonesta e truffaldina. Se, invece, si considera che nel greco koiné il perfetto è spesso sostituito dai participi perfetti passivi e si ammette l'ipotesi che, in alcuni contesti, il verbo essere potrebbe anche non essere esplicitato, la citazione rimane onesta, accettabile e legittima.

Giovanni Paolo II, Udienza del Mercoledì, 8 maggio 1996 e Tarcisio Bertone, lt Omelia nella festa dell'Immacolata Concezione, 8 dicembre 2007. Per amor del vero va detto che in Efesini 1,6 (dove Girolamo tradusse letteralmente: in laudem gloriae gratiae suae in qua gratificavit nos in dilecto, cioè a lode della gloria della sua grazia con cui ci graziò nel Diletto) è usato l'aoristo attivo indicativo (ekaritosen) del verbo "karitoo". Si tratta qui di un'azione puntuale, circostanziata e definitiva, visto che l'aoristo greco è molto simile al nostro passato remoto.

Nella Bibbia cattolica Douay Reims (1610) κεχαριτωμένω di Siracide 18,17 è reso con "justified man”, mentre la Nova Vulgata traduce κεχαριτωμένω con “gratioso", la New American Bible con "kindly man", la Bibbia CEI con "caritatevole", la Nuovissima Versione della Bibbia con "generoso", la Revised Standard Version e la New Revised Standard Version con "gracious man", la Traduzione Interconfessionale in Lingua Corrente con "gentile".
A tal proposito vedasi: F. Field, Origenis Hexaplorum: quae supersunt sive veterum interpretum graecorum in totus Vetus Testamentum fragmenta, Oxford University Press, 1875, vol II, pag 111.
Può essere forse di qualche interesse notare come l'Arcangelo Gabriele si fosse rivolto al profeta Daniele utilizzando (anche in quella occasione) un termine piuttosto raro, cioè "chemdah iysh" (Daniele 9,23 e Daniele 10,11) cioè "uomo molto amato, prediletto, grazioso e piacevole", termine che la Settanta e Gerolamo tradussero un po' liberamente con "aner epitomion", cioè "uomo molto desiderato" e con "vir desideriorum" cioè "uomo dei desideri".

LE NOZZE DI CANA.

SIGNIFICATO DELLA FRASE CHE C'È TRA ME E TE O DONNA?


Quell’episodio serve forse a disprezzare Maria, o a farci prendere le distanze da lei, come apparentemente fece Gesù? Gli argomenti in favore di questa interpretazione vengono sia dal contesto, dal senso e dalla logica, sia dalla filologia (lingua, traduzioni antiche, sintassi greca), sia ancora dall’esegesi patristica.

Un’offesa pubblica di Gesù a sua madre parrebbe tanto più assurda proprio nel vangelo che si fonda sulla testimonianza oculare di quel Discepolo Amato a cui Gesù dalla croce aveva affidato Maria.
Anche le antiche versioni copte appoggiano questa interpretazione, in quanto rendono: “Che cosa ha a che vedere questo con me, e anche con te?”

Parimenti la sostiene un’indagine sistematica di tutte le attestazioni greche, dall’antichità alla Patristica, del costrutto ti+ pronome personale dativo + kai + dativo. In almeno due passi della Bibbia dei LXX (Settanta) 2Re 16,10 e 9,23, questo costrutto può essere inteso nel senso “Che cosa importa a me e a te?” in riferimento all’osservazione immediatamente precedente dell’interlocutore, esattamente come in Gv 2,4.
Già in Platone (Gorg. 455D2), del resto e poi in Porfirio (Abst 4.18), ti + dativo in una domanda significa “che cosa importa (a te/a noi?)”.
Ulteriori conferme vengono dall’esegesi patristica in una lettera di Teodoreto a Giustino, per questo autore, ti emoi kai soi significa “Che importa questo a me e a te?”
Invitato, il Signore è andato alle nozze. Nessuna meraviglia che sia andato alle nozze in Cana di Galilea, lui che è venuto alle nozze in questo mondo. Il Verbo è lo sposo, e la carne umana è la sposa.
Il miracolo con cui nostro Signore Gesù Cristo cambiò l'acqua in vino, non sorprende se si considera che fu Dio a compierlo. Infatti, chi in quel banchetto di nozze fece comparire il vino in quelle sei anfore che aveva fatto riempire di acqua (Gv 2, 6-11), è quello stesso che ogni anno fa ciò nelle viti. Quel che i servi avevano versato nelle anfore, fu cambiato in vino per opera del Signore, come per opera del medesimo Signore si cambia in vino ciò che cade dalle nubi. Se questo non ci meraviglia, è perché avviene regolarmente ogni anno: la regolarità con cui avviene impedisce la meraviglia. Eppure questo fatto meriterebbemaggior considerazione di quanto avvenne dentro le anfore piene d'acqua.
Come è possibile, infatti, osservare le risorse che Dio dispiega nel reggere e governare questo mondo, senza rimanere ammirati e come sopraffatti da tanti prodigi?

