Due boss mafiosi pentiti raccontano la loro storia


Incontro a Mergellina Un ex boss di Camorra che ci racconta la sua storia dagli omicidi al pentimento e la collaborazione con la giustizia, una storia di redenzione e aiuto per i giovani che oggi idolatrano dei modelli criminali che non portano a nulla, Gennaro Panzuto detto Genny O' Terremoto Boss del quartiere Torretta di Napoli dopo 21 anni di carcere e la collaborazione con la giustizia, oggi è un uomo che rischia la vita ogni giorno perchè ha ancora molti nemici ma come ci racconta lui anche persone che lo sostengono specie nel suo quartiere dove è stato in passato il Boss che evitava di vessare il popolo.

Un racconto che parte da quando era scugnizzo all'approdo alla malavita fino alla consapevolezza di aver buttato via la sua vita e la ricerca di una nuova vita limitatamente a tutti gli errori commessi.





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1:13 Introduzione Iano Ferrara
3:30 La storia
6:17 Ingresso nella Mafia
8:27 Primo attentato 
9:17 Carriera Criminale
9:57 Guerra tra clan e sparatorie
11:38 Inizio carriera da Boss del C.E.P.
12:05 Frammentazione gruppi criminali
32:29 Inizio collaborazione con la giustizia
36:43 Le domande al Boss

Quando nel 1994 una parte del quartiere C.E.P. di Messina protestò contro l'arresto del suo boss, Sebastiano Ferrara detto Iano, la stampa gridò allo scandalo. Persino un prete, Don Caizzone, che spese delle parole in difesa di Iano, venne aspramente denigrato dai giornali. Improvvisamente la società italiana si accorse che la Mafia non era solo accettata, ma anche amata da una parte della popolazione. Un giovane boss era diventato il mito di tanti. Un “Robin Hood” moderno che aveva trasformato il C.E.P. di Messina in un'oasi di pace. Un quartiere popolare di periferia che dopo l'arresto del suo protettore – guarda caso - ricadde nel peggior degrado. Nessun giornale lontanamente ipotizzò che responsabile potesse essere anche lo Stato con la sua latitanza, la sua incuranza verso i più deboli e l'ingiustizia – alle volte - dei suoi sistemi amministrativi e giudiziari.

Quella di Iano, detto “il boss buono”, è una storia di gran rilievo, se la si approfondisce con attenzione, senza fermarsi alle emozioni di superficie. Conoscere il contesto e le motivazioni delle scelte di Iano, fa luce sulle condizioni di vita di un Sud spesso abbandonato a se stesso, senza vere opportunità. Fa luce anche su un sistema politico, giudiziario e carcerario facilmente inclini alla corruzione. La storia di Iano rivela che la disonestà umana è ancora stagnante nei vari meandri della società. Diventa perciò difficile, se non impossibile, creare una linea netta di demarcazione fra Stato e Antistato così come diventa difficile capire, quando si ha un problema, se è meglio rivolgersi alle istituzioni o alla malavita.

La storia di Iano è quindi utile a comprendere meglio i meccanismi che hanno generato la Mafia e che la mantengono viva, che l'alimentano. Basti pensare al carcere, che ha chiaramente fallito come deterrente contro i comportamenti malavitosi, dato che non fa altro che rafforzare le alleanze fra i criminali e stabilirne di nuove con altri clan. Il carcere ha funzionato anche come centro operativo per pianificare attentati e nuove faide per il controllo dei territori. Non ha contrastato e sgretolato le famiglie mafiose, ma ha spesso catalizzato e amplificato l'ingranaggio mafioso. Anche il sistema giudiziario non ne esce certo bene: i soldi e le amicizie influenti, così come i ricatti, riescono facilmente a deviare il corso di una vera Giustizia.

