Bruno Cornacchiola ex protestante Storia testimonianza
Testimonianza ex protestante Bruno Cornacchiola
QUEL TRENO PERSO
C'è sempre una preparazione, un qualcosa che preannuncia la visita di Maria santissima in forma visibile su questa terra. Anche se questa preparazione non viene percepita tutte le volte immediatamente, la si riscontra poi con l'andare del tempo. Non sempre è un angelo, come avvenne a Fatima; molto spesso si tratta di avvenimenti, grandi o piccoli. E’ sempre un qualcosa che, come un aratro, smuove il terreno. Pensiamo che un qualcosa del genere sia avvenuto anche a Roma, prima che la Madonna si presentasse ai bambini e poi allo stesso Bruno Cornacchiola, alle Tre Fontane. Niente di sensazionale, ma nei disegni divini il sensazionale e il normale hanno lo stesso valore. Anzi, la preferenza va a ciò che si innesta meglio sull'ordinarietà, perché l'opera di Dio non è ingigantita o sminuita dall'entità delle circostanze. Ecco una di queste circostanze. Roma, 17 marzo 1947. Poco dopo le 14, padre Bonaventura Mariani dei frati minori viene chiamato dalla portineria del Collegio S. Antonio in via Merulana 124. C'è una signora che con tono concitato lo sollecita a recarsi nel suo appartamento di via Merulana, perché dice che «c’è il diavolo», più concretamente, ci sono alcuni protestanti che lo stanno aspettando. Il frate scende e la signora Linda Mancini gli spiega che era riuscita a organizzare un dibattito con loro sulla religione. Infatti quelli da un po' di tempo stavano svolgendo una intensa propaganda nel suo palazzo, specialmente ad opera di uno di essi, un certo Bruno Cornacchiola, ottenendo la conversione di alcuni coinquilini che avevano già deciso di non fare battezzare i loro bambini.
Amareggiata per quanto stava accadendo e non riuscendo a tenere testa alle loro argomentazioni, la signora Mancini si era rivolta ai francescani del Collegio S. Antonio. «Venga subito», scongiurava la donna, «altrimenti i protestanti diranno che voi avete paura di battervi con loro...» Per la verità, la cosa non era stata combinata all'ultimo minuto. Era già stato preavvisato un altro francescano, che però all'ultimo momento, per ragioni personali, aveva declinato l'invito e aveva suggerito di rivolgersi a padre Bonaventura. Naturalmente questi obietta che, preso così alla sprovvista, non si sente preparato per quel dibattito e, per di più, è stanco per le lezioni tenute in mattinata alla Facoltà di Propaganda Fide.
Ma di fronte alle accorate insistenze della signora, si rassegna ad accettare l'invito. Giunto nella stanza del dibattito, padre Bonaventura si trova di fronte a un pastore protestante della setta degli «Avventisti del settimo giorno», circondato da un gruppetto della stessa religione, fra cui Bruno Cornacchiola. Dopo una preghiera silenziosa, comincia il dibattito. Si sa che, di solito, questi incontri diventano subito «scontri» e si esauriscono in uno scambio di accuse e controaccuse, senza che una parte riesca a convincere l’altra, datro che ognuno parte dall’assoluta certezza di trovarsi nel giusto. Cornacchiola si distingue subito per interventi aggressivi, basati più sugli insulti che sulle argomentazioni, come questo: «Voi siete artisti ed astuti; studiate per ingannare gli ignoranti, ma con noi che conosciamo la Parola di Dio non potete fare nulla. Avete inventato tante stupide idolatrie e interpretate la Bibbia a modo vostro!». E direttamente al frate: «Caro furbacchione, sei svelto a trovare le scappatoie!...». E così il dibattito si protrae per quasi quattro ore, finché viene deciso che è tempo di separarsi. Mentre tutti si alzano per andarsene, le signore presenti al dibattito dicono a Cornacchiola: «Tu non sei tranquillo! Si vede dallo sguardo». E lui di rimando: «Sì invece: io sono felice da quando ho abbandonato la Chiesa cattolica!». Ma le signore insistono: «Rivolgiti alla Madonna. Lei ti salverà! », e gli mostrano il rosario. «Questo ti salverà! Ed ecco che ventun giorni dopo Cornacchiola sta sì pensando alla Madonna, ma non tanto per «rivolgersi a lei», quanto per combatterla e cercare di sminuirla il più possibile, cercando addirittura nella stessa Bibbia le argomentazioni per farlo. Ma chi era questo Bruno Cornacchiola? E soprattutto qual era la storia della sua vita e perché era diventato così accanito contro la Madonna? Pensiamo sia molto utile conoscere tutto questo per comprendere meglio l'ambito e i retroscena su cui si innesta il messaggio dell'apparizione.