Che meraviglia, ad esempio, e quale sgomento prova chi considera la potenza anche d'un granello di un qualsiasi seme! Ma siccome gli uomini, ad altro intenti, trascurano di considerare le opere di Dio, e trarne argomento di lode quotidiana per il Creatore, Dio si è come riservato di compiere alcune cose insolite, per scuotere gli uomini dal loro torpore e richiamarli al suo culto con nuove meraviglie. Risuscita un morto, e tutti rimangono meravigliati; eppure ogni giorno ne nascono tanti, e nessuno ci bada. Ma se consideriamo più attentamente, è un miracolo più grande creare ciò che non era, che risuscitare ciò che era. Ed è il medesimo Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che compie tutte queste cose per mezzo del suo Verbo, e lui che le ha create, le regge. I primi miracoli li ha fatti per mezzo del suo Verbo, che è presso di lui e Dio egli stesso; gli altri per mezzo del suo Verbo incarnato e fatto uomo per noi. Come ammiriamo le cose fatte per mezzo di Gesù uomo, così dobbiamo ammirare quelle fatte per mezzo di Gesù Dio. Per mezzo di lui sono stati fatti il cielo e la terra, il mare, ogni ornamento del cielo, l'ubertà della terra, la fecondità del mare: tutte queste cose che ci circondano sono state fatte per mezzo di Gesù Dio. Noi contempliamo queste cose, e se in noi c'è il suo Spirito, ci piacciono e c'invitano a lodare l'artefice; eviteremo così di volgerci a queste opere allontanandoci dal loro artefice o di rivolgere, per così dire, il volto a queste creature voltando le spalle al loro creatore. Queste sono le cose che vediamo e che tocchiamo con mano; ma che dire di quelle che non vediamo, come sono gli Angeli, le Potestà, le Virtù, le Dominazioni, ogni abitante di quella dimora sopraceleste, che non ci è dato di vedere? Sebbene anche gli angeli, all'occorrenza, siano apparsi agli uomini. Non è Dio che, sempre per mezzo del suo Verbo, cioè del suo Figlio Unigenito nostro Signore Gesù Cristo, ha creato tutti questi esseri? La stessa anima umana, che non si vede e che mediante le sue manifestazioni nella carne riempie di ammirazione chi ben la consideri, da chi è stata fatta se non da Dio? e per mezzo di chi è stata fatta, se non per mezzo del Figlio di Dio? Né parlo soltanto dell'anima dell'uomo: guardate l'anima di un qualsiasi animale, come regge il suo corpo! Rende attivi tutti i sensi: gli occhi per vedere, le orecchie per udire, le narici per fiutare, il gusto per discernere i sapori, le membra stesse, infine, per compiere le loro funzioni. Forse che tutto questo lo compie il corpo, e non invece l'anima che abita nel corpo? Non si vede con gli occhi, e tuttavia la sua attività suscita ammirazione. Si rivolga ora in particolare l'attenzione all'anima dell'uomo, cui Dio ha accordato la capacità di conoscere il suo Creatore, di discernere e distinguere il bene dal male, il giusto da ciò che non è giusto: che cosa non compie essa per mezzo del corpo! Osservate l'ordine che regna nell'universo della società umana: l'ordinamento amministrativo, la gerarchia dei poteri, le istituzioni, le leggi, i costumi, le arti. E' l'anima che compie tutto, e nessuno vede la potenza dell'anima.

