Cosa dice la Bibbia sul parlare in lingue?




Quando usa l’espressione “parlare in lingue”, la Bibbia si riferisce alla capacità miracolosa di alcuni cristiani del I secolo di parlare lingue che non avevano mai imparato prima (Atti 10:46). Chi parlava veniva compreso senza difficoltà da chiunque conoscesse quella lingua (Atti 2:4-8). Parlare in lingue era uno dei doni dello spirito santo che nel I secolo Dio aveva concesso ad alcuni cristiani (Ebrei 2:4; 1 Corinti 12:4, 30).
Dove e quando si cominciò a parlare in lingue?
Questo miracolo avvenne per la prima volta a Gerusalemme la mattina della festa ebraica della Pentecoste dell’anno 33. Circa 120 discepoli di Gesù si erano riuniti quando, a un certo punto, “furono tutti pieni di spirito santo e cominciarono a parlare lingue diverse” (Atti 1:15; 2:1-4). Una folla di persone “provenienti da ogni nazione che è sotto il cielo” si radunò, e “ognuno li sentiva parlare nella propria lingua” (Atti 2:5, 6).
Qual era lo scopo del dono delle lingue?
Dimostrare che i cristiani avevano il sostegno di Dio. Nel passato, Dio aveva fatto capire tramite dei miracoli che stava sostenendo i suoi servitori fedeli, come Mosè (Esodo 4:1-9, 29-31; Numeri 17:10). Il dono di parlare in lingue permetteva di raggiungere uno scopo simile: dimostrava che la congregazione cristiana, che si era appena formata, aveva il sostegno di Dio. L’apostolo Paolo scrisse: “Le lingue non sono un segno per i credenti, ma per i non credenti” (1Corinzi 14:22).
Permettere ai cristiani di dare testimonianza in modo completo. Quelli che ascoltarono i discepoli di Gesù il giorno di Pentecoste dissero: “Li sentiamo parlare nelle nostre lingue delle magnifiche cose di Dio” (Atti 2:11). Perciò questo miracolo raggiunse un altro scopo importante, cioè permettere ai cristiani di “testimoniare in modo completo” e di “[fare] discepoli di persone di tutte le nazioni”, come aveva comandato loro Gesù (Atti 10:42; Matteo 28:19). Circa 3.000 persone che avevano visto quel miracolo e avevano ricevuto testimonianza diventarono discepoli quello stesso giorno (Atti 2:41).
Il dono delle lingue sarebbe durato per sempre?
No. I doni dello spirito santo, quindi anche quello di parlare in lingue, furono concessi per un periodo limitato. La Bibbia infatti prediceva: “Quanto al dono della profezia, sarà eliminato; quanto al dono delle lingue, cesserà” (1 Corinzi 13:8).
Quando terminò il dono delle lingue?
In genere i doni dello spirito santo venivano trasmessi ad altri cristiani in presenza degli apostoli, che di solito imponevano su di loro le mani (Atti 8:18; 10:44-46). A quanto pare chi riceveva i doni dello spirito dagli apostoli non li trasmetteva a sua volta ad altre persone (Atti 8:5-7, 14-17). Facciamo un esempio. Un funzionario potrebbe emettere una patente di guida per una persona, ma questo non darebbe alla persona l’autorità legale di emettere una patente per qualcun altro. Sembra che il dono di parlare in lingue terminò con la morte degli apostoli e di quelli che avevano ricevuto da loro questo dono.
Cosa si può dire del parlare in lingue oggi?
Il dono miracoloso di parlare in lingue evidentemente terminò verso la fine del I secolo. Oggi nessuno può affermare di parlare in lingue grazie al potere di Dio.
In che modo si possono riconoscere i veri cristiani?
Gesù disse che i suoi discepoli sarebbero stati riconosciuti dal loro amore altruistico (Giovanni 13:34, 35). Anche l’apostolo Paolo insegnò che la caratteristica che avrebbe sempre distinto i veri cristiani sarebbe stata l’amore (1 Corinti 13:1 Disse che lo spirito di Dio avrebbe prodotto nei cristiani “il frutto dello spirito”, una serie di qualità tra cui la prima è l’amore (Galati 5:22, 23).
Gloria al Signore Gesù

"Il cessazionismo è biblico?"