Sappiamo che la Madonna non sceglie mai a caso: né il veggente, né il luogo, né il momento. Tutto fa parte del mosaico dell'avvenimento. E lo stesso Bruno che racconta. Noi riassumiamo. Nasce nel 1913 sulla Cassia Vecchia, in una stalla, a causa della grande povertà in cui versano i suoi genitori. Alla sua nascita il padre è in prigione a Regina Coeli e quando esce con la moglie porta il bambino a battezzare nella chiesa di S. Agnese. Alla rituale domanda del sacerdote: «Che nome gli volete mettere?», il papà, ubriaco, risponde: «Giordano Bruno, come quello che avete ammazzato voi a Campo dei Fiori!». La risposta del sacerdote è prevedibile: «No, con questo spirito non è possibile!>> Si accordano allora che il bambino si chiamerà soltanto Bruno. I genitori sono analfabeti e vivono in miseria. Vanno ad abitare in una casa vicino all'agglomerato di baracche dove si ritrovavano tutti quelli che uscivano dalle carceri e le donne di strada. Bruno cresce in questa «schiuma di Roma», senza religione, perché Dio, Cristo, la Madonna erano conosciuti soltanto come bestemmie e i bambini crescevano pensando che questi nomi indicassero porci, cani o asini. In casa Cornacchiola la vita era piena di liti, bastonate e bestemmie. I bambini più grandi, per poter dormire la notte, uscivano di casa. Bruno andava a dormire sulle scale della Basilica di S. Giovanni in Laterano. Una mattina, quando aveva quattordici anni, viene avvicinato da una signora che, dopo averlo invitato a entrare con lei in chiesa, gli parla di messa, di comunione, di cresima, e gli promette la pizza. Il ragazzo la guarda stralunato. Alle domande della signora, meravigliato, risponde: «Beh, a casa, quando papà non è ubriaco si mangia tutti assieme, qualche volta pastasciutta, qualche volta minestra, il brodo, risotto o la zuppa, ma questa cresima e comunione, mamma non l'ha mai cucinata... E poi, cos'è quest'Ave Maria? Cos'è 'sto Padre nostro?». E così, Bruno, scalzo, malvestito, pieno di pidocchi, infreddolito, viene accompagnato da un frate che cercherà di insegnargli un po' di catechismo. Dopo una quarantina di giorni la solita signora lo porta in un istituto di suore dove Bruno riceve per la prima volta la comunione. Per la cresima occorreva il padrino: il vescovo chiama il suo servitore e gli fa fare da padrino. Come ricordo gli danno il libretto nero delle Massime eterne e una bella corona del rosario, grossa e nera anch'essa. Bruno ritorna a casa con questi oggetti e con l'incombenza di chiedere perdono alla mamma per i sassi che le aveva tirato e un morso alla mano: «Mamma, il prete mi ha detto alla cresima e comunione che ti dovevo chiedere perdono...». «Ma che cresima e comunione, che perdono!», e dicendo queste parole gli dà uno spintone, facendolo cadere per le scale. Bruno allora lancia alla mamma il libretto e la corona del rosario e se ne va di casa, a Rieti. Qui rimane per un anno e mezzo con un suo zio, facendo tutti quei lavoretti che gli offrivano. Poi lo zio lo riporta dai genitori che nel frattempo si erano traslocati al Quadraro. Due anni dopo, Bruno riceve la cartolina precetto per il servizio militare. Ha ormai vent'anni, è senza istruzione, senza lavoro e per presentarsi in caserma si procura un paio di scarpe negli scarichi delle immondizie. Per legacci un filo di ferro. Viene mandato a Ravenna. Non aveva mai avuto tanto da mangiare e da vestire come da militare, e lui si dava da fare per farsi strada, accettando di compiere tutto ciò che gli veniva richiesto e partecipando a tutte le gare. Eccelle soprattutto nel «tiro a segno», per cui viene mandato a Roma per una gara nazionale: vince la medaglia d'argento. Al termine del servizio militare nel 1936, Bruno si sposa con una ragazza che aveva già conosciuto quando era ancora bambina. Conflitto per le nozze: lui vuole sposarsi solo civilmente. Era infatti diventato comunista e non voleva avere a che fare con la Chiesa. Lei invece voleva celebrare il matrimonio religioso. Giungono a un compromesso: «Va bene, vuol dire che domandiamo al parroco se ci vuole sposare in sacrestia, però non mi deve chiedere né confessione, né comunione, né messa». Questa è la condizione posta da Bruno. E così avviene. Dopo il matrimonio caricano le loro poche cose in una carriola e vanno ad