Appena viene sottratta al corpo, questo giace cadavere; finché gli è unita, è come se ne impedisse la corruzione, come se lo imbalsamasse. Ogni carne, difatti, è corruttibile e si decompone, se non viene conservata e sostentata dall'anima. Ma questo potere lo ha anche l'anima dei bruti. Più mirabili sono le cose che ho detto prima, quelle che son proprie dello spirito e dell'intelligenza, dove l'uomo, che fu fatto a immagine del suo Creatore (cf. Col 3, 10), secondo questa immagine è rinnovato. Quale sarà la potenza dell'anima, quando anche questo nostro corpo si sarà rivestito dell'incorruttibilità e, mortale qual'è si sarà rivestito dell'immortalità (cf. 1 Cor 15, 53)? Se tanto è il suo potere anche servendosi della carne corruttibile, che cosa non potrà quando, in seguito alla resurrezione dei morti, potrà servirsi d'un corpo spirituale? Quest'anima, tuttavia, di natura e sostanza mirabili, invisibile e intelligibile com'è, è stata fatta anch'essa per mezzo di Gesù Dio, poiché egli è il Verbo di Dio, e cose tutte furono fatte per mezzo di lui, e senza di lui nulla fu fatto (Gv 1, 3).

[La sobria ebbrezza.]

Di fronte a tanti prodigi compiuti per mezzo di Gesù Dio, 'è da meravigliarsi se l'acqua è mutata in vino per mezzo di Gesù uomo? Diventando uomo, egli non ha cessato di essere Dio: si è aggiunto l'uomo, non è venuto meno Dio. Chi ha compiuto questo prodigio è colui che ha creato tutte le cose. Non dobbiamo meravigliarci che Dio abbia fatto questo, ma piuttosto ringraziarlo perché lo ha fatto in mezzo a noi, e per la nostra salvezza. Attraverso le stesse circostanze egli ci vuole suggerire qualcosa, poiché ritengo che non senza una ragione il Signore intervenne allenozze. A parte il miracolo, il contesto stesso adombra qualche mistero, qualche sacramento. Bussiamo perché ci apra e c'inebri del vino invisibile. Anche noi eravamo acqua e ci ha convertiti in vino, facendoci diventare sapienti; gustiamo infatti la sapienza che viene dalla fede in lui, noi che prima eravamo insipienti. Credo sia proprio mediante la sapienza - non disgiunta dall'onore reso a Dio, dalla lode della sua maestà e dall'amore della sua potentissima misericordia - è proprio mediante la sapienza che potremo pervenire all'intelligenza spirituale di questo miracolo.

[Lo sposo avanza.]

Invitato, il Signore si reca ad un festino di nozze. C'è da meravigliarsi che vada alle nozze in quella casa, lui che è venuto a nozze in questo mondo? Se non fosse venuto a nozze, non avrebbe qui la sposa. E che senso avrebbero allora le parole dell'Apostolo: ho fidanzati ad uno sposo unico, come una vergine pura da presentare a Cristo? Che cosa teme l'Apostolo? Che la verginità della sposa di Cristo venga corrotta dall'astuzia del diavolo. dice -che come nel caso di Eva, il serpente nella sua astuzia corrompa i vostri sentimenti, deviandoli dall'amore sincero e casto verso Cristo. Il Signore ha qui, dunque, una sposa che egli ha redento col suo sangue, e alla quale ha dato come pegno lo Spirito Santo (2Cor 11, 2-3; 1, 22). L'ha strappata alla tirannia del diavolo, è morto per le sue colpe, è risuscitato per la sua giustificazione (cf. Rm 4, 25). Chi può offrire tanto alla sua sposa? Offrano pure gli uomini quanto c'è di meglio al mondo: oro, argento, pietre preziose, cavalli, schiavi, ville, possedimenti: ci sarà forse qualcuno che può offrire il suo sangue? Se uno offrisse il suo sangue per la sposa, come potrebbe sposarla? Il Signore invece affronta serenamente la morte, dà il suo sangue per colei che sarà sua dopo la risurrezione, colei che già aveva unito a sé nel seno della Vergine.