L'arresto di Iano che scatena la protesta popolare apre la storia, ma subito viene interrotto dal flashback che ci porta indietro all'infanzia di Iano. A cinque anni, Iano viene portato dal padre nel nuovo quartiere popolare di Messina, il C.E.P., sigla che sta per Centro di Edilizia Popolare. Un quartiere ancora in costruzione che il piccolo Iano crede di dover contribuire a edificare. Il bambino cresce dividendosi tra i giochi in piazza con gli amici e il lavoro mattutino con lo zio e il nonno paterno, venditori ambulanti di frutta. Dopo il lavoro va dritto alla scuola pomeridiana. Presto, per attirare la stima dei suoi amici, Iano inizia a fare la cresta sui guadagni dei sopraindicati congiunti. E quando aiuta suo padre ad installare antenne, inizia a commettere i primi furtarelli nelle case dove si trova a lavorare. Il suo senso di colpa non riesce a fermarlo, più forte è l'istigazione ricevuta dal fratello maggiore Carmelo. Nel giro di poco tempo diventa un piccolo delinquente quasi senza rendersene conto. Quella del piccolo furto diventa una abitudine quotidiana. È il modo migliore per primeggiare davanti ai coetanei. È anche l'unica soluzione che permette al suo gruppo di amici di concedersi ogni divertimento.

La faida fra i due clan si inasprisce. Durante lo stesso periodo, Iano perde un carissimo amico, Giovanni Reisposto, ucciso dai fratelli Arnone, erroneamente convinti fosse coinvolto nell’episodio della bomba. Gli stessi, ripresi da una telecamera del carcere lungo le cui mura è avvenuto l'omicidio, sono arrestati e quindi tolti di mezzo. Nel giro di pochi mesi la madre di Iano scopre di avere un tumore. Nel giro di un anno, anche lei trapassa. Iano, rimasto orfano assieme ai tre fratelli e quattro sorelle, viene raggiunto dai fratelli Rizzo che lo vogliono alleato per scatenare una vera guerra contro il clan Costa. Iano accetta. Iano partecipa ad un primo agguato contro un affiliato del clan Costa. È la prima volta che Iano spara da una macchina in corsa. Riesce a ferire il nemico e lo vede cadere come al rallentatore, immagine che ancora oggi lo accompagna.

Dio perdona i grandi peccati? Dio perdonerà un assassino?

Molte persone commettono l’errore di credere che Dio perdoni i “piccoli” peccati come le bugie, la rabbia e i pensieri impuri, ma che non perdoni i peccati “grandi” come l’omicidio e l’adulterio. Questo non è vero. Non esiste peccato troppo grande per Dio. Quando Gesù morì sulla croce, Egli morì per pagare per tutti i peccati del mondo intero (1 Giovanni 2:2). Quando una persona ripone la sua fiducia in Gesù Cristo per la salvezza, tutti i suoi peccati vengono perdonati. Questo include peccati passati, presenti e futuri, grandi o piccoli. Gesù è morto per pagare il prezzo di tutti i nostri peccati, e una volta che sono perdonati, sono tutti perdonati (Colossesi 1:14; Atti 10:43). 

Siamo tutti colpevoli di peccato (Romani 3:23) e meritiamo la punizione eterna (Romani 6:23). Gesù è morto per noi, per pagare per il nostro peccato (Romani 5:8). Chiunque creda in Gesù Cristo per la salvezza è perdonato, non importa quale peccato abbia commesso (Giovanni 3:16). È pur vero che un assassino o un adultero probabilmente affronteranno delle serie conseguenze (legali, relazionali, ecc…) a causa delle loro azioni malvagie, molto più di qualcuno che è “solamente” un bugiardo. Ma i peccati di un assassino o di un adultero vengono completamente e permanentemente perdonati nel momento in cui crede e ripone la sua fiducia in Cristo. 