abitare in una baracca. Bruno ora è deciso a cambiare vita. Stringe rapporti con i compagni comunisti del Partito d'Azione che lo convincono ad arruolarsi come radiotelegrafista volontario all'OMS, sigla usata per indicare l'Operazione Militare in Spagna. Siamo nel 1936. Viene accettato e in dicembre parte per la Spagna dove infierisce la guerra civile. Naturalmente le truppe italiane si schierano dalla parte di Franco e i suoi alleati. Bruno, infiltrato comunista, ha ricevuto dal partito il compito di sabotare motori e altro materiale in dotazione alle truppe italiane. A Saragozza è incuriosito da un tedesco che aveva sempre un libro sotto il braccio. In spagnolo gli chiede: «Perché porti sempre questo libro sotto il braccio?». «Ma non è un libro, è la sacra Scrittura, è la Bibbia», fu la risposta. Così, discorrendo, i due giungono vicino alla piazza antistante il santuario della Vergine del Pilar. Bruno invita il tedesco a entrare con lui. Quegli rifiuta energicamente: «Guarda che io in quella sinagoga di Satana non ci sono mai andato. Io non sono cattolico. A Roma c'è il nostro nemico». «Il nemico a Roma?», domanda incuriosito Bruno. «E dimmi chi è, così se io lo incontro, lo ammazzo». «È il papa che sta a Roma». Si lasciano, ma in Bruno, che già era avverso alla Chiesa cattolica, era aumentato l'odio contro di essa e contro tutto ciò che la riguardava. Così, nel 1938, mentre si trova a Toledo, compra un pugnale e sulla lama incide: «A morte il papa!». Nel 1939, terminata la guerra, Bruno ritorna a Roma e trova lavoro come uomo delle pulizie all'ATAC, la società che gestisce i mezzi di trasporto pubblici di Roma. In seguito, dopo un concorso, diventa bigliettaio. Risale a questo periodo il suo incontro prima con i protestanti «Battisti», e poi con gli « Avventisti del settimo giorno». Questi lo istruiscono per bene e Bruno viene fatto direttore della gioventù missionaria avventista di Roma e del Lazio. Ma Bruno continua a lavorare anche con i compagni del Partito d'Azione e in seguito nella lotta clandestina contro i tedeschi durante l'occupazione. Si adopera anche per salvare gli ebrei braccati. Con l'arrivo degli americani comincia la libertà politica e religiosa. Bruno si distingue per il suo impegno e fervore contro la Chiesa, la Vergine, il papa. Non perde occasione di fare tutti i possibili dispetti ai preti, facendoli cadere sui mezzi pubblici e rubando loro la borsa. Il 12 aprile 1947, come direttore della gioventù missionaria, dalla sua setta riceve l'incarico di prepararsi per parlare in Piazza della Croce Rossa. Il tema è a sua scelta, basta che sia contro la Chiesa, l'Eucaristia, la Madonna e contro il papa, ovviamente. Per questo discorso molto impegnativo da tenersi in luogo pubblico occorreva prepararsi bene, per cui occorreva un luogo tranquillo e la sua casa era il luogo meno indicato. Allora Bruno propone alla moglie: «Andiamo a Ostia tutti quanti e lì possiamo stare tranquilli; io mi preparo il discorso per la festa della Croce Rossa e voi vi divertirete». Ma la moglie non si sente bene: «No, io non posso venire... Portaci i bambini». È un sabato quel 12 aprile 1947. Pranzano in fretta e verso le 14 papà Bruno parte con i suoi tre bambini: Isola, di undici anni, Carlo di sette e Gianfranco di quattro. Giungono alla stazione Ostiense: proprio in quel momento stava partendo il treno per Ostia. La delusione è grande. Attendere il prossimo treno significa perdere tempo prezioso e le giornate non sono ancora lunghe. «Beh, pazienza», cerca di rimediare Bruno per superare il momento di sconforto suo e dei bambini, «è andato via il treno. Io vi avevo promesso di andare a Ostia... Vorrà dire che adesso... andremo in un altro posto. Prendiamo il tram, andiamo a S. Paolo e lì prendiamo il 223 per andare fuori Roma». Non potevano infatti aspettare un altro treno, perché a quei tempi, essendo stata bombardata la linea, c'era un treno solo che faceva la spola tra Roma e Ostia. Il che voleva dire dover aspettare più di un'ora... Prima di uscire dalla stazione, papà Bruno compra un giornalino per i bambini: si trattava del Pupazzetto. Quando giungono vicino alle Tre Fontane, Bruno dice ai bambini: «Scendiamo qua perché anche qui ci sono gli alberi e andiamo su dove ci sono i padri trappisti che