Il cessazionismo è quella visione secondo la quale i “doni miracolosi” delle lingue e della guarigione sono cessati— e secondo cui la fine dell’era apostolica ha portato anche alla cessazione dei miracoli associati ad essa. La maggior parte dei cessazionisti crede che mentre Dio può e compie ancora oggi miracoli, lo Spirito Santo non usa più delle persone per eseguire segni miracolosi.

Le fonti bibliche mostrano che i miracoli avvennero durante periodi particolari allo scopo specifico di convalidare il nuovo messaggio di Dio. Mosè aveva ricevuto la capacità di fare miracoli per avvalorare il suo ministero al cospetto del Faraone (Esodo 4:1-8). A Elia erano stati concessi miracoli per convalidare il suo ministero davanti ad Ahab (1 Re 17:1; 18:24). Agli apostoli erano stati concessi miracoli per convalidare il loro ministero davanti ad Israele (Atti 4:10, 16).

Il ministero di Gesù era anche contrassegnato da miracoli, che l’apostolo Giovanni chiama “segni” (Giovanni 2:11). Il punto che vuole evidenziare Giovanni è che i miracoli erano dimostrazioni dell’autenticità del messaggio di Gesù.

Dopo la resurrezione di Gesù, mentre la Chiesa veniva stabilita e il Nuovo Testamento veniva scritto, gli apostoli dimostrarono “segni” come il parlare in lingue e il potere di guarire. “Pertanto le lingue sono un segno non per i credenti, ma per i non credenti, mentre la profezia non è per i non credenti, ma per i credenti.” (1 Corinzi 14:22, un versetto che dice chiaramente che il dono non era mai stato designato per l’edificazione della chiesa).

L’apostolo Paolo predisse che il dono delle lingue sarebbe cessato (1 Corinzi 13:8). Ecco cinque prove che è già cessato:

1) Gli apostoli, ai quali venne dato il dono delle lingue, erano unici nella storia della chiesa. Una volta finito il loro ministero, il bisogno di convalidare i segni cessò di esistere.

2) I doni miracolosi (o segni) vengono solo menzionati nelle prime epistole, come 1 Corinzi. I libri successivi, come le epistole agli Efesini e ai Romani, contengono passaggi dettagliati sui doni dello Spirito, ma i segni miracolosi non vengono menzionati, nonostante in Romani si menzioni il dono della profezia. La parola greca tradotta “profezia” significa “parlare innanzi” e non include necessariamente la previsione del futuro.

3) Il dono delle lingue era un segno per l’incredulo Israele che la salvezza di Dio era adesso disponibile ad altre nazioni. Vedi 1 Corinzi 14:21-22 e Isaia 28:11-12.

4) Le lingue erano un dono di profezia inferiore (predicare). Predicare la Parola di Dio edifica i credenti, mentre le lingue non lo fanno. Ai credenti viene detto di cercare di profetizzare anziché parlare in lingue (1 Corinzi 14:1-3).

5) La storia indica che le lingue cessarono. Le lingue non sono menzionate per niente dai Padri post-apostolici. Altri scrittori come Giustino il Martire, Origene, Crisostomo ed Agostino consideravano le lingue qualcosa che era avvenuta solo nei primi giorni della Chiesa.