Il Verbo, infatti, è lo sposo e la carne umana è la sposa; e tutti e due sono un solo Figlio di Dio, che è al tempo stesso figlio dell'uomo. Il seno della vergine Maria è il talamo dove egli divenne capo della Chiesa, e donde avanzò come sposo che esce dal talamo, secondo la profezia della Scrittura: è come sposo che procede dal suo talamo, esultante comecampione nella sua corsa(Sal 18, 6). Esce come sposo dalla camera nuziale e, invitato, si reca alle nozze.
Non è certo senza un motivo recondito che egli sembra non riconoscere la madre, dalla quale era uscito come sposo, quando le dice: c'è tra me e te, o donna? La mia ora non è ancora giunta (Gv 2, 4). Cosa significano queste parole? Ha forse presenziato alle nozze per insegnarci a disprezzare la madre? Era andato alle nozze d'un uomo che prendeva moglie per generare dei figli, e che certamente aspirava ad essere onorato dai figli che avrebbe generato. E Gesù avrebbe partecipato alle nozze per mancare di rispetto alla madre, mentre le nozze vengono celebrate e ci si sposa per avere dei figli, ai quali Dio comanda di rendere onore ai genitori? Certamente, fratelli, c'è qui nascosto un mistero. E si tratta di cosa tanto importante che taluni - contro cui, come già abbiamo ricordato, ci ha messo in guardia l'Apostolo dicendo: che, come nel caso di Eva, il serpente nella sua astuzia corrompa i vostri sentimenti, deviandoli dall'amore sincero e casto verso Gesù Cristo (2 Cor 11, 3) - iquali, contraddicendo il Vangelo, sostengono che Gesù Cristo non è nato da Maria Vergine, credono d'aver trovato una conferma al loro errore proprio in queste parole del Signore. Come poteva essere sua madre - essi dicono - colei alla quale Cristo disse: c'è tra me e te, o donna? Bisogna rispondere a costoro spiegando il significato della frase del Signore, affinché non credano d'aver trovato, sragionando, un argomento contro la fede, che corrompa la purezza della sposa vergine, cioè la fede della Chiesa. E davvero si corrompe, o fratelli, la fede di coloro che preferiscono la menzogna alla verità. Costoro infatti che credono di onorare Cristo negando la realtà della sua carne, lo fanno passare per bugiardo. Coloro che costruiscono negli uomini la menzogna, che altro eliminano da essi se non la verità? Vi introducono il diavolo e ne escludono Cristo; vi fanno entrare l'adultero e ne fanno uscire lo sposo. Sono paraninfi o, meglio, agenti del diavolo: con le loro parole aprono la porta al diavolo e scacciano Cristo. In che modo il serpente s'impossessa dell'uomo? Facendo sì che l'uomo ceda alla menzogna. Quando la menzogna domina, domina il serpente; quando la verità domina, domina Cristo. Egli infatti ha detto:Iola verità(Gv 14, 6); del diavolo invece ha detto: rimase nella verità, perché in lui non c'è verità(Gv 8, 44)Ora, Cristo è talmente la verità che tutto in lui è vero: Egli è il vero Verbo, Dio uguale al Padre, vera anima, vera carne, vero uomo, vero Dio; vera è la sua nascita, vera la sua passione, la sua morte, la sua risurrezione. Se neghi una sola di queste verità, entra il marcio nella tua anima, il veleno del diavolo genera i vermi della menzogna, e nulla rimarrà integro in te.

E' dunque, il significato della frase del Signore: c'è tra me e te, donna? Forse in ciò che segue il Signore ci mostra perché si è espresso così: è ancora giunta la mia ora. Questa è, infatti, l'intera frase: c'è tra me e te, donna? Non è ancora giunta la mia ora. Cerchiamo di capire perché si è espresso così. Prima, però, confutiamo gli eretici. Che cosa dice l'inveterato serpente, l'antico istigatore e iniettatore di veleni? Che cosa dice? Che Gesù non ebbe per madre una donna. Come puoi provarlo? Con le parole, tu mi dici, del Signore: c'è tra me e te, donna? Ma, rispondo, chi ha riportato queste parole, perché possiamo credere che davvero si sia espresso così? Chi? L'evangelista Giovanni. Ma è proprio l'evangelista Giovanni che ha detto: la madre di Gesù si trovava là. Questo è infatti il suo racconto: giorno in Cana di Galilea si celebrò un festino di nozze, e la madre di Gesù si trovava là. Alle nozze fu invitato anche Gesù con i suoi discepoli(Gv 2, 1-2). Abbiamo qui due affermazioni dell'evangelista. Egli dice: madre di Gesù si trovava là; ed egli stesso riferisce le parole di Gesù a sua madre. Affinché voi possiate custodire la verginità del cuore di fronte alle insinuazioni del serpente, notate, o fratelli, come nel riferire la risposta di Gesù a sua madre, l'evangelista cominci col dire: madre gli dice... Nella medesima narrazione, nel medesimo Vangelo, il medesimo evangelista riferisce: madre di Gesù si trovava là, e: madre gli disse. Di chi è questa narrazione? Dell'evangelista Giovanni. E che cosa Gesù risponde alla madre? c'è tra me e te, o donna? Ed è lo stesso evangelista Giovanni a narrarcelo. O evangelista fedelissimo e veracissimo, tu mi racconti che Gesù disse a sua madre: c'è tra me e te, donna? Perché hai dato l'appellativo di madre a colei che non riconosce tale? Tu infatti hai detto che à si trovava la madre di Gesù, e che madre gli disse... Perché non hai detto piuttosto: Là si trovava Maria, e Maria gli disse? Tu riferisci tutte e due le espressioni: e madre gli disse, e Gesù le rispose: Che c'è tra me e te, donna? Perché questo, se non perché tutte e due le espressioni sono vere? Gli eretici, invece, credono all'evangelista quando narra che Gesù disse a sua madre: c'è tra me e te, donna?, e non vogliono credere all'evangelista che riferisce: à si trovava la madre di Gesù, e madre gli disse... Ebbene, chi è che resiste al serpente e custodisce la verità, e la cui integrità spirituale non è violata dall'astuzia del diavolo? Certamente chi ritiene vere ambedue le cose: che là si trovava la madre di Gesù, e che Gesù rispose a sua madre in quel modo. Se ancora non riesci a capire come mai Gesù abbia risposto: c'è tra me e te, donna?, tuttavia credi che Gesù ha detto queste parole, e che le ha dette a sua madre. Se la fede è fondata sulla pietà, anche l'intelligenza raccoglierà il suo frutto.