danno il cioccolato». «Sì, sì», esclama Carlo, «allora andiamo a mangiare il cioccolato!». «Pure a me 'a sottolata», ripete il piccolino Gianfranco, che per la sua età smozzica ancora le parole. Così i bambini corrono felici lungo il viale che conduce all'abbazia dei padri trappisti. Giunti al vetusto arco medievale, detto di Carlo Magno, si fermano davanti al negozietto dove si vendono libri religiosi, guide storiche, corone, immagini, medaglie... e soprattutto l'ottimo « Cioccolato di Roma», prodotto dai padri trappisti delle Frattocchie e il liquore di eucalipto distillato nella stessa abbazia delle Tre Fontane. Bruno acquista tre piccole tavolette di cioccolato per i piccoli, che generosamente ne conservano un pezzettino, avvolto nella carta stagnola, per la mamma rimasta a casa. Dopo di che i quattro riprendono il cammino su un viottolo ripido che li porta al boschetto di eucalipti che sorge proprio davanti al monastero. Papà Bruno non era nuovo di quel luogo. Lo aveva frequentato da ragazzo quando, mezzo vagabondo e mezzo abbandonato dai suoi, vi si rifugiava qualche volta per passarvi la notte in qualche grotta scavata nella pozzolana di quel terreno vulcanico. Si fermano alla prima graziosa radura che incontrano, un centinaio di metri dalla strada. «Come è bello qui!», esclamano i bambini, che vivono in uno scantinato. Hanno portato la palla con la quale avrebbero dovuto giocare sulla spiaggia di Ostia. Va benissimo anche qui. C'è anche una piccola grotta e i bambini cercano di entrare subito all'interno, ma il papà lo proibisce loro energicamente. Da ciò che aveva visto per terra si era infatti reso subito conto che anche quell'anfratto era divenuto luogo di convegno delle truppe alleate... Bruno consegna la palla ai bambini perché giochino mentre lui si siede sopra un masso con la Bibbia, quella famosa Bibbia su cui aveva scritto di suo pugno: «Questa sarà la morte della Chiesa cattolica, con il papa in testa!». Con la Bibbia aveva portato anche un taccuino e una matita per prendere appunti. Comincia la ricerca dei versetti che gli sembrano più appropriati per confutare i dogmi della Chiesa, specialmente quelli mariani dell'Immacolata, dell'Assunzione e della Maternità divina. Mentre inizia a scrivere, giungono i bambini trafelati: «Papà, abbiamo perso la palla». «Dove l'avete tirata?». «Dentro i cespugli». «Andate a cercarla!». I bambini vanno e ritornano: «Papà, eccola la palla, l'abbiamo trovata». Allora Bruno, prevedendo di essere interrotto in continuazione nella sua ricerca, dice ai figli: «Beh, sentite, vi insegno io un gioco, però non mi disturbate più, perché devo prepararmi questo discorso». Così dicendo, prende la palla e la tira in direzione di Isola che aveva le spalle rivolte verso la scarpata da dove erano saliti. Ma la palla, invece di raggiungere Isola, come se avesse un paio di ali, vola sopra gli alberi e scende verso la strada dove passa l'autobus. «Stavolta l'ho persa io», dice il papà; «andate a cercarla». Tutti e tre i bambini scendono alla ricerca. Bruno riprende anche lui la sua «ricerca», con passione e acredine. Di carattere violento, inclinato alla controversia perché litigioso per natura e forgiato così dalle vicende della sua giovinezza, aveva riversato questi atteggiamenti nell'attività della sua setta, cercando di procurare il maggior numero di proseliti alla sua «nuova fede». Amante delle disquisizioni, di parola abbastanza facile, autodidatta, non cessava di predicare, di confutare e di convincere, scagliandosi con particolare ferocia contro la Chiesa di Roma, contro la Madonna e il papa, a tal punto che riuscì ad attirare alla sua setta non pochi suoi colleghi tranvieri. Per la sua puntigliosa serietà, Bruno si preparava sempre prima di ogni discorso in pubblico. Da qui anche il suo successo. Al mattino di quel giorno aveva assistito regolarmente al culto «avventista» nel tempio protestante, dove era uno dei fedeli più assidui. Alla lettura-commento del sabato, si era particolarmente caricato per attaccare la «Grande Babilonia», come era chiamata la Chiesa di Roma che, secondo loro, osava insegnare errori madornali e assurdità su Maria, ritenendola Immacolata, sempre Vergine e perfino Madre di Dio. Tutte cose che, secondo loro, la Rivelazione non dice.