6) L’osservazione attuale conferma che il miracolo delle lingue sia cessato. Se il dono fosse disponibile ancora oggi, i missionari non avrebbero bisogno di frequentare scuole di lingue. I missionari sarebbero in grado di recarsi in qualsiasi nazione e parlare qualunque lingua fluentemente, proprio come erano in grado di fare gli apostoli in Atti 2. Per il dono miracoloso della guarigione, vediamo nella Scrittura che esso era associato al ministero di Gesù e degli apostoli (Luca 9:1-2). Vediamo inoltre che quando l’era degli apostoli stava per finire, la guarigione, come le lingue, divenne meno frequente. L’apostolo Paolo, che fece ritornare dai morti Eutico (Atti 20:9-12), non guarì Epafrodito (Filippesi 2:25-27), Trofimo (2 Timoteo 4:20), Timoteo (1 Timoteo 5:23), o persino se stesso (2 Corinzi 12:7-9). Le ragioni del fallimento nelle guarigioni da parte di Paolo sono 1) il dono non era inteso per far guarire ogni cristiano, ma per convalidare gli apostoli; e 2) l’autorità degli apostoli era stata sufficientemente provata, rendendo ulteriori miracoli non necessari.
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Le ragioni affermate sopra sono evidenza per il cessazionismo. Secondo 1 Corinzi 13:13-14:1, faremmo bene a “desiderare l’amore,” il dono più grande di tutti. Se proprio desideriamo dei doni, dovremmo desiderare di profetizzare la Parola di Dio, affinché tutti possano essere edificati.
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"ba ba ba da da da bu baaba"... sono ormai MILIONI le persone convinte che questo blaterare grottesco, osceno, vergognoso sia il "segno di aver ricevuto lo spirito" ed è necessario dire le cose come sono, nella loro terribile realtà... Questo fenomeno è legato al cosiddetto "risveglio KUNDALINI" ed è tipico della POSSESSIONE SATANICA. Il mondo si sta unendo in una grande, terrificante BABELE. La Massoneria, attraverso i suoi Agentur, sta INIZIANDO migliaia di sprovveduti attraverso dei riti che non hanno NULLA a che fare con il battesimo nella fede in Gesù Cristo. La Massoneria chiama queste Iniziazioni come "iniziazioni Luciferine" o "pegno di Satana"


"io vi battezzo con acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più potente di me e io non son degno neanche di portargli i sandali; EGLI vi battezzerà in Spirito santo e fuoco. EGLI ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile»
-Matteo 3:11-12-

Gesù Cristo SEPARA, raccoglie il grano nel suo granaio ma BRUCIA la pula con un FUOCO INESTINGUIBILE. Solo Gesù Cristo può davvero battezzare in Spirito Santo e tutto questo non è un fenomeno da baraccone o un circo come accade oggi in migliaia di "chiese" PENTECOSTALI e CARISMATICHE

La fede in Dio non è PAGLIACCIATA e non è ricerca insensata di segni e prodigi... Sono i PAGANI a cercare queste cose.

Chi BATTEZZA realmente? "EGLI": Gesù Cristo che il Battista aveva annunciato.

FUGGITE DA BABILONIA, POPOLO MIO

Gesù Cristo SEPARA, raccoglie il grano nel suo granaio ma BRUCIA la pula con un FUOCO INESTINGUIBILE. Solo Gesù Cristo può davvero battezzare in Spirito Santo e tutto questo non è un fenomeno da baraccone o un circo come accade oggi in migliaia di "chiese" CARISMATICHE

La VERGOGNA...



"Gesù ha mai parlato in lingue?" La Bibbia non ci dà alcuna prova che Gesù abbia mai parlato in lingue. Molti oggi vedono le “lingue” come una sorta di linguaggio incomprensibile e soprannaturale. Secondo la Bibbia, il dono di parlare in lingue si verifica quando qualcuno parla una lingua che non conosce per edificare qualcuno che invece la conosce (1Corinzi 14:6). Se Cristo avesse parlato in lingue, sarebbe stato logico farlo al momento del battesimo, quando “lo Spirito discese su di lui come una colomba” (Marco 1:10). Sappiamo che, pochi istanti dopo il battesimo di Gesù, il Padre parlò dal cielo con parole che tutti riuscirono a capire (versetto 11), sebbene non ci risulti che né in questa né in altre occasioni Gesù abbia parlato in lingue. Molti di coloro che sostengono che parlare in lingue dimostri di aver ricevuto lo Spirito Santo partono dal presupposto che Gesù abbia parlato in lingue. Per avvalorare la propria tesi, citano passaggi come Marco 7:34, in cui Gesù “alzati gli occhi al cielo, sospirò”, e Marco 8:12, quando Gesù sospirò “nel suo spirito”. Tuttavia, un sospiro non è la stessa cosa del dono soprannaturale delle lingue. Chiunque può sospirare, per una serie di motivi, ma questa non è una prova della potenza dello Spirito. Abbiamo testimonianze del fatto che Gesù abbia parlato in aramaico, la lingua più comune in Israele a quel tempo (Marco 5:41; Atti 26:14). Molto probabilmente conosceva anche l’ebraico e il greco, dato che venivano usate anche queste due lingue. Ma se Gesù abbia mai parlato con poteri soprannaturali in un’altra lingua, la Bibbia non lo dice.