Il fattore determinante non è l’entità del peccato; è l’entità del sacrificio d’espiazione di Cristo. Se il sangue versato dell’Agnello di Dio senza peccato è stato sufficiente a coprire tutti i peccati di tutti i milioni di persone che hanno creduto in Lui, allora non può esserci limite all’entità o al tipo di peccato coperto. Quando Egli disse: “È compiuto,” il peccato andò incontro alla sua fine; esso venne completamente espiato e pagato , fu ottenuto il perdono completo, fu fatta pace e fu ottenuta la redenzione da tutti i peccati. La salvezza fu assicurata, resa certa e completa; niente deve o può essere aggiunto ad essa. Inoltre, l’opera salvifica di Cristo fu compiuta interamente senza alcun aiuto da parte dell’uomo e non può essere disfatta. 

Che cosa significa che Dio guarda il cuore (1Samuele 16:7)?

La gente tende a giudicare il carattere e il valore degli altri in base alla loro apparenza esteriore. Essere alti, belli, in forma e ben vestiti significa possedere le qualità fisiche che gli umani generalmente ammirano e rispettano. Spesso queste sono le qualità che vogliamo vedere in un leader.

Ma Dio possiede la capacità unica di sapere vedere dentro a una persona. Dio conosce il nostro vero carattere perché “guarda al cuore”.

1Samuele 16 racconta che era giunto il momento per Samuele di andare a casa di Iesse, a Betlemme per consacrare il prossimo re di Israele. Quando Samuele guardò il figlio maggiore di Iesse, Eliab, ne fu colpito e disse: “Certamente l'unto dell'Eterno è davanti a lui” (versetto 6).

Ma Dio disse a Samuele: “Non badare al suo aspetto né all'altezza della sua statura, poiché io l'ho rifiutato, perché l'Eterno non vede come vede l'uomo; l'uomo infatti guarda all'apparenza, ma l'Eterno guarda al cuore” (1Samuele 16:7).

Saul, il primo re di Israele, era alto e di bell’aspetto. Forse Samuele si aspettava qualcuno che somigliasse a Saul, e l’aspetto di Eliab era alquanto sorprendente. Ma Dio aveva in mente qualcun altro da consacrare come re di Israele. Il Signore aveva precedentemente rivelato a Samuele che Egli “si è cercato un uomo secondo il suo cuore” (1Samuele 13:14).

Samuele guardò tutti i primi sette figli di Iesse, ma il Signore li scartò tutti per il ruolo di re. Dio stava cercando qualcuno che avesse un cuore fedele. Davide, il figlio più giovane di Iesse, che non si erano nemmeno presi la briga di andare a chiamare, era fuori a badare alle pecore. Dopo che Samuele aveva scartato gli altri figli, mandarono a chiamare Davide e il Signore disse: “Alzati e ungilo: è lui!” (1Samuele 16:12)

La scelta di Dio era Davide: imperfetto ma fedele, un uomo secondo il cuore di Dio. Anche se la Bibbia dice che era bello (1Samuele 16:12), Davide non era un uomo appariscente. Ma aveva maturato un cuore che metteva Dio prima di tutto. Durante il tempo trascorso da solo nei campi, pascolando le greggi, Davide aveva imparato a conoscere Dio, il suo Pastore (cfr. Salmi 23).

Le apparenze possono ingannare. Ciò che si vede esternamente non rivela quello che le persone sono veramente. L’aspetto fisico di qualcuno non ci mostra il loro valore, carattere, integrità morale o fedeltà a Dio. Le qualità esteriori sono, per definizione, superficiali. Per Dio le considerazioni morali e spirituali sono molto più importanti.

Dio guarda il cuore. Nelle Scritture, quando si parla di “cuore” ci si riferisce alla vita morale e spirituale di una persona. Proverbi 4:23 spiega che tutto sgorga dal cuore. Il cuore è il fulcro, l’essenza intima di ciò che siamo: “L'uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae il bene; e l'uomo malvagio dal malvagio tesoro del suo cuore trae il male, perché la bocca di uno parla dall'abbondanza del cuore” (Luca 6:45).