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Apparizione alle Tre Fontane:della Vergine della Rivelazione a Bruno Cornacchiola
Parliamo oggi di Bruno Cornacchiola, colui che ha avuto la visione della vergine della rivelazione alla grotta delle tre fontane a Roma 12 aprile 1947. Ma dobbiamo andare con ordine per capire bene la storia, innanzitutto chi era Bruno Cornacchiola? Vediamo ora una breve biografia del veggente ed il suo racconto dell’apparizione.
Infanzia - Incontro ed abbandono della Chiesa.
Bruno Cornacchiola è nato a Roma il 9 maggio 1913 presso Ponte Milvio. Il padre Antonio, violento e manesco, ha costretto i figli a scappare di casa onde evitare furiose bastonate ed a rifugiarsi nel cimitero del Verano e spesso dormivano nelle tombe vuote. Nel mese di marzo 1927, Bruno, all’età di 14 anni, è stato trovato addormentato fuori della Scala Santa nei pressi di San Giovanni in Laterano dalla Signora Maria Falzetti, di cui è in corso il processo di beatificazione. Questa andando alla Messa proprio in quel luogo santo, lo ha svegliato e gli ha chiesto cosa facesse. Bruno ha risposto di essere scappato di casa perché veniva malmenato. Maria Falzetti gli ha domandato se la mamma gli avesse fatto fare la Prima Comunione. Bruno ha detto: “qualche volta mi ha fatto la minestra, qualche altra volta la pastasciutta, ma la prima comunione non me l’ha mai preparata!”. Ha pensato infatti che era un piatto speciale. Maria Falzetti, compresa la situazione di estrema ignoranza religiosa in cui il ragazzo era vissuto fino ad all’ora, lo ha accompagnato dai Padri Trappisti e così, dopo una buona preparazione ed istruzione catechistica, è stato ammesso alla Prima Comunione e Cresima, senza alcun famigliare presente. Egli è tornato a casa ed ha mostrato alla mamma il Santo Rosario e il libro delle Massime Eterne. Nell’informarla con gioia ed entusiasmo di aver ricevuto la Prima Comunione le disse, come gli aveva insegnato il sacerdote: “ti chiedo scusa e perdono per tutti i dispiaceri che fino ad oggi ti ho procurato”, per tutta risposta, la mamma lo ha colpito con un calcio facendolo ruzzolare per le scale. Dopo questo avvenimento, ed anche a seguito della assoluta mancanza di una educazione religiosa, Bruno si è staccato da tutto ciò che poteva far riferimento alla Chiesa, ai Sacramenti, ed alla Religione.
L'incontro con un protestante.
È ritornato in Chiesa solo in occasione del suo matrimonio con Jolanda Lo Gatto; cerimonia che però si è svolta in sacrestia il 7 marzo del 1936, nella parrocchia di Sant’Elena, in Via Casilina, n° 205. É stato volontario nella guerra fratricida di Spagna nelle file dei Falangisti, anche se nel frattempo in Italia militava attivamente nel Partito d’Azione. Fra il 1936 ed il 1939, sempre in Spagna, ha avuto occasione di incontrare un soldato tedesco un certo Otto al quale, divenuto amico, ha confidato l’assoluta mancanza d’ideali religiosi. Questi, che apparteneva alla setta protestante degli “Avventisti del settimo giorno”, lo indottrinò, rinverdendo così in Bruno le nozioni religiose acquisite durante il catechismo per ricevere la Prima Comunione. Preso da un fervido entusiasmo per il passato, invitò l’amico tedesco a recarsi con lui presso il Santuario della Santa “Virgen del Pilar” (“Vergine del Pilastro” nella città di Saragozza), per confessarsi e prendere insieme la Santa Comunione.Il protestante, con fare scaltro e mellifluo ha convinto Bruno a schierarsi, invece, contro la Chiesa, contro i Sacramenti e contro il Papa, aggiungendo pensieri negativi nei confronti del Santo Padre, indicato come finanziatore della guerra che stavano combattendo e causa di tutti i mali dell’umanità. Il proposito di uccidere il Papa. Sconvolto da tali asserzioni, ritenute assolutamente vere, Bruno ha giurato allora che avrebbe ucciso il Papa e con questa intenzione, si è recato a Toledo, famosa per le sue lame, per acquistare un pugnale sulla cui lama ha inciso la scritta: “A morte il Papa!”; il pugnale che, dopo la conversione, consegnò di persona al Santo Padre Pio XII, Eugenio Pacelli. Nel 1939 è finita la guerra di Spagna. Bruno, tornato a casa, ha trovato la moglie ed una bimbetta Isola. Queste lo hanno accolto dicendo che nel frattempo avevano sempre pregato la Santa Vergine del Rosario. La reazione di Bruno è stata invece immediata e violenta. Manesco ha picchiato la moglie e la figlia, ha distrutto sia il quadro della Vergine di Pompei, sia