"Che cos’è il dono del parlare in lingue? Il dono del parlare in lingue è per oggi?" Il primo caso del parlare in lingue si verificò nel giorno di Pentecoste in Atti 2:1-4. Gli apostoli uscirono a condividere il Vangelo con le folle, parlando loro nelle loro stesse lingue: “li udiamo parlare delle grandi cose di Dio nelle nostre lingue" (Atti 2:11). Il termine greco tradotto "lingue" significa letteralmente "linguaggi". Pertanto, il dono delle lingue consiste nel parlare in una lingua che non si conosce per ministrare a qualcuno che la parla. In 1Corinzi 12-14, dove Paolo tratta i doni miracolosi, fa questo commento: “Dunque, fratelli, se io venissi a voi parlando in altre lingue, che vi servirebbe se la mia parola non vi recasse qualche rivelazione, o qualche conoscenza, o qualche profezia, o qualche insegnamento?" (1 Corinzi 14:6). Secondo l’apostolo Paolo, e in armonia con le lingue descritte in Atti, parlare in lingue è di gran valore per chi ascolta il messaggio di Dio nella propria lingua, ma è inutile per chiunque altro, a meno che non sia interpretato o tradotto. Una persona con il dono dell’interpretazione del dono delle lingue (1 Corinzi 12:30) potrebbe comprendere che cosa sta dicendo chi parla in lingue, anche se non conoscesse la lingua che questi sta parlando. Chi interpreta le lingue potrebbe, quindi, comunicare il messaggio di chi parla in lingue a chiunque altro affinché tutti comprendano: “Perciò, chi parla in altra lingua preghi di poter interpretare” (1 Corinzi 14:13). La conclusione di Paolo rispetto alle lingue non interpretate è forte: “Ma nella chiesa preferisco dire cinque parole intelligibili per istruire anche gli altri, che dirne diecimila in altra lingua" (1Corinzi 14:19). Il dono delle lingue è per oggi?

1Corinzi 13:8 parla della cessazione del dono delle lingue, sebbene la ricolleghi all’arrivo della "perfezione" di 1Corinzi 13:10. Alcuni indicano una differenza di linguaggio quando si parla di "cessazione" della profezia e della conoscenza e delle lingue che "verranno abolite" come prova del fatto della loro cessazione prima dell’arrivo della "perfezione". Sebbene possibile, questo non si evince esplicitamente dal testo. Alcuni indicano passi come Isaia 28:11 e Gioele 2:28-29 come prove che il parlare in lingue era un segno dell’imminente giudizio di Dio. 1Corinzi 14:22 descrive le lingue come un "segno […] per i non credenti". Secondo questa tesi, il dono delle lingue fu un avvertimento ai Giudei che Dio stava per giudicare Israele per aver rifiutato Gesù come Messia.
Pertanto, quando Dio giudicò effettivamente Israele (con la distruzione di Gerusalemme da parte dei Romani nel 70 d.C.), il dono delle lingue non sarebbe più servito al suo specifico scopo.

Benché questa tesi sia possibile, il fatto che lo scopo principale delle lingue sia stato raggiunto non ne esige necessariamente la cessazione. La Scrittura non afferma definitivamente che il dono del parlare in lingue sia cessato. Allo stesso tempo, se il dono del parlare in lingue fosse attivo nella chiesa di oggi, sarebbe esercitato in armonia con la Scrittura. Sarebbe un linguaggio reale e intelligibile (1Corinzi 14:10). Avrebbe lo scopo di comunicare la Parola di Dio a una persona di un’altra lingua (Atti 2:6-12). Sarebbe in armonia col comando che Dio diede mediante l’apostolo Paolo: "Se c’è chi parla in altra lingua, siano due o tre al massimo a farlo, e l’uno dopo l’altro, e qualcuno interpreti. Se non vi è chi interpreti, tacciano nell’assemblea e parlino a sé stessi e a Dio" (1Corinzi 14:27-28).
Sarebbe anche in sottomissione a 1Corinzi 14:33: “Perché Dio non è un Dio di confusione, ma di pace”.