[Cercate la verità senza polemizzare.]

Domando a voi, fedeli cristiani: C'era la madre di Gesù alle nozze? Voi rispondete che c'era. Come lo sapete? Voi rispondete: Lo dice il Vangelo. Che cosa rispose Gesù a sua Madre? Voi dite: c'è tra me e te, donna? Non è ancora giunta la mia ora. E anche questo come lo sapete? Voi rispondete: Lo dice il Vangelo. Che nessuno vi corrompa questa fede, se volete conservare per lo sposo una casta verginità. Se poi qualcuno vi domanda perché Gesù rispose così a sua madre, parli chi è riuscito a capire; e chi non è ancora riuscito a capire, creda fermissimamente che Gesù ha dato questa risposta, e l'ha data a sua madre. Questo spirito di pietà gli otterrà anche di capire il senso di quella risposta, se busserà pregando, e non si accosterà alla porta della verità solo discutendo. Soltanto eviti, mentre ritiene di sapere o si vergogna di non sapere il motivo di quella risposta, di ridursi a credere che l'evangelista riferendo che à si trovava la madre di Gesù, ha mentito; oppure che Cristo ha sofferto per le nostre colpe una morte fittizia, ha mostrato per la nostra giustificazione false cicatrici, ed ha affermato il falso quando disse: voi rimanete nella mia parola, siete veramente miei discepoli; e conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi (Gv 8, 31-32). Perché se la madre è fittizia, fittizia è la carne, fittizia è la morte, fittizie le ferite della passione, fittizie le cicatrici della risurrezione; allora non sarà la verità a liberare quelli che credono in lui, ma piuttosto la falsità. E invece la falsità ceda il passo alla verità, e siano confusi tutti quelli che vorrebbero sembrare veraci proprio mentre si sforzano di dimostrare che Cristo è menzognero, e non vogliono sentirsi dire: - Non vi crediamo perché mentite -, mentre loro vanno dicendo che la verità stessa ha mentito. Se poi domandiamo a costoro come fanno a sapere che Cristo ha detto: c'è tra me e te, donna?, essi rispondono che hanno creduto al Vangelo. Ma perché allora non credono al Vangelo, quando dice: à si trovava la madre di Gesù, e madre gli disse...? Che se dicendo questo il Vangelo mentisce, come gli si può credere quando riferisce le parole di Gesù: c'è tra me e te, donna? Non farebbero molto meglio, questi miserabili, a credere sinceramente che il Signore ha dato questa risposta a sua madre e non ad una estranea? e cercare religiosamente il senso di questa risposta? C'è infatti una grande differenza tra chi dice: - Vorrei sapere perché Cristo ha risposto così a sua madre -, e chi dice: - Io so che questa risposta Cristo non l'ha data a sua madre -. Altro è voler chiarire ciò che è oscuro, altro è rifiutare di credere ciò che è chiaro.
Chi dice: - Voglio sapere perché Cristo ha risposto così a sua madre -, desidera gli sia chiarito il Vangelo, al quale crede; chi invece dice: - So che Cristo non ha dato questa risposta a sua madre -, accusa di menzogna il Vangelo, dal quale ha appreso che Cristo ha risposto così.