il crocifisso, che era posto a capo del letto, gettando il tutto nella spazzatura. Egli ha voluto con ogni mezzo che la moglie si unisse a lui nella setta protestante. Questa ha detto che lo avrebbe accontentato, a condizione che lui prima avesse fatto la pia pratica dei primi nove venerdì del mese al Sacro Cuore di Gesù. Bruno ha acconsentito e dopo il nono primo venerdì, constatando la mancanza di qualsiasi evento straordinario, ha forzato la moglie a seguirlo nelle riunioni degli avventisti, in seno ai quali ha acquistato una certa importanza, divenendo direttore della Gioventù Missionaria Avventista di Roma e del Lazio. In tale veste, quel sabato del mese di aprile 1947, si stava preparando a tenere, il giorno 13 successivo (domenica) una conferenza in piazza della Croce Rossa a Roma, sul tema: “Maria Vergine, non più vergine” L'Apparizione delle Tre Fontane: la Vergine della Rivelazione
12 aprile 1947, Bruno è contrariato perché ha perso il treno per Ostia. Decide allora di fermarsi lì, presso l'abbazia delle Tre Fontante nella periferia di Roma zona E.U.R., con i suoi tre bambini intenti ai loro giochi con il pallone. La giornata è stupenda. Isola, Carlo e Gianfranco rincorrono la palla che scivola giù per la scarpata. Il padre li tiene d'occhio. Vedendoli sgambettare sereni sui prati in fiore pensa alla figlia morta un anno prima ad undici mesi, che ora riposa in un cimitero protestante. Mentre seguita puntigliosamente a preparare la conferenza contro il dogma dell'Immacolata, proclamato da Pio IX, la palla scompare di nuovo. Stavolta è indispensabile il suo intervento. A Gianfranco raccomanda di non muoversi. Carlo partecipa alle ricerche e Isola si mette a raccogliere fiori campestri per la mamma rimasta a casa. Ogni tanto Bruno chiama il figlio più piccolo. Ad un certo punto Gianfranco non risponde e il padre, preoccupato, risale la china e si porta, facendosi strada a stento tra la fitta vegetazione, verso la grotta. Trova il bimbo in ginocchio, con le mani giunte. Cornacchiola chiama gli altri due figli e anch'essi cadono in preghiera di fronte ad una immaginaria “bella signora”. I ragazzi sembrano di sale. Hanno lo sguardo fisso verso l'oscurità della grotta. Isola, Carlo e Gianfranco sono cadaverici. Il padre è impaurito. Prima pensa a qualche maleficio, alle streghe, al diavolo o, da buon mangiapreti, a qualche sacerdote che ha ipnotizzato i bambini. Poi invoca il Signore "Dio salvaci". Nella grotta, a questo punto, la luce vince sulle tenebre e lentamente prende consistenza la figura della “bella signora”. Lasciamo parlare lo stesso Cornacchiola ora: "Quand'ecco - egli dice - emessa l'invocazione, vidi improvvisamente due candidissime mani che si muovevano verso di me e sentii che mi sfioravano la faccia. Ebbi la sensazione che mi si strappasse qualcosa dagli occhi. In quell'istante provai un certo dolore e rimasi nell'oscurità più profonda... A questo punto io non vedevo più né la cavità né ciò che vi stava dentro, ma fui invaso da un'insolita gioia". In quell'istante è rapito dalla visione di una giovanile figura di donna, avvolta nello splendore di una luce d'oro, ferma e dolcemente statica. Bruno la fissa con trasporto, vinto dal fascino di tanta bellezza, attratto da quella luce che, pur intensissima, non offende la vista ma lo inonda di soavità sovrumana. La donna veste una tunica bianca e luminosa, stretta ai fianchi da una fascia rosa. Ha capelli neri, un tantino sporgenti dal velo verde-prato che la copre dalle spalle ai piedi. Da sotto la vesta escono i piedi nudi e verginali, fermi sopra un masso di tufo anch'esso circondato di luce. Nella mano destra regge, appoggiandolo al petto, un libro di colore grigio, su cui tiene pure l'altra mano. Soprattutto è affascinato dal volto di quella creatura, un volto in cui si fondono il candore innocente della puerizia, la vaghezza e la grazia della verginità, la gravità maestosa della sublime maternità. Continua il veggente: "Vidi che la bella Signora lentamente muoveva la mano sinistra ed indicava qualcosa ai suoi piedi. Guardai e vidi a terra un drappo nero sostenente una croce spezzata". Cornacchiola pensa che quel drappo nero, simile a una veste stracciata, e la croce spezzata, volessero alludere all'abito talare, con ogni altro segno di distinzione, da molti religiosi e sacerdoti ormai messo da parte. "Il mio primo impulso fu quello di lanciare un grido, ma la voce mi moriva in gola".