È quanto mai certo che Dio possa dare a una persona il dono del parlare in lingue per metterla in grado di comunicare con un’altra persona che parli una lingua diversa. Lo Spirito Santo è sovrano nella distribuzione dei doni spirituali (1Corinzi 12:11). Immagina solo quanto potrebbero essere più produttivi i missionari se non dovessero andare a una scuola di lingue e fossero istantaneamente capaci di parlare alle persone nella loro lingua. Tuttavia, sembra che Dio non stia facendo così. Oggi sembra che le lingue non si verifichino nella forma in cui si verificarono nel Nuovo Testamento, nonostante il fatto che ciò sarebbe immensamente utile. La stragrande maggioranza di credenti che affermano di praticare il dono del parlare in lingue non lo fanno in armonia con le Scritture summenzionate. Questi fatti portano alla conclusione che il dono delle lingue sia cessato o che, almeno, si verifichi di rado nel piano di Dio per la chiesa di oggi. Quanti credono nel dono delle lingue come un “linguaggio di preghiera” per l’edificazione personale ricavano la loro convinzione da 1Corinzi 14:4 e/o 14:28: “Chi parla in altra lingua edifica sé stesso; ma chi profetizza edifica la chiesa”. Lungo tutto il cap. 14, Paolo mette in enfasi l’importanza che le lingue vengano interpretate (tradotte), come in 14:5-12. Quello che Paolo sta dicendo al versetto 4 è questo: “Se parlate in lingue senza interpretazione, non state facendo altro che edificare voi stessi, facendovi apparire più spirituali degli altri. Se parlate in lingue e queste vengono interpretate, edificate tutti”. Il Nuovo Testamento non fornisce mai istruzioni specifiche sul "pregare in lingue". Il Nuovo Testamento non indica mai lo scopo del "pregare in lingue" né descrive specificamente una persona che "preghi in lingue". Inoltre, se "pregare in lingue" fosse per l’edificazione personale, non sarebbe ingiusto per coloro che non hanno il dono delle lingue e che, pertanto, non sono in grado di edificare se stesse? 1Corinzi 12:29-30 indica chiaramente che non tutti hanno il dono del parlare in lingue.

"Che cos’è il pregare in lingue? La preghiera in lingue è un linguaggio di preghiera tra il credente e Dio?"

Per le informazioni basilari su questo argomento, leggi il nostro articolo sul dono del parlare in lingue. Ci sono quattro brano principali della Scrittura che vengono citati come evidenza del parlare in lingue: Romani 8:26; 1Corinzi 14:4-17; Efesini 6:18 e Giuda 20. Efesini 6:18 menzionano la “preghiera nello Spirito” ma, l’uso delle lingue in preghiera non è un’interpretazione plausibile del “pregare nello Spirito”.

Romani 8:26 ci insegna che: “Allo stesso modo ancora, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché non sappiamo pregare come si conviene; ma lo Spirito intercede egli stesso per noi con sospiri ineffabili”. Ci sono due punti chiave che rendono improbabile il riferimento di Romani 8:26 al parlare in lingue come linguaggio di preghiera. In primo luogo, Romani 8:26 afferma che è lo Spirito che “sospira”, non i credenti. Secondo, Romani 8:26 afferma che i “sospiri” dello Spirito sono “ineffabili”. L’essenza stessa del parlare in lingue è invece di proferire parole.