Giuda Iscariota sembrava a tutti un discepolo fedele, ma il suo aspetto era ingannevole. Gli altri discepoli non immaginavano nemmeno che cosa stesse succedendo nel cuore di Giuda. Gesù era l'unico a conoscere il cuore di Giuda: “Non ho io scelto voi dodici? Eppure uno di voi è un diavolo” (Giovanni 6:70). Il punto di vista di Dio è superiore al nostro, è più profondo e più saggio (Isaia 55:8-9).

2Cronache 16:9 dice che gli occhi di Dio scrutano continuamente tutta la terra per dare forza a coloro i cui cuori Gli sono totalmente devoti. Dio è capace di guardare dentro i nostri cuori, di esaminare le nostre motivazioni, e sa tutto quello che c’è da sapere su di noi (Salmi 139:1). Dio sa se una persona sarà fedele. Dio vede quello che le persone non possono vedere.

Re Davide era tutt’altro che perfetto. Commise adulterio e omicidio (2Samuele 11). Ma Dio vide in Davide un uomo dalla fede profonda e costante, un uomo totalmente devoto al Signore. Dio vide un uomo che si sarebbe rivolto al Signore per ricevere forza e guida (1Samuele 17:45,47; 1Samuele 23:2). Dio vide un uomo che avrebbe riconosciuto il suo peccato e il suo fallimento, che si sarebbe pentito e avrebbe chiesto perdono al Signore (2Samuele 12; Salmi 51). Dio vide in Davide un uomo che amava il suo Signore; un uomo che adorava il suo Signore con tutto se stesso (2Samuele 6:14); un uomo che era stato purificato e perdonato da Dio (Salmi 51) ed era arrivato a comprendere la profondità dell'amore di Dio per lui (Salmi 13:5-6). Dio vide un uomo che aveva una relazione sincera e personale con il suo Creatore. Quando Dio guardò il cuore di Davide, vide un uomo secondo il Proprio cuore (Atti 13:22).

Come Samuele, noi non riusciamo a vedere quello che il Signore riesce a vedere, e dobbiamo affidarci alla Sua saggezza. Possiamo essere certi che, quando Dio guarda i nostri cuori, vede la nostra fedeltà, il nostro vero carattere e il nostro valore come individui.


"Sono tutti uguali i peccati per Dio?"

In Matteo 5:21-28, Gesù equipara il commettere adulterio con la concupiscenza nutrita nel cuore, e commettere omicidio come provare odio nel cuore. Tuttavia, questo non significa che i peccati siano uguali. Quello che Gesù stava cercando di far capire ai farisei è che si tratta pur sempre di peccato, anche se soltanto si pensi di commettere l’atto o lo si voglia fare. I capi religiosi dei tempi di Gesù insegnavano alla gente che andava bene pensare a qualunque cosa si volesse, purché non si agisse in base a quei desideri. Gesù li stava costringendo a comprendere che Dio giudica i pensieri di una persona così come le sue azioni. Gesù affermò che le nostre azioni sono il risultato di ciò che abbiamo nel cuore (Matteo 12:34).

Perciò, anche se Gesù disse che la concupiscenza e l’adulterio sono entrambi peccati, ciò non significa che essi siano uguali. È molto peggio uccidere effettivamente una persona che odiarla semplicemente — sebbene entrambe le cose siano parimenti peccaminose al cospetto di Dio. Esistono delle gradazioni di peccato. Alcuni peccati sono peggiori di altri. Allo stesso tempo, relativamente sia alle conseguenze eterne sia alla salvezza, tutti i peccati sono uguali. Ogni singolo peccato porterà alla condanna eterna (Romani 6:23). Tutto il peccato, per quanto “piccolo”, è contro un Dio infinito ed eterno, e merita pertanto un castigo infinito ed eterno. Inoltre, non c’è peccato troppo “grande” che Dio non possa perdonare. Gesù morì per scontare il castigo per il peccato (1 Giovanni 2:2). Gesù morì per TUTTI i nostri peccati (2 Corinzi 5:21). Sono tutti uguali i peccati per Dio? Sì e no. Quanto alla gravità? No. Quanto al castigo? Sì. Quanto alla perdonabilità? Sì.

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