L'Apparizione, quasi offrendo il libro che teneva in mano, con tono ineffabilmente dolce disse:
- "Sono Colei che sono nella Trinità Divina".
- "Sono la VERGINE DELLA RIVELAZIONE".
- "Tu mi perseguiti, ora basta! Entra nell'ovile santo, corte celeste in terra. Il giuramento di Dio è e rimane immutabile: i nove venerdì del Sacro Cuore, che tu facesti, amorevolmente spinto dalla tua fedele sposa prima di iniziare la via dell'errore, ti hanno salvato!".
Intanto un profumo misterioso e indefinibile inonda l'ambiente e sembra coprire la sporcizia del suolo, triste strascico di squallidi incontri.
Dopo essersi così presentata, la celestiale Signora tiene una prolungata allocuzione al figlio che sta per ritornare a Dio, parte della quale è rivolta a lui stesso e a tutti i fedeli, l'altra invece contiene un messaggio segreto per il Santo Padre. Poi continua:
- "Desidero darti una sicura prova della divina realtà che stai vivendo, perché tu possa escludere ogni altra motivazione del tuo incontro, compresa quella del nemico infernale. E questo è il segno: Quando incontrerai un sacerdote nella chiesa o per via, avvicinalo e rivolgigli questa espressione: "Padre, le devo parlare!". Se costui ti risponderà: "Ave Maria, figliolo, cosa vuoi?" pregalo di fermarsi perché è quello da me scelto. A lui manifesterai ciò che il cuore ti dirà e obbediscilo, ti indicherà infatti un altro sacerdote con queste parole: "Quello fa per il tuo caso".
- "Ti recherai poi dal Santo Padre, il supremo pastore della cristianità e gli consegnerai personalmente il mio messaggio. Ti condurrà dal Papa qualcuno che io ti indicherò".
- "Alcuni a cui tu narrerai questa visione non ti crederanno, ma non lasciarti deprimere...".
Poi, con atteggiamento di materna benignità e serena mestizia, l'incantevole Signora gira su se stessa e si allontana.
Nel messaggio dato a Bruno la Madonna chiede con insistenza a tutti la preghiera ed invita alla recita del Rosario:
- "Si preghi assai e si reciti il Rosario quotidiano per la conversione dei peccatori, degli increduli e per l'unità dei cristiani. Le Ave Maria che voi dite con fede e amore, sono tante frecce d'oro che raggiungono il Cuore di Gesù".
Ed ecco, quasi a premio di coloro che ascolteranno il suo materno messaggio, la Vergine promette celesti favori:
- "Con questa terra di peccato opererò potenti miracoli per la conversione degli increduli".
Nella sua bontà Ella vuole anche svelare il Figlio nei misteri della sua vita intima, legata alla Augusta Trinità:
- "Il mio corpo non poteva marcire e non marcì. Mio Figlio e gli angeli mi vennero a prendere al momento del mio trapasso".
L'incontro con il Santo Padre.
Il 9 dicembre 1949 il Santo Padre Pio XII invitò i tranvieri di Roma, accompagnati da padre Rotondi, a recitare con lui il Rosario nella sua cappella privata. Lasciamone la descrizione a Cornacchiola:
"Tra i lavoratori c'ero anch'io; portavo con me il pugnale e la Bibbia sulla quale stava scritto: "Questa è la morte della Chiesa Cattolica, col Papa in testa". Volevo consegnare al Santo Padre il pugnale e la Bibbia.
Finito il Rosario il Papa disse:
- "Qualcuno di voi mi vuol parlare?".
Io mi inginocchiai e dissi:
- "Santità, sono io!".
Gli altri lavoratori fecero largo per il passaggio del Papa; egli si chinò verso di me, mi pose la mano sulla spalla, avvicinò il suo volto al mio e chiese:
- "Cosa c'è, figlio mio?".
- "Santità, qui c'è la Bibbia protestante che interpretavo erroneamente e con la quale ho ucciso molte anime".
Piangendo consegnai anche il pugnale sul quale stava scritto "Morte al Papa" e sussurrai:
- "Chiedo perdono di aver osato solo pensare a tanto. Avevo progettato di ucciderla con questo pugnale!".
Il Santo Padre prese quegli oggetti, mi guardò, sorrise e osservò:
- "Caro figlio, con ciò non avresti fatto altro che dare un nuovo martire alla Chiesa, ma a Cristo una vittoria dell'amore"...