Ciò lascia il testo di 1Corinzi 14:4-17 ed in particolare il versetto 14: “Poiché, se prego in altra lingua, prega lo spirito mio, ma la mia intelligenza rimane infruttuosa.” 1Corinzi 14:14 fa una chiara menzione del “pregare in altra lingua”. Che cosa significa? In primo luogo, lo studio del contesto è di grande aiuto. Il capitolo 14 di 1Corinzi è fondamentalmente un paragone/contrasto tra il dono del parlare in lingue ed il dono della profezia. I versetti 2-5 rendono chiaro che Paolo ritiene che il dono della profezia sia superiore a quello delle lingue. Allo stesso tempo, Paolo rimarca il valore delle lingue e dichiara di essere felice lui stesso di parlare in lingue più di chiunque altro (versetto 18).

Atti capitolo 2 descrive la prima ricorrenza del dono delle lingue. Il giorno della Pentecoste gli apostoli parlarono in lingue. Atti 2 chiarisce che gli apostoli parlavano un linguaggio umano (Atti 2:6-8). La parola tradotta “lingue”, sia in Atti 2 che in 1Corinzi 14, è il termine glossa che significa “linguaggio”. E’ la parola dal quale deriva il termine Italiano “glossario”. Parlare in lingue è la capacità di parlare una lingua che non si conosce, per comunicare il vangelo ad una persona che parla quella lingua. Nel contesto multiculturale di Corinto, sembra che il dono delle lingue fosse particolarmente utile e presente. Come risultato del dono delle lingue, i credenti di Corinto riuscivano a comunicare meglio il vangelo e la Parola di Dio. Tuttavia, Paolo rese molto chiaro che, anche in questo utilizzo delle lingue, esse dovevano essere interpretate o “tradotte” (1Corinzi 14:13, 27). Quando un credente di Corinto parlava in lingue per proclamare la verità di Dio a qualcuno che parlava in un'altra lingua, quel credente stesso, oppure un altro credente nella chiesa, doveva interpretare ciò che era stato detto in modo che tutta l’assemblea potesse capire quanto era stato detto.

Che cos’è dunque il pregare in lingue, e in che modo è diverso dal parlare in lingue? 1Corinzi 14:13-17 indica che anche la preghiera in lingue va interpretata. Apparentemente il pregare in lingue consisteva nell’offrire una preghiera a Dio. Questa preghiera era un ministero verso l’uditore che parlava quella lingua particolare, ma doveva anche essere interpretata per poter edificare l’intero corpo.

Questa interpretazione non concorda con coloro che considerano la preghiera in lingue come un linguaggio di preghiera. Questa veduta alternativa si può riassumere come segue: pregare in lingue è un linguaggio di preghiera personale tra un credente e Dio (1Corinzi 13:1) che viene usata dal credente per edificare sé stesso (1Corinzi 14:4).
Questa interpretazione non è biblica per i seguenti motivi:

1) Com’è possibile che il pregare in lingue sia un linguaggio privato di preghiera se viene detto che deve essere interpretato (1 Corinzi 14:13-17)?
2) In che modo la preghiera in lingue può essere solo per l’edificazione personale quando la Scrittura dice che i doni spirituali esistono per l’edificazione della chiesa e non dell’individuo (1 Corinzi 12:7)?
3) Come può il parlare in lingue essere un linguaggio privato di preghiera se il dono delle lingue deve essere un “segno per gli increduli” (1 Corinzi 14:22)?
4) Nella Bibbia è chiaro che non tutti hanno il dono delle lingue (1 Corinzi 12:11, 28-30). In che modo le lingue sarebbero un dono di edificazione di sé stessi se non tutti i credenti posseggono questo dono? Non abbiamo tutti bisogno di essere edificati?

Alcuni affermano che la preghiera in lingue è un “linguaggio segreto in codice” che previene Satana e i suoi demoni dal capire le nostre preghiere e dall’ottenere qualche vantaggio su di noi.

Questa interpretazione non è biblica per i seguenti motivi:

1) Il Nuovo Testamento descrive sempre le lingue come un linguaggio umano e non è probabile che Satana e i suoi demoni non comprendano linguaggi umani.

2) La Bibbia racconta di molti casi dove credenti pregavano nella propria lingua a voce alta, senza alcuna preoccupazione di essere intercettati da Satana. Anche se Satana e/o i suoi demoni dovessero sentire e comprendere le preghiere che facciamo, essi non hanno alcun potere di far si che Dio non ci senta o non ci risponda secondo la Sua volontà. Noi sappiamo che Dio ascolta le nostre preghiere, e quindi non fa alcuna differenza se Satana e i suoi demoni ascoltano e comprendono le nostre preghiere o meno.