[Fede e intelligenza.]

E adesso, fratelli, che abbiamo risposto a costoro, che nella loro cecità son destinati a rimanere nell'errore fin quando umilmente accetteranno di essere guariti, se volete, noi cercheremo di sapere perché nostro Signore abbia risposto in quel modo a sua madre. Caso unico, egli è nato dal Padre senza madre, dalla madre senza padre: senza madre come Dio, senza padre come uomo; senza madre prima dei tempi, senza padre nella pienezza dei tempi. Questa risposta l'ha data proprio a sua madre, perché à c'era la madre di Gesù, e madre di Gesù gli disse... Tutto questo lo dice il Vangelo. Dal
Vangelo sappiamo che à c'era la madre di Gesù, e dallo stesso Vangelo sappiamo che Gesù disse a sua madre: c'è tra me e te, donna? Non è ancora giunta la mia ora. Crediamo tutto, e mettiamoci a cercare ciò che ancora non abbiamo capito. E anzitutto state attenti che, come i manichei han trovato pretesto alla loro incredulità nel fatto che il Signore disse: c'è tra me e te, donna?, così gli astrologhi non trovino pretesto per la loro ciarlataneria nel fatto che il Signore disse: è ancora giunta la mia ora. Se il Signore ha detto questo nel senso degli astrologi, noi abbiamo commesso un sacrilegio bruciando i loro scritti. Se, invece, abbiamo fatto bene, seguendo il costume del tempo degli Apostoli (cf. At 19, 19), è perché le parole del Signore: è ancora giunta la mia ora, non sono da interpretare nel senso che pretendono loro. Infatti, questi ciarlatani, sedotti e seduttori, vanno dicendo: Come vedete, Cristo era soggetto al fato, poiché dice: è ancora giunta la mia ora. A chi risponderemo prima: agli eretici, o agli astrologi? Sia gli uni che gli altri provengono dal serpente, e si propongono di violare la verginità spirituale della Chiesa, che consiste nell'integrità della sua fede. Se volete, prima rispondiamo a coloro ai quali per primi mi sono riferito, ai quali peraltro in gran parte abbiamo già risposto. Ma affinché non pensino che noi non sappiamo che dire in merito alla risposta che il Signore ha dato a sua madre, vi vogliamo documentare meglio contro di loro; perché, a confutarli, credo bastino le cose già dette.
Perché dunque il figlio ha detto alla madre: c'è tra me e te, donna? Non è ancora giunta la mia ora? Nostro Signore Gesù Cristo era Dio e uomo. Come Dio non aveva madre, come uomo l'aveva. Maria, quindi, era della carne di lui, madre della sua umanità, madre della debolezza che per noi assunse. Ora, il miracolo che egli stava per compiere, era opera della sua divinità, non della sua debolezza: egli operava in quanto era Dio, non in quanto era nato debole. Ma la debolezza di Dio è più forte degli uomini (1 Cor 1, 25). La madre esigeva un miracolo ed egli, accingendosi a compiere un'opera divina, sembra insensibile ai sentimenti di tenerezza filiale. E' come se dicesse: che di me compie il miracolo, non l'hai generato tu:tu non hai generato la mia divinità; ma siccome hai generato la mia debolezza, allora ti riconoscerò quando questa mia infermità (carne) penderà dalla croce. E' questo il senso della frase: è ancora giunta la mia ora. Sulla croce riconobbe la madre, lui che da sempre la conosceva. Conosceva sua madre prima di nascere da lei, quando la predestinò; e prima di creare, come Dio, colei della quale come uomo sarebbe stato creatura. Tuttavia, in una certa ora misteriosamente non la riconosce, e poi in un'altra ora, che ancora doveva venire, di nuovo misteriosamente la riconosce. La riconobbe nell'ora in cui stava morendo ciò che ella aveva partorito. Moriva, infatti, non il Verbo per mezzo del quale Maria era stata creata, ma la carne che Maria aveva plasmato; non moriva Dio che è eterno, ma la carne che è debole. Con quella risposta, dunque, il Signore vuole aiutare i credenti a distinguere, nella loro fede, la sua persona dalla sua origine temporale. E' venuto per mezzo di una donna, che gli è madre, lui che è Dio e Signore del cielo e della terra. In quanto Signore del mondo, Signore del cielo e della terra, certamente egli è anche Signore di Maria; in quanto creatore del cielo e della terra, è anche creatore di Maria; ma in quanto da donna e fatto sotto la legge(Gal 4, 4)secondo l'espressione dell'Apostolo -, egli è il figlio di Maria. E' ad un tempo Signore e figlio di Maria, ad un tempo creatore e creatura di Maria. Non meravigliarti del fatto che è ad un tempo figlio e Signore: Vien detto figlio di Maria come vien detto figlio di Davide, ed è figlio di Davide perché è figlio di Maria. Ascolta la testimonianza esplicita dell'Apostolo: è nato dalla stirpe di Davide secondo la carne(Rm 1, 3) Ma egli è altresì il Signore di Davide. E' lo stesso Davide che lo afferma. Ascolta: del Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra(Sal 109, 1).