Altre apparizioni
E' ormai il tramonto del 12 aprile 1947. Cornacchiola, aiutato dai figli, pulisce la grotta ed incide su un pezzo di tufo, con la chiave di casa, la data dell'apparizione. Poi va a pregare nella chiesa dei trappisti. E' la figlia Isola a suggerirgli l'Ave Maria. A casa cerca di mantenere il segreto, ma la moglie si insospettisce notando un insolito profumo. Cerca di chiedere spiegazioni al marito che, stranamente, è molto cortese.
Bruno, prima di coricarsi si inginocchia con le lacrime agli occhi e chiede perdono per tutto il male che ha fatto alla consorte. Poi il racconto dell'apparizione. Per 16 giorni Cornacchiola è alla caccia del sacerdote al quale deve confidare il prodigio ed affidare il messaggio segreto per il Papa. Lo trova il 28 aprile nella chiesa di Ognissanti, sull'Appia Nuova, retta dai religiosi di Don Orione. E' don Gilberto che battezza il figlio minore di Cornacchiola e il 6 maggio riceve l'abiura dalla setta protestante del tranviere e della moglie.
Quello stesso giorno la Vergine della rivelazione appare una seconda volta a Cornacchiola. La terza apparizione avviene a due settimane di distanza, il 23 maggio, presente don Mario che recita il rosario con Bruno. Il sacerdote avverte un dolce profumo, ha il cuore in gola e sente il sangue gelarsi nelle vene mentre l'amico, con un filo di voce, annuncia di vedere la “madre bellissima e sorridente”.
La Vergine si fa vedere per l'ultima volta il 30 maggio chiedendo a Cornacchiola di recarsi dalle “dilette figlie” maestre pie Filippini per invitarle a pregare per gli increduli e l'incredulità della zona. Le suore hanno una scuola intitolata a San Giuseppe per i figli dei contadini aperta nel 1917 vicino alla trappa.
Apocalisse 12
La donna e il dragone
1 Poi apparve nel cielo un gran segno: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle. 2 Era incinta e gridava per le doglie e i dolori del parto. 3 Nel cielo apparve anche un altro segno: un gran dragone rosso che aveva sette teste e dieci corna, e sulle sue teste vi erano sette diademi. 4 La sua coda trascinava dietro a sé la terza parte delle stelle del cielo e le gettò sulla terra; poi il dragone si fermò davanti alla donna che stava per partorire, per divorare suo figlio quando lo avesse partorito. 5 Ed ella partorì un figlio maschio, che deve governare tutte le nazioni con uno scettro di ferro; e il figlio di lei fu rapito presso Dio e il suo trono. 6 E la donna fuggì nel deserto, dove ha un luogo preparato da Dio, perché vi sia nutrita durante milleduecentosessanta giorni. 7 E vi fu guerra in cielo: Michele e i suoi angeli combatterono contro il dragone; anche il dragone e i suoi angeli combatterono, 8 ma non vinsero e per loro non fu più trovato posto nel cielo. 9 Così il gran dragone, il serpente antico, che è chiamato diavolo e Satana, che seduce tutto il mondo, fu gettato sulla terra; con lui furono gettati anche i suoi angeli. 10 Allora udii una grande voce nel cielo che diceva: «Ora è giunta la salvezza, la potenza e il regno del nostro Dio e la potestà del suo Cristo, poiché è stato gettato giù l'accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti al nostro Dio giorno e notte. 11 Ma essi l'hanno vinto per mezzo del sangue dell'Agnello e per mezzo della parola della loro testimonianza; e non hanno amato la loro vita, tanto da esporla alla morte. 12 Perciò rallegratevi, o cieli, e voi che abitate in essi. Ma guai a voi, abitanti della terra e del mare, perché il diavolo è sceso a voi con grande ira, sapendo di aver poco tempo». 13 E quando il dragone si vide gettato sulla terra, perseguitò la donna che aveva partorito il figlio maschio. 14 Ma furono date alla donna le due ali della grande aquila, per volare nel deserto nel suo luogo, dove essa è nutrita per un tempo, dei tempi e la metà di un tempo, lontano dalla presenza del serpente. 15 Allora il serpente gettò dalla sua bocca, dietro alla donna, dell'acqua come un fiume, per farla portare via dal fiume, 16 ma la terra soccorse la donna, e la terra aprì la sua bocca ed inghiottì il fiume che il dragone aveva riversato dalla sua bocca. 17 Il dragone allora si adirò contro la donna e se ne andò a far guerra col resto della progenie di lei, che custodisce i comandamenti di Dio ed ha la testimonianza di Gesù Cristo. 18 Poi mi fermai sulla sabbia del mare.
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