Cosa dire dunque di tutti quei Cristiani che hanno sperimentato la preghiera in lingue e che ne sono stati personalmente edificati?

In primo luogo, dobbiamo basare la nostra fede e la nostra pratica sulla Scrittura, e non sull’esperienza. Dobbiamo vedere le nostre esperienze alla luce della Scrittura, e non interpretare la Scrittura alla luce delle nostre esperienze.
In secondo luogo, anche molte sette e altre religioni nel mondo riportano di esperienze legate al parlare e al pregare in lingue ed è chiaro che non è lo Spirito Santo a dare i suoi doni a queste persone incredule.
Quindi sembra che anche i demoni siano in grado di produrre delle false repliche del parlare in lingue. Ciò dovrebbe indurci a paragonare con ancor maggior attenzione le nostre esperienze con ciò che troviamo nella Scrittura. Terzo, alcuni studi hanno dimostrato che il parlare/pregare in lingue può essere un comportamento acquisito. Guardando e osservando altre persone che parlano in lingue, una persona può imparare la procedura anche in modo inconscio. Questa è la spiegazione più plausibile per tutti quei casi di Cristiani che parlano/pregano in altre lingue. Quarto, la sensazione di “auto-edificazione” è naturale. Il corpo umano produce adrenalina ed endorfine quando sperimenta cose nuove, entusiasmanti, cariche di emozioni e/o non connesse al pensiero razionale.

Pregare in lingue è certamente una questione sulla quale i Cristiani possono essere d’accordo, con spirito di rispetto e di amore reciproco, di non essere d’accordo. Pregare in lingue non determina la nostra salvezza. Pregare in lingue non è una questione che separa Cristiani maturi da quelli immaturi. Il fatto che ci sia o meno la preghiera in lingue come linguaggio privato di preghiera, non è una questione fondamentale della fede Cristiana. Quindi, se da un lato crediamo che l’interpretazione biblica del pregare in lingue non conduce all’idea di un linguaggio privato di preghiera, siamo anche convinti che molti di coloro che praticano la preghiera in lingue in questo modo sono nostri fratelli e sorelle in Cristo e che sono degne di amore e di rispetto.