Gesù pose i Giudei di fronte a questa testimonianza, e con essa li ridusse al silenzio. Come dunque egli è insieme figlio e Signore di Davide (Mt 22, 45), figlio secondo la carne e Signore secondo la divinità, così è figlio di Maria secondo la carne e Signore di Maria secondo la maestà. E poiché Maria non era madre della divinità, e il miracolo che ella chiedeva doveva compiersi in virtù della divinità, per questo disse: c'è tra me e te, donna? Non credere però, o Maria, che io voglia rinnegarti come madre; gli è che è ancora giunta la mia ora; allora, quando l'infermità di cui sei madre penderà dalla croce, io ti riconoscerò. Ecco la prova di questa verità. Narrando la passione del Signore, il medesimo evangelista, che conosceva la madre del Signore e che come tale ce l'ha presentata in queste nozze, dice così: là, presso la croce, la madre di Gesù, e Gesù disse a sua madre: Donna, ecco tuo figlio; poi al discepolo: Ecco tua madre (Gv 19, 25-27). Affida la madre al discepolo; affida la madre, egli che stava per morire prima di lei e che sarebbe risorto prima che ella morisse: egli, uomo, raccomanda ad un uomo una creatura umana. Ecco la natura umana che Maria aveva partorito. Era venuta l'ora alla quale si riferiva quando aveva detto: è ancora giunta la mia ora.
Mi pare che abbiamo risposto sufficientemente agli eretici; rispondiamo ora, fratelli, agli astrologi. Che prova adducono, costoro, per convincere che Gesù era soggetto al fato? La parola stessa del Signore: è ancora giunta la mia ora; e noi - continuano - crediamo alla sua parola. Se egli avesse detto: "Non ho alcuna ora", avrebbe liquidato gli astrologi; e invece egli ha detto: è ancora giunta la mia ora. Ripeto, se avesse detto: "Non ho alcuna ora", avrebbe liquidato gli astrologi, e le loro calunnie sarebbero senza fondamento; ma siccome ha detto: è ancora giunta la mia ora, che possiamo opporre alle loro parole? E' davvero strano che gli astrologi ricorrano alle parole di Cristo per convincere i cristiani che Cristo visse soggetto ad un'ora fatale. Allora credano a Cristo quando dice: il potere di dare la mia vita, per riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie, ma la do da me, e di nuovo la riprendo(Gv 10, 18). Anche questo potere, forse, è soggetto al fato? Mi mostrino un uomo che abbia il potere di morire quando vuole, di vivere quanto gli pare; non me lo potranno mostrare. Credano dunque a Dio che dice: il potere di dare la mia vita, e di riprenderla di nuovo; e cerchino di capire la frase: è ancora giunta la mia ora, e di conseguenza non assoggettino al fato il Creatore del cielo, il Creatore e ordinatore degli astri. Se esistesse questo fato che viene dagli astri, il Creatore degli astri non potrebbe essere soggetto al loro influsso. Aggiungi, che non solo Cristo non fu soggetto al fato: ma neppure tu, né io, né quello lì, né alcun uomo.
Essi tuttavia, sedotti seducono, e spacciano i loro errori, tentando di accalappiare gli uomini perfino nelle pubbliche piazze. Coloro che tendono lacci per catturare le belve, lo fanno nelle foreste o in luoghi deserti: come sono da compiangere quei semplicioni che si lasciano accalappiare perfino nelle piazze! Quando un uomo si vende ad un altro, viene pagato; costoro, invece, pagano per vendersi alle menzogne. Ricorrono all'astrologo per comprarsi dei padroni, quelli che all'astrologo piacerà loro assegnare: Saturno, Giove, Mercurio, o altro nome sacrilego. Quest'uomo è entrato libero, ed ha pagato per uscire schiavo. Veramente, se fosse stato libero non sarebbe entrato; è entrato dove lo hanno spinto quei tiranni che sono l'errore e la cupidigia. Per questo la Verità dice: commette il peccato, diventa schiavo del peccato(Gv 8, 34)

[Il capo e il corpo.]
Perché dunque il Signore ha detto: è ancora giunta la mia ora? Soprattutto perché essendo in suo potere morire quando avesse voluto, giudicava che ancora non era giunto il momento di usare tale potere. Anche noi, o fratelli, ci esprimiamo in modo analogo quando, ad esempio, diciamo: E' giunta l'ora di andare a celebrare i divini misteri. Se vi andassimo prima del tempo, dimostreremmo di essere precipitosi e intempestivi. Ma per il fatto che non operiamo se non al momento opportuno, si dirà perciò che compiendo queste azioni ed esprimendoci in questo modo, noi teniamo conto del fato? Che significa dunque: è ancora giunta la mia ora? Non è ancora giunta l'ora in cui ritengo opportuno patire, in cui ritengo utile la mia passione; quando sarà giunto il momento, allora patirò volontariamente. Devi tener conto dell'affermazione: è ancora giunta la mia ora; e dell'altra: il potere di dare la mia vita, e di riprenderla di nuovo. Egli era venuto col potere di morire quando avesse voluto. Se però fosse morto prima di scegliere gli Apostoli, certamente la sua morte sarebbe stata prematura; se fosse stato uno che non potesse liberamente disporre della sua ora, poteva accadergli di morire anche prima di scegliere i discepoli; e se gli fosse accaduto di morire dopo aver scelto e formato i discepoli, ciò sarebbe stato un favore a lui concesso, non una cosa da lui decisa. Colui, invece, che era venuto col potere di decidere l'ora di lasciare questa vita e quella di ritornarvi, come pure il termine del suo cammino, e al quale erano aperti gli inferi non soltanto alla sua morte ma anche alla sua risurrezione, volendo rivelare a noi, che siamo la sua Chiesa, la speranza dell'immortalità, mostrò in se stesso, che era il Capo, ciò che le membra dovevano sperare. Colui che risuscitò come Capo, risorgerà anche nelle altre membra. Quindi, non era ancora giunta l'ora, non era ancora il momento opportuno. Si dovevano prima chiamare i discepoli, si doveva annunziare il regno dei cieli, si dovevano compiere i prodigi; si doveva prima confermare con i miracoli la divinità del Signore, e con i patimenti la sua umanità. Colui che soffriva la fame perché era uomo, sfamò migliaia di persone perché era Dio; colui che dormiva perché era uomo, comandava ai venti e ai flutti perché era Dio. Era necessario che prima fosse testimoniato tutto questo, affinché gli Evangelisti avessero di che scrivere e la Chiesa potesse ricevere il messaggio della salvezza. E allorché il Signore ebbe
compiuto quanto ritenne necessario compiere, giunse l'ora sua, l'ora segnata, non dalla necessità ma dalla libera volontà, non l'ora della fatalità ma della sovrana potestà.
E adesso, o fratelli, che abbiamo risposto agli uni e agli altri, non diremo nulla del significato misterioso delle anfore e dell'acqua mutata in vino, del maestro di tavola, dello sposo, della madre di Gesù e delle nozze stesse? Cose tutte di cui bisognerebbe parlare, ma non debbo affaticarvi. Avrei voluto farlo già ieri, giorno in cui siamo soliti tenere il sermone alla vostra Carità; avrei voluto nel nome di Cristo trattare questi temi, se non che impegni urgenti me lo hanno impedito. Se quindi piace alla Santità vostra, possiamo rimandare a domani ciò che si riferisce al mistero contenuto in questo fatto, avendo riguardo alla vostra debolezza e alla mia. Oggi forse ci sono molti che sono accorsi a motivo della solennità di questo giorno, più che per ascoltare un discorso. Quelli che verranno domani, verranno per ascoltare; così non defrauderemo i volenterosi e non appesantiremo chi è svogliato.

Preghiamo tutti il



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