"In cosa consiste il dono spirituale dell'interpretazione delle lingue?" Insieme al dono di parlare in lingue, nella prima lettera ai Corinzi (1 Corinzi 12:10) viene menzionato un altro dono spirituale: quello dell'interpretazione delle lingue. Il dono dell'interpretazione delle lingue è l'abilità di tradurre una lingua straniera in quella degli ascoltatori. Il dono dell'interpretazione delle lingue è un dono separato, ma sembra essere stato usato in combinazione con il dono di parlare in lingue. Il dono delle lingue era l'abilità sovrannaturale di parlare una lingua straniera che il parlante non aveva mai imparato. Vediamo questo dono in azione negli Atti 2:4–12, quando gli ebrei a Gerusalemme sentirono il Vangelo predicato in una grande varietà di lingue. Una persona con il dono dell'interpretazione delle lingue, allora, riusciva a capire le parole di uno straniero anche se non ne conosceva la lingua. Questa mancanza di conoscenza precedente di una lingua è ciò che distingue il dono spirituale dal dono naturale di chi è portato per le lingue e ne parla un certo numero. L'interprete ascoltava il parlante di una certa lingua e successivamente comunicava il suo messaggio a chiunque fosse presente e non lo capisse. Lo scopo fondamentale era quello di permettere a tutti di capire e trarre beneficio dalla verità della quale si parlava. Secondo l'apostolo Paolo, ed in accordo con la descrizione degli Atti, il dono delle lingue aveva lo scopo di comunicare il messaggio di Dio direttamente ad un'altra persona nella sua lingua madre. Naturalmente, se gli uomini presenti non fossero stati in grado di capire quella lingua, si sarebbe trattato di uno sforzo inutile, ed è questo che rendeva l'interprete di lingue, o il traduttore di lingue, necessario. Il suo scopo era l'edificazione della chiesa (1 Corinzi 14:5, 12). Uno dei problemi della Chiesa di Corinto era che i parlanti in lingue esercitavano i loro doni durante il servizio religioso, senza interprete e senza nessuno dei presenti che parlasse quella lingua. Il risultato fu che i parlanti in lingue non facevano altro che attirare l'attenzione verso di sé con parole prive di senso, poiché nessuno le capiva. Paolo raccomandò vivamente che l'uso delle lingue in chiesa venisse limitato ai casi in cui sarebbe stato possibile interpretarle: "Ma nell'assemblea preferisco dire cinque parole con la mia intelligenza per istruire anche gli altri, piuttosto che diecimila parole in altra lingua" (1 Corinzi 14:19). Gli altri membri della chiesa non avrebbero tratto alcun beneficio dall'ascoltare qualcosa che non riuscivano a capire. Esercitare il dono delle lingue in chiesa, semplicemente per il piacere di mostrarlo a tutti, era presuntuoso ed improduttivo. Paolo disse ai corinzi che, nel caso in cui due o tre parlanti di lingue avessero voluto parlare durante un incontro, allora sarebbe dovuto essere presente anche un interprete. Infatti, "se non vi è chi interpreti, si taccia nella chiesa chi parla in altra lingua, ma parli a se stesso e a Dio" (1 Corinzi 14:28). La natura temporanea del dono delle lingue implica che anche il dono dell'interpretazione delle stesse fosse di natura temporale. Se il dono di parlare le lingue fosse ancora attivo nella Chiesa di oggi, verrebbe eseguito in accordo con la Scrittura. Sarebbe una lingua reale ed intelligibile (1 Corinzi 14:10). Avrebbe lo scopo di comunicare la Parola di Dio ad uno straniero (Atti 2:6–12), e verrebbe fatta "con decoro e con ordine" (1 Corinzi 14:40), "perché Dio non è un Dio di confusione, ma di pace; e cosí si fà in tutte le chiese dei santi" (1 Corinzi 14:33).



Ezechiele 33:11
Com’è vero ch’io vivo, dice il Signore, l’Eterno, io non mi compiaccio della morte dell’empio, ma che l’empio si converta dalla sua via e viva; convertitevi, convertitevi dalle vostre vie malvagie


1Timoteo 2:4
il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e vengano alla conoscenza della verità.

2Pietro 3:9
Il Signore non ritarda l'adempimento della sua promessa, come pretendono alcuni; ma è paziente verso di voi, non volendo che qualcuno perisca, ma che tutti giungano al ravvedimento.

Ezechiele 14:6
Perciò di' alla casa d'Israele: Così parla il Signore, DIO: "Tornate, allontanatevi dai vostri idoli, distogliete le vostre facce da tutte le vostre abominazioni.

Ezechiele 18:30
Perciò, io vi giudicherò ciascuno secondo le sue vie, casa d'Israele», dice il Signore, DIO. «Tornate, convertitevi da tutte le vostre trasgressioni e non avrete più occasione di caduta nell'iniquità!

Ezechiele 18:31
Gettate via da voi tutte le vostre trasgressioni per le quali avete peccato; fatevi un cuore nuovo e uno spirito nuovo; perché dovreste morire, casa d'Israele?

Proverbi 1:23
Volgetevi ad ascoltare la mia correzione;
ecco, io farò sgorgare su di voi il mio Spirito,
vi farò conoscere le mie parole.

Proverbi 8:36
Ma chi pecca contro di me, fa torto a se stesso;
tutti quelli che mi odiano, amano la morte.

Isaia 55:6
Cercate il SIGNORE, mentre lo si può trovare; invocatelo, mentre è vicino.

Isaia 55:7
Lasci l'empio la sua via
e l'uomo iniquo i suoi pensieri;
si converta egli al SIGNORE che avrà pietà di lui, al nostro Dio che non si stanca di perdonare.

Geremia 3:22
«Tornate, figli traviati,
io vi guarirò dei vostri traviamenti!»
«Eccoci, noi veniamo da te, perché tu sei il SIGNORE, il nostro Dio.








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